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«Eccomi, ho preso tutte le mie cose.»

«Tutte? Non sono un po' troppe?»

Lara fece spallucce: «Hai detto che ce ne andremo tramite un portale, quindi qual è il problema?»

«Il problema sarà trasportare tutti quei bagagli» disse Darsen alzando gli occhi al cielo e scuotendo la testa. Ancora non si conoscevano, ma non le sembrava un tipo molto paziente.

«E va bene» sospirò amareggiata. «Farò a meno del beauty case.»

«Bitti che?»

«Beauty... va beh lascia stare.» Era l'ora di andare, se non voleva che suo padre entrasse in casa nel momento sbagliato. Lui non doveva sapere nulla.

«Allora? Andiamo?»

«Sì, certo, avvicinati e stringiti a me.»

Lara si sentì arrossire. Conosceva Darsen solo da pochi giorni, da quando era venuto da lei per comunicarle una terribile notizia. L'idea di toccarlo le suscitava un forte imbarazzo; ma dovette spingersi a farlo. Non poteva ritirarsi per una cosa tanto stupida, soprattutto quando la vita della sorella che non aveva mai conosciuto dipendeva da lei.

Raccolse il suo coraggio e trascinandosi appresso le valigie si appiccicò a Darsen. Era bello guardarlo da quella prospettiva, nonostante fosse certa che non era il suo tipo. Comunque trovava interessante il suo volto squadrato, i capelli biondo cenere lunghi fino alle spalle, il fisico tonico e atletico e gli occhi infossati dallo sguardo profondo.

«Sei pronta?» le chiese Darsen, facendola rabbrividire con il suo tono di voce basso.

Lara annuì e lui portò le mani dinanzi a sé; sussurrò qualcosa per alcuni minuti, dopodiché una luce si spanse nell'aria intorno a loro. Poi Darsen soffiò a pieni polmoni e l'aria si diradò, lasciando il contorno di una porta sospesa a forma esagonale.

«Seguimi, senza staccarti da me» le ordinò prendendole una valigia.

«Va bene.» Insieme a lui Lara compì un passo, poi un altro e un altro ancora. Si girò indietro solo una volta, per dire addio a quella che per quei ventitré anni era stata la sua casa.

Poi, attorno a lei, fu il nulla.

La prima cosa che Lara vide fu il colore verde. Era dappertutto, come una macchia troppo larga su una tovaglia infinita spennellata di sfumature.

Rimase come accecata, tanto che dovette per un attimo ripararsi gli occhi con una mano.

Accanto a lei Darsen farfugliava qualcosa, probabilmente era la formula magica per chiudere il portale.

«Siamo arrivati?»

«Sì.»

Lara tolse la mano dagli occhi e sbatté le palpebre, come se si fosse appena svegliata da un sogno, e scoprì che il vero sogno era il paesaggio meraviglioso che le si snodava davanti.

Capì che tutta la luce che l'aveva accecata derivava proprio dal verde; quello chiaro e intenso dell'erba, quello più scuro del fogliame e degli alberi tutt'attorno, il verde lime brillante delle foglioline di alcuni fiori.

Tutto era luminoso, fresco e intenso, e il verde dominava su tutti i colori. Erano presenti però anche il giallo, il rosa, il viola, l'azzurro, su molti fiori, il bianco delle nuvole in cielo, in mezzo alle quali si era impigliato un po' d'arancio rosato. Era forse l'alba? Oppure il tramonto?

Lara, a bocca aperta per la meraviglia, si stupì di riuscire a raccogliere tutti quei dettagli. Non era mai stata una grande osservatrice, ma in quel momento i suoi occhi  catturarono una straordinaria varietà di colori, forme di foglie, animaletti che scorrazzavano tra gli alberi e sfumature dei fiori e del cielo.

«È magnifico...» sussurrò tra sé.

«Lo so» disse Darsen, che l'aveva sentita. «Benvenuta nel bosco delle fate di Amaranta.»

«Bosco delle fate?» Solo in quel momento, Lara si rese conto che non sapeva proprio nulla di quel mondo. Darsen le aveva detto solo lo stretto necessario. Non conosceva neppure il ruolo che il giovane aveva in quelle vicende.

«Aspetta... ma tu quindi sei... insomma, come puoi essere una fata?»

«Non lo sono, infatti. Sono umano. Voi fate siete solo femmine.»

«E allora come conosci il luogo in cui vivono?»

«Gli umani come me sono amici e alleati delle fate. Non sappiamo i loro segreti, ma abbiamo il permesso di entrare nel loro regno.»

«Oh, capisco, in pratica siete vicini di casa?»

«Sì, in parole povere è così.»

«E ora che si fa?»

«Ti porto al palazzo, dove potrai incontrare le altre fate reali.»

«Bene.»

Darsen la aiutò con le valigie, poi si incamminarono prendendo una stradina che portava in mezzo ai boschi.

«Dimmi una cosa... è molto lontano questo... palazzo?»

«No, impiegheremo solo un paio di giorni.»

«Cosa? Ti sembra poco camminare per due giorni? Forse tu ne sei abituato, ma io...»

«Ci fermeremo di notte, non preoccuparti, ho intenzione di portarti lì viva» rise Darsen.

«Aha divertente.»

La valigia pesava, ma Lara si fece comunque una risata. Quel luogo le metteva allegria, e Darsen non era così male.

Aveva abbandonato la sua vita, suo padre, la sua casa, i suoi amici, ma non era triste. In quel momento nel suo cuore c'era solo speranza.




Il loro viaggio attraverso i boschi procedeva bene.

Questo voleva pensare Lara, ma la stanchezza aveva ormai preso il sopravvento.

«Camminiamo da ore. Non possiamo fermarci?»

«No.» La risposta di Darsen fu secca e incolore. Lui camminava tranquillo, con le valigie che ballonzolavano e a ogni passo gli colpivano le gambe snelle.

«Ma sono stanca, non ne posso più di camminare...»

«Non mi interessa.»

Lara si impuntò: «Ma io sono la sorella della regina! Non puoi trattarmi in questo modo!»

Lui si volse e fece una faccia falsamente scioccata: «Oh, è vero! Scusami principessina...» Poi si volse e riprese a camminare. La stava prendendo per i fondelli.

«Sei uno stronzo» concluse Lara mettendo il muso. Controvoglia lo seguì trascinando la valigia con entrambe le mani.

Ogni passo era nuova stanchezza, nuovo dolore alle mani e ai piedi, un po' di mal di testa in più e sudore che si aggiungeva a quello che già le imbrattava la maglietta. In quel posto l'aria era umida e molto calda.

Allo stesso tempo però, anche se continuava a lamentarsi, mano a mano che continuavano ad avanzare, Lara scopriva nuove meraviglie di quel magico mondo. Vide delle strane, enormi lucciole tra i cespugli, che emettevano una luce fortissima nonostante fosse giorno. Aveva capito infatti che quando erano arrivati, anche se prima di passare il portale era notte, nel bosco delle fate era l'alba. A quanto pareva nel mondo parallelo il tempo scorreva in modo diverso, non aveva ancora capito se più veloce o più lento.

Ciò che le piaceva di più era vedere gli scoiattolini correre su e giù dagli alberi, il sole filtrare tra le chiome colorandole di oro e i fiori spuntare nell'erba al suo passaggio, come per darle il benvenuto.

Era tutto magico, tranne la sua stanchezza per tutto quel camminare.

Quando la sera si fermarono, non le sembrava vero. Si sdraiò per terra, assaporando la sensazione dell'erba fresca sulle braccia, che furono in un attimo percorse da una piacevole pelle d'oca.

Subito dopo però Lara si rese conto che l'idea di dormire lì non le piaceva per niente.

Si rivolse a Darsen, che stava sussurrando qualcosa chino su un fiore. «Ehi, non hai intenzione di restare qui spero.»

«Perché? Qualche problema?» rispose lui senza nemmeno guardarla.

«Sì, più di qualche. Innanzitutto non è igienico, e poi farà freddo, non abbiamo né coperte, né cuscini, neppure delle lenzuola. E il pigiama? No, aspetta, forse quello l'ho portato.»

«Ssh, vuoi tacere un momento? Questo fiore mi sta parlando e credo voglia dirci qualcosa di più importante di un pigiama.»

Lara, alzando gli occhi al cielo, si zittì.

Trascorse qualche attimo, poi Darsen si rialzò: «Abbiamo un problema.»

Lara sorrise, trionfante: «Ecco, vedi? Anche a te non va di stare qua a dormire, ammettilo.»

«No, no non è questo, smettila di fare la stupida terrestre viziata.»

«Io non sono una terrestre viziata!»

«Ssh, zitta, fa silenzio!»

«Ma tu mi hai detto...»

Un rumore sibilante interruppe la sua frase. Una lunga cosa volante sfrecciò verso di lei. "Che diamine..." Non fece neppure in tempo a terminare quel pensiero di stupore.

Darsen le piombò addosso facendola cadere a terra. Lara batté la testa e tutto divenne rosso tenebra. 


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