XXXXVII. SCONTRO

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L'aria fresca della notte la schiaffeggiò. Dorina la ignorò. Non sapeva dove si trovava. Era un luogo pieno di macerie. La città abbandonata. Ecco dov'era! Era quello il rifugio di Alexander! Riprese a correre, le scarpette che affondavano nella terra. 

Avrebbe raggiunto Kaas ovunque. Anche se fosse stato nell'Oltretomba. Avrebbe sconfitto demoni, mostri, fantasmi. Perché ora sapeva chi desiderava. Perché il suo cuore batteva solo per lui. Perché il pensiero di Kaas, di tornare da lui, di rivederlo, di poterlo riabbracciare, l'aveva tenuta in vita durante quella prigionia.

Uno sparo. Ruppe la notte come un vetro che esplode in mille pezzi. Dorina si bloccò, le gambe pesanti come marmo. Restò così, immobile, una statua bionda, per alcuni secondi, il petto che andava su e giù, assecondando il respiro accelerato. Dov'era? Fece un mezzo giro, barcollò, rimase in piedi. E sentì altri colpi. Gemiti. Urla. Una colluttazione. Si lanciò all'attacco senza attendere nemmeno un istante.

Due persone stavano lottando. Avevano qualcosa stretta in mano. Una pistola. Prima doveva essere partito un colpo. Kaas!

Un altro sparo. I due si staccarono. Barcollarono. Dorina sentì lo stomaco contrarsi. Qualcuno era ferito. Gocce sangue. Trattenne il respiro. Non Kaas. Pregò che non fosse lui. E poi il ferito si voltò e la speranza appassì. Gli occhi grigi incontrarono i suoi come a sussurrare un addio. E Kaas crollò a terra.

Alexander rise e la guardò. -Oh, proprio al momento giusto! Una splendida entrata in scena!-

Dorina inspirò. Non poteva vincere con la forza, ma doveva usare l'astuzia. Gli andò incontro, il cuore un rullo di tamburi. -Sei  stato molto intelligente-

Il sorriso di Alexander si ampliò. -Sì?- infilò la pistola nella fondina. -Hai cambiato idea?-

Doveva essere credibile. -Non si può?- gli andò vicino, il cuore che le esplodeva in gola. -Non pensi che sia possibile?-

Lui la fissò. Lei si costrinse a leggere quello sguardo folle e a sorridere. Gli posò una mano sulla spalla. Doveva essere come Nicalla. Lasciò che lui le cingesse la vita. La trasse a sé, le labbra che si appoggiavano alla sua guancia. Calde, umide, fastidiose. Trattenne il fiato.

Era vicina. La mano scivolò e afferrò la pistola. Pesante e gelida. Saltò indietro. La mano le tremava tanto forte che temeva le sarebbe caduta. Cercò di regolare il respiro. Inspirò ed espirò. Non ce la poteva fare. Aveva le ginocchia molli, la testa leggera, la gola stretta. Deglutì. Doveva farlo. Per Kaas. Radunò la sua determinazione. La estrasse. Arretrò. Puntò.

-Non mi sparerai- Alexander avanzò verso di lei, la schiena dritta, il passo elegante e deciso. Voleva toglierle di mano la pistola, comprese. Non poteva permetterglielo, altrimenti sarebbe stata la fine. Non avrebbe più avuto difese. Non poteva però sparare. Le sembrava che la terra si allontanasse. -Dammela- tese il braccio verso di lei. Verso l'arma. Non gli avrebbe permesso di prenderla. Non poteva perderla. -Dammi la... -

Dorina agì d'istinto. Il suo indice si mosse da solo. Premette il grilletto. Tutto divenne immobile. Tanto immobile che Dorina fu sicura che non sarebbe successo nulla. E poi si sentì il boato, un colpo le riecheggiò lungo il braccio, una smorfia deformò il bel volto di Alexander. Lui traballò.

-Perché?- gemette.

Come poteva chiederle perché?

-Io ti avrei dato tutto- si premette il petto, guardò giù, il sangue che gocciolava per terra. L'unico rumore che interrompeva quel macabro silenzio. -Ti pentirai di questo- cadde in ginocchio sulla neve che scricchiolò sotto il suo peso.

Dorina non replicò. Aveva la gola troppo secca per parlare. Se ne rimase ferma, il cuore esploso nel petto.

-Dori-

Alzò la testa e lo vide. Kaas.

Le andò incontro. Zoppicava, teneva una mano sul fianco destro, un graffio rosso gli percorreva la guancia. Era un disastro, ma era suo. Ed era vivo. Al resto si sarebbe potuto rimediare.

-Stai bene?- le chiese.

Lei annuì, gli occhi che le bruciavano. Aveva paura che se avesse parlato tutto sarebbe esploso. Restò quindi in silenzio. Anche quando lui la prese per la vita e l'attirò a sé. Non parlò. Affondò il viso nella sua giubba. Si godette il calore del suo corpo. E la sua stretta.

-Andiamo a casa- le sussurrò nell'orecchio.

Dorina comprese che era il momento di dire qualcosa. Aprì la bocca, ma le uscì solo un singhiozzo strozzato. Lui la baciò sulla fronte. Un gesto delicato che racchiudeva tutto il suo amore per lei, tutto quel legame che si stendeva tra di loro. Un legame che era tanto forte da stringerle il cuore. Non protestò quando lui la prese in braccio. Nonostante la  ferita. Al contrario, si abbandonò alla sua stretta. Posò la testa contro la sua spalla. Lui s'incamminò tra la neve. Come un principe oscuro. Come il suo principe oscuro. Il pensiero la fece sorridere. Chiuse gli occhi e si abbandonò.


Tutti parlarono degli eventi di Grassone per giorni. Sembrava che nei dintorni non si riuscisse a smettere di raccontare la storia del principe che si era finto vampiro. Sembrava il racconto del terrore di qualche scrittore mediocre.

Dorina restò a letto un paio di giorni, per ristabilirsi. Ordine del medico.

-Per essere certi che il veleno sia stato eliminato con successo- le spiegò Amadeo, con Nicalla appesa al braccio.

-Cosa pensi che abbia usato per fingere la mia morte?- Dorina si tirò su, i capelli sul viso.

-Tetrodossina, forse, in piccole dosi paralizza, deve averla usata anche per Mirella-

-E per la malattia dello strigoi?-

Amadeo serrò le labbra. -Sospetto belladonna... ne abbiamo trovata anche nella pozione per la pelle liscia che hai in camera-

-Cosa? Mi ha avvelenato?-

-Proprio così... perlomeno ci ha provato- Ludovico se ne stava seduto sul baule, intento a sfogliare un libro.

-Ma io sto bene!- protestò Dorina.

-Non si discute- Nicalla lasciò il braccio di Amadeo e si sedette sul letto -vogliamo essere certi che tu stia bene- le spinse indietro i capelli, le dita fredde.

-Oh, mi fate sentire malata- Dorina sprofondò tra i cuscini. Non le dispiaceva stare lì con loro.

Continuavano ad andarla a trovare e Nicalla le portava i dolci dalla cucina. Si stiracchiò, uno sbadiglio soffocato appena. C'era una cosa che le premeva sapere. Lo sentiva come una pietra che pesava sullo stomaco. Era però consapevole di non poter fare domande con Amadeo e Ludovico presenti.

-Comunque non mi capacito che Alexander sia riuscito a fuggire-

Un silenzio di ghiaccio calò sulle parole di Ludovico. Dorina lo fissò, gli occhi sgranati.

-Fuggito?- chiese.

-Non avrebbe dovuto dirtelo- protestò Nicalla.

Allora era vero. Dorina sentì la gola serrarsi sempre di più. No, no, no. -Non può essere vero- gemette.

-Ludovico non avrebbe dovuto parlarne- Nicalla afferrò un cuscino e lo lanciò in testa al cugino che lanciò un debole verso di protesta.

-Scusa-

-Si deve riprendere, non devi stressarla-

-Dovevate dirmelo- gemette Dorina. Il cuore le batteva forte in gola. E le faceva male. Molto male.

-Mi prendo io la responsabilità- la voce di Amadeo suonò calma. -Se devi prendertela con qualcuno fallo con me, non volevamo che avessi una ricaduta-

Dorina sospirò. -Non ce l'ho con nessuno- ed era sincera. -Però dovete dirmi la verità ora-

Uno scambio di sguardi che notò. Fece finta di non vedere. Attese, il cuore in gola.

-Quando siamo tornati per vedere se era vivo, beh, non c'era più- Ludovico si strinse nelle spalle -c'era solo del sangue sulla neve-

-Nemmeno molto sangue- Amadeo si appoggiò al muro, le braccia incrociate, un sospiro tra le labbra carnose -non l'hai ferito in modo grave-

-Ne sei certo? Lui... sembrava ferito gravemente- Dorina ricordò la smorfia di dolore, la caduta, il sangue. Sembrava grave. Ma forse si era sbagliata. Forse aveva visto qualcosa che non c'era.

-Non credo... probabilmente tu hai creduto di ferirlo in modo grave- Amadeo guardò altrove.

-Oh, tesoro, non fare quella faccia- Nicalla si spinse avanti e le passò un braccio intorno alla vita -non tornerà, non dopo tutto quello che è successo-

Dorina però non riusciva a non pensare a quello sguardo, a quelle parole, a quella determinazione. Alexander non era un uomo capace di arrendersi.

-Sei al sicuro- Ludovico si alzò, gli stivali che battevano contro il pavimento. -Il castello è tutto sotto controllo, non tornerà, non a breve comunque-

Nicalla annuì. -Stai tranquilla, ci siamo noi a proteggerti-

Dorina avrebbe voluto che fosse vero. Purtroppo era certa che se Alexander l'avesse voluta... beh, nessuno avrebbe potuto impedirlo. Deglutì, cocci di vetro che le bucavano la gola.

Improvvisamente le davano fastidio tutte quelle persone nella sua stanza. Nicalla lo comprese.

-Credo che sia ora che voi maschietti ve ne andiate-

-Cosa?- domandò Amadeo.

-Perché?- fece eco l'altro.

-Io e Dorina dobbiamo parlare di cose da donne... oppure volete che vi parli delle indisposizioni femminili?-

-Direi di no- borbottò Ludovico.

-Io devo già studiarlo a lezione- dichiarò Amadeo -senza offesa, ma non ho voglia di sentirne ancora parlare-

Uscirono, seguiti dalle risate di Nicalla.

-Uomini, passeranno i secoli, ma loro non cambieranno mai- sbuffò.

Adorabile, ecco cosa veniva in mente quando la guardavi. Stringeva il cuore. Lo stomaco sobbalzò.

-Ci sono novità su Kaas?- domandò piano. Appena un sussurro.

-Lui... mi chiede sempre di te- gli occhi verdi si socchiusero. Qualcosa non andava. Nicalla nascondeva un segreto.

-Perché non viene a trovarmi?- guardò altrove. Perché non voleva che l'amica scorgesse le lacrime. E non voleva leggere sul viso di lei qualcosa che non le sarebbe piaciuto.

-Crede di non essere adatto a te, di portarti solo problemi-

Sussultò. -No, non è vero- le lacrime le rigarono le guance. Maledì la propria debolezza. Non doveva piangere. Non doveva mostrarsi debole.

-Kaas... vuole partire-

-Cosa?- partire per dove? Il castello era casa sua. Lui adorava quella scuola militare. Non aveva altro al mondo.

-Gli hanno offerto un posto altrove... non mi ha detto dove, lui... crede che sia meglio così, io gli ho già dato dello stupido- fece spallucce -ma lui è un testone per cui è inutile tentare di fargli cambiare idea- si fermò -però tu potresti, lui ti ama veramente- le posò una mano sul braccio.

Dorina rimase immobile. Si sentiva vuota. Senza Kaas... la sua vita sarebbe stata impossibile. -Devo vederlo- gemette e prese la mano dell'amica.

-Gli dirò tutto- sussurrò.

-Grazie-

-Aspetta a ringraziare- un sorriso triste piegò le labbra della ragazza.

Dorina ebbe paura.

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