Chapter 43

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"Se ne sono andati?" Chiese Jonathan di fianco a me, alzandosi in piedi barcollante; con il treno in movimento era più difficile mantenere l'equilibrio.
"Credo proprio di sì." Il ragazzo al mio fianco mi diede una mano a non cadere mentre anch'io mi alzavo, poggiando le mani sui miei fianchi. Purtroppo, persi lo stesso l'equilibrio, a causa di un sobbalzo che aveva fatto il treno. Mi aggrappai alla sua giacca, facendo un piccolo grido; lui scoppiò in una fragorosa risata, tenendomi però stretta a sé.

"E non ridere, sarebbe potuto accadere anche a te!" Gli diedi un piccolo colpo sul petto, non potendo però fare a meno di ricambiare quel divertimento.

Tirò giù la tavoletta del cesso, poggiandoci sopra dei pezzi di carta e, subito dopo, vi si sedette sopra, facendomi segno di accomodarmi sulle sue gambe. Io feci come mi aveva chiesto, mettendogli un braccio intorno alle spalle mentre lui mi avvolgeva la vita con le sue braccia, come se fossero delle cinture di sicurezza. Con la mano libera gli accarezzai la guancia, rivolgendogli un sorriso dolce.

"L'abbiamo scampata per un pelo di nuovo, eh?" Mi disse Jonathan a bassa voce, un sorriso divertito che gli dipingeva il volto.

"A quanto pare siamo bravi a scamparla per un pelo." Risposi io, facendo una piccola risata. Sembrava avessimo proprio un talento a metterci nei guai, per poi uscirne fuori indenni per il rotto della cuffia. "Avrei fatto anche a meno di mettere quasi del tutto la mia testa nel cesso, però."

Feci ridere anche Jonathan con quella mia affermazione, in modo tale che ridessimo insieme nel medesimo istante; era quello il mio concerto preferito, il suono più bello e melodioso a cui potessi pensare.

Feci un respiro profondo, provando a pensare a che cosa potessimo fare ora, con la polizia e gli scienziati alle calcagna; con quante probabilità ci sarebbero stati dei controlli anche alle prossime fermate? Le possibilità erano fin troppo alte.

"Non possiamo raggiungere Laboratory." Dissi a Jonathan, esternando i miei dubbi; nel frattempo, il sorriso che avevo sul volto si era spento, come un fiore che marcisce in inverno a causa del freddo.

"Effettivamente è troppo pericoloso." Concordò con me lui, un'espressione seria che sostituiva quella divertita di poco prima. "Dovremmo scendere alla prossima fermata e trovare da lì un modo di raggiungere Laboratory."

"Non vorrai tornare di nuovo in un'altra città, vero? Ti ricordi cos'è successo l'ultima volta?" Tentai di rinfrescargli la memoria, in modo tale che rimembrasse le pessime esperienze che avevamo vissuto a Wilson City: l'inseguimento, il doversi nascondere, la paura nell'essere visti o scoperti. Sembrava fosse accaduto tutto un secolo fa.

Scossi la testa, tentando di eliminare dal mio corpo quelle orribili sensazioni che avevano caratterizzato la nostra permanenza nella città.

"No, non andremo alla città." Mi rassicurò subito lui, alzando un angolo della bocca in un mezzo sorriso, quasi fosse divertito dalla mia preoccupazione. "Ma adesso che abbiamo dei soldi, magari potremmo comprare una mappa, non so, in un negozio di souvenir o da uno sportello per i biglietti." La sua idea non sembrava male, anzi, era la più intelligente che potesse venirgli in una situazione del genere.

"Sei proprio un genio." Mi complimentai con lui, eliminando quell'aria seria che avevo e sostituendola con un sorriso pieno d'affetto.

"Merito degli occhi." Scherzò Jonathan, indicandoseli velocemente, in modo che entrambi ci mettessimo a ridere.

Mi sistemai in modo da sedermi con le gambe divaricate, poste contro i due fianchi del ragazzo per cui provavo un'emozione veramente tanto forte. Gli presi il viso con le mani, mentre lui posizionava le sue sui miei fianchi; prima che succedesse tutta la confusione che credevo sarebbe accaduta, volevo avere almeno un ultimo momento del genere con lui. Non ebbi neanche il tempo di far incontrare le nostre labbra, perché ci aveva già pensato Jonathan; infatti, impaziente di ricevere quel bacio, si era allungato verso la mia bocca con la sua, non dandomi il tempo di pensarci ulteriormente. Mi tolsi il cappotto, in modo da avere i movimenti più liberi e fluidi; lo stesso fece anche lui, però accordandoci sul fatto di legarci alla vita l'indumento, per evitare che stesse per troppo tempo sul pavimento. Le nostre labbra non rimanevano per tanto tempo staccate, anche se questo era un bacio diverso dagli altri: era per certo pieno di passione, ma allo stesso tempo lento, dolce, come se il tempo si fosse fermato, esistevamo solo noi al mondo, nessun altro. Jonathan mi spinse verso di sé, facendomi scappare un piccolo urlo di piacere, che provocò in lui un sorriso soddisfatto. Le sensazioni che provai in quel momento furono fortissime: il respiro veloce si fuse con quello di Jonathan, i battiti mi rimbombavano addirittura nelle orecchie, come se avessi il cuore all'altezza della gola. Il sangue mi affluì al viso, supposi quindi di essere tutta rossa in faccia, fatto che mi fece ridere; il calore che sentivo in corpo mi scaldava talmente tanto che dovetti togliermi la felpa e legarmi anch'essa in vita, rimanendo con la maglia a maniche corte, l'ultimo capo che mi separava dalla canottiera intima e il reggiseno. Anche Jonathan fece la stessa cosa, e appena ebbe le braccia nude vi passai sopra delicatamente le mani; era anche lui bollente, sembrava avesse la febbre da quanto scottava.

"Hai caldo?" Mi domandò lui facendo una piccola risata, tra un bacio e l'altro.

"Certo che ho caldo." Risposi spavalda, come se fosse ovvio. "E tu?"

"Non ne hai idea."

"Allora spogliati." Non so come quelle parole vennero fuori dalla mia bocca, uscirono prima che potessi anche solo metabolizzarle.

Lui mi guardò divertito, togliendosi subito dopo la maglia a maniche corte insieme alla canottiera intima. Inizialmente gli accarezzai il petto, ma non feci in tempo ad arrivare all'addome, perché lui mi prese il viso tra le mani e ricominciò a baciarmi, anche con più passione di prima.
All'improvviso sentimmo bussare alla porta di metallo del bagno, staccandoci spaventati; chi era? Forse, era solo qualcuno che doveva semplicemente andare al bagno, non dovevamo saltare subito a conclusioni affrettate.

"Occupato." Dissi con il respiro affannato, ricevendo una piccola risata divertita da parte di Jonathan.

"Non devo andare al bagno;" Riconobbi immediatamente la voce, per questo mi si gelò il sangue, eliminando il calore che fino a poco prima mi stava inondando il corpo. "Sono qui per aiutarvi."

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