Capitolo 52

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Île au Benitiers, Mauritius, 5 Marzo 2006

Erano su quel divano da almeno dieci minuti. Nel bungalow risuonavano solo i loro respiri lenti, e il ticchettio della pioggia che aveva iniziato a cadere.

Hermione si sentiva una stupida, che non riusciva a smettere di illudersi che la tenerezza con la quale lui la stava accarezzando fosse qualcosa più della semplice soddisfazione post-orgasmica.

Stupida e vigliacca, perché non era ancora riuscita a parlare con lui di... di niente, in fondo. Per quattro giorni avevano vissuto in una sorta di freddo limbo che non li stava portando da nessuna parte.

Cercò di riordinare i pensieri.

Il cuore non era importante, si disse. No, quello che contava era che lui la rispettasse e non si sentisse così soffocato da lei e da quel matrimonio che non aveva voluto, da finire per disprezzarla.

Sollevò la testa, abbandonando con rimpianto l'incavo del suo collo e il suo odore.

«Severus... ho bisogno di parlarti di una cosa» iniziò, insicura.

Lui la fissò con occhi imperscrutabili e annuì.

«Io... ecco... lo so che questa non è la situazione ideale, ok? Però mi sembrerebbe giusto che, finché non abbiamo... adempiuto alle richieste di Legge, manteniamo questo rapporto sessualmente esclusivo. Dopo...» chiuse brevemente gli occhi, facendosi coraggio, e proseguì guardandosi le mani. «Dopo puoi fare quello che vuoi, anche costruirti una vita parallela. Non pretendo che tu ti senta legato a me in quel senso, se non vuoi. Solo... solo ti chiedo, per rispetto nei miei confronti, di farmi sapere come... come stanno le cose. Preferisco che ci sia chiarezza, preferisco non vivere nella menzogna.»

Era una delle cose più difficili che le fosse mai toccato dire, e il solo pensiero di lui con un'altra donna le dilaniò il petto come gli unghioni di un ippogrifo.

Sarebbe stato peggio non sapere, però.

Severus le piantò in faccia due occhi che si erano fatti gelidi. Il nero profondo della notte siderale. La fece scivolare dal proprio grembo sul divano e lei sentì subito la mancanza del contatto tra loro, del suo calore.

«Molto scaltra, signora Granger» disse, guardandola dall'alto in basso. «Mi concedi la libertà, ma il tuo scopo è sempre stato quello di avere tu la tua, non è vero? Per poter portare avanti le tue abitudini... licenziose. Anzi, c'è già qualcuno, immagino?»

Hermione spalancò gli occhi davanti alla bassezza di quell'attacco del tutto gratuito. Ferita, aprì e chiuse la bocca come un pesce fuor d'acqua, soffocando il desiderio di piangere.

«Parlavo solo di te. Io... non credo che avrò mai più la voglia di cercare oltre» si ritrovò a mormorare, abbassando lo sguardo. «Sto già soffrendo abbastanza per via dell'uomo che amo. Non credo che avrò la fortuna di dimenticarlo e di innamorarmi ancora.»

Severus si sentì gelare.

Sospettare che lei amasse un altro era un conto, saperlo con certezza... Merlino, il morso di Nagini aveva fatto meno male.

L'istinto lo spinse ad agire come un animale ferito. Agguantò un braccio di Hermione, stringendolo fino a sentire l'osso.

«E sentiamo... se sei innamorata di questo perfetto coglione, perché non sei con lui? Perché non hai sposato lui? Perché sei qui a prendere per il culo me?»

Lei si divincolò, sottraendo il braccio alla sua presa. Nel farlo, le sue unghie le graffiarono la pelle, ma lei nemmeno le sentì.

«Prendere per il culo? Ma si può sapere cosa stai dicendo? Ti ricordo che è stato il Ministero a decidere la nostra unione» sibilò, balzando in piedi. «E comunque, se c'è qualcuno che sta prendendo per il culo qualcun altro, quello sei tu che provi talmente schifo nei miei confronti da non degnarti nemmeno di dormire nel mio stesso letto.»

Lui fece per aprire la bocca, ma lei lo bloccò.

«No, non m'interessa. Risparmiami le tue patetiche spiegazioni.» Si voltò e si avviò a grandi passi verso la camera da letto, fermandosi solo quando raggiunse la porta. Si girò a guardarlo con occhi furenti. «Sai perché sto soffrendo, grandissima testa di cazzo? Perché l'ho proprio sposato, il coglione che non ricambia il mio amore, perché muoio dentro ogni giorno un po' di più sapendo che non ho speranza, e sono talmente cretina che non penso nemmeno di essere in grado di superarla!» gridò, prima di sbattersi la porta alle spalle.

Severus rimase a fissare il battente che vibrava per la violenza con la quale lei l'aveva schiantato contro il telaio.

Per lunghissimi istanti, non riuscì nemmeno a capire cosa esattamente lei gli avesse detto.

Poi una frase gli rimbalzò nel cervello.

"L'ho proprio sposato, il coglione che non ricambia il mio amore. Sposato..."

Era lui?

Hermione era innamorata... di lui?!

Il pensiero gli cadde addosso come una frana monumentale. Incredulo, si trovò a boccheggiare.

"Vuoi darti una mossa, idiota?" gli disse la sua voce interiore, che per qualche motivo in quel momento somigliava tanto a quella di Lily.

"Una... mossa?"

"Insomma, vai da lei!"

"Da lei?"

"Merlino, svegliati! Per dirle che la ami, no?"

"Ma io... ma... io..." Se si ritrovava a balbettare perfino nella sua testa, doveva essere proprio alla frutta. Poi la realizzazione lo colpì come un treno in corsa.

«Io la amo» mormorò, stupito come un bambino.

"Alleluja!" rispose la sua voce interiore-Lily.

«E lei ama... me» sussurrò, faticando ancora a comprendere appieno quel concetto. Di capire che finalmente, per la prima volta nella sua vita, qualcuno ricambiava il suo amore. Che, finalmente, non era più solo.

Beh, insomma... se riusciva a sistemare quel casino.

Annaspò verso la porta, accorgendosi solo in quel momento che non si era nemmeno risollevato i pantaloni.

Lo fece e afferrò la maniglia, anche se non sapeva ancora quello che avrebbe detto. Non importava: l'unica cosa che importava era andare da lei, prenderla tra le braccia e non lasciarla andare mai più.

La porta era chiusa.

«Hermione, apri per favore» la pregò.

«No!» rispose lei, da qualche parte appena dentro la stanza.

«Hermione...»

«Lasciami in pace, Severus! Voglio stare da sola.»

La sua voce era quella di qualcuno che stava piangendo, e Severus si sentì una merda. Sua moglie stava piangendo per colpa sua.

«Per favore, parliamone.»

«Credo che abbiamo già detto abbastanza. Credo di essermi già umiliata abbastanza.»

«Umiliata? Ma cosa stai dicendo?»

Silenzio.

Severus si lasciò scivolare a terra contro lo stipite.

«Non me ne vado da qui finché non uscirai a parlare con me.»

«Mettiti comodo» fu la risposta che colava sarcasmo.

«Non ho fretta.»

Altri attimi di silenzio, poi: «Perché non puoi lasciarmi in pace?»

Lui sospirò. Non avrebbe voluto farlo attraverso una porta, senza poterla guardare in faccia, ma non pensava di avere molta scelta. O almeno, non gli venivano in mente altre soluzioni. Si passò le mani tra i capelli. Perché doveva essere un tale disastro, nei rapporti con le persone e soprattutto con l'altro sesso?

«Perché ti amo.» Ammetterlo ad alta voce gli provocò una sorta di vertigine, e un nodo di paura e di esaltazione al diaframma.

«Non dire stronzate.»

Severus sussultò.

«Non dico stronzate.»

«Ah no? E allora cos'è, pietà?» la voce si era fatta più vicina, più triste e più cattiva. «Non ho bisogno della tua pietà, Severus. Lo so che non posso battere un fantasma. Lo so che lei occupa tutto il tuo cuore, e anche se ci fosse una briciola di spazio per me, perderei comunque il confronto. Perché sono viva, e quindi posso commettere errori mentre lei non può più. E a quanto pare sbaglio in continuazione e continuo a infastidirti e...»

«Non c'è bisogno di battere nessuno. Vorrò sempre bene a Lily, ma adesso... adesso amo te. È con te che voglio trascorrere il resto della mia vita.»

Lei fece una risata amara.

«Non è che tu abbia chissà quale scelta, o sbaglio? E poi, con me trascorrerai solo i giorni, immagino. Perché le notti, le notti sono di Lily. Lo so, ti ho visto. Ti ho visto dormire con la sua fotografia accanto.»

Severus sentì il cuore contrarsi nel petto. La prima notte, lui si era addormentato prima di riuscire a metterla via e lei doveva essere andato a cercarlo. Che idiota era stato a non parlarne prima! E ora lei pensava che lui...

Doveva rimediare.

«È imbarazzante, ma permettimi di spiegare. Lily, oltre alla donna che ho amato per quasi trent'anni, è stata anche la mia unica vera amica. Quindi a volte, quando ho bisogno di vedere le cose in una prospettiva diversa... parlo con la sua fotografia. Sì, lo so che non mi può rispondere, ma immagino quello che lei mi direbbe se fosse ancora viva.»

«E sentiamo, cosa le avresti chiesto in queste notti?»

«Le ho chiesto aiuto. Perché ero terrorizzato dal pensiero di trascorrere il resto della mia vita ad amare una persona che mi disprezza.»

Di nuovo, lunghi attimi di silenzio sospeso.

«Beh, però Amelia Sachs è una donna in carne ed ossa. E nemmeno con lei posso competere. Lei è bella, ricca, colta e non è... una ragazzina. Lo capisco, che tu preferisca lei.»

«Chi ti ha detto che preferisco lei?»

«Con me non sei mai uscito in Diagon Alley, non hai mai voluto farti vedere dagli altri maghi mentre eri con me. Hai rifiutato tutti i miei inviti tranne quelli per eventi babbani.»

«Tu avresti voluto...?»

«Io sarei stata orgogliosa di farmi vedere al tuo fianco.»

Di nuovo, una mano gigante gli strizzò il cuore nel petto. Merlino, non aveva capito niente. Niente.

«Pensavo... che tu e Potter... eri sempre con lui e poi, il modo in cui gli sei saltata al collo quando siamo tornati dal viaggio... Credevo che stessi con lui.»

«Fammi capire, Severus.» Il suo sibilo era ben distinguibile anche attraverso il legno del battente. «Per tutti questi mesi hai pensato che io stessi giocando con te e con lui? Che fossi, cosa? Innamorata di lui, ma così lasciva da volerlo cornificare sei volte a settimana? Che gran bella opinione hai di me.»

«Cosa dovevo pensare? Ogni volta che andavi da qualche parte, c'era lui. Pranzate insieme quasi tutti i giorni, e poi ci sono quei pranzi di famiglia dai Weasley, e le serate che trascorri a casa sua.»

«È il mio migliore amico, Severus. Lui come Ron. Non che pretenda che tu comprenda questo concetto.»

Ouch!

Quel tiro basso pungolò la sua stizza.

«Era la prima volta che uscivo con Amelia, la sera in cui ci hai visti. E quando ho visto te, mano nella mano con lui, sai cosa ho pensato? Che ero io, quello che per te era buono solo per scopare, o al limite per uscire in mezzo ai babbani. Perché tutti i tuoi inviti sono sempre stati di venire con te a qualche festa come amico.» Sputò fuori l'ultima parola con tutta l'amarezza del mondo. «Anche tu ti vergognavi a uscire con me. E allora ho pensato che, se per te ero solo un giocattolo, potevo trovare qualcosa di più con qualcun'altra. Sono andato a casa con Amelia, quella sera ma... una volta lì, non ci sono riuscito. Perché lei non era te. E sai come mi sono sentito? Come un perfetto idiota, perché tu invece non esitavi a piantarmi in asso per raggiungere Potter ogni volta che chiamava! Come quella sera dopo il balletto, quando mi hai lasciato lì, in mezzo alla fottutissima strada!»

La sua voce si era alzata un pochino a ogni frase, finché alla fine non stava praticamente urlando tutta la sua frustrazione.

«Ah sì? Proprio tu parli di piantare in asso, tu che scappavi da casa mia ogni sera come se temessi di trasformarti in una zucca se fossi rimasto un istante di più? Perfino la notte di Capodanno mi hai lasciata sola!» gridò lei di rimando.

«Me ne andavo perché i miei incubi ti avrebbero impedito di dormire. Lo facevo per te!»

«Oh, che magnanimo! Beh, avresti anche potuto chiedermelo, parlarmi di quegli incubi anziché rinfacciarmeli adesso, anche se non ne sapevo niente. Ma no, il Professor Snape sa sempre cosa sia meglio per gli altri, vero? Perché trattarmi come un'adulta quando può prendere tutte le decisioni al posto mio?»

«Avresti preferito non chiudere occhio per tutto l'autunno e l'inverno?»

«Avrei preferito sapere e poter scegliere!» esclamò lei, picchiando per terra con una mano per sfogare la frustrazione. «Avrei preferito esserti accanto quando avevi bisogno di me» aggiunse poi in un tono molto più pacato, ma che per qualche motivo lui percepì come una coltellata molto più profonda al centro del petto.

Chiuse gli occhi, sbattendo la testa contro lo stipite, una, due, tre volte.

«Ero geloso» ammise alla fine, poco più di un sussurro. «Geloso e spaventato. Avevo paura che, qualunque cosa avessi fatto, avrebbe potuto allontanarti da me. Non volevo ricoprire la parte dell'amante bisognoso, appiccicoso, che implorava di restare. E temevo di venire umiliato un'altra volta, quando mi avresti detto: "non ho più voglia di scopare con te. C'è... c'è Harry nella mia vita."»

Silenzio.

«Quando sono entrato in quella sala al Ministero, l'altra mattina, e ho visto Potter davanti al tavolo, vestito di tutto punto ho pensato che stesse aspettando te. Che avrebbe sposato te. In quel momento ho desiderato di essere morto.»

Un click e la porta si aprì.

Severus guardò in su.

Il viso di Hermione era arrossato e chiazzato di lacrime, gli occhi gonfi. Si era gettata addosso una T-shirt ampia e stropicciata.

«Era per questo che avevi quell'espressione, quando mi hai vista entrare?»

«Quale espressione?»

«Sembravi un uomo che stava per essere sottoposto alla tortura più crudele e dolorosa che si possa immaginare.»

Lui si alzò, ponendosi di fronte a lei. Le sollevò il mento con un dito, costringendola a guardarlo in faccia.

«Perché era proprio così. Perché essere presente mentre sposavi un altro sarebbe stata una tortura inimmaginabile. Quando poi ti sei messa accanto a me e mi sono accorto che stavi piangendo, io...»

«Piangevo perché pensavo che non mi volessi, Severus.»

«Hermione, tu sei quanto di più bello mi potesse capitare. Come potrei non volerti?»

«Hai respinto molto di me, per tutti questi mesi.»

«Sono stato uno stupido, e avevo paura di soffrire ancora. Però adesso per qualche miracolo sono qui e intendo restarci, per tutto il resto della mia vita.»

Severus si perse negli occhi grandi e luminosi che lo guardavano con una timida speranza. No, non è vero: non si perse. Ritrovò finalmente sé stesso, perché era dove voleva essere. Con lei.

Si chinò e le sfiorò appena le labbra, ma quel contatto così breve fu più intenso di qualsiasi amplesso.

Lei fece un piccolo sorriso imbarazzato.

«Non è stato un miracolo. Io... ecco... ho scritto il tuo nome sul modulo del Ministero. E solo il tuo» si affrettò a specificare.

La felicità gli esplose nel petto come un fuoco d'artificio e lui abbracciò quella sensazione così aliena, proprio mentre abbracciava lei.

«L'ho fatto anch'io, amore» mormorò nei suoi capelli.

«C-come mi hai chiamata?»

«Come intendo chiamarti da questo momento in poi, amore mio.»

Lei lo tenne stretto più forte e lui poté sentire il battito forsennato del suo cuore contro il proprio.

Quando si staccarono, lui le sfiorò un ricciolo che le accarezzava la fronte. Nonostante tutto, si sentiva ancora un po' impacciato.

«Io... se per te va bene... vorrei portarti sul letto e baciarti come si deve. E tenerti tra le mie braccia fino a domani» propose, timido.

«Non vuoi fare l'amore con me?»

«Anche. Dopo. Però adesso ho bisogno di sentire che sei davvero qui. Il sesso l'ho avuto per mesi, ma è la tenerezza... è la tenerezza che mi manca.»

C'era un antico dolore, una fame così profonda in quelle parole, che Hermione li sentì riverberare fino in fondo alle ossa. E si sentì esplodere dal desiderio di dare a quell'uomo meraviglioso tutto ciò di cui aveva bisogno.

«Tutto quello che vuoi, amore mio. Per tutto il tempo che vuoi.»


** Ciao a tutti! Allora... eccoci qua :D
Spero di sentire il vostro sospiro di sollievo collettivo :P
Manca ancora l'epilogo ma, purtroppo, è insorta una questione di salute che probabilmente mi costringerà a farmi ricoverare a breve. Dato che non so quanto a breve, non so neanche se riuscirò a concludere questa storia o se dovrò rimandare a dopo. Almeno non vi ho lasciati col fiato sospeso :D  **


https://youtu.be/XIsUrgzdcro

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