Parte 4 - Un tarlo nella mente

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Un tarlo si era insinuato nella sua mente.

Aveva la voce di Monica, la sua ex compagna di classe: "Prova con l'auto miglioramento. Pure io l'ho fatto...".

Quel pensiero aveva preso il sopravvento su tutti gli altri ponendosi al centro della sua attenzione. Gli si ripresentava continuamente. La sua insofferenza crescente generava un conflitto interiore che lo portava a un'oscillazione continua tra avanzata e ritiro, tra sì e no. Era un desiderio sospeso, una voce vibrante che nell'invisibile lo portava a sognare.

Cobra si guardò allo specchio, fermando il respiro. Il naso storto a becco di falco, così distintivo e diverso dagli altri, era sempre lì, pronto ad attirare l'attenzione di chiunque lo guardasse. Il mento retruso e la calvizie lo facevano apparire insignificante. Si sentiva imbarazzato, desideroso di nascondere quei tratti che sembravano così fuori posto sul suo volto. Camminare per strada era come un percorso doloroso, con gli sguardi curiosi o peggio, derisorii, che percepiva puntati addosso. Ogni riflesso che catturava la sua attenzione era accompagnato da un senso acuto di svilimento che amplificava la sua fragilità. La sua autostima si confrontava costantemente con gli standard di bellezza imposti dalla società, che lo facevano sentire inadeguato e poco attraente. La timidezza, come un'ombra persistente, si faceva strada nelle sue poche interazioni sociali. Per questo preferiva la sicurezza della solitudine, dove nessuno poteva farlo sentire diverso o giudicato. Ma di tutto ciò era stanco.

Incerto, girava intorno alla stanza con il passo lento. Sul tavolo c'era una tazza di caffè vuota e un foglio bianco su cui aveva appuntato l'elenco di tutto ciò che avrebbe voluto cambiare del suo aspetto. E su quello ragionava.

Pensieri ricorrenti alimentavano la sua insicurezza, affollando la sua mente: "Se qualcosa va male? Se il risultato non fosse soddisfacente? Se non servisse a nulla?".

Nel profondo avvertiva l'esigenza di far morire quella parte debole di sé. Di rinascere in forma diversa, per una nuova esperienza di vita che fosse più accogliente e generosa. La stessa che spesso sognava a occhi aperti. Era istinto di sopravvivenza, che nasceva dal desiderio di integrarsi in quell'ambiente che lo aveva escluso e di cui, comunque, voleva far parte. La vita vera.

Il sole, seminascosto tra le nuvole, filtrava dalle tende creando un'atmosfera fredda e pallida, quasi un riflesso della sua condizione emotiva. «Il cambiamento richiede sacrificio e senza azione non ci sarà nessun cambiamento», espresse a voce bassa.

Il tutto nasceva dal bisogno di avere qualcuno al suo fianco, una persona che gli desse attenzioni e affetto, che riempisse quel senso di vuoto che lo avvolgeva.

Della solitudine era stanco.

Sotto i suoi passi insistenti il parquet scricchiolava.

Il suo cammino irrequieto non si arrestava e di tanto in tanto imprecava stringendo i denti. Cercava dentro di sé quella forza che lo portasse fino al punto di rottura, che gli permettesse di sfuggire al suo stato di quiescenza, di esplodere così come era successo con Birgitte.

Si rendeva conto che per uscire dalla sua solitudine non era sufficiente pensare, ma era necessario agire. Doveva assumersi la responsabilità di prendere decisioni concrete e di impegnarsi per portarle avanti. La sua voce interiore lo spronava a lasciarsi alle spalle la sua arrendevolezza e il suo lasciarsi andare, a prendere in mano la sua vita. «Ora come ora nessuno ha piacere di stare con me. Nondimeno sarei rifiutato e ignorato da qualsiasi ragazza che dovesse mai incrociare i miei passi e la mia vita continuerebbe a essere la solita solfa dei giorni andati», considerò manifestando tutta la sua frustrazione.

Si fermò di fronte alla finestra e guardò fuori, poi abbassò lo sguardo per focalizzare la sua attenzione su qualcosa di più materiale. «Riflettendoci i soldi non mi mancano. Nel caso mi basterebbe guadagnarne di più. Devo soltanto passare più tempo sulla piattaforma di trading e meno nelle sessioni di gioco», valutò.

Il suo stato d'animo era un fluire di irrequietezza e insoddisfazione. «In fondo cosa ho da perdere? Peggio di così non può andare!», sbottò deciso.

E così fu.

D'impulso si sedette davanti al portatile e, con un po' di scetticismo e una leggera trepidazione, iniziò la sua ricerca. «Come prima cosa proviamo con "trapianto di capelli"», mormorò.

Lo scrisse sul web e premette invio.

Immediatamente venne sommerso da annunci di centri estetici che promettono di risolvere il suo problema in modo rapido e sicuro. I risultati sembravano sbalorditivi e la sua reazione fu di sorpresa e incredulità.

Lentamente iniziò ad acquisire una maggiore consapevolezza. Gradualmente i suoi dubbi svanirono. Passò in rassegna ogni tipo di informazione che potesse trovare, consultando forum, leggendo esperienze e recensioni. Dopo un'analisi approfondita, decise di fissare un appuntamento con una clinica che si mostrava come la più affidabile, basandosi sui giudizi positivi e sul tipo di trattamento praticato.

Pago della sua intraprendenza commentò: «La rivoluzione inizia adesso!».

Deciso a migliorare il suo aspetto non trascurò nessuna opzione. «O tutto o niente!». A seguire, cercò un centro di chirurgia estetica e, successivamente, un centro specializzato in trattamenti di levigazione della pelle col laser. Con entrambi fissò degli appuntamenti alla prima data disponibile.

Poi valutò il suo giro vita. Necessitava un ridimensionamento. Aveva svariati chili di troppo. Prese in considerazione l'idea di frequentare una palestra, ma poi ci ripensò e decise di acquistare una tuta e un paio di scarpe da ginnastica. L'idea era quella di allenarsi con un approccio più tradizionale e meno impegnativo: camminare a passo veloce per le strade della città.

«Ci siamo!», dichiarò alla fine.

Per la felicità recuperò lo smartphone da sopra al tavolo e scrisse un messaggio all'amico Ismaele: «Fra qualche mese sarò una persona nuova!».

«In che senso?», rispose all'istante l'amico.

Con lo sguardo fisso sullo schermo Cobra confessò: «Ho fissato degli appuntamenti per sottopormi ad alcuni interventi di chirurgia estetica».

«Ma dai! Non mi dire che hai ceduto ai consigli di quell'antipatica di Monica», replicò Ismaele schietto.

«In realtà ci pensavo già da tempo. Lei mi ha solamente dato l'input giusto. Interiormente mi sono sempre visto come persona diversa da quella che lo specchio mi mostra. Ora come ora mi sento limitato e chiuso come se fossi dentro a una gabbia. Così ho preso la mia decisione irrevocabile». Cobra era consapevole che se la validazione sociale fosse stata determinata dalla bontà d'animo, dall'intelligenza o dalla conoscenza, invece che dall'apparenza, la sua luce avrebbe sicuramente brillato più di quella di coloro che oggi risplendevano solo grazie a una buona genetica.

«Sempre quel desiderio nascosto di voler essere qualcun altro. Eh?», scherzò Ismaele.

«Non voglio essere qualcun altro, voglio essere sempre me stesso, ma in una veste più 'gradevole'. Ho bisogno di riprendere in mano la mia vita, possibilmente senza essere giudicato per l'estetica», replicò Cobra mordicchiandosi il labbro inferiore.

«Ricorda che la bellezza non è una garanzia di felicità, quella te la devi costruire dentro. Non la puoi cercare fuori», insisté Ismaele con un tocco di saggezza.

«Non lo metto in dubbio ma l'immagine esteriore influisce sul giudizio altrui, facendoti apparire come una persona migliore di quella che sei, anche se in molti casi non è assolutamente vero. In base all'aspetto che hai, la felicità può avvicinarsi o allontanarsi. L'estetica conta!», ragionò Cobra con una certa enfasi.

«Questo non è detto».

«È una certezza! Ed è il motivo per cui voglio cambiare», insistette.

«Ti capisco, ricorda comunque che per me vai bene così come sei», provò a confortarlo Ismaele usando parole gentili.

«Ma sono io che non vado bene a me stesso. Del resto, perché dovrei privarmi della possibilità di migliorarmi, o di cambiare aspetto anche se solo parzialmente?», continuo Cobra, quasi a cercare l'approvazione dell'amico.

«Hai ragione. Non c'è nulla di strano. Se in tanti lo fanno un motivo ci sarà. Il fatto di non piacerti non deve essere un ostacolo. Se pensi di fare qualcosa di buono, soprattutto per te, provaci», concluse Ismaele supportandolo.

«Grazie. E tu che mi racconti invece?», domandò Cobra, rendendosi conto che fino a quel momento aveva parlato unicamente di sé e delle sue paturnie.

«Solita vita. Niente di nuovo. In compenso in ufficio è arrivata una nuova collega. Nulla di eccezionale. È seduta di fianco a me. Le devo spiegare il lavoro che deve fare e passiamo del tempo assieme», scrisse Ismaele.

«Eh beh dai, almeno tu una vita ce l'hai», ammise Cobra con una punta di invidia.

«Capirai... scusa ma adesso ti devo lasciare, mi cercano. Scrivimi quando vuoi e sii sereno», replicò Ismaele.

«Okay, grazie, a presto», lo salutò Cobra, rinfrancato dalle sue parole.

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