Capitolo 29

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Chinatown, Londra, 4 Dicembre 2005

Quella mattina, al suono della sveglia, Hermione si tirò subito a sedere, con addosso una strana agitazione.

Se da ragazzina era sempre schizzata fuori dal letto alle prime luci dell'alba, da quando aveva iniziato a lavorare, aveva iniziato anche ad apprezzare le occasioni in cui poteva poltrire a letto fino a tardi e, a volte, nel weekend, faticava ad aprire gli occhi anche quando aveva qualcosa di urgente da fare.

Anche l'agitazione non le era caratteristica: dopo la terapia con la psicologa maganò, aveva imparato a gestire le proprie ansie e a rilassarsi a sufficienza per godersi nottate di sonno indisturbato.

Quel giorno, però, c'era qualcosa di diverso e l'agitazione non riguardava lei. Non direttamente, almeno.

Stropicciandosi gli occhi, ripensò agli eventi del pomeriggio precedente.

Subito dopo pranzo si era precipitata al numero 12 di Grimmauld Place, per sentire come fosse andata la riunione finale di Harry con gli assistenti sociali, in programma per la tarda mattinata.

Aveva trovato i suoi amici in cucina, che contemplavano le profondità del caffè che avevano tra le mani, persi nei propri pensieri. Un silenzioso Kreacher si aggirava saltellando per la stanza con un sorriso che gli andava da un orecchio appuntito all'altro.

«Beh?» aveva chiesto lei dalla soglia, indecisa su come prendere l'incongruenza tra il comportamento dell'elfo domestico e quello dei suoi datori di lavoro.

Harry aveva sollevato lo sguardo dalla tazza, incontrando quello di Hermione con un sorriso gioioso ma cauto.

«Dicono che potrò adottare Teddy, che l'udienza col Wizengamot programmata per febbraio sarà solo una formalità...»

«Harry, è una splendida notizia!»

«... a una condizione.»

Lei si era seduta, leggendo l'inquietudine nello sguardo dell'amico. Ron continuava a guardare nel suo caffé.

«E sarebbe?»

Harry aveva lanciato un'occhiata in tralice al suo uomo.

«Sarebbe che Teddy, come tutti i bambini, ha bisogno di stabilità emotiva. Gli assistenti sociali sono stati molto chiari: non sono disposti ad accettare come genitore adottivo una persona che salta da un partner all'altro. Quindi le cose sono due: o ufficializzo la mia relazione con Ron, fissando una data per il matrimonio prima che scadano i termini della Legge di Percy, o rinuncio alla relazione non ufficiale nella quale sono coinvolto e mi faccio trovare un coniuge dal Ministero, con l'implicita promessa di rimanere fedele alla persona cui mi faranno sposare anche se non la amo. Oltretutto, l'ufficializzazione dovrebbe arrivare almeno entro il venti gennaio, in modo che gli assistenti abbiano il tempo di organizzare dei colloqui di valutazione coi Weasley prima dell'udienza.»

Hermione aveva fatto passare lo sguardo dall'uno all'altra.

«Beh, quindi perché quelle facce lunghe? Avevate comunque deciso di sposarvi entro la scadenza della stupida Legge, no? Questa cosa non dovrebbe modificare in modo radicale i vostri piani.»

«Sì. Non fosse che qualcuno ha paura di parlare coi suoi.»

Ron aveva sollevato uno sguardo risentito.

«Conosci mia madre. Come pensi che la prenderà?»

Hermione aveva tirato la sedia più vicina alla sua, passandogli un braccio confortante intorno alle spalle.

«So che è difficile, tesoro. Qui sei l'unico che ha ancora... dei genitori» gli aveva detto, sentendo la solita tristezza avvolgerla «e capisco che tu non voglia aprire un conflitto, ma purtroppo è necessario. E rimandare non aiuterà, anzi. Più li tieni all'oscuro, più si risentiranno.»

«Lo so» aveva mugugnato, e poi aveva raddrizzato le spalle. «E va bene, lo farò. Domani a pranzo, approfittando del fatto che Harry è di turno al Quartier Generale.» Si era rivolto al suo compagno, prendendogli la mano sopra il tavolo. «Scusa, amore, ma preferisco parlare loro senza di te, la prima volta. Forse sarà più semplice così. Però tu» aveva continuato, voltandosi verso Hermione «dovrai essere lì con me, a darmi man forte.»

Beh, non c'era da stupirsi se Hermione aveva sognato per tutta la notte Molly Weasley che la inseguiva, brandendo un mattarello.

La Tana, 4 Dicembre 2005

Se qualcuno dei Weasley si era accorto del nervosismo di Ron, che per i suoi standard quasi non aveva toccato cibo – infatti non si era servito una seconda porzione di nessuna portata – non l'aveva dato a vedere.

Dopo che Molly ebbe riempito l'ultimo piatto di dolce e tutti ebbero iniziato ad assaporarlo, a parte le figlie di Bill e Fleur che già da un po' giocavano in un angolo della stanza, Ron, senza toccare il proprio, si schiarì la voce.

Hermione gli strinse il ginocchio sotto al tavolo, comunicandogli la propria vicinanza.

«Gente, c'è una cosa che vi devo dire.»

Tutti drizzarono le orecchie e Ginny, Draco, George e sua moglie Olivia, che erano a conoscenza della relazione con Harry, lanciarono discrete occhiate preoccupate in direzione di Molly.

Quest'ultima fece passare lo sguardo da suo figlio a Hermione, seduta molto vicina a lui, e sorrise. "Finalmente hanno messo la testa a posto" pensò. Erano anni ormai che la donna aspettava questo momento.

«Io, ecco... ehm, da qualche tempo ho intrapreso una relazione seria, con una persona che ho intenzione di sposare prima che scadano i termini della Legge Matrimoniale. E questa persona è...»

Gli occhi di Molly luccicarono, posandosi con affetto su Hermione.

«...Harry.»

L'unico suono che si sentì nella stanza – a parte le risate delle bambine intente in chissà quale gioco – fu il clangore della forchettina da dolce di Arthur Weasley che rimbalzava contro il piatto.

Tutte le teste scattarono in quella direzione.

La visione dell'uomo, occhi sbarrati e bocca spalancata, con la mano ancora ferma a mezz'aria dove si era bloccata, a metà del movimento per portare un pezzo di torta alla bocca, sarebbe stata comica non fosse stato per il timore con cui tutti quanti spostarono lentamente lo sguardo sulla moglie accanto a lui.

E a ragione.

Lo sguardo affettuoso di Molly si era tramutato in uno tagliente come la lama di un coltello. Sembrava sul punto di iniziare a lanciare Avada Kedavra a destra e a manca.

«Che cosa. Hai. Detto» sibilò.

«Mamma...» tentò Ginny.

«Sta' zitta tu, signorina, non sto parlando con te» la fulminò la madre, ignorando il fatto che sua figlia non era più una "signorina" da un bel pezzo.

«Ho detto che sto con Harry» rispose Ron, pacato. Hermione poteva sentire la tensione irradiarsi da lui, ma fu orgogliosa del modo in cui il suo amico la stava tenendo sotto controllo.

«Tu stai vaneggiando. Tu, tu... piccolo ingrato, tu e quel tuo amico capace solo di far danni, non avete di meglio da fare che prendere in giro due poveri vecchi?»

«Non stiamo prendendo in giro nessuno, mamma. Lo amo, lui ama me, e vogliamo passare il resto della nostra vita insieme.»

«Non dire stronzate.»

«Mamma!» stavolta fu George a protestare, stranito dall'utilizzo di quel termine proprio da lei.

Molly lo ignorò.

«Non puoi sposare quel... quel rovinafamiglie

«Cosa stai dicendo, mamma? Hai sempre amato Harry come un figlio» provò a blandirla Bill, che era piuttosto stupito dalla bomba che il suo fratellino aveva appena sganciato, ma che al contempo non voleva si aprisse una faida famigliare.

«E cosa mi ha portato, amarlo? La sofferenza di vederlo rivoltarsi contro di me, ecco cosa!»

Ron si alzò in piedi.

«Tutto questo non ha niente a che fare con te! Sono i miei sentimenti e la mia vita, quelli che sono in gioco qui!» rispose, dandosi un colpo sul petto a ogni pronome possessivo.

«Oh no, no, no no no. Questo ha tutto a che fare con me. Tu devi sposare una ragazza, hai capito? Anzi, devi sposare Hermione!»

Quest'ultima sobbalzò, sentendo salire al volto una vampata di calore. Rabbia, incredulità e dispiacere.

«Molly, quella relazione è finita anni fa e non c'è motivo per resuscitarla. Voglio bene a Ron come a un fratello e sarò sempre al suo fianco, ma è tutto qui.»

«Un fratello?» Molly assottigliò lo sguardo. «Tu lo sapevi, vero? Chi altro?» girò un'occhiata assassina alla tavolata.

Improvvisamente, Ginny, George, Draco e Olivia si mostrarono molto interessati al ricamo sulla tovaglia.

«Siete degli ingrati. Dovrei diseredarvi! Non è possibile che io sia sempre l'ultima a sapere le cose. E che cose, poi! In ogni caso, Ronald, tu non sposerai Harry.»

«Non puoi impedirmelo, mamma.»

«Posso, perché non accetterò mai questa relazione. Mai, hai capito?»

Ron fece un passo indietro, facendo cadere la sedia. Nei suoi occhi azzurri bruciavano rabbia e delusione.

«E allora dovrò fare senza di te. Non stupirti se sei sempre l'ultima a venire a conoscenza delle cose, se devi sempre reagire in questo modo, contrastare ogni scelta e pretendere che tutti facciano come dici tu come se avessimo ancora tre anni. Addio.»

Con tutta la dignità che gli riuscì di trovare, si avviò alla porta e se la sbatté dietro le spalle.

Dopo tre, quattro lunghi secondi di silenzio, Ginny si alzò e corse dietro al fratello.

Molly si prese la testa tra le mani.

«Non doveva andare così» gemette, rivolta a tutti e a nessuno. «Lui doveva sposare una b-brava ragazza come Hermione e darmi tanti n-nipotini» singhiozzò.

Inaspettatamente, fu Percy a intervenire, allungando una mano per stringere il braccio della madre.

«Mamma, non fare così. Innanzitutto lascia in pace Hermione, lo sai che lei e Ron non sono più innamorati da sei anni, non è ora di lasciar andare l'idea?» chiese con gentilezza. «Quanto ai nipoti, non credo che ti mancheranno. Ne hai già tre meravigliosi» disse, indicando le bimbe di Bill e Fred che dormiva in braccio a Draco, «e uno in arrivo» accennò con la testa alla pancia di Olivia, che iniziava a mostrare i primi segni della gravidanza. Lei e George si erano sposati a fine giugno. «In ogni caso, Ron e Harry dovranno adottare almeno due bambini per legge, anzi, sbaglio o anche tu ti sei affezionata a Teddy Lupin? È così importante che i loro figli siano di sangue Weasley? Non conta di più che vengano cresciuti da loro, come parte integrante di questa famiglia? Per quanto io sia sconvolto da questa rivelazione, se ci penso bene non c'è niente di male. E poi Harry è già di famiglia.»

Solo a quel punto Arthur si riscosse dalla sorta di trance nella quale era caduto.

«Anche se non riesco ancora a concepire che mio figlio sia... gay» l'uomo si rigirò quella parola nella bocca come se non ne comprendesse del tutto il significato, «Percy ha ragione, cara. E poi in fondo vivono già insieme da sei anni.»

«Oh, non mettertici anche tu!» esplose lei, che si alzò e si ritirò in cucina, seguita da tutti i piatti, i bicchieri e le stoviglie presenti sul tavolo. Poco importava se qualcuno non aveva ancora finito il dessert.

Arthur colse l'occasione per defilarsi, lasciando i figli ed Hermione a discutere in termini pacati della novità.

Poco più tardi Ginny fece ritorno, da sola.

«È incazzato nero, ovviamente» annunciò senza preamboli «e anche molto, molto spaventato. Quindi tutti voi, nei prossimi giorni, gli farete sentire la vostra vicinanza e il vostro appoggio. Chiaro?»

Tutti annuirono, anche mogli, mariti e fidanzate.

«Un'altra cosa: finché le acque non si sono calmate, Ron e Harry preferiscono che non si sappia in giro della loro relazione, e io sono d'accordo.» Sospirò. «Ci manca solo che qualcuno fermi mamma nel bel mezzo di Diagon Alley per chiedere dettagli. Pertanto, acqua in bocca con chiunque, parenti amici e amanti compresi.»

Questa volta, le teste annuirono ancora più vigorosamente. Nessuno voleva essere responsabile di un eventuale cratere fumante del diametro di cinquecento metri nel centro di Londra.

Uno alla volta, i vari Weasley se ne andarono, finché non rimasero solo Hermione, Ginny e Draco, che giocava sul divano con Fred, il quale si era svegliato da poco. Molly non era ancora emersa dalla cucina.

«Dici che è il caso di provare a parlarle?» chiese Hermione.

Ginny sogghignò.

«Prima tu. A te non oserà lanciare oggetti appuntiti. Spero» aggiunse in un ripensamento.

Hermione raccolse il suo coraggio da Grifondoro e marciò fino alla porta. La maniglia cedette, e lei infilò la testa tra il battente e lo stipite, pronta a ripararsi in caso le fosse piovuta addosso una grandinata di coltelli.

«Posso entrare?»

Le arrivò un profondo sospiro.

«Vieni.»

Molly era seduta al tavolo, con una tazza fumante tra le mani mentre alle sue spalle le stoviglie si lavavano da sole nell'acquaio.

Era impressionante quanto quell'immagine ricordasse a Hermione quella del figlio, della mattina precedente. Sperò con tutto il cuore che i due risolvessero la faccenda in fretta: nessuno di loro si meritava di soffrire, non dopo tutto quello che avevano passato.

«Da quanto?» le chiese Molly senza alzare lo sguardo.

«Quasi quattro anni» rispose, sapendo bene a cosa la donna si riferisse.

«E tu sapevi tutto fin dall'inizio, immagino.»

«Sì.»

Hermione sedette di fronte a lei.

«E ti sta bene?»

«Sì, certo. Stanno bene insieme, molto più di quanto non stessimo io e Ron.»

«Non c'è proprio modo di tornare a quell'epoca, eh?»

«No, mi dispiace. Tuo figlio sarà sempre uno dei miei migliori amici, sarò sempre lì per lui quando ne avrà bisogno, ma non ci amiamo.»

«Hai qualcun altro?»

Il viso di Severus le balenò nella mente.

«Non proprio, ma non è questo il punto. Il punto è che tra me e Ronald c'è solo un amore fraterno, e le cose resteranno così.»

«Quindi, dato che non hai "proprio" un altro ragazzo, sposerai qualcuno che non ami sul serio o qualcuno scelto per te dal Ministero, giusto? E allora, scusa, tanto vale sposare Ron.»

Molly la guardò speranzosa, e a Hermione venne voglia di prenderla per le spalle e darle un sonoro scossone.

«No, Molly, "tanto vale" un corno. Primo: preferisco passare la vita con uno sconosciuto che essere obbligata a sposare qualcuno cui voglio bene, ma con cui so già che finiremmo per litigare tutto il tempo, com'è successo quando stavamo insieme. Secondo: tuo figlio non è qualcuno che non sa con chi sposarsi, da coinvolgere in un'unione di convenienza in mancanza di altre opzioni. No, lui ama un'altra persona, è riamato da quella persona, sono fatti l'uno per l'altro, perché dovrei mettermi in mezzo?»

«Perché sarai tu che dovrai mettere al mondo i figli che tuo marito ti metterà nella pancia, per le brache macchiate di Merlino! E non è meglio che sia qualcuno a cui tu stessa ammetti di voler bene?»

«Non se quella persona è già in una relazione stabile e soddisfacente, no.»

Molly la studiò per qualche istante.

«Beh, allora perché non Percy? Andate d'accordo, no? È intelligente, ha un buonissimo lavoro, ti tratterebbe con il massimo riguardo e i vostri figli sarebbero dei piccoli genietti. Dovresti pensare a loro, al padre che vuoi dar loro.»

Ci volle tutto l'autocontrollo di Hermione per non esplodere.

«Anche Percy è in una relazione stabile e soddisfacente. Hai presente quella ragazza che era seduta accanto a lui a pranzo, quella che ti sta ampiamente sulle scatole? Il fatto che i fidanzati dei tuoi figli non ti piacciano, però, non è un buon motivo per metterti in mezzo, o per cercare in tutti i modi di convincere me a sposarne uno.» Si alzò in piedi e, anche se amava Molly come una seconda madre, non poté trattenere una stoccata. Che la donna si meritava ampiamente. «E comunque, anche se la tua preoccupazione per le mie creature fosse sincera e non un goffo tentativo di manipolarmi, sta' tranquilla: non credo che ne metterò al mondo.»

«Ma come? E la legge?»

«Ho un accordo con Luna Lovegood. Ci sposeremo tra di noi, e adotteremo tanti bambini quanti ci sarà richiesto» rispose lei, con un sorriso dolce a mascherare l'irritazione. Molly non sembrava essere in grado di recepire il fatto che anche gli altri fossero dotati di una volontà propria, diversa dalla sua, e questo Hermione non era più disposta a tollerarlo.

«Luna...» si strozzò la signora Weasley. «Ti prego di andartene.»

Hermione si fermò sulla porta.

«Spero che riuscirai ad accettare che il benessere dei tuoi figli non passa necessariamente attraverso i tuoi piani per il loro futuro. Così come il mio. Che tutti siamo adulti e capaci di prendere le nostre decisioni e, se eventualmente fossero sbagliate, di pagarne le conseguenze. Ron ti vuole bene, e anche io, ma la vita è la nostra. E la scelta di stare con Harry non è sbagliata.»

Si chiuse il battente alle spalle e scosse la testa rivolta a Ginny e Draco.

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Dopo aver trascorso il pomeriggio a Grimmauld Place a consolare Ron, Hermione rincasò che era quasi l'ora di cena.

Per fortuna, il pomeriggio precedente inviato un gufo al reparto pozioni per avvertire Severus che non si sarebbero visti: le sarebbe spiaciuto costringerlo ad aspettarla inutilmente.

Anche se si sforzò di cenare, non aveva molta fame: la discussione con Molly e la preoccupazione per il benessere di Ron e Harry e per l'adozione di Teddy avevano preso possesso della sua mente.

Osservando la nebbia vorticare umida nella strada due piani più sotto mentre sorseggiava una tisana dopo cena, si trovò a pensare a ciò che aveva detto Molly in merito ai figli, e alla risposta che lei le aveva dato.

"Non credo che ne metterò al mondo."

Non le dispiaceva l'idea dell'adozione, né avrebbe fatto una tragedia se mai fosse saltato fuori che era sterile, però... ecco, in fondo al cuore aveva sempre desiderato sentire una creatura crescere nel proprio grembo e, se da un lato l'accordo con Luna la metteva al riparo da tutte le cose negative che potevano venire dallo sposare un perfetto sconosciuto, dall'altro rendeva quel desiderio molto difficile da realizzare.

Guardò il proprio riflesso nella finestra, e provò a immaginare che un ventre da ottavo mese le tendesse il maglione. Si passò la mano sulla pancia e la Hermone del riflesso immaginario ne accarezzò l'accentuata rotondità.

Inspirò, mentre la fantasia prendeva vita, rimandandole la sensazione del peso sul davanti, del leggero mal di schiena all'altezza delle reni, di un piccolo movimento sotto le dita... della presenza maschile alle sue spalle, che la avvolgeva nella protezione del proprio calore.

Alla mano sul ventre della Hermione immaginaria se ne sovrappose una più grande e pallida, dalle dita fini, eleganti. E accanto al viso di quella Hermione ne apparve un altro, circondato da un alone di capelli neri.

Il viso di Severus Snape che la guardava con aria tenera.

Hermione sbarrò gli occhi, che non si era accorta di avere chiuso.

Era un'idea assurda, eppure...

Eppure avrebbe risolto un sacco di problemi.

Ma si trattava solo di quello? Di una soluzione pratica?

Non lo sapeva più.

O forse faceva solo finta di non saperlo.


** Un capitolo un po' diverso... ma spero che vi sia piaciuto lo stesso! Fatemi sapere cosa ne pensate :) **

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