XXVII. SCOMPARSA (PRIMA PARTE)

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Nicalla la stava aspettando seduta alla tavola, una tazza in mano e un vestito rosso con le maniche in pizzo che avrebbe illuminato una notte senza stelle. –Finalmente sei sveglia! Pensavo che avresti dormito tutto il giorno- sospirò –mio cugino deve averti proprio stancata ieri sera- ridacchiò, una ciocca di capelli che le scivolò, selvaggia, sull'occhio.

-Abbiamo parlato- Dorina abbassò lo sguardo e sperò di non arrossire troppo. Ricordava fin troppo bene il bacio. Le labbra le bruciavano.

-Lui sa come essere affascinante- sospirò –incantevole- un sospiro più profondo –incredibile- puntò un gomito sul tavolo e la manica le si arricciò intorno al gomito lasciando vedere la pelle tanto bianca che si potevano scorgere le vene azzurre. Le pareti di pietra sembravano farle da sfondo e renderla ancora più radiosa.

-Colgo una leggera ironia- Dorina si sedette, la sedia che raschiava, il vestito grigio che le stava stretto.

-Solo leggera? Io sono carica d'ironia- Nicalla si stiracchiò. -Hai la faccia di chi ha passato una brutta nottata-

Dorina cercò una risposta. Non voleva parlare di lui, di quello che era successo. Nicalla era sua amica, certo, ma Kaas era pur sempre suo cugino, anche se tra i due non sembrava esserci un buon rapporto. Per fortuna una voce le evitò di rispondere.

-Spero di non disturbare-

Dorina si voltò. Amadeo, appoggiato allo stipite della porta, le sorrise. Un sorriso carico di guai e fascino. Era lo stesso che aveva dedicato a Mirella? L'aveva conquistata così?

-Cosa devo vedere!- Nicalla alzò gli occhi al soffitto.

-Sempre felice di vederti- la punzecchiò Amadeo. La camicia bianca e i pantaloni neri gli davano un'aria severa.

-Io no- Nicalla incrociò le braccia e mostrò i denti aguzzi.

-Non capisco perché ti stia tanto antipatico- Amadeo avanzò. Il passo era rilassato in contrasto con quello rigido, militare, di Kaas. Non si potevano non notare le differenze. Come la luna e il sole. Forse era questo che era piaciuto a Mirella. La sua scompostezza, come sembrasse a suo agio ovunque. –Davvero, Nicalla, io sto simpatico alle ragazze-

-Lascia perdere, Amadeo- Ludovico entrò nella sala con un enorme sorriso e la divisa militare –Nicalla ama essere la pietra dello scandalo- si accomodò al tavolo e agguantò un biscotto.

-Quando fai così ti prenderei a schiaffi- Nicalla gli fece la linguaccia.

-Puoi provarci- fece spallucce e divorò il biscotto in un solo morso.

La risata di Alexander riecheggiò. -Sempre in vena di litigi?- prese posto accanto a Dorina, il suo profumo che le punzecchiava le narici. Fiori? Non avrebbe saputo dire di che genere.

-Ovvio- sospirò -non dirmi che ora fai anche tu parte del gruppo-

-C'è un gruppo?- Alexander sollevò le sopracciglia in una parodia di un'espressione stupita. -Di cosa? Perché se coinvolge il fascino sono il vostro uomo-

-Indagini- Ludovico sbadigliò. Aveva occhiaie livide. Aveva dormito? Forse passava troppo tempo con la sua amichetta e Dorina si trovò a pensare a Ludovico che amoreggiava con la ragazza misteriosa. E poi pensò a Kaas che baciava lei.

-Questa sera ho intenzione di andare a fondo alla storia- Nicalla si guardò intorno, come per sondare il pensiero dei presenti.

-So già che la risposta non mi piacerà, ma dove vuoi andare?- Amadeo le andò davanti. Cosa ci aveva trovato Mirella in lui?

-Ma è ovvio, nella città abbandonata- balzò in piedi, un gatto fattosi donna.

-Devo aver capito male, perché ho sempre pensato che tu fossi stravagante, non pazza e se ti recassi lì, beh, dovrei ammettere che sei folle-

Nicalla sbuffò. -Hai capito bene invece-

Amadeo scosse la testa. -Testona-

-Codardo!- gli occhi verdi luccicarono, simili a quelli di un gatto. Sembrava pronta a graffiare.

-Detesto dirlo, ma ha ragione Amadeo- Ludovico si strinse nelle spalle.

-Codardi, tutti e due- Nicalla corse fuori, sbattendo la porta con tanta forza che un quadro cadde dalla parte. La donna dipinta, una dama con un inquietante abito nero, si ruppe a metà..

-Le passerà- Amadeo sospirò.

-E se ci andasse?- Dorina sentì lo stomaco ribaltarsi.

-Non da sola, non è così folle-

Dorina non ne era certa. Nicalla non era di certo la persona che pensava ai pericoli. Non prima di aver avuto un danno.

-Stai tranquilla- Amadeo le sorrise, accattivante come il peccato. Non ci si poteva fidare di un sorriso così. -Ci ripenserà-

Dorina scoprì che Nicalla aveva messo in pratica il suo proposito quando la sera trovò un biglietto sul davanzale della propria camera.

Vado a fare un giro, se qualcuno chiede di me dì che sono a letto.

Nicalla doveva essere andata da sola a cercare la città. Con quegli esseri orribili che frequentavano il bosco. Il respiro le mancò. Si aggrappò al davanzale. Ombre. Fuori si vedevano ombre che si muovevano furtive. Potevano essere...

Non ragionò. Si mise a correre. Non sapeva dove stava andando fino a quando non si trovò davanti alla porta. La sua porta. C'era già stata, ma mai con un'agitazione che la scuoteva in quel modo. Bussò. Graffiò perfino il legno scuro. Un colpo. Due. Tre. Guardò a destra e a sinistra. Possibile che fosse da qualche altra parte? Magari nella camera di Caterina. Il pensiero le diede la nausea. Non poteva essere da Caterina. Non doveva essere da lei. Lo chiamò.

-Kaas- era solo un nome, ma in quella sola parola c'era tutto ciò che Dorina avrebbe voluto dirgli e non poteva. Le ginocchia le tremavano. Si appoggiò al muro. –Kaas, ti prego, apri- una supplica. Immaginò come sarebbe stato bello se lui avesse aperto in quel momento, l'avesse afferrata per la vita e stretta a sé. Tanto forte da farle girare la testa e farle dimenticare ogni cosa. E se l'avesse baciata di nuovo... forse ne sarebbe addirittura morta. Il cuore tremò. –Kaas- un ultimo esile tentativo e...

La porta si spalancò. Kaas non indossava la divisa, ma una camicia nera e un paio di pantaloni. Gli stivali erano lucidi come sempre. –Dori, che ci fai qua?- si passò una mano tra i capelli spettinati e quelli gli ricaddero sugli occhi, come una cascata scura.

-Nicalla è andata a cercare la città- gli gettò addosso. Le parole traballarono sulla sua lingua.

Kaas sgranò gli occhi. Un istante. Poi tornò normale. –Da quanto è uscita?- sparì dentro la stanza. Dorina sbirciò attraverso la fessura tra la porta e lo stipite.

-Non molto, non dovrebbe essere distante-

Nessuna risposta, solo un fruscio di abiti e uno scalpiccio. Dorina attese, il cuore che le batteva sempre più forte. Si strinse le braccia al petto. Tremava. E non per il freddo. Nicalla, la sua amica Nicalla. Poteva essere nei guai.

Kaas uscì. Aveva indossato il cappotto nero. –Grazie per avermi avvisato- sfiorò la pistola che aveva appesa al fianco –la troverò, non preoccuparti, lei è impulsiva- chiuse la porta  senza curarsi di usare le chiavi. –Torna in camera e cerca di riposare- Kaas s'incamminò lungo il corridoio, i passi che rimbombavano come un addio.

-No, non posso starmene in camera- la ragazza lo raggiunse –vengo con te-

-Non se ne parla nemmeno- Kaas le lanciò uno sguardo che prometteva tempesta –potrebbe essere pericoloso-

-So difendermi- lo seguì.

Scesero lungo le scale. Dorina le fece due a due. Il sangue le vibrava nelle vene. Aveva tanta energia che avrebbe potuto arrivare fino a Parigi correndo.

-Resti dietro di me, va bene?- Kaas si fermò alla base delle scale, si appoggiò al muro, la fissò negli occhi –Capito? Stai dietro di me-

Dorina non poteva crederci. Kaas cedeva così? –Va bene-

-Dillo, che starai dietro di me-

-Sto dietro di te, promesso, ma dobbiamo affrettarci, non c'è tempo-

Kaas annuì con lentezza estenuante. –Me ne pentirò-

-Oh, stiamo solo perdendo tempo- Dorina avrebbe voluto prenderlo per il braccio e trascinarlo con sé. Caterina lo avrebbe fatto. Purtroppo lei non era Caterina, non aveva la sua sfrontatezza.

-Concordo- e Kaas fece una cosa che lei non si aspettava. Le prese la mano. Dorina sussultò al contatto con la pelle ruvida di lui. Una pelle di chi è abituato a maneggiare strumenti. Armi. Diversa dalla sua, morbida e delicata. O da quella di Nicalla. Kaas serrò la stretta, infilò le dita tra le sue, le sfiorò il dorso con il pollice. –Stammi dietro e andrà tutto bene- continuava a guardarla, come se esistesse solo lei. La realtà sembrò capovolgersi. Il mondo era tutto in quello sguardo, in quella mano stretta nella sua, in quel sentimento che le graffiava la pelle e che non poteva accettare. Non avrebbe mai potuto accettare. Lasciò che lui la trascinasse con sé.

  

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