12- Legami indissolubili

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TW: molestie, vi0lenza s**suale. Non sono presenti descrizioni di scene violente, ma spero che, attraverso questo capitolo, passi il messaggio che la violenza non è soltanto lo sconosciuto che ti tira i capelli per strada e ti porta in un vicolo buio, ma tutte quelle volte in cui il consenso di una delle due parti è assente.

8 marzo

Nonostante fossero passati pochi giorni dall'occupazione, Emilia e Denisa avevano saltato la scuola per prender parte allo sciopero transfemminista dell'otto marzo, indetto dall'associazione Non una di meno.

Emilia amava scendere in piazza: pensava non ci fosse niente di più potente di un gruppo di persone stanche, deluse e arrabbiate che lottano per reclamare i propri diritti e una dignità da sempre calpestata.

"È stato bellissimo" esclamò Denisa, mentre serviva abbondanti forchettate di pasta all'amica. "Mi sono emozionata tanto".

"Eh, immagino, la prima volta non si scorda mai".

Divorarono i loro piatti, parlando della manifestazione e di temi che stavano loro a cuore.

"Una domanda" esclamò Denisa. "So come hai conosciuto Rebi, ma non mi hai mai raccontato come siete diventate amiche tu e Ale".

Emilia si sciolse in un sorriso dolceamaro.

"Ci siamo conosciute in prima media. Due nostri compagni prendevano in giro Ale per il suo peso e io ero sempre lì a cercare di consolarla".

Le si strinse il cuore ripensando agli anni delle medie. Alessia era cresciuta, non era più una bambina chiusa e spaventata dal mondo, ma le ferite provocate dal bullismo che aveva subito non si erano ancora del tutto rimarginate.

Forse sarebbero rimaste aperte per sempre.

"Merda" rispose Denisa, alzandosi da tavola per lavare piatti e stoviglie. "Mi dispiace così tanto".

"Lo so, sono stati anni duri per lei".

Il discorso cadde e Denisa continuò le sue faccende in silenzio, mentre Emilia esplorava la cucina. Era spaziosa e accogliente, dai toni caldi, e sulle pareti erano appese fotografie di famiglia.

"Siete molto carini tu e i tuoi".

Denisa sorrise. "È solo l'apparenza, normalmente scleriamo un po' tutti".

Una foto ritraeva i genitori e i due figli in riva al mare, sorridenti sotto un cielo tinto di rosa.

"Qua dov'eravate?".

La ragazza si voltò e osservò lo scatto, incerta. "Ah, in quella eravamo a Vlora".

"E dov'è?".

"In Albania".

Emilia schiuse la bocca e restò immobile a fissare la foto. Denisa doveva avere dieci anni o poco più.

"Ma quindi sei di origini albanesi o sto dicendo una cazzata?".

"No, no" rispose Denisa, ridendo. "I miei sono albanesi, sono venuti in Italia nel '91".

La ragazza terminò il suo lavoro, si asciugò le mani con una pezza e si avvicinò a Emilia.

"Ma si sono sposati qua o in Albania?".

"Qua, quando sono venuti in Italia non si conoscevano".

"Davvero?".

Denisa osservò la foto e un sorriso le si dipinse sul volto. "Mia mamma aveva dieci anni ed è venuta qua con mia nonna, mio papà qualche mese dopo di lei, a quattordici anni, con suo zio".

"Cavolo, sono giovanissimi".

"Sì, erano dei ragazzini quando mi hanno avuta".

Un'altra foto ritraeva Denisa e il fratello minore con quella che doveva essere la nonna.

"E tua nonna?".

"Questa è la mia nonna paterna, che è rimasta in Albania. Vive da sola, ma tutte le estati andiamo a trovarla, mentre la mia nonna materna vive anche lei a Torino, a dieci minuti di macchina da qui".

La tenerezza che Emilia stava provando lasciò pian piano il posto all'invidia e allo sconforto. Ognuna di quelle allegre foto di famiglia era uno spillo nello stomaco. Lei non aveva più nessuno che non fosse suo padre.

"Sai, è difficile essere una famiglia di migranti, soprattutto in Italia. Oltre al dolore di lasciare la propria terra e i propri affetti bisogna pure confrontarsi con il razzismo e i pregiudizi del posto. Dio solo sa quante ne hanno passate i miei genitori e io li ammiro tanto per questo".

Era la prima volta che Denisa parlava apertamente delle sue origini ed Emilia si pentì immediatamente dell'invidia provata. Concentrata sul proprio dolore, non aveva pensato a cosa potesse provare la sua amica, sentendo ogni giorno politici e comuni cittadini scagliarsi contro lo straniero.

"Se può consolarti, una volta a Torino non si affittava nemmeno ai meridionali".

Non sapeva se avesse detto la cosa giusta, facendo riferimento alle proprie origini lucane. Sapeva che la vita non è una gara a chi soffre di più e non voleva sminuire in alcun modo le discriminazioni subite dalla sua amica.

Inaspettatamente, però, Denisa rise.

"Voi terùn, voglia di lavorare zero, neh" esclamò la ragazza, imitando un forte accento piemontese, e riuscì a coinvolgere Emilia in quelle risate, che diventarono sempre meno amare.

Ciò che in due giovani liceali era in grado di superare il dolore e la paura, era la speranza di essere parte di un futuro migliore, più giusto.

"Comunque, basta parlare di questo altrimenti mi deprimo" concluse Denisa, scuotendo il capo. "Vieni che ti faccio vedere la mia camera".

La stanza di Denisa esprimeva il suo spiccato gusto estetico. Ogni cuscino sul letto a due piazze seguiva un preciso schema, così come le poche decorazioni sulla scrivania, posizionata sotto la finestra. Il colore dominante era il bianco, con il quale erano stati verniciati l'armadio in legno e le pareti.

"No, va beh". Emilia indicò con il dito una fotografia, appesa insieme ad altre a un filo di spago. "Tenera la nostra Denisa".

La foto era un autoscatto con Emilia, Alessia e Rebecca. Lo avevano fatto all'uscita da scuola, pochi giorni dopo essersi conosciute.

Denisa si lasciò cadere sul letto. "Oh, vi voglio bene".

"Ma che cucciola, Denny".

"Non chiamarmi mai più Denny" strillò, lanciandole, un cuscino ed Emilia lo schivò per un soffio.

"Ok, scusa, Denisa Dervishi". Si lasciò cadere di peso sul letto e si sdraiò a pancia in giù.

Si guardarono negli occhi. Denisa era supina, i lunghi capelli castani sparpagliati sulle coperte.

"Denisa".

"Sì?".

"Posso chiederti una cosa?".

La ragazza annuì e guardò curiosa l'amica.

"Tu hai mai, ecco, fatto sesso?".

Denisa scoppiò a ridere.

"Cretina, che ti ridi?".

"Niente, niente". Denisa si asciugò le lacrime. "Mi ha solo fatto ridere come l'hai chiesto".

"Ok, però non mi hai dato una risposta".

Emilia sorrise maliziosa e Denisa, un po' imbarazzata, rispose: "Eh, sì, l'ho già fatto".

"E com'è?".

"Bello, molto bello". La ragazza teneva le mani incrociate sul petto e guardava il soffitto. "All'inizio non è il massimo, bisogna un po' farci l'abitudine, però poi diventa davvero bello".

Emilia annuì e Denisa le rivolse un'occhiata preoccupata. "È una semplice curiosità o un modo per arrivare a dirmi che hai fatto sesso con Andrea?".

"No" rispose Emilia, ridendo. "Non abbiamo fatto ancora nulla, ci sono stati solo baci".

Denisa si girò su un fianco, per poterla guardare meglio. "E a te piacerebbe andare oltre?".

La ragazza fece spallucce. Non era certa di quello che provava, non dopo la discussione avuta con Elia.

"Da un lato ti direi di sì, il problema è che pochi giorni fa ho parlato con Elia e mi ha riempito la testa di dubbi".

"Del tipo?".

"Boh, mi ha detto che lui non ci vede bene insieme, che sente che questa storia finirà male".

Denisa rise sarcastica. "E tu vuoi accettare consigli d'amore da uno passa ogni serata in discoteca a farsi almeno dieci tipe?".

"Lo so, sembra assurdo". Emilia annegò lo sguardo nel bianco del soffitto. "È che io ed Elia abbiamo un legame speciale, un qualcosa che probabilmente non avrò mai con nessun altro nella mia vita".

Aveva giurato a sé stessa che non avrebbe mai raccontato a nessuno quell'episodio del suo passato. Aveva cacciato quel ricordo in un angolo remoto del suo cervello, eppure c'era qualcosa in Denisa che lo aveva fatto riemergere, convincendola a condividerlo. Sperò di non doversene mai pentire.

"C'è stato questo periodo, verso la fine della seconda superiore, in cui uscivo con una mia ex compagna di classe e alcuni suoi amici del terzo. Tra loro c'era un ragazzo che ci provava con me e, anche se gli avevo detto espressamente che non ricambiavo l'interesse, mi ero impegnata a mantenere dei buoni rapporti con lui, per non rovinare le cose anche con gli altri. Era un periodo strano, in cui mi sentivo una sfigata assurda, e avevo bisogno di sentirmi accettata in un gruppo. A fine anno andai alla festa d'istituto con questa mia compagna, Alessia non c'era perché era in vacanza, e, dopo esserci ubriacate a merda, lei mi lasciò da sola. Credo che quella sia stata la prima e unica volta in cui mi sono ubriacata così tanto da non ricordare interi pezzi di serata. Fatto sta che, mentre ero da sola, si avvicinò quel famoso ragazzo e, approfittando del fatto che non capissi niente, mi baciò".

Ogni volta che il ricordo di quella violenza emergeva, provava un senso di dissociazione nei confronti del proprio corpo, come se non appartenesse più a lei. Non ricordava con precisione l'accaduto, ma le bastava sapere che fosse successo per provare rabbia e disgusto.

Denisa era sotto shock. Aveva gli occhi spalancati, la bocca schiusa e non riusciva a muoversi.

"Dio santo, Emilia" mormorò. "Mi dispiace tantissimo, è una storia orribile".

"Già" rispose Emilia, annuendo. "Però fortuna volle che Elia, che era lì con altri suoi amici, passasse proprio in quel momento. Sapeva che a me questo tipo non piaceva per niente e, capendo che ero ubriaca marcia, mi afferrò e mi trascinò via da lui. Quello lì iniziò a giustificarsi dicendo che io gli ero sembrata tranquilla, che non gli avevo detto esplicitamente di no, ed Elia si incazzò così tanto che per poco non si prese le botte".

Denisa non disse nulla, perciò andò avanti: "Da quel momento il legame con Elia è diventato indissolubile e ho iniziato a fidarmi ciecamente di lui. Capisci, ora, perché do importanza alle sue opinioni, anche se sembra un tipo totalmente inaffidabile? È come se, in qualche modo, sapesse sempre cosa sia giusto per me".

Denisa si tirò su a sedere. Aveva il discorso sulla punta della lingua, ma ragionò alcuni istanti per formularlo nella maniera più delicata ed empatica possibile.

"Capisco che, dopo quello che è successo, tu ti fida molto di Elia e sono sicura che lui ti voglia molto bene. Però è anche vero che nei confronti di quel ragazzo tu provavi disprezzo già da sola, non è stato Elia a farti aprire gli occhi su di lui. Se tu con Andrea sei felice, fidati di te stessa. Può essere che in questo caso quella di Elia sia solo iperprotettività e che si sbagli su come andranno le cose tra voi due".

Emilia non rispose, perciò aggiunse: "Non smettere di dare ascolto a quello che provi tu, perché, anche se una persona ci vuole bene, non potrà mai sapere quanto noi cosa davvero vogliamo".

Dopo quel discorso si ammutolirono entrambe, ognuna persa nei propri pensieri. Emilia pensava che Elia avesse ragione, che anche Denisa avesse ragione, ma la propria di ragione? Si chiese che cosa lei volesse davvero, ma fu incapace di darsi una risposta.

"Comunque anch'io una volta ho subito una violenza".

Quelle parole colpirono Emilia come una bastonata e subito si voltò a guardare l'amica.

"Cioè, non avevo capito che fosse una violenza, all'inizio" proseguì Denisa, lasciando vagare lo sguardo per la stanza. "Avevo quattordici anni e lui era il mio primo fidanzato. Pensavo che fosse quasi un obbligo fare sesso con lui, dato che era più grande, così, dopo mille insistenze, accettai. Fu una prima volta orribile, ma per realizzarlo mi ci sono voluti anni".

Emilia abbracciò con forza l'amica. Restarono abbracciate per dei minuti che parevano interminabili e nessuna delle due sembrava intenzionata a lasciare la presa.

Non servivano parole per esprimere compassione nei confronti di quel trauma condiviso. Quel calore umano era tutto ciò di cui sentivano il bisogno.

"Sei incredibile, Emilia. Mi sembra di conoscerti da una vita, riesci a farmi parlare di cose che non ho mai detto a nessuno".

"Per me è lo stesso".

Denisa tirò su col naso. "Sono felice di averti conosciuta. Era da un po' che non consideravo davvero amico qualcuno".

Emilia sorrise. In quel momento sentì che tutto sarebbe andato per il verso giusto, che nulla avrebbe potuto rovinare la genuinità del legame che stavano costruendo.

"Anch'io sono felice di averti incontrata" mormorò, la voce rotta dall'emozione. "Ti voglio bene, Den".


Spazio autrice

Ciao lettori, grazie mille per aver letto questo capitolo❤️È stato parecchio difficile da scrivere, data la tematica delicata trattata all'interno, ma anche estremamente importante e liberatorio: le vicende di cui parlo sono prese dalla realtà e ciò che mi addolora di più è notare quanto siano comuni. Si pensa che la violenza sessuale sia solo quella cruda e sconvolgente di cui sentiamo le notizie in tv, invece ha anche espressioni molto più subdole e spesso difficilmente riconoscibili.

In questo capitolo, poi, ho anche cercato di approfondire alcuni aspetti della psiche di Emilia. Sembra sempre così forte ed estremamente convinta di quello che fa, eppure ha tantissime fragilità e un grande bisogno di affidarsi a qualcun altro (vedasi il rapporto con Elia).

Proprio perché è un capitolo complesso, se avete critiche o consigli su come migliorarlo li accetto molto volentieri!

Detto questo, vi saluto e vi mando un abbraccione, sperando che le vostre feste siano andate bene (se vi va di raccontarmele, ci sono haha). A venerdì!

Baby Rose

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