《The fruits》Salomè Frollo

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NDA: Ed eccomi qui che dopo millenni torno con questa one-shot, scriverla non è stato semplice però mi son divertit* veramente tanto, spero che vi piaccia.
Specifico che alcune scene di questa one-shot NON sono ambientate in Rarissime, ma solo in una sorta di "futuro" che io stess* ho creato, dove ovviamente Sal dovrà adempiere ai suoi doveri.
Specifico che gli eventi NON saranno tutti in ordine cronologico, dato che io ho questa dote di essere disordinat* anche quando scrivo.

XoxoCorvy.

Ps; Oggi, 25 dicembre, è il compleanno di Sally.

Tags: -bohemjanrhapsody Piccolastella9605 dcleyh14

*=Le donne nel Medioevo solitamente non indossavano gli abiti bianchi durante il matrimonio, ma preferivano colori come il rosso.


<<Sono felice di vederti, Salomè!>> raramente tuo padre aveva mostrato un grande interesse nei tuoi confronti, al contrario, egli è sempre stato molto distante da te.

Forse perché eri la causa di un'unione infelice come quella dei tuoi genitori, obbligati a sposarsi solo perché il frutto della loro lussuria stava crescendo dentro il ventre di tua madre: Chissà, forse se le cose fossero andate in modo differente, lui ti avrebbe amata.

Avevi privato tua madre della sua stessa libertà, incatenando la povera Costance ad un'esistenza infelice, ad una maternità per cui non era preparata e a vivere sotto lo stesso tetto dell'uomo che, lentamente, le aveva rovinato la vita.

Nonostante tutto, ella ti amava e non ti avrebbe mai lasciata nelle avide mani di tuo zio, fino alla fine dei suoi giorni si è assicurata che ti trovassi lontano da quella famiglia, condannata a non conoscere l'amore e a vivere lontano dalla gloria di quel Dio che tanto lodano e venerano.

Ma l'odio di tuo padre per la famiglia di Costance era troppo grande, non avrebbe mai accettato che un Beauvau avvelenasse il suo stesso sangue.

Peccato che quel caldo liquido scarlatto che scorreva nelle vene della figlia, fosse già contaminato dal seme dell'odio, che si era propagato nel suo corpo e che presto, avrebbe avvelenato il cuore della fanciulla. 

<<Sono contenta anch'io di vedervi padre, d'altronde sono passati diversi anni dall'ultima volta che ci siamo incontrati!>> sei sempre stata molto brava a nascondere i tuoi veri sentimenti, era una dote che avevi appreso negli anni, quando ancora il seme della malizia non si era radicato nella tua anima.

Eri una bambina.

Una bambina che aveva già la consapevolezza che nella sua famiglia non ci sarebbe mai stato spazio per qualcosa di futile come l'amore.

Una bambina che sapeva già di essere un problema, il motivo per cui le vite dei suoi genitori erano state segnate.

Le ricordi ancora le loro liti, le parole cariche  d'odio che si gettavano, incuranti che ti trovassi proprio lì, di fronte a loro.

Sorridi dolcemente a tuo padre.

Non è cambiato molto negli anni, è ancor simile all'amaro ricordo che avevi di lui, anche se il suo sguardo sembra essere stanco, più spento, quasi come se non vi fosse nulla ad illuminare la sua dannata esistenza.

Ti accarezza delicatamente la mano, non vuole farti del male ma non puoi non provare una morsa allo stomaco.

Non puoi non esserne disgustata.

Infastidita.

Amareggiata.

Sei sempre stata ridotta ad un oggetto, nessuno degli uomini presenti nella tua vita ha mai pensato a te come un essere pensante con una volontà propria, nessuno ti ha mai vista come una persona.

D'altronde hai avuto la maledizione di essere nata nel corpo sbagliato, di non essere un figlio maschio, l'erede, ma solo un'inutile donna, adatta solo per essere venduta, mercificata, per obbedire alla volontà di altri uomini.

Tuo zio ti vede solo come una valuta da scambiare in cambio di una forte alleanza e di una grande fortuna.

Rainier ti vedeva come un vaso rotto da dover sistemare pezzo per pezzo, fino a quando quelle crepe si sarebbero riempite.

Tutti gli altri nobili ti vedevano come un guscio vuoto, da dover riempire con il seme della loro follia, della loro lussuria.

Ti vedevano come un pezzo di carne da gustare poco a poco, sentendo il sapore della tua innocenza scivolare attraverso le loro fauci.

Per tuo padre eri solo un ostacolo che gli impediva di andare avanti, era il suo promemoria di quanto il suo animo fosse deviato, della sua debolezza, di come non fosse così differente dagli altri peccatori.

Li odi.

Li detesti.

Ma non puoi farlo vedere: Sei nata per servirli, per essere una pedina per i loro stupidi piani.

<<Sei cresciuta>> mormora con un tono che più che stupito pare dispiaciuto, rammaricato e il suo sguardo colpevole ti fissa attentamente, quasi come se volesse comunicarti un segreto che non può lasciarsi sfuggire.

E tu lo sai già che farà male, che sarà solamente un'altra ferita che dovrai ricucire da sola mentre cercherai di trattenere le lacrime.

Lanci un'occhiata a tuo zio, sembra esserne soddisfatto, forse dopo anni ha già trovato modo di liberarsi di te, di mandarti via dalla casa nella quale ti ha accolto.

Jehan ti stringe la mano, quasi come se non volesse lasciarti andare, desideroso di non perderti.

Oramai, è troppo tardi.

Ti ha già persa.

L'ha già fatto nel momento in cui ha deciso di strapparti dalla tua casa, confinandoti in quelle quattro mura e dando ogni decisione di vita e di morte al fratello.

Anche se forse, lui non ti aveva mai avuta.

Nemmeno nei primi istanti di vita, ti è stato accanto, si è sempre limitato ad allontanarti, a vivere la propria quotidianità senza mai pensare realmente a te.

<<Salomè devo comunicarti che...>> non trova le parole adatte, il suo sguardo è basso, fatica persino a guardarti negli occhi.

Sei scampata per fin troppe volte al tuo destino, era solamente questione di tempo prima che arrivasse l'occasione perfetta per sbarazzarsi di te.

Ti eri illusa.

Ti eri illusa di farcela.

Ciò però non ti abbatterà, perché tu trovi sempre il modo per tornare.

<<Non vi preoccupate padre, ho già compreso ciò che volete comunicarmi, ditemi solamente il suo nome>> rispondi pacatamente, lasciando che l'ira e il risentimento ardano dentro di te, che brucino il tuo animo.

Adempirai il tuo dovere ma sarai tu stessa a decidere cosa fare della tua vita, come manovrare quel gioco per trarne vantaggio.

Tuo padre sospira.

Ti guarda dritto negli occhi ma non trova rassicurazione nel tuo sguardo, non trova la pietà, il rispetto che dovresti provare nei suoi confronti.

Non trova nulla, solo il riflesso di ciò che è, nient'altro che una marionetta di suo fratello.


~

Rimani in silenzio mentre i gemiti di dolore di tua madre prevalgono tra i tuoi pensieri, non riesce più a dormire nemmeno la notte.

Quella malattia sta lentamente consumando quella povera donna, ogni giorno che passa la sua esistenza diventa sempre più tormentata.

Il suo corpo è diventato una prigione, un doloroso promemoria di quanto ella sia fragile, debole e di come la malattia stia prendendo possesso della sua stessa vita.

Ogni giorno, una piccola parte di tua madre muore, lasciando solamente un vuoto incolmabile dentro di lei.

Calde lacrime bagnano le tue gote, non vuoi perderla, tua madre è la persona più cara che hai ed è l'unica, fin'ora, che si è sempre presa cura di te.

Perché proprio lei?

Perché tale sofferenza si è avventata proprio sulla povera Costance?

Perché Dio, così grande ed onnipotente, non fa nulla per alleviare il suo dolore?

Perché lei che nella vita non aveva fatto nulla di imperdonabile, oltre ad essersi concessa a tuo padre?

Chiudi gli occhi.

Che amaro destino che ti è toccato, piccola, che sorte beffarda che ti hanno dato.

Presto sarai sola al mondo e non c'è cosa più triste di una bambina così indifesa ed innocente che viene spinta nelle fredde braccia della solitudine, gettata nelle fauci di un lupo affamato.

Apri lentamente gli occhi, stringi il rosario che tieni fra le mani, non riesci nemmeno a trovare le parole adatte per descrivere ciò che stai provando: Sei triste? Arrabbiata? Intimidita? O forse sei semplicemente inorridita di fronte a tutta quella sofferenza?

Salomè.

Cosa sei?
Cosa provi?

Vorresti urlare fino a consumare la tua bellissima voce.

Vorresti piangere e crollare sul freddo pavimento con lo sguardo rivolto verso l'Alto, forse in tal modo riusciresti a capire perché il Signore ti ha abbandonata.

Ti alzi improvvisamente, le tue balie ti guardano con stupore mentre il tuo rosario scivola via, poggiandosi al suolo con il crocifisso rivolto verso la porta, verso l'uscita.

Prendi un respiro profondo, cercando di ignorare il tocco della povera serva, costretta a sorvegliarti da tutta vita, e inizi a correre per il corridoio.

Vuoi solamente abbracciare tua madre.

Vuoi stringerla prima che sia troppo tardi.

Vuoi sentire il suo cuore, il suo respiro, il suo calore.

<<Madre!>> urli mentre senti dei passi dietro di te ma tu desideri solo stare con lei, stare con la donna che ti ha concesso la vita e che ti ha donato ogni briciola del suo amore.

Non riesci nemmeno ad arrivare dentro la camera di Costance perché la presa forte e possente di Rainier ti blocca, ti ferma, impedendoti di vedere per l'ultima volta la tua povera madre.

Urli.

Piangi.

Arrivi persino a supplicarlo ma anche il suo sguardo è spento, i suoi occhi sono pieni di lacrime, ma non può lasciarti andare, non può farti entrare.

Sei una bambina, non puoi ancora capirlo.

Sei troppo piccola e non sai ancora che è proprio la volontà di tua madre, perché ella ti ama e ti amerà per sempre e non vuole che il tuo ultimo ricordo di lei sia quello di un corpo senza vita, di un cadavere avvolto fra le lenzuola di lino.

<<Vi prego Rainier lasciatemi vedere mia madre, per favore potrebbe essere l'ultima volta! Vi prometto che farò tutto ciò che volete, ma lasciatemi! Sono sua figlia, ho bisogno di vederla...>> le lacrime scorrono sempre più veloci, bagnano il tuo pallido viso, inumidendo persino parte della tua delicata veste.

Non stai chiedendo la luna, desideri solamente stare con la tua mamma, non stai facendo nulla di male.

Cosa c'è di sbaglio nel voler restare accanto alla persona più importante della propria vita? È forse un insulto al Signore?

Cerchi di dimenarti ma non è semplice, Rainier è molto forte, non ti lascia sfuggire, non può e non deve farlo.

Ti stringe, proprio come un serpente stritola la sua preda, togliendole il fiato, per poi divorarla in un sol boccone.

E alla fine, crolli, rassegnata, sapendo perfettamente che non riuscirai mai più a vedere la tua adorata madre, la donna che ti ha concesso la vita, colei che per te ha sacrificato qualsiasi cosa, inclusa la sua felicità.

<<Rivoglio la mia mamma>>.

~

Non ti è mai dispiaciuto viaggiare in carrozza ma quel giorno ne avresti fatto volentieri a meno, considerando la terribile compagnia che ti teneva inchiodata lì dentro.

In tutta la tua vita non vi è stato un solo istante in cui hai provato rispetto verso tuo zio, nemmeno da bambina riuscivi a tollerare la sua presenza.

Ti spaventava, i suoi occhi erano sempre pieni d'odio che alle volte ti chiedevi se fosse realmente un uomo.

Dubitavi persino che fosse capace di provare sentimenti al di fuori dell'ira, della rabbia, dallo sdegno verso gli altri, come se egli fosse superiore rispetto ai comuni esseri umani.

Era come se fosse il prescelto.

A Parigi tutti guardavano Claude con timore e,al tempo stesso, ammirazione, perché egli stava portando avanti il piano di Dio.

Liberare la sua città dal peccato e da quei maledetti demoni dalla pelle scura, che danzavano e rubavano, mentre la popolazione moriva di fame.

<<Immagino che sarai contenta, fra poco dovrai adempiere ai tuoi doveri, nipote>> non gli sei mai piaciuta, forse perché gli ricordavi quanto persino loro, I Frollo, fossero così deboli alle tentazioni, quanto egli non avessero nulla di differente rispetto agli altri cittadini.

Erano peccatori.

Suscettibili alle tentazioni.

Manipolabili dai loro appetiti.

Distogli lo sguardo dal paesaggio, voltandoti verso Claude, mantenendo sempre un atteggiamento tranquillo, quiete, proprio come ti hanno insegnato.

<<Assolutamente zio, vi vedo euforico all'idea di questo matrimonio>> rispondi, sai perfettamente che dietro a quell'unione vi è lo zampino di tuo zio, del resto non ha mai approvato la tua presenza, lì, nella sua casa, sei un'ospite indesiderato.

In un modo o nell'altro, sei sempre stata un ostacolo per lui e la tua vicinanza con Vespasién-il figlio che lui ha tanto odiato- non ha fatto altro che nutrire quel profondo odio che ti riserva.

Una volta sposata, non potrai più essere una minaccia per lui.

O forse, questo è quello che pensa.

<<Prima delle nozze dovranno controllare che la tua virtù non sia compromessa, sarebbe un atto così spiacevole dover annullare un'unione così fruttuosa>> ti annuncia, nelle sue parole puoi avvertire una velata accusa, la solita che oramai senti riecheggiare da anni.

Come donna, sarai sempre sottoposta a tali umiliazioni, in un modo o in un altro, verrai sempre vista come la causa di tutti i mali.

Verrai sempre trattata in modo differente.

Se fossi stata un uomo a nessuno sarebbe importato della tua verginità o della tua morale, ma tu non sei e non sarai mai un figlio maschio.

<<Non abbiate alcun timore zio, non avrete alcuna spiacevole sorpresa>> affermi, iniziando poi a giocherellare con il crocifisso che porti sempre al collo, uno dei pochi regali di tuo padre, forse l'unico, in quindici anni di vita.

Lui sembra essere soddisfatto dalla tua risposta, ti guarda con superiorità, vittorioso, come al suo solito.

<<Sarà meglio così, l'onore della nostra famiglia verrebbe infagato da ciò e non posso permetterlo, ragazzina.
A proposito, le prossime volte che andremo a visitare il tuo futuro sposo indossa abiti più aderenti>>

Riservi una fredda occhiata all'uomo, sei disgustata dalle sue parole, perché sai perfettamente ciò che vuole intendere, oramai dopo anni riesci a cogliere i pensieri di tuo zio.

"Lascia che ti osservi, lascia che ammiri il tuo corpo e persino che ti tocchi, è tuo dovere, è il tuo futuro marito".

Senti una morsa allo stomaco.

Al solo pensiero di venir guardata ancora una volta in quel modo, ti fa venire la nausea.

Ti viene quasi da vomitare a pensare di essere toccata, di essere vista nient'altro come un oggetto, un corpo, su cui consumare la propria lussuria, per poi venir gettata via, abbandonata, lasciata a te stessa.

Improvvisamente la carrozza si ferma.

Siete arrivati.

Tuo zio scende prima di te e lì la tentazione di spingerlo è veramente tanta, ti piacerebbe vederlo cadere, magari potrebbe persino ferirsi.

Il sol pensiero ti fa sorridere.

Ma non puoi farlo, non di fronte a tutta Parigini almeno.

Scendi velocemente dalla carrozza e vedi che ad attenderti ci sta Giselle, che tiene in mano un mazzo di rose bianche.

<<Temevo che non saresti arrivata!>> esclama la bionda, i suoi occhi brillano di felicità appena ti vede.

Ricambi il suo sorriso, per poi prendere sotto braccio la tua migliore amica, non ti perderesti questo giorno per alcun motivo, del resto, non capita tutti i giorni di sentire una delle persone più importanti per te, cantare da solita in Chiesa, di fronte a tutti.

<<Non potevo mica perdermi l'allodola di Notre-Dame!>> rispondi, poco prima di dirigerti verso l'ingresso della cattedrale.

Prima di mettere piede lì dentro fai il segno della croce, anche se ciò è solo per comparsa e nient'altro.

Quello non è il tuo Dio.

E tu non sei la sua discepola.

Eretica.

Strega.

Abominio.
Fai una piccola riverenza e poi ti volti verso Gigi.

È sempre solare ma oggi è raggiante, allegra, sei felice per lei, non saresti mai capace di provare odio o invidia per lei o per Vi.

Desideri solo il meglio per loro.

È un grande giorno anche per la famiglia di Giselle, tanto che le hanno riservato il miglior abito e i gioielli più belli, sembra una principessa.

<<Emozionata?>> le chiedi, anche se è chiaro che sia così, d'altronde non capita tutti i giorni di dover cantare di fronte a praticamente tutta la nobiltà di Parigi.

Giselle annuisce e inizia a camminare verso l'altare, dove posa il mezzo di rose, che la sua famiglia ha preparato per onorare la Santa Vergine.

<<Sai cosa ho sentito negli ultimi giorni sul misterioso?>> ti domanda con un sorriso beffardo, stando attenta a non farsi sentire dal parroco, che poco lontano da voi  conversa con alcuni fedeli.

Guardi incuriosita e soddisfatta la bionda, pronta per sentire il succoso pettegolezzo della tua amica.

<<Sono curiosa>>.
~

Osservi le fiamme del camino mentre Geneviève passa delicatamente la spazzola sulla tua chioma, pettinando i tuoi lunghi e morbidi capelli.

Indossi ancora l'abito che hai indossato per il funerale, non riesci a trovare la forza di toglierlo, di spogliarti, e di immergerti fra le calde lenzuola, sapendo perfettamente che non potrai mai più abbracciare tua madre prima di addormentarti.

Non sentirai più la sua melodiosa voce, non vedrai mai più i suoi meravigliosi occhi, non potrai ascoltarla mentre ti racconta le fiabe.

Non c'è più, ti hanno strappato via tua madre.

<<Coraggio Salomè dovresti andare a dormire!>> esclama la donna, alzandosi da terra e porgendoti la mano.

Annuisci debolmente con il capo e ti alzi, anche se non hai alcuna voglia di rinchiuderti dentro la tua stanza.

Geneviève ti prende una candela e ti guida fra i bui corridoi del palazzo, presto tuo padre deciderà cosa farne di te.

Hai sentito che è intenzionato a mandarti via perché non approva la presenza dei Beauvau nella sua casa, ma tu non vuoi andartene.

Perché sai perfettamente con chi saresti costretta a vivere.

Zio Claude è sempre molto freddo con te, con quelle vesti scure, lo sguardo maligno e quel tono gelido e pieno di superiorità, ti ha sempre messa in soggezione.

Non vuoi andare a vivere con lui, è un essere spregiovole, perfido, tutti quanti sembrano vederlo tranne tuo padre, anche se in realtà Jehan non è mai stato un uomo particolarmente brillante, era solamente la sciocca ombra di suo fratello.

Tuo padre detesta i Beuvau, è accecato dall'odio nei confronti della famiglia di Constance e farebbe qualsiasi cosa per indispettirli.

D'altronde, Jehan non ha mai nascosto il suo astio nei loro confronti, specialmente in quelli dei tuoi nonni, coloro che l'hanno obbligato a prendere in moglie la figlia.

<<Geneviève...>> mormori, la tua voce è fragile, quasi impercettibile alle orecchie della donna, la quale si volta immediatamente verso di te.

Il suo volto si addolcisce, è confortante, quasi materna.

Si abbassa alla tua altezza e ti accarezza il viso.

<<Dimmi, piccina>> il suo tono è molto pacato, è meno gelido del solito, sembra essere dispiaciuta per te, ti guarda con pietà, tenerezza, come se fossi un animale ferito. 

Rimani in silenzio per qualche istante.

I tuoi occhi si fissano sul pavimento, è una domanda sciocca, forse anche troppo stupida da fare.

Geneviève poggia il pollice sotto il tuo mento, costringendoti a guardarla dritto negli occhi: Mai abbassare la testa di fronte agli altri oppure penseranno che sei debole e proveranno a sopraffarti.

È questo quello che ti ha insegnato.

Vuole che tu sia come lei, libera, forte, in grado di affrontare ogni avversità senza mai spezzarti. 

<<Perché mio padre vuole allontanarmi da voi? Vi ho fatto arrabbiare per caso?>> Geneviève sospira e ti prende in braccio, contrariamente a ciò che immaginavi, ella è forte e non ha alcuna difficoltà a sopportare il tuo peso, nonostante tu non sia più una neonata già da diverso tempo.

La donna inizia a camminare per il corridoio, facendo attenzione a non bruciarti con la candela e al posto di svoltare a destra-dove si trovano le tue stanze-, continua a proseguire dritto.

<<Non hai alcuna colpa, Salomè, voi bambini non avete mai alcuna colpa eppure siete coloro che ne pagate le conseguenze>>.

~

Non pensavi che avresti mai odiato così tanto la tua immagine riflessa allo specchio, eppure hai passato anni interi a specchiarti e ad ammirare la tua bellezza.

Oggi, a guardarti, provi solo ribrezzo.

Non perché il tuo fascino sia svanito o perché il tuo viso si sia consumato con il passar del tempo, al contrario, sei ancora una bellissima fanciulla.

Una delle serve sistema il tuo meraviglioso abito, stando attenta a non rovinate la pregiata stoffa, sarebbe un disastro se poco prima di quel tragico evento il tuo vestito si rovinasse.

Rosso*.

È rosso, il tuo abito, proprio come il sangue che dovrai versare per dare un degno erede a tuo marito.

Perché sono questi i tuoi obblighi.

Perché è questo il tuo dovere da moglie.

Rosso.

Quel colore che hai sempre detestato.

Odiato.

Se fosse per te, bruceresti quella maledetta veste, insieme al tuo maledetto sposo.

Devi aspettare, Salomè, devi attendere con pazienza.

Agire saggiamente è la tua unica via d'uscita, anche se sai che dovrai aspettare mesi, forse anche anni, ma non importa, se vuoi liberarti nessuno dovrà mai trovare una sola prova contro di te.

<<Siete incantevole>> si complimenta la serva, poggiando sulla tua testa un lungo velo, su cui poi applica una corona di fiori bianchi, simbolo di purezza.

Quella purezza che tu già da tempo hai perso, perché nel tuo cuore non vi è più spazio per l'amore, la carità o il rispetto.

Perché il tuo cuore, adesso, è fatto d'odio.

Odio per tuo padre.

Odio per tuo zio.

Odio per il tuo futuro sposo.

Odio per te stessa. 

Ti sforzi di sorridere e ringrazi la donna, non sa ancora che quella dolce ragazzina è macchiata dal peccato e che le sue mani, come i suoi occhi, presto sanguineranno.

Non vi è alcuna traccia di allegria nei volti di Vespasién, il tuo adorato cugino, e di Giselle, sembrano comprendere il tuo dolore.

Non devono preoccuparsi per te.

Tu sai come difenderti.

Tu sei abituata a combattere.

Fai uscire fuori le serve e ti getti immediatamente fra le loro braccia.

"Vi prometto che troverò un modo per proteggervi, non importa quanto rischio ma riuscirò a farlo, riuscirò a trovare un futuro migliore per voi, dovessi vendere la mia anima al diavolo!" Pensi, stringendo le loro mani.

Andrà bene.

Andrà tutto bene.

Costi quel che costi, li salverai.

~

Osservi il tuo sangue scendere dalla tua intimità, trattieni le lacrime mentre strofini con forza la spugna sulla tua pelle, quasi come se volessi strapparti la carne.

Le tue pallide gambe sono ricoperte di lividi violacei, così come il resto del tuo corpo, solamente il tuo viso è stato risparmiato.

Sia mai, deturpare un volto angelico come il tuo.
L'acqua è oramai gelida, ma non importa, fino a quando ogni traccia di lui non sarà scomparsa dal tuo corpo, non potrai uscire da lì.

Calde lacrime cadono sul tuo viso mentre con rabbia sfreghi più forte, procurandoti dolore, sperando che quest'ultimo attenui quello vecchio.

Lo sai perfettamente che è inutile.

Non potrai cancellare ciò che è successo.

Presa dalla rabbia, lanci quella maledetta spugna, piegando le gambe e portandole al petto, poggiando poi il tuo viso fra le ginocchia.

Al sol pensiero di sentire nuovamente le sue mani su di te, senti il sangue ribollire dentro.

Ma il suo gesto non resterà impunito e gli riserverai una lunga e atroce agonia, non gli darai alcuna misericordia.

Deve patire il tuo stesso dolore.

Ti senti ancora sporca, avverti ancora quel tocco maledetto sul tuo corpo, non importa quante volte ti laverai, resterà sempre su di te.

Senti la porta bussare.

Asciughi velocemente le lacrime ed esci dalla vasca, rivestendoti, per poi rispondere.

<<Mia signora vostro marito ha richiesto la vostra presenza!>> ti comunica una delle serve più anziane, tenendo lo sguardo basso verso il pavimento, riesci però a percepire quanto ella sia dispiaciuta per te.

Ancor tutti ti vedono come una bambina innocente, come una povera fanciulla che è finita nelle fauci di un uomo assai più vecchio di te.

Egli è persino più anziano di tuo padre, il suo viso è solcato dalle rughe e i suoi capelli sono già grigi.

Potresti tranquillamente passare per la figlia, se non addirittura per la nipote.

La serva sa ciò che dovrai patire ogni giorno, chissà se forse anche lei conosce la tua stessa sofferenza.

E chissà, se la sua voce è rimasta inascoltata.

Ringrazi la donna e afferri la vestaglia dorata, allacciandola e nascondendo la lunga e larga veste da notte.

Aspetti che la donna esca e poggi una mano sulla tasca riccamente decorata.

Il tuo piano è appena iniziato.

Ti dirigi verso la sua stanza e appena entri, lui è lì, seduto sul suo letto, con un calice di vino mezzo vuoto fra le mani.

Gli sorridi, anche se sei tentata di strozzarlo con le tue stesse mani, fino a sottrargli il suo ultimo respiro.

Sarebbe un atto fin troppo misericordioso e tu non vuoi esserlo, perché il perdono è solo per i deboli, per i codardi, per chi non ha il coraggio per vendicarsi.

E tu, oscura creatura, sei insaziabile, la tua sete di vendetta non sarà mai soddisfatta, o almeno non fino a quando lui sarà ancora lì, in vita.

Ti avvicini a lui, poggiando delicatamente la mano affusolata sul suo calice vuoto.

<<Mio adorato marito lasciate che vi serva altro vino>> lui ti sorride soddisfatto, crede seriamente che tu sia nata per servirlo, per lasciarti dominare da lui.

Povero sciocco, non sa con chi si è messo.

Gli dai le spalle mentre riempi il calice di vino e, prima che lui possa accorgersene, dalla tua tasca prendi una piccola fiala di veleno.

Sarà divertente vederlo consumarsi, poco a poco una parte di lui morirà e sarai tu ad avere non solo la tua dolce vendetta ma anche tutti i possedimenti della sua famiglia.

Per farlo, però, occorre che tu gli dia un erede, perché sai perfettamente che i suoi parenti-uomini,chiaramente- faranno di tutto per toglierti le sue ricchezze.

Che stupidi, gli uomini, credono seriamente di aver in pugno il mondo intero, ma non sanno che la maggior parte di loro non sono altro che marionette delle loro donne.

Che siano madri, spose o sorelle non importa, tutte loro sapranno destreggiarsi, non facendosi scoprire.

Quando termini, gli passi il suo calice, ammirando quanto presto la sua ora sia vicina.

Stupidi uomini.

<<Mi darai molte soddisfazioni, Salomè>>. 

~

Per tanto tempo hai temuto il parto, pensavi che non saresti riuscita a sopravvivere a quell'esperienza così atroce.

Avevi paura che il tuo destino fosse lo stesso di Odette, tua zia, morta per mettere al mondo Vespasién.

Ma quando hai stretto fra le braccia i gemelli, hai pianto dalla felicità: Finalmente dopo tutta quella sofferenza, loro erano lì con te, fra le tue braccia.

E con loro, era giunta anche la tua libertà.

Li osservi mentre corrono spensierati, ignari di quanto crudele sia il mondo lì fuori.

E ti auguri che rimangano sempre così, lontani dalla cupidigia e dell'egoismo dell'uomo.

Oramai tutto della tua vita è cambiato, non sei più quella fanciullina smarrita, non sei più quella povera bambina costretta ad un matrimonio infelice.

Hai messo fine alle tue sofferenze, liberandoti di un uomo viscido, di una bestia la cui unica aspirazione era quella di eclissare gli altri e di soffocarli con il suo egoismo.

Hai fatto ciò che dovevi fare.

L'hai visto patire le pene dell'inferno, chiedere pietà, implorare il tuo perdono e alla fine, si è spento, fra il suo stesso sangue.

Hai fatto ciò che era giusto fare.

Sei riuscita a far rifugiare Vespasién da te, lontano dalla furia di tuo zio, che non potrà più attaccarti.

Hai fatto quello volevi fare.

I tuoi bambini corrono verso di te e ti abbracciano, sono felici di vederti.

Ti abbassi alla loro altezza e accarezzi delicatamente i loro volti, per poi lasciare un piccolo bacio sulle fronti.

Costance, la tua primogenita, cinge entrambe le braccia attorno al tuo collo, mentre Augustin poggia un fiorellino giallo sui tuoi capelli.

Non potresti essere più fiera di loro.

I due bambini si guardano, correndo poi verso il prato e raccogliendo altri fiori colorati, sanno quanto li adori.

<<Sally!>> ti volti immediatamente e vedi Giselle avvicinarsi a te, stringendo fra le braccia un fagottino.

Appena ti vede, la piccola vuole immediatamente gettarsi su di te.

<<Non ho mai visto una bambina più pestifera di Victoire!>> commenta la tua amica, lasciandoti la tua bambina-nata dal tuo secondo matrimonio, questa volta quest'unione è stata dettata dall'amore-.

La neonata afferra una delle tue ciocche, giocandoci.

Finalmente dopo anni hai avuto ciò che desideravi.

La salvezza.





























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