Capitolo 44

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Ministero della Magia, Londra, 1 Febbraio 2006

Percy Weasley era appena arrivato in ufficio, a un'ora antelucana, quando sentì che bussavano alla porta. Gemette internamente: dall'inizio dell'anno non aveva requie. Con l'avvicinarsi del termine per presentare i moduli relativi alla Legge Matrimoniale, e la scadenza della stessa, aveva la scrivania invasa di carte e l'agenda piena di cerimonie a cui era tenuto a presenziare, in quanto Sottosegretario alla Famiglia e alle Politiche Sociali.

Era lui che doveva rispondere ai dubbi degli impiegati, alle richieste del Wizengamot, fare fronte alle proteste del pubblico e seguire come una balia la Commissione per gli Accoppiamenti – un gruppo di maghi esperti in connessioni magiche, valutazioni psicologiche e Divinazione, incaricati di valutare le tracce magiche e i curriculum vitae di tutti i single le cui richieste stavano arrivando in massa in quei giorni, per trovare le accoppiate migliori. Lui che doveva tirare le fila di un ufficio che dal 10 gennaio era aperto ventiquattr'ore su ventiquattro.

Insomma, era un mese che tra una cosa e l'altra quasi non chiudeva occhio e non c'era speranza che la situazione migliorasse prima del tre marzo, data in cui tra l'altro anche lui si sarebbe sposato, per ultimo in modo che il suo viaggio di nozze non interferisse col lavoro.

La sua Audrey era una santa e lui era un uomo fortunato.

«Avanti» disse stancamente, ricacciando indietro i pensieri riguardo alla sua futura moglie per concentrarsi sul lavoro, ma fu sorpreso della persona che vide comparire sulla sua soglia.

«Ehi, ciao, come mai da queste parti?» salutò.

«Ciao, Percy, c'è una faccenda di cui ti vorrei parlare.»

«Dimmi tutto.»

L'ospite si accomodò nella poltroncina davanti alla scrivania e iniziò a raccontare.

Chinatown, Londra, 2 Febbraio 2006

Hermione era raggomitolata come una palla sul divano, con addosso una pesante coperta di pile e davanti a sé, sul tavolino ingombro di carte, una tazza di cioccolata fumante.

Non piangeva più, da qualche giorno. Da quando si era rassegnata al fatto che Severus non si sarebbe fatto vivo prima che fosse troppo tardi.

Non riusciva a smettere di guardare la fotografia, però. Quella che gli aveva scattato in Sudafrica. Quella in cui rideva di cuore. Quella che immortalava l'istante in cui, se ne rendeva conto solo ora, aveva iniziato a vederlo come qualcosa di diverso da un collega.

All'improvviso un moto di rabbia la colse. In fondo, invece, lui non era mai stato che quello. Un collega.

Si alzò di scatto, pensando di cestinare la foto, poi cambiò idea e marciò fino alla sua camera da letto. Aprì l'armadio e tirò fuori una piccola scatola di scarpe alla quale aveva applicato un incantesimo di estensione irriconoscibile e che usava come "soffitta". Tolse di scatto il coperchio e gettò dentro la fotografia, prima di ributtare in malo modo la scatola in fondo all'armadio.

Infine tornò in salotto e, con un sospiro, prese in mano i moduli ministeriali che l'Ufficio per le Politiche Famigliari si era premurato di recapitarle all'inizio dell'anno. Era ora di affrontare l'ignoto che rappresentava il suo futuro.

Con una penna auto-inchiostrante riempì la pagina relativa all'equivalente magico dei suoi dati anagrafici, per proseguire con informazioni sintetiche sulla sua famiglia, sul suo stato di salute, sulla sua educazione, carriera e prospettive lavorative future. Le veniva richiesto anche di fare una descrizione sintetica della propria casa e degli eventuali motivi per cui avrebbe preferito risiedere lì piuttosto che altrove.

Fu poi il turno della pagina dedicata ai suoi hobby e ai suoi interessi, alle cose che le piacevano e a cosa si aspettava dalla vita matrimoniale.

Questa attenzione a ciò che lei voleva la rincuorò: forse non l'avrebbero semplicemente accoppiata al primo che passava. Forse sarebbero riusciti a trovarle un mago che non si aspettava che lei rinunciasse a tutto ciò per cui aveva lavorato per restare a casa a fare l'angelo del focolare.

Proseguì a compilare la parte in cui le si richiedeva una descrizione sintetica del suo uomo ideale (mise "colto, intelligente, capace di sostenere una conversazione di buon livello, meglio se amante della lettura") cui seguiva lo spazio in cui inserire eventuali nominativi graditi e l'elenco dei maghi che non intendeva sposare. Quest'ultimo risultò piuttosto lungo, e il primo nome della lista era quello di Gregory Goyle.

Seguì la pagina delle preferenze riguardo alle nozze. Lei scrisse che le sarebbe piaciuto sposarsi il 1° marzo, nella stessa cerimonia che avrebbe unito i suoi amici Harry James Potter e Ronald Bilius Weasley. Era stata una proposta dei due: combinare le cerimonie, in modo da esserle accanto nel momento in cui sarebbe stata legata a un uomo che non aveva scelto.

Lei però aggiunse anche che preferiva non tenere alcun ricevimento. Inoltre non aveva richieste particolari in merito alle fedi o al viaggio di nozze, limitandosi a indicare un budget per entrambi nelle caselle preposte.

Il Ministero aveva deciso di imporre a tutte le coppie non formate spontaneamente di partire, subito dopo le nozze, per un viaggio di almeno dieci giorni, per permettere ai novelli sposi di conoscersi, avere uno spazio neutrale dove discutere dei dettagli pratici della propria unione e consumare il legame per renderlo effettivo. Per lei andava bene qualsiasi meta. In fondo, non sarebbe stato un viaggio di piacere. Soprattutto, temeva, la parte della consumazione.

Rilesse tutto diverse volte col cuore pesante, apportando un paio di correzioni e domandandosi se fosse giusto che il suo futuro fosse deciso così, tramite un modulo standard e una non meglio precisata affinità magica, stabilita da una non meglio precisata Commissione.

"Avresti dovuto pensarci prima, Hermione. Avresti dovuto ingoiare l'orgoglio e chiedere a Severus di sposarti, oppure non avresti dovuto sprecare tre anni appresso a storie di sesso fini a sé stesse. Hai avuto il tuo preavviso e quello che stai raccogliendo ora è il frutto di tre anni di rifiuto di accettare la realtà che ti stava aspettando" si disse.

Fu solo un attimo prima di arrotolare definitivamente il modulo e attaccarlo alla zampa del gufo che l'avrebbe consegnato all'ufficio del Sottosegretario alle Politiche Famigliari– che in quel periodo era aperto giorno e notte – che si decise a scrivere due parole in uno spazio che in precedenza aveva lasciato vuoto.

Infine, emozionalmente esausta, si trascinò a letto e pianse le lacrime che aveva trattenuto nell'ultima decina di giorni.

Hogwards, Scozia, 2 Febbraio 2006

Era ormai tarda notte quando Severus mise da parte la pila di penosi compiti che aveva appena finito di correggere.

Si sfregò gli occhi stanchi.

Non aveva mai dormito bene, soprattutto dalla morte di Lily, ma in quegli ultimi giorni sembrava che i pensieri e i ricordi tornassero a tormentarlo ancora più del solito. Forse non avrebbe dovuto rimandare l'appuntamento con quel dannato magipsicologo.

Forse, semplicemente, avrebbe dovuto togliersi dalle scatole l'incombenza di compilare quei dannati moduli ministeriali tempo prima, anziché arrivare sul limite della scadenza dell'indomani.

Aprì con rabbia il cassetto dove li aveva infilati e li sbatté sul tavolo, prima di alzarsi e andare all'armadietto all'angolo.

Tirò fuori una bottiglia di rum babbano e se ne versò una generosa dose: di sicuro avrebbe avuto bisogno di un po' di supporto per compilare il mucchio di stronzate che lo aspettava.

Rise senza alcun umorismo quando si trovò costretto a descrivere le proprie passioni. Ma davvero a qualcuno al Ministero interessava qualcosa di lui e dei suoi piani per il futuro, quando quel mucchio di decerebrati non faceva altro che intromettersi nella sua vita?

E poi, quali piani per quale futuro?

La voglia di lasciarsi morire era tornata a tutta forza.

Rimase a lungo a fissare, in compagnia di un altro bicchiere di rum, le righe dove avrebbe dovuto descrivere la sua donna ideale.

Avrebbe voluto scrivere "capelli ricci e incontrollabili, lingua inarrestabile, atteggiamento da so-tutto-io e i seni più perfetti dell'universo". Lasciò lo spazio bianco.

Non avvenne lo stesso con quello in cui doveva elencare le maghe sgradite. Lì l'elenco era piuttosto lungo.

Fece molto in fretta, invece, con la parte relativa alla cerimonia: "non me ne frega un cazzo", scrisse in uno stampatello molto chiaro e piuttosto grosso.

Solo dopo il quinto bicchiere di rum, si decise ad aggiungere tre parole in una sezione che fino a quel momento aveva lasciata vuota.

Prima di potersene pentire, si trascinò alla guferia e spedì il dannato plico al dannato ufficio del Ministero.

Dopo, si ubriacò per la prima volta nella sua orribile vita.



** Quella che segue è stata la mia canzone preferita per tanti anni. Spero che piaccia anche a voi e che la troviate adatta per questa storia :) ** 

https://youtu.be/rjC4bwuiZ3Y


I cannot leave here, I cannot stay
Forever haunted, more than afraid
Asphyxiate on words I would say
I'm drawn to a blackened sky as I turn blue

Ther eare no flowers, no, not this time
There will be no angels gracing the lines, just these stark words I find
I'd show a smile but I'm too weak
I'd share with you, could I only speak, just how much this hurts me

I cannot stay here, I cannot leave
Just like all I loved, I'm make believe
Imagined heart, I disappear
Seems...no one will appear here and make me real

There are no flowers, no, not this time
There will be no angels gracing the lines, just these stark words I find
I'd show a smile but I'm too weak
I'd share with you, could I only speak, just how much this hurts me

I'd tell you how it haunts me
I'd tell you how it haunts me
Cuts through my day and sinks into my dreams
I'd tell you how it haunts me
Cuts through my day and sinks into my dreams
You don't care that it haunts me

There are no flowers, no, not this time
There will be no angels gracing the lines, just these stark words I find
I'd show a smile but I'm too weak
I'd share with you, could I only speak, just how much this hurts me
Just how much this hurts me
Just how much you...

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