11- Un fascista, anzi, peggio, un liberale!

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3 marzo

All'indomani dell'occupazione, l'atmosfera a scuola era tesissima. A coloro i cui nominativi erano stati raccolti dalla Digos era arrivata una nota sul registro e tutti i professori, in qualsiasi classe, avevano rubato cinque minuti alla loro ora di spiegazione per rimproverare i ragazzi, accusandoli di "Irresponsabilità" e "Presunzione".

L'unico a simpatizzare per la causa era stato Baroni, il professore di filosofia di Emilia e Alessia. Entrato alla seconda ora nella loro classe, aveva chiesto ai ragazzi di spiegare perché avessero partecipato, per poi raccontare dei suoi anni d'oro all'università, quando trascorreva più tempo in piazza a manifestare che in aula a seguire le lezioni.

"Però la laurea l'ho presa lo stesso" aveva concluso, fiero, scatenando le risate dei suoi alunni.

In quel clima di tensione, l'intervallo era diverso dal solito. Gli studenti, che solitamente erano così chiassosi da provocare il mal di testa, vagavano per i corridoi come anime in pena, producendo appena un brusio.

"Ehilà".

Emilia corse incontro a Elia, seduto da solo su uno degli sgangherati tavoli in legno del cortile, all'ombra dell'unico albero spoglio presente.

"Ciao" mormorò lui, senza troppo entusiasmo nella voce. L'adrenalina della notte precedente gli aveva prosciugato qualsiasi energia, ma Emilia non se ne stupì: era abituata ai suoi repentini cambi d'umore, soprattutto nell'ultimo anno.

"Come stai?" domandò, sedendosi accanto al ragazzo.

"Normale dai. Tu?".

Emilia fece spallucce. "Sono stata meglio, ma non posso lamentarmi".

Elia annuì, senza guardarla negli occhi. Aveva lo sguardo perso di chi non sta davvero ascoltando il suo interlocutore. "Com'è andata con tuo papà?".

"Abbiamo litigato fino alle quattro di mattina e il prossimo weekend sono in punizione, ma a parte questo bene" rispose, mascherando il nervoso con una risatina. "Tanto tutto tornerà a posto, come sempre".

"Te lo auguro". Poggiò le mani dietro la schiena e fece scrocchiare le vertebre. "Comunque, come mai non sei con Andrea o con le tue nuove amiche?".

Emilia colse subito una nota di ripicca in quella domanda apparentemente innocente. "Perché, scusa? Ci tenevo a ringraziarti per ieri. E poi non voglio stare mica solo con loro, cerco di stare un po' con tutti".

"Mah, a me non sembra proprio" rispose il ragazzo, con una risata sarcastica. "Ormai stai sempre appiccicata a quelle là e ad Andrea".

"Dai Saba, ma siamo all'asilo che ti lamenti se sto anche con altre persone?".

"Ma va, il problema non è il fatto che tu stia con altre persone, ma con chi".

Emilia aggrottò la fronte, confusa, ed Elia aggiunse: "L'amicizia con la tipa di Del Boca, lì, Denise".

"Denisa".

"Sì, lei, non so, non mi convince questa vostra nuova amicizia, mi sa di falso. E anche la relazione con Andrea, boh, sei sicura che lui ti piaccia sul serio?".

Emilia gli rivolse un'occhiata perplessa. "Elia, guarda che non sto per sposarmelo, ci stiamo solo frequentando".

"È che sono un po' preoccupato per voi. Mi sto quasi pentendo di avervi presentato, perché sento che questa storia non finirà bene".

La ragazza spalancò la bocca, sconvolta. Dovette metabolizzare quelle parole per alcuni istanti prima di riuscire a rispondere. "Come cazzo ti permetti di dirmi delle cose del genere?".

"Lascia stare, non mi va di continuare il discorso. Tanto ultimamente il tempo per parlare praticamente non c'è mai, quindi non riuscirei nemmeno a spiegarti tutto quello che penso".

"Emilia".

Una voce dalla parte opposta del cortile richiamò la loro attenzione. Denisa sventolava una mano per aria, facendo segno all'amica di raggiungerla.

"Ecco, appunto" mormorò il ragazzo, abbassando lo sguardo. "Ora tu andrai da lei e Ciao Elia, scusami, oggi devo scappare, ma ci rivediamo presto, promesso"

"Non capisco che cazzo di problemi tu abbia" esclamò Emilia, scendendo dal tavolo. "Forse se ti comportassi in maniera più normale avrei anche piacere a stare con te, ma così mi fai passare la voglia".

Elia non rispose. Si limitò a restare immobile, lo sguardo basso e le gambe a penzoloni.

Emilia rise sprezzante. "Va beh, vaffanculo" mormorò, per poi allontanarsi di gran carriera e raggiungere l'amica.

Il suo corpo era così colmo di rabbia da sembrare una bomba a orologeria pronta a esplodere. Elia viveva di contraddizioni ed Emilia le detestava. Ma, soprattutto, detestava la sua cruda e diretta onestà, che la portava a odiare anche se stessa. Detestava la presunzione con cui egli pensava sempre di sapere cosa fosse più giusto per lei, detestava la sua capacità di farle sbattere la testa contro evidenze che avrebbe voluto ignorare.

"Ehi" esclamò Denisa, accarezzandole un braccio. "Tutto a posto con Elia? Non volevo interrompere per forza, eh".

Emilia esibì un sorriso falso. "Figurati, hai fatto più che bene, anzi. Tu come stai, invece?".

"Una merda. Cioè, no, in realtà ora sto molto meglio perché stanotte Fede è stato rilasciato senza nessuna conseguenza, solo che ora il preside l'ha convocato e sono un po' preoccupata".

"Ah cazzo, però già solo il fatto che non abbia avuto casini con la polizia è una gran cosa".

Denisa annuì, poco convinta. "Sì, assolutamente. Comunque, non è che mi accompagneresti su ad aspettarlo? Ho bisogno di supporto morale".

Emilia si voltò verso il tavolo su cui aveva parlato con Elia, ma il ragazzo se n'era andato.

"Certo" rispose, cacciando tutti i dubbi che Elia aveva fatto emergere in un angolo remoto del cervello. "Andiamo".

Nell'esatto momento in cui le ragazze raggiunsero il piano di sopra, Federico uscì dall'ufficio del preside, scuro in volto.

"Allora?".

Ad aspettarlo fuori c'erano già Ruben e Simone, curiosi e impazienti.

"Non mi va di parlarne" esclamò il ragazzo, sdegnato. Aveva trascorso la notte in bianco e le sue occhiaie scure toccavano il pavimento.

"Eh no". Ruben, seduto su uno dei divanetti rossi, si alzò in piedi agitando l'indice per aria. "Quando dovresti stare zitto parli a vanvera e ora che devi parlare non dici una parola? Non esiste".

Federico si massaggiò nervoso il collo, perso nei suoi pensieri. Quell'atteggiamento non fece altro che alimentare la curiosità degli altri.

"Il preside è un fascista" esclamò, infine, sputando quelle parole come fossero veleno. "Anzi, peggio, è un liberale".

"Ecco qua, ci risiamo" rispose Ruben, portando le mani giunte verso l'alto, come se stesse pregando.

"Mi ha convocato stamattina, accogliendomi con quei suoi modi affettati del cazzo e facendomi un discorso così ipocrita da far vomitare. Mi ha detto di aver chiamato la Digos per proteggermi, perché se l'occupazione fosse andata avanti fino a stamattina, impedendo il regolare svolgimento delle lezioni, avrei commesso un reato e in questo modo ha evitato che la mia fedina penale si macchiasse".

Ruben incrociò le braccia sul petto. "Ok. Qual è il problema, allora?".

"Sei serio?". Federico rise sprezzante. "Ma è ovvio che tutta 'sta storia sia una paraculata assurda. A parte che se il preside non denuncia non succede niente e non si va sul penale, ma poi, anche accadesse, è quasi impossibile ricevere una condanna se si tratta di manifestazioni studentesche, soprattutto in questo periodo, dove in tutta Italia gli studenti stanno occupando".

"Sono d'accordo" intervenne Simone. "Quella di ieri è stata una repressione vera e propria ed è imbarazzante che il preside la giustifichi così".

Ruben scosse il capo, sdegnato. "Voi vedete complotti dove non esistono. Vi rendete conto che occupare è illegale? Abbiamo fatto bene a farlo e non mi pento di essere venuto, ma bisogna anche mettersi una mano sulla coscienza e prendersi le proprie responsabilità. Occupare non è un diritto, chiamare la polizia per mettere fine a un'occupazione sì".

"Se vabbè" esclamarono Federico e Simone all'unisono e quest'ultimo aggiunse: "Una volta era legale picchiare i bambini a scuola, ma questo non significa che fosse eticamente giusto".

Emilia e Denisa seguivano il battibecco in disparte, in piedi con la schiena contro il termosifone.

"Come stai?". Federico si tirò fuori dalla conversazione e cinse le spalle della fidanzata con un braccio.

Denisa non rispose e il ragazzo le lasciò un bacio sulla fronte. "Tranquilla, va tutto bene. Alla fine il preside non mi ha neanche sospeso, hai visto?".

Dopo averla stretta in un abbraccio, rivolse un'occhiata distratta a Emilia.

"Oh, ciao Signora della Digos" esclamò con finto stupore, come se non avesse notato prima la sua presenza.

La ragazza sostenne lo sguardo e gli sorrise di rimando. "Ciao, rappresentante".

Era infastidita dal modo in cui Federico la guardava, con il piglio beffardo e insolente di chi è convinto di poter prendere in giro chiunque senza subire conseguenze.

"Alla fine tuo padre era in servizio?".

"Sì sì, ci siamo beccati in corridoio".

"Ha parato il culo a Sabatucci e Costantini" intervenne Denisa. "Il poliziotto che era insieme a suo padre non era tanto simpatico".

La campanella di fine intervallo interruppe la loro conversazione.

Federico aveva il sorriso impaziente di un bambino a cui è stata promessa la sua caramella preferita.

"Questa storia la voglio proprio sentire" esclamò, mentre Emilia indietreggiava.

"Te la racconto la prossima volta" rispose la ragazza, voltandosi per tornare in classe. "Ci vediamo, ragazzi. Ciao Den".

Fece per allontanarsi, ma un'ultima domanda la costrinse a fermarsi.

"Com'è già che ti chiami?" domandò Federico.

Emilia era certa che non avrebbe dimenticato il suo nome. Non quella volta.

"Emilia" rispose, un leggero rossore a tingerle le guance. "Emilia Martucci".


Spazio autrice

Ciao lettrici e lettori, grazie per aver letto questo capitolo e buona vigilia di Natale❤️Scusate per il ritardo nella pubblicazione, ma ieri ho avuto una giornata assurda e un viaggio in macchina di 15 ore, quindi non sono riuscita a concentrarmi sulla storia.

Anyway, vi dico già che piano piano avrete modo di conoscere Simone e Ruben, i nuovi arrivati. Sono già stati citati in un altro capitolo e, se ve lo ricordate, vi mando un panettone o un pandoro, in base alle vostre preferenze.

Approfitto di questo spazio per un breve disclaimer: alcuni dei personaggi della storia hanno posizioni politiche nette, che possono essere condivisibili o meno, ma non c'è alcuna volontà di fare propaganda. Gli ultimi anni sono stati molto turbolenti a livello sociale e politico e mi sembrava incoerente non far emergere la loro attenzione per l'attualità, caratteristica che contraddistingue diversi giovani. Ma non sentitevi offesi in alcun modo.

Vi abbraccio, ci vediamo martedì!

Baby Rose

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