|Chapter 8|

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D'istinto mi appoggiai con la schiena contro il muro, poggiandovi la testa e chiudendo gli occhi, facendo dei respiri profondi. Non sapevo che cosa ci facesse qui, non mi ero neanche posta il problema di che fine avesse fatto dopo che mi aveva salvata, il pensiero non mi aveva minimamente sfiorato la mente. Tenendo gli occhi chiusi rivedevo ancora le sue iridi gialle, due fari in mezzo all'oscurità causata dal cappuccio. Il resto era sfocato. Raddrizzai la testa per cercare con il mio sguardo quello di Jonathan, capendo che anche lui aveva riconosciuto l'uomo incappucciato. Ritornai a sbirciare i due nuovi arrivati, facendo attenzione a non farmi scoprire.

"Come mai la porta è aperta, eh? Allora hai intenzione di rispondermi sì o no?" Stava ripetendo per la milionesima volta l'estraneo con gli occhiali, rivolgendosi all'altro che nel frattempo stava scrutando la stanza con attenzione.

"Non lo so, l'abbiamo chiusa prima di andare via, ne sono sicuro." Rispose l'uomo dagli occhi gialli, scuotendo la testa confuso. "Guardiamo in giro se è tutto al proprio posto." Propose poi, facendo segno al collega di controllare il capannone. Cominciarono ad avanzare per ispezionare tutte le macchine, procedendo oltre solo una volta che fossero stati sicuri che non c'era niente fuori dalla norma. Mi appoggiai di nuovo contro la parete dietro di me, portandomi le gambe al petto e circondandole con le braccia, poggiandovi poi sopra la fronte. Tentai di farmi piccola piccola, ma non ebbi il risultato voluto; ero ancora ben visibile per chiunque avesse anche solo provato a guardare dietro la macchina. Il cuore batteva ancora più forte di prima, lo sentivo perfino nelle orecchie, insieme alla sensazione di percepire lo scorrimento di ogni singola goccia di sangue presente nel mio corpo. Una lacrima scese lungo il mio viso mentre gli occhi lucidi mi appannavano la vista. Avrei voluto urlare, ma se solo avessi osato aprire bocca mi avrebbero di sicuro sentito; a stento ero riuscita a non far rumore spostandomi contro il muro a causa del metallo arrugginito che lo componeva e che facilitava la creazione di rumori, figurarsi gridare. Alzai di nuovo lo sguardo solo quando sentii i passi farsi sempre più vicini, asciugandomi gli occhi e trattenendo il respiro istintivamente quando intravidi un'ombra sulla macchina a fianco. Poco dopo l'uomo dagli occhi gialli cominciò a controllare l'incubatrice, fino a quando il suo sguardo non si posò su di me; rimanemmo a fissarci per quella che parve un'eternità, nel frattempo che nella mia mente tornava il ricordo del nostro incontro sull'aereo. Come la prima volta non mi infuse né un senso di negatività e né d'inimicizia; anzi, al contrario, sembrava trasmettermi un amore a me familiare, quasi paterno, con una strana dolcezza e gentilezza che mai mi sarei aspettata. Quando l'altro lo richiamò all'improvviso, chiedendogli se lui avesse trovato qualcosa, indirizzai il mio sguardo verso Jonathan, tirando un sospiro di sollievo quando capii che non l'aveva ancora raggiunto; l'uomo di fronte a me seguì la direzione del mio sguardo, capendo al volo il motivo della preoccupazione che avevo negli occhi.

"No, qui niente." Rispose poi all'altro, facendomi segno con le dita di fare silenzio; mimai con le labbra un 'grazie', ricevendo di rimando una strizzata d'occhio da parte sua come risposta. "Ho controllato anche lì, non ho trovato qualcosa o qualcuno neanche lì." Riprese successivamente, raddrizzandosi e avvicinandosi al suo collega, impedendogli di poter così raggiungere e, di conseguenza, scoprire Jonathan.

"Ralph sei sicuro di aver chiuso la porta?" Gli domandò di nuovo il collega, guardandolo con aria scocciata.

"Sì Manfred, ne sono sicuro." Replicò il diretto interessato, che a quanto pare si chiamava Ralph. "Probabilmente un colpo d'aria l'avrà aperta; sai che non è affatto stabile come porta, si muove a ogni piccolo colpo di vento."

"È una conseguenza del cambio climatico." Disse Manfred, posando lo sguardo dal compagno alla porta, storcendo la bocca poco convinto da quella teoria.

"Ma sì, chi vuoi che sia entrato!" Esclamò Ralph dirigendosi verso la porta, tentando di dissuadere l'altro dal controllare di nuovo. "Si sarà aperta dopo che ci siamo accertati che tutti gli Homi erano usciti. Non erano molto umani però, anzi, con quella bava sembravano delle enormi lumache." Fece una smorfia di disgusto, incrociando le braccia al petto.

"Sono ancora in via di perfezionamento e tu lo sai bene." Replicò Manfred riposizionandosi al meglio gli occhiali sul naso, guardandosi un'ultima volta intorno per poi raggiungere il collega sull'uscio della porta. "Sta procedendo tutto a gonfie vele, adesso gli Homi riescono a camminare per conto loro, prima era un miracolo se riuscivano a respirare da soli." Aggiunse subito dopo, alzando la voce in modo emozionato ed entusiasta, un bambino che riceve il regalo tanto agognato per Natale. "Sono riusciti a uscire e andarsene completamente da soli?" Chiese guardandosi un'altra volta intorno, non troppo convinto ancora di essere solo loro due nella stanza.

"No, abbiamo dovuto aprirgli la porta dell'incubatrice, altrimenti avrebbero continuato a batterci contro." Scosse la testa Ralph, cercando un modo di distrarre ulteriormente il collega. "Mi ricordi il motivo per cui c'è così freddo?" Alzò la voce in modo che io e Jonathan lo sentissimo; lo capii perché lanciava continuamente un'occhiata nella nostra direzione ogni volta che veniva detta un'informazione, probabilmente per farci comprendere la situazione in cui ci trovavamo, anche se solo in parte.

"Lo sai benissimo Ralph che cosa lo ha causato, eri presente anche tu quando abbiamo avviato tutto!" Lo rimproverò Manfred, girandosi di scatto nella direzione in cui era nascosto Jonathan, il quale aveva fatto rumore urtando per sbaglio il muro dietro di sé. "Che cos'è stato?" Domandò facendo un passo nella direzione del ragazzo. "Sei davvero sicuro che non ci sia nessun altro oltre a noi?"

"Sì, sarà stato un colpo di vento, non essere così paranoico." Lo rimproverò Ralph, dirigendosi fuori dall'edificio. "Allora, andiamo sì o no? Dobbiamo controllare dove sono finiti gli Homi; il loro segnale è fermo da tutto il giorno quasi." Lo incentivò ad andarsene, facendogli segno di seguirlo.

"E se fossero entrati loro?" Domandò Manfred, avvicinandosi al collega e abbassando la voce di colpo; riuscii ad ascoltare e capire la domanda a malapena.

"Non essere ridicolo. Questo posto è fuori vista è praticamente impossibile che siano riusciti a scoprirlo." Lo rimproverò Ralph, scuotendo la testa esasperato. "Forza, andiamocene ora, abbiamo altro da fare."

Manfred si guardò un'altra volta intorno nella stanza titubante, ma alla fine scrollò le spalle, decidendo di lasciarsi dietro quei dubbi apparentemente stupidi. Uscirono insieme, richiudendosi la porta dietro le spalle e lasciando quasi completamente al buio la stanza, illuminata dai piccoli spiragli che si erano creati durante il tempo nelle pareti. L'avevamo appena scampata per un soffio e ad aiutarci era stato colui che credevamo essere nostro nemico.

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