XXXIX. UN VOLTO DAL PASSATO

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Kaas fissava le carte che aveva davanti. Le lettere si mischiavano davanti ai suoi occhi. Non era concentrato. Quelle parole prendevano la forma di un nome. Maledizione! Colpì la scrivania con un pugno. Dorina, sempre lei. Lui non avrebbe dovuto pensarci. Lei era fuori dalla sua portata. Prima di tutto perché lui era il suo tutore. E poi c'era la storia della maledizione. Si morse l'interno della guancia. No, non c'era soluzione. Doveva rinunciare a lei. Le avrebbe solo fatto del male se si fosse ostinato a corteggiarla. Non poteva non pensare al pavimento che si copriva di crepe. Allora perché non riusciva a togliersela di mente? La ragione non prendeva il sopravvento questa volta? Si coprì il viso con le mani. Cosa doveva fare? Non vederla era un'agonia, se credeva di stare male prima, beh, ora era a pezzi, letteralmente. Chiuse gli occhi. Non aveva mai provato nulla di simile. E il muso lungo di Nicalla non lo aiutava. 

-Lei ti ama, non dovevi allontanarla-

L'eterno rimprovero. Nicalla amava metterlo in difficoltà. Era il suo passatempo. Kaas la odiava quando faceva così. Conveniva però che spesso sua cugina avesse ragione. Come riguardo a Mirella. E la cosa lo faceva arrabbiare ancora di più.

Si alzò. Non poteva stare seduto.  Doveva muoversi. Le gambe gli tremavano. Andò alla finestra. Oltre il vetro la neve scendeva. Un turbinio di fiocchi. Non poté fare a meno di chiedersi come fosse il tempo a Parigi. Avrebbe potuto chiamarla. Si era accertato di mandarla in un posto in cui avrebbe potuto mettersi in contatto con lei in qualsiasi momento. Una precauzione in caso di pericolo, si era detto. Un modo per sapere che avrebbe potuto sentire la sua voce, la verità. No. Scacciò quel pensiero. Non voleva sentire la sua voce. Si morse le labbra. Non voleva proprio sentirla. Non ce l'avrebbe fatta. Lo stava facendo impazzire il pensiero di lei. E non sapeva come sconfiggere questo pensiero. Questa ossessione.

-Ti manca-

Kaas sussultò. Nicalla era dietro di lui, un ampio vestito turchese che metteva in risalto le venuzze del suo viso. Meravigliosa e cupa. Una creatura fatta di tenebre. A volte la temeva. Conosceva di cos'era capace. L'aveva vista in azione e il suo essere donna non cambiava nulla. Sapeva essere crudele quando necessario. E quando semplicemente voleva. -Non sono affari tuoi-

-Sono affari miei perché viviamo sotto lo stesso tetto- si stiracchiò.

A Kaas Nicalla aveva sempre ricordato una tigre. Bella, sinuosa, pericolosa. Un giorno gli sarebbe saltata al collo e gli avrebbe affondato quei dentini affilati nella giugulare. In famiglia erano piuttosto crudeli. Si azzannavano a vicenda. Kaas lo sapeva bene. Si sfiorò il collo. -Comunque manca anche a me- sbadigliò Nicalla -mi ero dimenticata quanto fosse divertente avere accanto qualcuno che non è della famiglia-

-Sei una pessima bugiarda-

Nicalla fece spallucce. -Non so di che parli-

-Lo sai bene invece- si sentiva stanco, febbricitante. 

-E poi Parigi è un luogo pericoloso, con tutti quei ragazzotti che inneggiano all'amore libero e a quelle altre sciocchezze-

Kaas s'irrigidì. -Al che?-

-Oh, lo vedi quanto sei vecchio? Scommetto che sei rimasto a Napoleone- scosse la testa -un cugino moderno, ecco cosa voglio, chiedo tanto?-

Giovannotti. Kaas pensò alla sua bella e ingenua Dorina. Temeva l'inganno. E lui... 

-Ti ho insinuato il dubbio, eh?- Nicalla rise, quella risata secolare, che aveva stregato uomini e donne. 

-Bada bene a... -

-Tu la ami, Kaas, almeno ammettilo con te stesso! Tu la ami come non hai mai amato nessuno e lei può spezzare la maledizione- alzò le braccia. Segni scuri sulla pelle bianchissima. I suoi tatuaggi. Come catene. Di solito li copriva con la cipria. Non quel giorno. 

-Sarai libero, non desideri la libertà?- gli occhi verdi le brillavano come smeraldi. 

-Io voglio solo che lei sia felice! Non desidero che questo!-

Nicalla scosse la testa. -Stupido, capisci cosa vuol dire essere liberi?-

Kaas lo sapeva bene. La libertà non valeva però il sacrificio di Dorina. Non valeva il dolore che avrebbe potuto infliggere.

-Brutto testone, peggio per te- si voltò, un turbinio di stoffe, e uscì.

Kaas fu sollevato di essere di nuovo solo. Nicalla era troppo. La era stata fin da piccola. Pesante, inquieta, folle. I genitori non la sopportavano. Lei non riusciva a stare ferma, a comportarsi come avrebbe dovuto. Uno spirito libero, così si definiva. Un problema, così la definivano i suoi. Kaas sapeva cosa le avevano fatto per tenere a bada quel problema. L'aveva raccolta lui dalle segrete del vecchio castello, il sangue tra i capelli, lividi scuri sul viso bianco, gli abiti strappati. La creatura pericolosa che un giorno sarebbe diventata Nicalla probabilmente avrebbe fatto ogni cosa a pezzi, perfino i genitori. 

Kaas sospirò e tornò a sedersi alla scrivania. Aveva molte cose da fare. Forse troppe


La mostra era stata organizzata in un appartamento vuoto nell'edificio in cui Dorina abitava. –Appartiene alla nostra famiglia- spiegò Coraline.

L'ambiente era ampio, con pavimenti di marmo e tappezzeria scura che metteva in risalto i quadri. Dorina si domandò se non provenissero da una famiglia benestante e stessero facendo una vita da bohème. Sua madre non avrebbe certo approvato. Nicalla al contrario ne sarebbe stata entusiasta. Chissà cosa stava facendo. Le mancava?

Coraline continuò a parlare. Arte, Parigi, politica. Dorina si sforzava di annuire, l'accenno di un sorriso sulle labbra. Avrebbe solo voluto buttarsi a letto con un libro tra le mani per dimenticare ogni problema.

-Coraline, non starai esagerando con le chiacchiere?- Charles sbuffò –Mia sorella non sa mai quando fermarsi-

-Oh, smettila- gli diede una gomitata-

Dorina non poté che sorridere. C'erano varie persone che ammiravano le opere d'arte. Notò una piccola folla davanti alla statua di una ragazza che baciava un serpente. Un dolce chiacchiericcio avvolgeva tutto.

-Vuoi vedere l'aspetto che aveva l'amante del bisnonno?- Coraline allargò il sorriso. Sembrava un predatore pronto a saltarti addosso. Un'immagine non molto tranquillizzante.

-Volentieri- perché no? Intanto peggio di così...

-Vieni- Coraline la prese per il braccio, la tirò verso una stanza e... Dorina ebbe la certezza di essere impazzita. Oppure di essere vittima di un orribile scherzo. Magari Kaas aveva orchestrato tutto per un suo oscuro scopo. Chi lo poteva capire? –Che ne dici?- Coraline ridacchiò –Non è bellissimo?-

Nicalla. Quel quadro raffigurava Nicalla. Se ne stava sdraiata su un divano, un piede scalzo che porgeva oltre un bracciolo, un abito di raso rosso, i capelli neri raccolti in uno chignon, gli occhi tanto verdi da sembrare irreali. Solo che non erano irreali. Erano suoi. Di Nicalla.

-Bellissima, non credi?- la incalzò Coraline –Com'è possibile non innamorarsi di una creatura del genere?-

-Forse non hai torto- Dorina sentiva qualcosa pulsarle dentro. Il desiderio d'indagare. Di capire. Di mettere insieme i pezzi. –Come si chiamava?-

-Lancilla- Coraline ridacchiò –un nome buffo, non credi?-

Lancilla. Era un anagramma di Nicalla. Lo stomaco le si strinse. Inspirò ed espirò. Si sentiva mancare. Non poteva essere reale, però...

-Si narra che fosse una donna molto particolare- Coraline si avvicinò al quadro.

-Cosa le successe?- Dorina sentiva il cuore batterle forte. Tanto da farle male. Di sicuro Coraline avrebbe raccontato qualche storia che le avrebbe fatto capire che era una coincidenza. Forse Nicalla era una discendente della donna del quadro.

-Un giorno scomparve... forse si lanciò nella Senna, sarebbe stato da lei-

-Era un personaggio particolare?- nascose le mani tra le pieghe dell'abito. Non voleva che Coraline si accorgesse che stava tremando.

-Molto particolare- Coraline scosse la testa –sembravano deliri i racconti su di lei- fece spallucce –ma ora basta parlare di lei-

Dorina aggrottò la fronte. C'era qualcosa che non le tornava nel modo in cui Coraline cercava di tagliare l'argomento, come se... -Ne hai paura- lo disse senza pensarci e si pentì subito. Soprattutto quando lo sguardo di Coraline le fu addosso come un pungiglione. Dorina si sentì piccola e indifesa.

-Cosa dici?- la freddò.

-Nulla- Dorina si mordicchiò le labbra. Voleva solo correre via. E nascondersi. O meglio voleva tornare al castello. Da Kaas. Lui pensava a lei? Oppure l'aveva già sostituita con un'altra? Una vocina crudele, nella sua testa, le sussurrò il nome di Caterina.

-Io non ho paura- ruggì l'altra.

Dorina scrollò la testa. –Devo andare, mi dispiace- non attese, afferrò i lembi dell'abito, li sollevò per non inciampare. Uscì, il passo tanto rapido che Charles dovette correre per raggiungerla.

-Ma dove vai così in fretta?-

-Mi è scoppiata l'emicrania- si affrettò a dire lei, un leggero sorriso sulle labbra. Finse di non sentire le altre domande e si rifugiò nel suo alloggio.

Dorina non dormì quella notte, ma scrisse. L'inizio di un romanzo giallo. Su un quadro che raffigurava una giovane che doveva essere morta da secoli e che invece percorreva il mondo. Una creatura eterea. Una principessa di ghiaccio e sangue. Bellissima e crudele.

Dorina scivolò in un dormiveglia verso l'alba. Sognò lui, naturalmente. Non sapeva se era un bene o un male. Non lo sapeva mai. Nel sogno c'era la tempesta, l'acqua le bagnava il viso, i capelli, gli abiti. Lei correva da Kaas, ma non riusciva mai a raggiungerlo.



All'alba Dorina non resistette più. Scivolò fuori, nel corridoio polveroso. Aveva bisogno di fare due passi. Non voleva però incontrare Coraline. Non dopo il loro ultimo incontro. Sospettava che la ragazza non si sarebbe più mostrata benevola con lei. Poco male. Dorina non aveva bisogno di amici. Intanto non era sua intenzione restare troppo a Parigi. Sospirò. Non si era goduta la città. Non con il pensiero fisso di Kaas. Le sembrava di vederlo nei volti delle persone.

-Vai a fare una passeggiata?-

Dorina sussultò, i muscoli rigidi.

-Scusa, non volevo spaventarti- Charles le comparve davanti e le sorrise. –Ti ho sentita uscire e ho voglia anch'io di passeggiare-

-Cerchi l'ispirazione per un quadro?-

-Cerco sempre ispirazione... passeggiamo insieme?-

Dorina avrebbe preferito passeggiare da sola, ma sapeva che le avrebbe fatto bene un'altra persona. –Mi farebbe piacere- si sforzò di sembrare felice. Alcuni passanti passarono loro accanto.

Charles annuì. Aveva i capelli scompigliati e dava l'impressione che non avesse davvero intenzione di uscire. –E poi mi volevo scusare per mia sorella-

-Per cosa?- Dorina si diresse verso le scale, il cuore che le batteva forte nel petto.

-Per quello che ti ha detto ieri, quando sei uscita di corsa- la seguì. Fecero le scale fianco a fianco. Dorina non sapeva esattamente cosa rispondergli. Charles continuò. –Coraline sa essere piuttosto brusca-

-Non è stata brusca- Dorina posò una mano contro il muro –la colpa in realtà è stata mia, ho parlato troppo- fece spallucce. Fissò il cielo che era un'esplosione d'oro e rosso.

-Non mi sembri la tipa che parla troppo-

La stava corteggiando? Oh no, non poteva essere così. Dorina non piaceva. I ragazzi di solito la ignoravano.

-Al contrario, mi sembri una brava ragazza, non so nemmeno cosa ci fai qua-

Questo non lo sapeva nemmeno lei. –Diciamo che è un soggiorno obbligato a Parigi- non era una bugia.

-Oh... così però m'incuriosisci-

Dorina si strinse nelle spalle. Non aveva voglia di parlare.

-Fa freddo oggi- commentò Charles seguendola.

-Dove stavo prima io faceva freddo, qua è solo la temperatura giusta- le mancavano quelle montagne. Le mancava non poter vedere il giardino di Laurino. Kaas lo guardava? Pensava a lei?

-Dov'eri?- Charles affrettò il passo per andarle accanto. Stavano girando intorno all'isolato.

-Sulle Dolomiti, in Italia- dirlo le fece male. Come se avesse avuto degli spilloni in bocca.

-Ma che luoghi meravigliosi!-

-Ci sei stato?-

-Oh sì, ho fatto un Gran Tour qualche anno fa-

Dorina annuì. Camminarono lungo il marciapiede, tanto vicini da sfiorarsi.

-Allora, da cosa fuggi?-

Dorina non si aspettava quella domanda. Era improvvisa e non era conveniente. Per niente. –Ho l'aria di una che fugge?- mormorò per prendere tempo.

-Sì, un po' sì-

Dorina si morse l'interno della guancia. Avrebbe voluto confidarsi con qualcuno. La ragione però le diceva che era meglio non farsi. Non le dicevano tutti di non fidarsi degli sconosciuti.

-Non sei obbligata a dirmi qualcosa, ma penso che ti farebbe bene-

-Diciamo che l'atmosfera si era fatta tesa- incandescente.

-Una storia d'amore?- una risatina complice.

-Perché se ci siamo noi donne deve essere sempre amore?- le uscì un singhiozzo, gli occhi che si riempivano di lacrime.

-Non funziona così?- ridacchiò.

-Per niente- si attorcigliò una ciocca di capelli intorno all'indice. -Beh, forse in alcuni casi- nel suo di certo.  Si limitò a rispondere a monosillabi alle altre domande di Charles. Voleva solo tornare da Kaas.

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