Capitolo 25: SPIAGGIA SENZA FINE

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Un vento caldo e leggero mi scompiglia i capelli liberi sulle spalle. Cammino al fianco di Ian lungo il molo di Atlantic Beach.
Il sole scompare pian piano dietro l'oceano, lasciando nel cielo la lunga scia rossa di un altro giorno che volge all'imbrunire.

"I tramonti sono così tristi, la malinconia racchiusa nei loro colori ti colpisce dritto al cuore, lo uccide e lo fa precipitare oltre l'oceano insieme al sole"

Lo sguardo del ragazzo che mi cammina vicino resta incollato allo spettacolo naturale. I suoi piedi si soffermano e le sue mani si stringono intorno alla balaustra del molo. Premono contro il legno così tanto da rendere le nocche bianche.

"Mio padre amava fare foto a questo scorcio; l'oceano che si confonde con il cielo e la spiaggia senza fine"

Respiro a pieni polmoni l'aria salmastra e sabbiosa. Gli occhi si riempiono di tutto il bianco e l'azzurro che li circondano. La spiaggia si protrae per così tanti chilometri che sembra davvero infinita.

Ian si posa la mano sinistra sul petto.
Al di sotto della sua camicia blu posso intravedere la presenza della collana e del medaglione appeso. Le sue dita lo sfiorano attraverso la stoffa, come a saggiarne l'effettiva esistenza, ad acquisire tutto il coraggio e la forza necessaria.

"Ogni giorno che passa è un giorno in più lontano dalla mia famiglia. Ho davvero tanta paura, Holland, ho paura di non farcela a tornare indietro. In fondo la mia casa è questa, queste spiagge e questo cielo, ma da un lato è come se non lo fossero affatto. Mi sento impotente di fronte al tempo che passa, al tempo che sembra sfuggirmi di mano, al tempo che ha portato via la mia vita"

La mia mano si posa con titubanza sulla sua, quella rimasta stretta intorno al legno. Il sole sparisce del tutto, inghiottito dalle onde dell'Atlantico.

"Non devi avere paura" sussurro con un filo di voce.

Ian sposta l'attenzione sulle nostre mani unite. Il suo volto è così dolce che non posso fare a meno di soffermarmi sulle sue guance e sui suoi zigomi. La sua pelle è perfetta, appena rasata e le sue labbra, finemente imbronciate, mi tolgono il fiato.

"A quanto pare Melinda non sa molto sui vecchi proprietari dello stabile, ho cercato di scoprire se avesse notizie della mia famiglia, se suo padre le avesse raccontato qualcosa, ma sembra che lei abbia messo piede nell'affitta stanze solo il giorno dopo la morte del vecchio Clarke"

Fisso le assi di legno sotto ai miei sandali e non proferisco parola. Inutile rivangare il fatto che immaginavo che quella donna fosse solo un buco nell'acqua. Cosa può saperne lei della famiglia Somerhalder? Non mi sembra il tipo che ama conoscere il passato, ho come l'impressione che i suoi unici interessi siano i cosmetici, gli uomini e i soldi. Se vogliamo anche solo questi ultimi, tanto sono più che sufficienti per avere poi tutto il resto.

"Melinda è nata da una relazione del signor Clarke con una dipendente appena assunta. Un vero e proprio scandalo. Tra il personale di servizio è risaputo che l'uomo ha fatto partorire la donna, poi le ha dato molti soldi per fuggire in Messico lasciandogli la bambina. Melinda non ha mai conosciuto la madre e ha detestato il padre fin dal primo giorno che ha scoperto quello che ha fatto. Credo sia per questo che non ha mai messo piede nell'hotel prima della sua morte e non conosce niente di ciò che riguarda la storia dell'edificio"

Gli occhi da cerbiatta di Melinda mi attraversano il cervello. Dovrei provare pena per una bambina cresciuta da un padre non troppo giovane che l'ha separata dalla madre, ma non riesco a sentire nessun altro sentimento se non il solito tremendo fastidio. Non mi piace quella donna, passato bello o brutto che abbia.

"Comunque, anche se Melinda non ne sa molto non ho intenzione di abbandonare le mie ricerche all'hotel, vivere lì, essere lì, in quella che era la mia casa mi fa sentire più vicino allo scoprire qualcosa"

Mi limito ad annuire con la testa. Ian indugia sul mio viso. Posso sentire il suo sguardo fermarsi sulla mia fronte leggermente contratta e sul mio naso arricciato.

"Oh, Holland, mi dispiace essere sempre così noioso, è solo che tu sei l'unica con la quale posso parlare di tutta questa storia" afferma, "a proposito...ecco...non hai cambiato idea sul farmi incontrare quel tuo compagno di corso, Tom Felton, vero?"

Il solo sentire il suo nome mi fa accapponare la pelle. Deglutisco e evito di incrociare i nostri sguardi.

"Lo ricordi? Eri...diciamo...un po' ubriaca quando mi hai detto che mi saresti venuta incontro..."

"Lo ricordo" taglio corto.

Ian torna a guardare verso l'orizzonte e poi di nuovo su di me.

"Okay, Holland, sai cosa ti dico? Non voglio passare tutta la sera a piangermi addosso né a parlare dei miei problemi. Anche tu hai i tuoi e non è giusto che ti accolli pure le mie paure..."

"Non...non preoccuparti" lo interrompo, " tu hai tutte le ragioni, davvero! Sei stato catapultato in un mondo che non ti riguarda e stai solo cercando un modo per riappropriarti della tua vita. Io ho promesso di aiutarti e lo farò. I tuoi problemi sono anche i miei"

La mia mano resta incollata al dorso della sua. Posso sentire tutto il suo profumo, tutto il suo odore perché la brezza che viene dall'oceano me lo spinge direttamente addosso.

"La scorsa notte mi hai salvata, Ian Somerhalder" gli ricordo.

Adesso guardo anche io lontano, i miei occhi e la mia anima assaporano lo spirito di questa spiaggia, di ogni minuto, di ogni attimo che ci scivola addosso.

"Non avevo più toccato alcol da due anni, è bastato un secondo, un tuffo a capofitto nel dolore per distruggere il lavoro di mesi di psicoanalisi. Poi sei arrivato tu e mi hai riportato a galla. Mi hai fatto capire che ci sei, anche se hai un enorme fardello di problemi tuoi, ma sei qui e mi capisci. Nessuno prima di adesso è riuscito a capirmi come te"

Ian gira la mano in modo che i nostri palmi si tocchino. Una scarica forte, destabilizzante mi attraversa dalla testa ai piedi.

"A tutti può capitare di scivolare, l'importante è sapersi rialzare e tu lo hai fatto. Sei qui e sei lucida. Le cose cambieranno perché io ci sarò. E in due non saremo mai soli, ricordi?"

Nella mia mente passano frasi e parole dette tra i fiumi dell'alcol, le immagini della panchina nel giardino del campus, il litigio con Ashley; Hunter, Phoebe e la rabbia contro il cameriere dello Starbucks. E poi lui, Ian, che si è avvicinato in punta di piedi e mi ha presa in braccio portandomi in salvo.

Il mio cuore sembra voler esplodere dentro il petto mentre ci lasciamo il tramonto alle spalle e camminiamo sul molo verso il ristorante. Siamo in due, incasinati, pieni di guai, ma almeno non siamo da soli. Improvvisamente mi sento forte e piena di energie, come se fossi capace di affrontare qualsiasi cosa il destino abbia in serbo per me. Posso farlo perché non sono da sola. Ian è con me. E poi, l'istante dopo, ripiombo nel baratro più profondo.
Ian se ne andrà, tornerà dalla sua famiglia come è giusto che sia. Tremo al pensiero e stringo forte i denti. Ian deve tornare a casa, per il suo bene e per il bene della sua bambina. Io me la caverò.

"Ehi, piccola Holland, cosa succede? Cos'è quel musetto lungo?"

Ian mi aiuta a scendere gli scalini del molo, poi ci incamminiamo su uno stretto viottolo di sabbia.

"Non voglio affatto vederti triste, non questa sera. Facciamo un accordo, fino alla mezzanotte basta con tutti i nostri problemi, basta con le paure o i brutti pensieri. Ci sediamo ad uno dei ristorantini carini che abbiamo visto passando e mangiamo come due ragazzi qualunque, ti va?"

"Mi va" improvviso un debole sorriso.

"Questa sera non voglio pensare proprio a niente, ho solo intenzione di trascorrere una bellissima serata con una bellissima ragazza vestita di azzurro!"

Sorrido con più slancio, lasciandomi trasportare dall'espressione coinvolgente di Ian, dalla sua stretta e dalla sua semplice voglia. Il mio abito color del mare ondeggia, accompagnando il movimento dei miei fianchi. Scende morbido sulle cosce, fino al ginocchio per arrestarsi in un orlo dai contorni irregolari. Ho messo un bolerino alle spalle con le maniche a tre quarti che lascia scoperto uno scollo a cuore poco profondo.

"Ho voglia di aragosta e insalata con un quintale di maionese. Poi ho voglia di gelato all'amarena e panna. Tanta panna. Una montagna di panna da affogarci dentro!"

La voce di Ian si confonde con la sua risata e con il rumore dell'oceano che ci stiamo lasciando alle spalle. Una scarica di adrenalina mi colpisce in pieno. E' come se riuscissi a vedere oltre, a vederci. Io e Ian. Due ragazzi vestiti con abiti eleganti, per mano, diretti verso una semplice, banale, tranquillissima serata. E per un breve lasso di tempo mi sento bene. Solo io senza nessuna angoscia.

Vorrei che ogni singolo istante della mia vita fosse così, vorrei fermare il mondo adesso e non farlo ripartire mai più. Vorrei impressionare questo momento in una fotografia per poter dire un giorno che in quell'attimo, in quel preciso attimo io ero serena.

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