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Lara aprì gli occhi, appiccicosi e umidicci. Si sentiva confusa. Cos'era accaduto? Sopra di lei sentiva un peso, che le opprimeva il petto. Solo dopo alcuni istanti si rese conto che era il corpo di Darsen, che le stava sopra a peso morto; allora si ricordò del rumore sibilante, della cosa che veniva verso di lei e che Darsen l'aveva spinta a terra togliendola dalla traiettoria... della freccia. "Ecco cos'era... una freccia!" La vide che spuntava dall'addome di Darsen e ne fu terrorizzata.

Lo spinse via e si alzò, urlando. Non sapendo cosa fare e dove fuggire si accucciò accanto a un cespuglio e si rannicchiò su sé stessa nel vano tentativo di nascondersi.

Darsen era immobile. Che fosse morto? Non ne aveva idea.

Rimase così per molto tempo, finché scoppiò a piangere, sentendosi stupida e inutile.

Si asciugò le lacrime, ma ne continuarono a scendere di nuove, calde e brucianti. Si torse le mani dalla rabbia e allora sentì qualcosa tra le dita. Guardò, la vista appannata, e vide che era un fiore azzurro. Da dove veniva?

Stupita, smise di piangere e prese a carezzare i grandi petali vellutati del fiore.

Mentre faceva così le venne in mente che Darsen, poco prima che tutto accadesse, stava parlando con...

Un'improvvisa illuminazione la spinse a mettersi in piedi e ad avvicinarsi al corpo steso a terra. Che il fiore potesse guarirlo? Se potevano parlare, forse potevano anche dirle come curarlo.

Si inginocchiò accanto a Darsen, e tenne il fiore tra le mani vicino al volto ma non sentì nessuna voce. "Che parli solo con lui?" Non sapeva come fare. Nessuno le aveva mai insegnato come parlare con i fiori. Sapeva cantare, suonare il flauto, cucinare qualcosa, ma parlare con un fiore?

D'un tratto una mano le afferrò il braccio destro; era Darsen. Cominciò a sussurrare con un filo di voce delle parole strane.

Lara rimase a bocca aperta quando i petali azzurri si illuminarono quasi accecandola, solo per un attimo. Era magia...

Poi il fiore si spense e tornò normale, e Darsen le mollò il braccio.

«Darsen? Ehi, sei vivo?» Provò a chiamarlo, ma lui non emise un fiato.

Il fiore, tra le sue mani, si sciupò e sparì, lasciandole un sapore amaro in bocca. E ora cos'avrebbe fatto?

Non fece neppure in tempo a pensare che un portale, del tutto simile a quello che l'aveva portata in quel mondo, si materializzò di fronte a lei.

Si alzò di scatto, sollevata. Doveva essere stato grazie al fiore, ne era certa. Darsen probabilmente aveva comunicato con lui, o chissà cos'altro.

«Ehi Darsen, dobbiamo andare.» Lo scrollò, ma lui non rispose né si mosse. Allora cercò di trascinarlo, o di spingerlo, ma non era facile; era completamente inerte.

Infine ce la fece; oltrepassò sicura il portale, portandosi dietro Darsen, sperando di arrivare nel luogo giusto.

Delle voci risuonavano nella sua testa. Oppure no, forse erano attorno a lei.

«Si sta svegliando...»

«Ora apre gli occhi.»

«Però è carina...»

«Sta zitto Irdhir!»

Lara vide un volto sopra di lei. Due grandi occhi verdi, ciocche di folti capelli biondo oro. «Chi sei?»

«Amidia è il mio nome.»

«Piacere.» Si sentiva scossa e stanca, ma non dimenticava la buona educazione che suo padre le aveva impartito.

«E io sono Irdhir!» Un ragazzo dall'aria scema le sorrise a trentadue denti scuotendo entrambe le mani in segno di saluto per farsi vedere.

«Piacere» ripeté Lara, ancora scossa. «Cos'è accaduto?»

«Questo dovresti saperlo tu» disse un ragazzo che teneva le braccia incrociate sul petto. Era molto più carino di Irdhir, ma sembrava antipatico e vanesio.

«Come hai fatto ad aprire il portale?» chiese un altro. Dalla voce capì che era quello che aveva zittito Irdhir quando questi aveva detto che lei era carina.

«Questo non ci interessa ora, e, ragazzi, dovete lasciare che si riprenda prima di tempestarla di domande.» La donna, Amidia, le rivolse un sorriso comprensivo: «Non preoccuparti Lara, faremo chiarezza su tutto, ma ora riposa. Quando starai meglio e avrai la mente più lucida allora parleremo.»

Lara annuì, giudicandola un'ottima idea. Si sentiva molto confusa, e aveva una gran voglia di dormire.

Chiuse gli occhi e in breve scivolò in un sonno tranquillo e benefico.

Si svegliò con la luce del sole che filtrava da sotto le palpebre. Sentiva le membra fresche e riposate come mai nella sua vita e la testa leggera come una piuma.

Avendo riacquistato lucidità, Lara si poté guardare intorno. Era stesa su un lettino morbido e chiaro, in una stanza ampia dalla forma ovale. Il mobilio era chiaro, dolce e dall'aspetto accogliente; sembrava una piccola casetta in stile vintage. C'era un baule ai piedi del letto, con sopra poggiati dei vestiti puliti che pensò subito di indossare.

Si trattava di una calzamaglia azzurro e una tunica blu notte con lo scollo quadro. Abiti medievaleggianti e un po' eccentrici per i suoi gusti, ma li indossò comunque e mise sopra le spalle anche la morbida e calda mantellina di velluto azzurro.

Girovagò un po' per la stanza, scoprendo un angolo, separato dal letto, dove erano presenti un camino, un soffice divanetto rosa senza schienale, due poltrone, alcuni scaffali zeppi di libri rilegati in pelle dall'aspetto antico e polveroso, un tavolino di legno di quercia e alcune sedie minute, un braciere che emanava un gradevole profumo di miele, limone e menta, e in un angolino un'adorabile vetrinetta color crema e panna rifornita di meravigliosi set di tazzine, piatti, bicchierini e calici d'argento.

Sembrava la piccola casetta di una fatina e forse era proprio ciò che realmente era, si disse stupita.

Uscì dalla stanza e scoprì di trovarsi davvero in una casetta, poiché l'esterno non era il corridoio di un'abitazione bensì una dolce distesa di erba verde ricoperta di fiori azzurri, con un delicato ruscello che scorreva poco distante. Rimase a bocca aperta per la bellezza di quel luogo.

«Ti piace, eh?»

Lara si volse. A parlare era stato un ragazzo pressoché della sua età, con lunghi capelli rosso sangue e occhi penetranti. Lo riconobbe subito come uno dei ragazzi che aveva visto quando si era svegliata la prima volta; era quello carino che teneva le braccia incrociate. «Sì, certo, è stupendo qui» disse cercando di tenere un tono gentile.

«Vero e tu, umana, non dovresti essere qui» disse il ragazzo in tono di minaccia.

Lara fece un passo indietro, ma rispose in merito: «Come ti permetti? Sai chi sono?»

Lui rise di scherno: «Sei tu che non sai chi sono io.»

«Ora basta, fratello, smettila con il tuo solito comportamento.» Un'altra voce eruppe dal folto della boscaglia. Una figura snella emerse, avvolta da una luce radiosa.

«Lugar.»

«Kadar, usa più gentilezza con la nostra ospite.»

«Ospite? È un'umana!»

«No, non lo è.»

«Che cosa?»

Lara si intromise: «Sono una mezza fata.»

«Oh, bene, una mezzosangue.»

«Kadar.»

«Sì sì, gentilezza. Me ne andrò così potrai pensarci tu, contento?» Detto questo il ragazzo antipatico se ne andò. Lara, irritata e in imbarazzo, rimase sola con Lugar. Anche lui era carino, e questo non fece che accrescere il suo disagio.

«Ehi, tutto bene?»

«Sì.»

«Mio fratello è un po'... come dire, stronzo. Dite così voi nel vostro mondo, giusto?»

«Sì, beh, direi che è un aggettivo appropriato. Ma tu... voi, non siete umani?»

«Kadar no. Lui è figlio di una fata.»

Lara rimase di stucco: «Ma come è possibile? Io sapevo che non esistono fate maschi.»

«Infatti. Lui è una strana eccezione a cui non siamo ancora venuti a capo. Mia madre ha avuto me da un uomo, mentre Kadar è nato solo da lei, senza che rimanesse ufficialmente incinta.»

«Cavoli...»

Lugar si avvicinò e lei, cosicché poté notare la bellezza dei suoi occhi verdi. Al contrario di Kadar, lui aveva i capelli di un castano caldo che ricordava a Lara il colore delle castagne e delle noci.

«Penso vorrai vedere il principe. Ti accompagno se vuoi.»

«Il principe?»

«Darsen. Non è stato lui a portarti qui?»

Lara accettò il braccio che lui le offriva, sentendosi una dama medievale. «Darsen è un principe? Non me l'aveva detto.»

«Oh, beh, non è strano, lui non lo dice mai a nessuno.»

«E perché scusa? Non capisco.»

«È semplice, a Darsen non piace esserlo. Odia i suoi doveri da principe, preferisce altro. Ma ora basta, io parlo sempre troppo. Se lo sa sono finito.» Lugar emise una fresca risata che la coinvolse all'istante, e l'aria attorno a lei si fece d'improvviso molto più leggera.

Il palazzo era ciò che di più bello potesse esistere, pensò Lara non appena lo vide. Incastonato tra due alberi come fosse una fiorente gemma smeraldina, presentava una facciata enorme, superiore a quella di qualunque palazzo. I due alberi erano immensi, tanto che in un primo momento ne fu impressionata.

Luce bianca avvolgeva il palazzo, rendendolo molto simile a una visione. Pareva fatto interamente di marmo candido coperto di diamanti, anche se grossi rami e radici lo sormontavano e coprivano per buona parte.

Lugar la condusse all'interno, varcando possenti porte di legno.

«Questo è il palazzo delle fate. Tu non devi preoccuparti, sarai la benvenuta tra di loro.»

«Non disprezzano le mezzosangue?»

«No affatto, tranquilla.»

Percorsero corridoi sontuosi ma molto accoglienti, con tante lanterne colorate e accese che spargevano luce e calore, candelabri, tappeti e piante fiorite in ogni angolo.

Tutto era giallo, bianco e verde. La natura permeava quel luogo e Lara si sentiva davvero come fosse a casa. Era una sensazione straordinaria, che mai aveva provato con tale intensità.

«Siamo quasi arrivati» le comunicò Lugar in quel momento.

Infatti, dopo pochi passi, delle alte porte si aprirono e loro entrarono in una sala enorme che Lara comprese essere la sala del trono, poiché in fondo, appoggiati alla parete coperta di edera brillante, erano posti a semicerchio una decina di scranni color argento, di cui uno, al centro, era più in alto rispetto agli altri e decorato da maggiori ed elaborate intagliature.

Lara si accorse subito che tutti gli scranni, eccetto quello più in alto, erano occupati da figure sottili avvolte di bianco. Una di queste si alzo non appena furono entrati.

«Principe Lugar, ci porti la nostra ospite.» La sua voce era cristallina, limpida come acqua di sorgente.

Giunti a metà strada tra le porte e i troni, Lugar le fece segno di fermarsi e si inginocchiò: «Mia signora Amidia, la nostra principessa aveva desiderio di far visita a Darsen. Le è permesso?»

La fata aprì le braccia pallide e sottili, come ad invitarli a farsi avanti. «Vorrei solo avere il tempo di vedere la mia cara sorella perduta, prima che lei vada a prendersi cura del suo salvatore. Portamela, Lugar.»

«Sì, mia signora.» Lugar avanzò tranquillo e Lara lo seguì, solo un po' titubante. Tutto in quel posto le suscitava meraviglia, ma si sentiva anche a disagio, come se si trovasse in un luogo in cui non era degna di entrare.

Quando fu vicina, tutte le fate si alzarono. Una dopo l'altra andarono ad abbracciarla e a baciarle le guance, secondo un rituale che Lara non conosceva. Erano tutte belle, dolci e leggiadre come farfalla. "Che ci faccio io qui?"

«Sorella» disse la fata che per prima li aveva accolti, venendola ad abbracciare. «Noi tutte esultiamo ad averti qui con noi ad Amaranta. È una gioia aver ritrovato la nostra più giovane sorella, sangue del nostro sangue, dopo tutti questi anni.»

Lara, confusa, ricambiò goffamente l'abbraccio. Quella fata era la stessa che si era presentata a lei per prima quando si era svegliata dopo aver passato il portale. "Sorella? Ha detto che sono sua sorella?»

«Non capisco, mi dispiace, io... io credo di non essere chi avete cercato.»

«Oh, cara, ma no, ti sbagli. Tu sei nostra sorella, figlia della nostra regina. E di questo ne siamo più che certe.»

«Ma io so di essere una mezzosangue, io non sono una fata come lo sembrate voi.»

Amidia si rabbuiò, d'un tratto l'atmosfera si fece meno calorosa: «Non dire più quella parola, sorella, non è una bella definizione per dire ciò che sei. Poi ti prego di non porre ora certi quesiti. Ne parleremo più tardi durante il pasto serale. Intanto va' a vedere Darsen. Questa sera faremo con calma le presentazioni.»

Lara annuì, ancora molto confusa. Lasciò con Lugar la sala del trono, senza dire una parola.

In breve entrarono in un'altra stanza, non grande ma accogliente, dove alcune fate stavano prendendosi cura di Darsen. Lara si avvicinò, il cuore che le batteva forte in petto. Appena fu accanto al letto le fate guaritrici si fecero in disparte, lasciandole vedere il corpo mezzo nudo e sanguinante che giaceva immobile nel letto.

Incapace di rimanere lì ancora, Lara si volse e uscì dalla stanza, le mani a coprire il viso già bagnato di lacrime.

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