Capitolo 42

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Grimmauld Place, Londra, 27 Gennaio 2006

Harry passò la mano sul coperchio dell'ennesimo baule impolverato.

«No, non è nemmeno questo. È tutta roba dei Black, questa e chissà da quanto tempo è qui.»

«Bah, almeno un paio di secoli, a giudicare dalla quantità di polvere che c'è incrostata sopra» borbottò George dall'altro capo della soffitta. «Sei proprio sicuro di non voler fare a meno di quei gemelli?»

«Sono quelli coi quali si è sposato papà» rispose Harry per la centesima volta, «ci terrei a usarli per lo stesso scopo.»

«Ehi, credo di averli trovati» arrivò la voce un po' soffocata di Ron da dietro un vecchio paravento sbilenco.

Quando Harry aveva deciso di vendere la casa di Godric Hollows, cinque anni prima – non ci teneva affatto a risiedere nel posto in cui erano morti i suoi genitori e nel quale lui stesso aveva rischiato la vita – tutto ciò che essa aveva contenuto era stato trasferito a Grimmauld Place. Mentre Harry e Ron avevano distribuito nelle stanze più opportune le cose immediatamente utilizzabili, Draco e Arthur avevano trasportato i ricordi e il ciarpame in soffitta, dove erano rimasti per tutto quel tempo senza che nessuno vi mettesse più piede.

Lui e George raggiunsero Ron, e tre giovani fecero luce con la bacchetta su una catasta di scatoloni e bauli leggermente meno vecchi degli altri che riempivano la soffitta.

Ovviamente, nessuno aveva pensato di scrivere all'esterno cosa contenessero.

Un'ora dopo, i tre scesero trionfanti e sporchissimi la scaletta sgangherata che riconduceva all'interno della casa, con in mano i famosi gemelli e uno degli scatoloni, che conteneva libri e quaderni di scuola di James e Lily. Harry aveva pensato che gli sarebbe piaciuto dare un'occhiata, magari tra le pagine avrebbero trovato fotografie o bigliettini, insomma, qualcosa che gli permettesse di sentirsi più vicino a come i suoi genitori erano stati negli anni di Hogwarts.

Dopo che George se ne fu andato, i due futuri sposi si fecero una necessaria doccia e poi si accomodarono in salotto a curiosare tra i contenuti dello scatolone.

Fuori era ormai notte fonda e scendeva una fitta nevicata, ma nessuno dei due sembrava avere voglia di andare a letto. Faticavano un po' a dormire, in quel periodo, tra i mille pensieri per le nozze e soprattutto per le ultime fasi dell'adozione di Teddy che, se tutto fosse andato bene, sarebbe venuto a vivere con loro alla fine di marzo, quindi entrambi ritennero utile cercare un minimo di distrazione nei ricordi del passato.

«Ehi, guarda cos'ho trovato» esclamò Ron dopo un po', distogliendo Harry dai tentativi di interpretare una specie di messaggio in codice tra Sirius e Remus, che aveva trovato tra le pagine di un quaderno di Aritmagica.

Il ragazzo stava sventolando un libriccino dalla copertina verde.

«Cos'è?»

«Credo che sia un diario. Di tua madre.»

Eccitato, Harry mollò il bigliettino.

«Dai, fammi vedere!»

Saltò fuori che si trattava davvero di un diario, tenuto in maniera piuttosto sporadica ma che copriva il quinto, il sesto e parte del settimo anno a Hogwarts.

Harry si fece portare da Kreacher una tazza di tè e si mise a leggere, continuando anche quando Ron, stufo di frugare nello scatolone, si ritirò a dormire.

Si trovò a ridere delle buffe descrizioni che la madre aveva fatto dei compagni di scuola e dei professori, a indignarsi con lei per la cattiva condotta di James Potter e della sua combriccola, e a vivere come se fosse stato lì con loro tutta la fase in cui lei e suo padre si erano stuzzicati a vicenda prima che lui le chiedesse di uscire.

L'ultima pagina del diario descriveva il momento in cui James le aveva chiesto di diventare la sua ragazza.

Chiudendo il libriccino con un sospiro, Harry raggiunse il suo amore tra le lenzuola, felice di avere trovato quel piccolo gioiello che lo aveva fatto sentire più vicino ai suoi genitori.

Prima di cedere al sonno, decise che avrebbe condiviso quel dono con le uniche due persone ancora abbastanza legate a Lily da essere interessate a leggerlo: sua zia Petunia e Severus Snape.

Hogwards, Scozia, 30 Gennaio 2006

Harry emerse dal camino nello studio della Preside, con una borsa a tracolla che, tra le altre cose, conteneva una copia del diario di sua madre.

L'altra copia che aveva fatto, l'aveva portata il pomeriggio precedente a sua zia insieme all'invito per il matrimonio.

I rapporti tra di loro si erano un po' ammorbiditi nel corso degli anni, soprattutto grazie a Dudley che, una volta partito per il college e quindi lontano dall'influenza dei genitori, sembrava essere rinsavito e aver sviluppato qualcosa di assimilabile a un cervello e una coscienza. Harry sospettava che buona parte dei progressi fatti potessero essere imputati al fatto che, fuori dall'ambiente famigliare, il cugino era stato sottoposto a parecchie delle vessazioni che per tutta l'infanzia e l'adolescenza aveva inflitto agli altri, lui in primis.

Beh, in ogni caso una sorta di rapporto distaccato e cortese era stato costruito su basi traballanti e, sebbene Harry non scoppiasse dalla voglia di frequentare gli zii, era comunque contento di non aver perso del tutto il legame con la famiglia di sua madre.

Anche se zia Petunia aveva trattato il diario con lo stesso sdegno con cui guardava ogni singolo oggetto proveniente dal mondo magico, tornando dal bagno Harry l'aveva colta ad accarezzarne la copertina, quando pensava che lui non la stesse guardando, e aveva sorriso soddisfatto.

Ora, in un lunedì di tempesta, si apprestava a consegnare la seconda copia a uno scorbutico Mastro Pozionista.

«Ciao Harry, vieni, accomodati! Come stai? È un po' che non ti fai vedere» lo salutò la Preside McGonagall.

«Mi spiace, professoressa, purtroppo è stato un periodo molto impegnativo, tra l'adozione e il matrimonio.»

«Mi stavo giusto domandando come mai non avevo ancora letto sulla Gazzetta delle tue nozze... chi è la fortunata?»

«Ehm, in realtà è un fortunato. Ron.»

La donna sbarrò gli occhi, ma si ricompose in fretta.

«Beh, in fondo siete sempre stati legati... anche se la cosa mi sorprende: non avevate mai dato segno di questo tipo di, diciamo, preferenze, a scuola.»

Harry fece una risatina imbarazzata.

«Forse perché ne abbiamo entrambi preso coscienza solo dopo.»

«Sono comunque molto felice per voi, Potter.»

«Grazie, Professoressa. A proposito» si mise a frugare nella borsa, estrasse una pergamena arrotolata e la spinse sul tavolo davanti alla donna «questo è il suo invito.»

Lei fece un sorriso caldo e gioioso.

«Oh, grazie! Verrò con immenso piacere.»

«Purtroppo è di mercoledì pomeriggio, seguito da un ricevimento per cena. Sa, con la Legge in scadenza i weekend erano intasati.»

Lei sventolò la mano.

«Non c'è problema, la scuola non crollerà se mi assento per mezza giornata.»

«Lei e anche Hagrid.»

«Ovviamente.»

«C'è un'altra cosa: data la natura, ehm, particolare della nostra scelta, abbiamo deciso di non diffondere la notizia. Vorremmo che a una certa giornalista non arrivasse voce né di chi sposerò, né della data, pertanto le chiedo di non farne parola con nessuno, nemmeno coi colleghi.»

Minerva Mc Grannit ammiccò.

«La data di cosa, Potter? Non so di cosa tu stia parlando... Allora» proseguì, facendo apparire un servizio da tè «raccontami come vanno i preparativi e come stanno Ron, i Weasley e tutti gli altri.»

Chiacchierarono amabilmente per quasi un'ora, poi Harry tirò fuori la copia del libriccino di Lily.

«C'è un altro motivo che mi ha spinto a venire qui anziché mandarle l'invito via gufo. L'altra sera ho trovato un vecchio diario di mia madre e ho pensato che a Mastro Snape avrebbe fatto piacere averne una copia, e dato che in questi giorni è qui a scuola...»

«Mi rende felice vedere che sei diventato un uomo così gentile e attento, Harry. Ti fa onore avere questo tipo di premura nei confronti di una persona con la quale non sei mai andato d'accordo, per usare un eufemismo.»

«Beh, quei tempi sono passati e le memorie che mi ha dato quando pensava di stare per morire hanno cambiato la visione che avevo di lui. Lo trovo nel suo solito ufficio?»

«No, quello adesso è di Theodore. Lui, sua moglie e i bambini sono dalla madre di lei, in questi giorni, ma non mi sembrava corretto far invadere i loro spazi. A Severus abbiamo assegnato una delle stanze degli ospiti su questo piano. Sai, mi fa piacere averlo ancora qui, ma...»

La preside si interruppe, guardando la neve che cadeva fuori dalla finestra.

«Ma?» la sollecitò Harry.

La donna si riscosse.

«Ti devo avvertire che in questo periodo pare perfino più scontroso e chiuso del solito, il che visti i suoi standard è tutto dire. Fatica a parlare perfino con me, e spesso lo colgo a guardare nel vuoto con una strana espressione. Se non si trattasse di Severus, direi che sta soffrendo per patimenti amorosi piuttosto recenti. In ogni caso, ti consiglio di stare molto attento a quello che dici, perché sembra sempre sul punto di voler lanciare maledizioni a tutti.»

Harry si tirò il mento. "Vuoi vedere che..."

Ringraziò la preside e andò alla ricerca dell'ex professore.

Quando sentì bussare alla porta, Severus fu tentato di lanciare qualcosa di pesante contro l'ennesimo rompiscatole che non lo lasciava in pace. Aveva appena finito di far raschiare calderoni a un ragazzino che in classe buttava gli ingredienti addosso ai compagni anziché utilizzarli nel modo corretto quando era stato intercettato da Filch, il quale l'aveva trattenuto per mezz'ora per lamentarsi di come gli studenti fossero sempre più indisciplinati e per illustrargli quanto avesse sentito la mancanza di una mano ferma come la sua. Era stato difficile liberarsi del vecchio guardiano e ora non aveva nemmeno fatto in tempo a posare le terga in poltrona che qualcun altro veniva a tormentarlo.

Non fu affatto felice di vedere che si trattava di Harry Zuccone Potter.

Si rese conto che, dopo un'assurda pausa di qualche anno, era tornato a odiarlo ed era giusto così. Era giusto, perché quell'insulso ragazzino gli aveva portato via l'illusione che ci fosse qualcosa di buono anche per lui, in quel mondo di merda, esattamente come aveva fatto il suo insulso padre trent'anni prima.

«Cosa vuoi?» chiese, brusco, senza mascherare in alcun modo la sua irritazione né la sua avversione.

«Buonasera, Mastro Snape, le ho portato una cosa che credo potrà interessarle. Posso entrare?»

Severus strinse i denti per trattenersi dal farlo arretrare lungo il corridoio a calci nel sedere e si fece da parte.

Non lo invitò ad accomodarsi, ma lo affrontò con le braccia conserte.

«Sentiamo, cos'è che dovresti darmi?»

Il ragazzo frugò nella borsa che aveva a tracolla e gli porse un quadernetto, che lui guardò come fosse un serpente a sonagli.

«L'altra sera ho trovato un diario di mia madre in uno scatolone. Pensavo che potesse farle piacere leggerlo, così ne ho fatta una copia.

Lily...

Severus mantenne una facciata impassibile, anche se voleva chiudere gli occhi e lasciarsi andare a un sospiro. E agguantare il quaderno per stringerselo al petto.

«È tutto?» chiese, protendendo una mano con studiata lentezza, palmo in su.

«Sì, è tutto» borbottò Potter passandogli il diario.

Sembrava seccato, e Severus non trattenne un sorrisetto. Dopo tutti quegli anni, era ancora divertente far saltare la mosca al naso al moccioso.

Potter lo superò per andarsene, ma si fermò sulla soglia, voltandosi a guardarlo.

«Io sto per sposare la persona che amo, professore, e le assicuro che non c'è niente di più meraviglioso. Credo che anche lei dovrebbe fare lo stesso, anziché rimanere a consumarsi nell'ombra.»

Una sorda rabbia gli pulsò nel petto.

«Levati dai piedi, Potter» sibilò.

«Professore, lei...»

«Io è già tanto se non ti Schianto fino alla prossima settimana, ragazzetto» lo interruppe lui, senza alzare la voce ma infondendo nelle sue parole tutta la cattiveria di cui era capace. Che non era poca. «Vedi di farti i cazzi tuoi. Non amo nessuno, nessuno ama me e tu sei proprio l'ultimo che deve parlare su questo argomento. E ora vattene.»

Concluse il discorso con uno spintone che mandò Potter a caracollare in corridoio. Chiuse la porta con violenza, senza nemmeno soffermarsi a controllare se il coglione fosse rimasto in piedi o meno.

Recuperato l'equilibrio, Harry restò a fissare la porta che vibrava ancora dalla forza con la quale era stata sbattuta, perplesso da quella reazione così scomposta.

Era mai possibile che Snape gli portasse ancora rancore per via di suo padre? Che provasse ancora qualcosa per sua madre? Iniziò a sospettare che forse dargli un diario che parlava dell'innamoramento tra i suoi genitori non era stata una buona idea.

E comunque... e allora, Hermione?

Per quanto l'amica negasse, per quanto Luna, Ginny, Draco e Narcissa facessero gli gnorri, era chiaro che c'era qualcosa tra di loro, che probabilmente c'era stato fin da quel viaggio di lavoro a settembre. Però non riusciva a credere che qualcuno come Snape avesse semplicemente giocato con lei. Con tutti i suoi difetti, non gli pareva il tipo. Non fosse altro che per il fatto che tollerava talmente poco il contatto umano da essere una delle persone più solitarie che gli fosse mai capitato di incontrare. E lui lo sapeva bene, dato che per anni era stato incaricato come Auror di sorvegliarlo: la cosa non era di dominio pubblico, ma tutti gli ex MangiaMorte, anche quelli convertiti, erano stati seguiti dappresso dal Ministero per un bel pezzo.

Insomma, era convinto che, se aveva intrapreso un qualche tipo di relazione con la sua amica, non era perché avesse semplicemente voglia di scopare.

Magari... magari provava davvero qualcosa, ed era solo combattuto tra lei e il ricordo di sua madre?


** Per farmi perdonare l'angoscia - e perché stamattina ero a casa sola soletta :P - eccovi un nuovo capitolo. Chissà che altri danni provocherà il diario di Lily... 0:) **

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