XXVIII. DUBBI, LACRIME E BACI

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Kaas posò Nicalla sul letto di una camera degli ospiti.

-Non ho certo intenzione di entrare nelle sue stanze- borbottò -non me lo perdonerebbe-

I capelli neri della ragazza ricadevano sul cuscino come onde d'inchiostro. Sembrava piccola tra quelle coperte vaporose. Dorina le studiò il viso, il cuore che le batteva all'impazzata. Era stranamente pallida. Le sfiorò la fronte. Fresca, ma sudata.

-Dorina- appena un sussurro tra le labbra screpolate della malata.

Dorina sussultò. -Come ti senti?- le spinse indietro i capelli. Un gesto delicato.

-Credo bene... anche se ho male ovunque- il bel viso si contrasse in una smorfia.

-Hai bisogno che ti porti dell'acqua? O qualcos'altro?-

-No, mi sento solo molto stanca- sospirò -credo che dormirò-

-Sì, riposa- Dorina era curiosa di sapere cos'era successo, ma non voleva sforzare Nicalla. Attese fino a quando il respiro non le divenne regolare, quindi si alzò e uscì dalla stanza.

Kaas l'attendeva, appoggiato al muro, le braccia incrociate. Dorina cercò di non sembrava troppo felice della cosa. Nonostante il cuore le si schiantasse nel petto per la gioia.

-Come si sente?- le chiese.

-Nessuna ferita visibile, dice di essere stanca e non mi ha parlato di quello che è successo-

Lui annuì piano,le ombre che sembravano parte di lui. -Va bene, per questa sera non ha importanza-

-Ora però devo occuparmi della tua guancia-

-Che... - si portò una mano al volto, sfiorò la ferita, fece una smorfia. -Ci crederesti se ti dicessi che non me n'ero accorto?-

-Ti direi che ti occupi troppo poco di te stesso- le gambe le tremavano e non sapeva perché. Non c'era un vero motivo per il suo turbamento. Le sfuggì un sospiro.

-Non ho bisogno di molte cure-

-Tutti abbiamo bisogno di cure- fece un mezzo sorriso.

-Non io... sono cresciuto solo- percepì una vena di dolore nella sua voce. Le avrebbe confidato qualcosa? Si mise in attesa, il cuore in gola. La curiosità morbosa nei confronti di Kaas pulsò come una creatura viva.

-Beh, i tuoi genitori si saranno presi cura di te-

-Loro avevano una scuola di pensiero particolare- scosse la testa, i capelli che gli scivolavano sul bel viso. -Non ha importanza, Dori, non serve che mi disinfetti la ferita-

-E se io volessi farlo?- fece un passo avanti e si ritrovò vicina a Kaas. Forse troppo vicina. Il suo respiro le solleticava le labbra.

Kaas scrollò la testa. -Andiamo, su-

Dorina avrebbe voluto controbattere, ma si trattenne. S'incamminarono vicini, nel corridoio silenzioso.

Alla prima svolta Kaas l'afferrò per le spalle. Un movimento fluido. Le dita affondarono nella sua carne. Dorina, presa alla sprovvista, sussultò. Mille desideri le scavavano nella pelle. Avrebbe voluto stringersi a lui. Avrebbe voluto abbandonarsi tra le sue braccia, arrendersi. Avrebbe voluto solo chiudere gli occhi e sperare che lui la baciasse. La ricoprisse di baci con quella sua bocca carnosa. Una bocca che sembrava nata per peccare.

-Dori- lui abbracciò il suo nome. Come se fosse stato qualcosa di prezioso. Le mancò la terra sotto i piedi e le sembrò di cadere in una voragine.

-Kaas, io... -

Lui la baciò. Avrebbe dovuto spingerlo via, ricordare che non era possibile, che aveva sposato sua zia, che era pericoloso più di quei lupi che percorrevano il bosco. Non poté farlo. Lei desiderava quel bacio. Lo sognava da tempo. E il suo corpo reagì. Si aggrappò a lui, al suo collo, lo attirò a sé. Affondò le labbra in quelle di lui, come se fossero la sua salvezza. Ogni parte del suo corpo tremava.

-Dori- gemette Kaas, contro le sue labbra.

Dorina soffocò le sue parole. Voleva solo assaporare i suoi baci. Ubriacarsi di baci. Dimenticare ogni cosa.

-Posso venire da te?- Kaas serrò la stretta.

Dorina sapeva cos'avrebbe dovuto dire. No. Avrebbe dovuto trovare una scusa, ricordargli com'erano i loro rapporti, sussurrargli che sarebbe stato sconveniente, se non sbagliato. Avrebbe potuto dire moltissime cose. Beh, avrebbe potuto. Kaas però riempiva ogni sua piega. Stare con lui era come sentirsi finalmente completa. Come arrivare in porto dopo una tempesta. Le sembrava di barcollare sulla terraferma, non desiderando altro che lasciarsi cadere e rotolarsi nella sabbia. -Va bene- mormorò -puoi venire-

Kaas le baciò il mento e poi giù sul collo. I capelli biondo tinti di Dorina si mischiarono a quelli neri di Kaas.

Dorina lanciò un sospiro e... Mirella le comparve davanti. Il corpo le s'irrigidì. Non era possibile, doveva trattarsi di un'allucinazione.

Le sembrò che il soffitto le crollasse addosso. Spinse via Kaas. Barcollò. Sbatté con una spalla contro il muro. Il dolore esplose, ma lei lo sentì lontano. L'immagine di Mirella se ne stava nella sua mente. Come un disegno. Tremò. Le sembrava di avere la febbre. Avrebbe voluto scivolare sul pavimento, le gambe troppo molli per sostenerla.

-Dori- ansimò Kaas. Aveva le pupille dilatate, le labbra tremanti, la pelle arrossata. -Dori, io... -

-Non possiamo- la ragazza scosse tanto forte la testa che la batté contro il muro. I rumori le rimbombarono nella mente. -Lo sai che non possiamo- se le ginocchia non fossero state di gelatina si sarebbe messa a correre. Peccato che si sentisse simile a una statua di ghiaccio lasciata sotto il sole cocente.

-Dori, aspetta- si spinse avanti, le braccia tese, come per abbracciarla, stringerla a sé, annullare ogni suo pensiero.

-Non possiamo, non capisci che non possiamo?- le lacrime le scavavano le guance. Era come se lui le succhiasse l'anima con quello sguardo... non c'era da stupirsi che Kaas fosse accusato di essere uno strigoi. La gola le si seccò. Le stava assorbendo l'anima, bevendola sorso dopo sorso fino a quando non sarebbe rimasto più nulla.

-Lo so, Dori, credi che non lo sappia? Credi che quello che c'è tra di noi non mi procuri... dubbi? Problemi? Non renda le mie notti insonni? Perché se pensi questo, beh, sbagli... io muoio giorno dopo giorno, come se fossi stato avvelenato... per sfortuna non posso farci proprio nulla-

Dorina tremava, tremava, tremava. Lo sapeva bene che non avrebbero potuto farci nulla. -Basta, ti prego- non voleva sentire. Radunò tutto il suo coraggio e si mise a correre, le lacrime che le bagnavano le guance.


Dorina dormì male. Il sole non era ancora sorto e lei era già in piedi, con addosso un abito bianco di pizzo. Un regalo di sua madre. Chissà cos'avrebbe detto della situazione in cui si trovava. Nulla di buono. Dorina si pizzicò le guance, nel tentativo di darsi un po' di colore. Aveva accettato di tornare a Grassone non solo per l'incidente, ma anche per fuggire al controllo dei genitori. Per poter assaporare un pizzico di libertà. Una libertà che lei non avrebbe mai potuto avere. Si diresse verso i libri che aveva portato in camera dalla biblioteca qualche giorno prima. Ne scelse uno sul castello, scritto da un vecchio proprietario, e si lasciò cadere sul letto. La lettura di solito aiutava.

Uno scricchiolio. E quella voce. Hilda. Era la sua voce. Naturalmente era impossibile. Non solo Hilda era morta, ma lo aveva fatto davanti a lei. Dorina ricordava la vita che le sfuggiva dai begli occhi blu. Occhi che erano rimasti spalancati su di lei senza vederla realmente Ed era stata in parte colpa sua.

-Mi dispiace- sussurrò al vuoto. Silenzio. Restò in ascolto, come se qualcuno potesse davvero rispondere. Come se Hilda non solo non fosse morta, ma si trovasse in quella stanza. Inspirò e si concentrò sul libro. Lo sfogliò, le dita tremanti e sudate. Non vedeva quello che c'era. Il suo pensiero era lontano. Molto lontano. Troppo lontano. Troppi pensieri. Ecco il problema. Hilda, Kaas, Amadeo, troppi problemi. Una pagina le comparve davanti. Una mappa. La fissò, incredula. A prima vista sembrava quella del castello, del piano inferiore, ma c'era qualcosa di strano. Una porta segreta. Una rampa di scala. Che portava dove? Lasciò scorrere lo sguardo sulla pagina vicina, su un'accozzaglia di parole, frasi, informazioni.

"La leggenda narra che ci sia un passaggio segreto che porterebbe alla cosiddetta tana del vampiro".

Tana del vampiro. Le parole le riverberarono nella mente. Un'eco. Avrebbe potuto lasciar stare. Chiudere il libro. Nasconderlo. Portarlo in biblioteca. Sarebbe stata la cosa più saggia. Dorina però non si sentiva saggia. Il bacio l'aveva scossa. Si passò una mano tremante tra i capelli. Il desiderio di sapere se c'era del vero nelle storie che si raccontavano in giro, beh, era troppo.

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