18- Mi ricordo di te

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12 aprile

"Ecco qua, questa è una delle prime scene importanti".

Simone posò il copione sul tavolo come se fosse una reliquia e attese trepidante che i due futuri attori lo prendessero in mano.

"Io l'ho già provato a casa" rispose Federico, con noncuranza. "Non mi serve la parte".

"Come ti pare. Tu, Emi? L'hai già guardato?".

Emilia prese il foglio, titubante. Non aveva avuto il coraggio di imparare quella piccola parte a casa e in fondo sperava di fallire, di fare una pessima figura, così da costringere Simone a scegliere qualcun'altra per il ruolo della coprotagonista.

"Preferisco tenere il copione sotto gli occhi" rispose, sorridendo incerta.

"Nessun problema. Allora, siete pronti?".

Il piccolo soggiorno della casa di Simone era arredato secondo il gusto anni '50. Divani e poltrone colorati dai piedini sottili erano sistemati attorno a un tavolino basso, colmo di libri e giornali. Altri volumi affollavano disordinatamente la libreria e oggetti antichi, come un telefono fisso a rotella e un grammofono, erano disposti su tavolini e comodini. C'erano così tanti colori da far venire il mal di testa.

"In questa scena Anna e Giorgio, i vostri personaggi, sono all'accampamento dei partigiani" esordì Simone, con l'intonazione di un narratore professionista. "Il partigiano Corrado è stato ferito e Anna si sta occupando di lui. Per fortuna la ferita si è rivelata meno grave di quanto tutti si aspettassero, ma l'episodio l'ha sconvolta, perché si è resa conto di quanto le vite dei combattenti siano in pericolo. Per la prima volta, rivela i propri sentimenti a Giorgio ed è preoccupata di poterlo perdere".

"Sei pronta?" domandò Federico, con una dolcezza per lui insolita. Si arrotolò le maniche della camicia fino ai gomiti, scoprendo una leggera peluria bionda.

Emilia annuì e il ragazzo iniziò.

"Come sta ora?".

"Se l'è vista brutta, ma ora sta bene, deve solo riposare".

"Grazie a Dio".

Federico concentrò tutta la propria attenzione sul tavolo, come se davvero vi fosse un uomo disteso, mentre Emilia se ne stava con lo sguardo basso, secondo quanto scritto nel copione. Si finse preoccupata e addolorata.

"Tu invece?".

La ragazza gli rivolse un'occhiata stupita. "Cosa?".

"Stai bene?".

"Certo".

"Non sembrerebbe".

Emilia restò in silenzio alcuni istanti, mentre Federico attendeva impaziente una risposta. Silenzio carico d'attesa, recitava il copione.

"È che, non lo so, è tutto così spaventosamente incerto. Il modo brutale in cui Corrado stava per essere ucciso oggi mi ha fatto prendere consapevolezza di quanto pericoloso sia tutto ciò, di quanto le nostre vite siano appese a un filo".

Federico deglutì. "Anna, se non te la senti di continuare, torna in città. Salvarsi la vita non è da codardi, capisco perfettamente la tua paura".

"No, non hai capito". Emilia singhiozzò. Era un pianto finto, ma fu così intenso da sembrare vero. "Io ho paura per la tua vita. Ti vedo uscire ogni giorno e ogni volta mi chiedo se sarà l'ultima in cui ti rivedrò. È terribile".

"Non devi preoccuparti per me. I miei ideali hanno più valore della mia vita e non cambierò mai la decisione che ho preso".

"Dio, non riguarda solo te" strillò Emilia, infilandosi le mani nei capelli. "Io ti amo, Giorgio. E se muori tu io non so che cosa fare, perché senza di te la vita mi sembra priva di senso".

Emilia avvertì dei brividi squassarle il corpo. Stava recitando. Stava fingendo di essere un'altra persona. Eppure, pronunciare quel ti amo davanti a Federico fu una delle cose più destabilizzanti che ebbe mai fatto in vita sua.

Il ragazzo la guardò e i suoi occhi si riempirono di stupore, uno stupore misto a gioia.

Le carezzò il viso con il dorso della mano, come prevedeva il copione, e si sciolse in un sorriso affettuoso.

Una voce dal corridoio li costrinse a interrompersi. Il padre di Simone fece capolino con la testa e chiamò il ragazzo. Aveva grandi ed espressivi occhi neri e la pelle color dell'ebano, a riprova delle sue origini congolesi.

"Qu'est-ce que tu veux, papa?" domandò Simone, seccato.

"J'ai un problème avec l'ordinateur".

La voce dell'uomo era soffice e delicata, così come ogni suo movimento. Le lunghe dita della mano erano appoggiate alla porta con una grazia tipica dei ballerini classici. Dava l'impressione di fluttuare.

"Nous sommes en train de faire une chose, laissez-nous seul".

"S'il te plait, Simone, j'en ai besoin pour le travail".

Il ragazzo sbuffò e si alzò svogliatamente dalla sedia.

"Scusate, torno subito".

Chiuse la porta del corridoio ed Emilia restò alcuni istanti immobile, con lo sguardo perso nel vuoto.

"Giornalista, presentatrice, ora pure attrice" esclamò Federico, rivolgendole un sorriso ammirato e curioso. "Cos'altro nascondi, signora della Digos?".

La ragazza arrossì di colpo e distolse lo sguardo per evitare di essere beccata. "Come fai a sapere che voglio fare la giornalista?".

Federico ridacchiò tra i baffi e prese a camminare per il piccolo soggiorno. Provava una certa goduria nel lasciare quella domanda in sospeso, rendendo la sua interlocutrice sempre più curiosa.

"Io mi ricordo di te, Emilia Martucci".

Emilia sentì il cuore mancare un battito. Fece per rispondere, ma non aveva abbastanza fiato e le parole le morirono in gola.

"Qualche anno fa hai scritto un articolo che è stato molto utile per la mia candidatura a rappresentante. Non me lo scorderò mai".

La ragazza non riusciva a credere a quelle parole. Era trascorso così tanto tempo che quasi aveva dimenticato quell'articolo e mai avrebbe creduto che Federico potesse associarlo a lei.

"Mi sono sempre chiesto chi fosse questa Emilia Martucci e dopo tre anni finalmente mi sono tolto questa curiosità".

"Lo scrissi solo perché odiavo così tanto Gobetti che chiunque mi sarebbe andato bene al suo posto" rispose Emilia, superato lo shock iniziale. "Non tirartela troppo riguardo questa storia".

Federico rise, scuotendo il capo. Avrebbe potuto rispondere con un'altra frecciatina. Ma non era il momento adatto.

"Da quell'anno ho sempre letto il giornalino, non mi sono mai perso un tuo articolo" rispose, sventolando bandiera bianca. "Hai molto talento, non è da tutti spiegare concetti complicati con un linguaggio semplice e diretto come fai tu".

Emilia sorrise, incapace di nascondere l'orgoglio. "Grazie. Come mai non mi hai detto prima questa cosa?".

Federico fece spallucce. "Non c'è stata l'occasione. Però ora te l'ho detta, quindi che cambia?".

Simone ritornò di gran carriera, sbattendo la porta con un tonfo. La grazia del padre non apparteneva al figlio.

"Scusate se ci ho messo una vita" esclamò, affaticato come se avesse corso una mezza maratona. "Comunque, io ho visto abbastanza".

Il tono di voce non lasciava intendere se il ragazzo fosse soddisfatto o meno. Emilia restò in attesa, incapace di scegliere in cosa sperare.

"Emi, sei bravissima. Ovvio, la recitazione è ancora un po' acerba, ma con un po' di prove sono sicuro che migliorerai un sacco. Ti voglio nello spettacolo".

La ragazza strabuzzò gli occhi. Non ebbe il coraggio di guardare Federico, eppure le parve di notare, con la coda dell'occhio, un sorriso soddisfatto.

"Dici sul serio?".

"Certo. Allora, sei dei nostri? Ti prego, non dire di no perché sarebbe un vero spreco".

Avrebbe voluto un angelo custode che decidesse al suo posto. Varò con rapidità tutti i pro e i contro di quella decisione, ma sembrava non venirne a capo.

"Va bene, ci sto".

Simone sfoderò il più smagliante dei suoi sorrisi, mettendo in evidenza il piccolo spazio tra gli incisivi superiori, e batté le mani.

"Dai, raga, allora direi che siamo a posto. Non potete capire la mia felicità, è troppo bello pensare che quello che ho scritto possa andare in scena".

"Sarà incredibile, già lo so" rispose Federico, abbracciando l'amico. "Ho tanta fiducia in te".

Dopo aver mostrato tutta la sua ammirazione per l'amico, prese a raccogliere le proprie cose dal tavolo. "Ora però vi devo lasciare, stasera i miei programmi mi dicono altro".

"Che fai?".

"Ho organizzato una sorpresa per Denisa" rispose il ragazzo, con un sorriso genuino. "Dato che ultimamente per impegni vari non siamo stati tanto insieme, la vado a prendere e la porto a mangiare nel suo posto preferito".

Emilia sentì il proprio cuore cadere a terra e spaccarsi come un bicchiere di cristallo.

Eppure era ovvio. Come poteva pretendere che quelle briciole di attenzioni che Federico le aveva rivolto potessero valere più della relazione con Denisa? Una relazione solida, che lei poteva al massimo ammirare da lontano.

"Buona serata, allora" rispose Simone, allegro. "Mi raccomando, non fate troppo gli zozzi eh".

Federico scosse il capo, trattenendo una risata. "Che pagliaccio che sei".

Si sistemò lo zaino su una spalla e si avviò alla porta.

"Ciao Fede" esclamò Simone.

"Ciao ragazzi". Rivolse un sorriso complice a Emilia, che si limitò a sollevare le sopracciglia. "Ci vediamo alle prossime prove".


Spazio autrice

Ciao lettori, grazie mille per aver letto questo capitolo! Scriverlo è stato un po' una sfida, sia per il brevissimo dialogo in francese (se c'è qualcuno di voi che lo parla bene, non esiti a farmi correzioni hahahaha) sia, soprattutto, per la parte in cui Federico ed Emilia hanno provato il copione. Secondo voi si incastra bene o è un po' confusionaria?

Fatemi sapere, nel frattempo io vi saluto e vi abbraccio❤️ A venerdì!

Baby Rose


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