20- Sei bellissima

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15 aprile

"Ciao Giulio, hai mica visto Alessia?".

Il ragazzo scosse la testa, liquidando Emilia con sufficienza. Non avrebbe voluto rivolgersi a lui, ma nella confusione di quel diciottesimo enorme, dove ben tre ragazzi della squadra di calcio avevano deciso di festeggiare insieme, invitando quasi tutta la scuola, aveva perso di vista le sue amiche e pur di trovarle era disposta a rivolgersi anche ai suoi acerrimi nemici. Giulio era nella sua sezione e tra loro non scorreva buon sangue da quando, in seconda superiore, lui le aveva dato alle spalle della "Stronzetta presuntuosa" e lei lo aveva umiliato con una strigliata davanti a tutta la classe.

Era stordita dall'alcol. I volti delle persone sembravano confondersi l'uno con l'altro e il senso di inquietudine che provava si faceva sempre più intenso. Ritrovarsi da sola a una festa la terrorizzava, soprattutto dopo aver bevuto. I demoni del suo passato tornavano a farle visita e temeva di poter essere presa con la forza da un momento all'altro e baciata senza il suo consenso.

"Chiara, ciao".

Prese per il braccio una ragazza con un caschetto biondo ed ella si voltò perplessa. "Oi, ciao Emilia".

Si scambiarono due baci sulle guance, con affettazione.

"Hai visto Ale o Denisa Dervishi, Rebecca Francesi?".

"No, mi spiace".

"Tranquilla".

Salì sulle punte dei piedi, sperando di avere una visuale migliore, ma non cambiò nulla. Il locale aveva l'aspetto di un'antica cantina medievale e, nonostante le luci stroboscopiche e i festoni dai colori scintillanti, era avvolto da una certa oscurità. Non vedeva nemmeno Elia e Andrea, che, quasi sicuramente, erano in compagnia dei festeggiati, che a loro volta sembravano essersi volatilizzati nel nulla.

Venne colta dal sollievo quando scorse Ruben, che parlava con Federico.

Si fece largo tra le persone, sgomitando, e raggiunse i due ragazzi con la foga di un naufrago che avvista terra ferma.

"Raga, avete visto Ale, Rebi e Denisa?".

Ruben le rivolse appena un'occhiata. "No".

Federico non disse nulla. Era pallido, aveva gli occhi chiusi e i capelli appiccicati alla fronte sudata.

Ruben lo colpì con uno schiaffo in faccia. "Boca, sveglia".

Il ragazzo aprì gli occhi, ma li richiuse subito e le gambe gli cedettero.

"Oh, merda". Ruben lo afferrò per le ascelle, cercando di tenerlo in piedi.

Emilia schiuse la bocca. "Ma quanto ha bevuto?".

"Tanto". Il ragazzo portò un braccio di Federico attorno alle spalle e si incamminò verso l'uscita fumatori del locale.

"Aspe, ti aiuto".

"No, Emilia, non è il caso".

La ragazza lo ignorò e tenne Federico per la vita.

Lo accompagnarono fuori e lo fecero sedere sull'asfalto, con la schiena appoggiata alle transenne. Decine di altri ragazzi erano lì fuori e chiacchieravano rumorosamente, avvolti da nuvolette di fumo.

Ruben si inginocchiò e gli colpì di nuovo il viso. "Cazzo, Fede, ci sei?".

Emilia venne colta da una vertigine. Si appoggiò alla transenna e trasse dei profondi respiri, sforzandosi di allontanare il senso di stordimento provocato dall'alcol. Le orecchie le fischiavano e i battiti del cuore erano accelerati.

"Emi". Ruben le tirò l'orlo della gonna. "Per favore, vai a prendere un bicchiere d'acqua e, se ce n'è ancora, del cibo".

La ragazza annuì e si precipitò all'interno del locale, sgomitando tra le persone per raggiungere il tavolo del buffet. C'erano ancora delle pizzette e delle focaccine e prese con sé tutto il vassoio, insieme a una bottiglia d'acqua bevuta per metà.

"Ecco".

Tornò di corsa e fuori e Ruben si apprestò a dar da bere a Federico, tenendogli fermo il collo.

Il ragazzo emise alcuni gemiti, poi abbandonò la testa da un lato, gli occhi ancora chiusi.

"Dai, Boca, su". Ruben scosse Federico per le spalle.

"Devo chiamare qualcuno?" domandò Emilia.

"No, no". Il ragazzo si passò il dorso della mano sulla fronte imperlata di sudore. "Madonna santa, ci manca solo che 'sto coglione finisca in ospedale".

Emilia avvertì una fitta allo stomaco e cercò di allontanare ogni pensiero negativo. Restò alcuni istanti con gli occhi chiusi, facendo appello a tutta la poca lucidità rimasta.

Ruben portò alla bocca di Federico una focaccina. "Come ti chiami?".

Il ragazzo emise un rantolo.

"Federico del Boca" biascicò.

Afferrò un piccolo pezzo di focaccia con i denti e Ruben aspettò che ebbe finito di masticare per rivolgergli una seconda domanda.

"Quanti anni hai?".

Federico lasciò cadere la testa da un lato, ma Ruben la sollevò. "Federico, quanti anni hai?".

"Diciotto".

Emilia si inginocchiò. "Che scuola frequenti?".

"E...Emilia?" mormorò Federico.

Ruben la guardò, perplesso e speranzoso al contempo. "Dai, parlagli".

La ragazza venne colta di nuovo da un senso di vertigine e si sedette grossolanamente. Le pietruzze dell'asfalto le si conficcarono nelle cosce nude.

"Sì, sono Emilia, apri gli occhi, dai".

Federico sbatté le palpebre e provò a tenere gli occhi aperti, ma li richiuse dopo poco.

"Fede, apri gli occhi". Emilia gli accarezzò la guancia e, a fatica, il ragazzo aprì gli occhi.

"Bravissimo". La ragazza continuò ad accarezzargli il viso e Ruben lo incoraggiò a mangiare altra focaccia.

Federico parve riprendere colore. Il pallore cadaverico aveva lasciato il posto a un tiepido rossore sulle guance.

"Così, bravo, Boca". Ruben gli pulì le briciole dalla bocca.

Continuò a dargli da mangiare, seduto sui talloni, mentre Emilia osservava la scena immobile.

"Gli amici più deficienti ce li ho io, oh" brontolò Ruben, scuotendo il capo. "Lo sa che non regge una sega, che cazzo beve così tanto?".

Emilia sentì delle dita sfiorarle la mano, appoggiata sulla coscia.

Abbassò lo sguardo e vide la mano spigolosa di Federico che cercava la sua.

Restò rigida come una statua. Ruben non se n'era accorto e la ragazza ne approfittò per indietreggiare.

"Emilia" mormorò Federico, guardandola negli occhi.

Emilia non riuscì a reggere lo sguardo. Guardò Ruben, che le rivolse un'occhiata confusa.

"Sei". La voce di Federico era roca, le parole uscivano a fatica dalla sua bocca. "Sei bellissima".

Emilia strabuzzò gli occhi e lo stesso fece Ruben.

"Scusa?" esclamò il ragazzo, fulminando Emilia con un'occhiataccia. "E questo che significa?".

"E che cazzo ne so, chiedilo a lui".

Una morsa le artigliò la bocca dello stomaco.

"È solo ubriaco" si disse.

Poi le tornò in mente quello che le aveva detto Andrea due mesi prima.

"Di solito gli ubriachi dicono la verità".

"Dico, non c'è niente di cui preoccuparsi, giusto?". Ruben si sedette a gambe incrociate, mettendo in evidenza il contrasto tra l'abito nero elegante e le scarpe da ginnastica colorate e massicce. Aveva uno sguardo severo e indagatore.

Emilia sollevò un sopracciglio. "In che senso?".

"Lui è solo ubriaco, giusto? Nient'altro?".

"Cioè, stai insinuando che ho una storia con il fidanzato della mia migliore amica?" strillò Emilia e un gruppo di ragazzi si voltò a guardarla, ridendo.

Federico si accasciò sulla spalla di Ruben, che gli carezzò il capo, sbuffando.

"Sto bene, Rub" biascicò Federico.

"Sì, hai ragione, certo". Ruben sbuffò spazientito. "Comunque non intendevo quello, scusa, mi è solo sembrato un po' strano che ti abbia detto una cosa del genere".

"Non dirlo a me". Emilia portò le ginocchia al petto. "Ma tanto è solo ubriaco".

"Sì, gli ubriachi sono più sinceri di quanto dovrebbero".

Emilia appoggiò il mento alle ginocchia, pensando a una frase che potesse allentare la tensione creatasi. Poche volte nella vita si era ritrovata in una situazione tanto scomoda e non sapeva come uscirne. "Va beh, anch'io penso che Michele Bongioanni sia un figo e da ubriaca probabilmente glielo direi, ma a me piace Andrea".

Guardò Federico, accoccolato come un bambino su Ruben.

"A me piace Andrea".

Ruben non rispose e la ragazza aggiunse: "Però non è necessario che Denisa lo sappia, no?".

"No, infatti".

"Ragazzi, tutto bene qua?". Un buttafuori in giacca e cravatta interruppe la conversazione, scrutando con severità Federico.

"Sì, certo" esclamarono Emilia e Ruben in coro.

"Che c'ha?".

"Niente di che, signore" rispose repentina Emilia. "L'ha mollato la ragazza, ha bevuto un pochino e ora è uno straccio, è tutta la sera che piange".

Il buttafuori non sembrava convinto, ma non insistette oltre.

"Vi conviene farlo alzare" li ammonì.

Non appena si fu allontanato, Ruben scoppiò a ridere. "Cazzo, dobbiamo levarci da qua".

Richiamò l'attenzione di Federico con alcuni leggeri schiaffi e, con l'aiuto di Emilia, lo fece alzare.

Sembrava avesse ritrovato l'equilibrio e lo portarono in bagno per sciacquargli la faccia.

Emilia attese sulla porta, appoggiata allo stipite a braccia incrociate.

"Sei bellissima".

Non riusciva a pensare ad altro mentre osservava la grottesca scena di Ruben che lavava la faccia a Federico e lo insultava, anche se l'altro capiva poco o niente.

"Emilia?".

Ruben la ridestò dai suoi pensieri.

"Sì?".

"Ma il tuo amico, Elia". Arrotolò attorno alla mano alcuni fogli di carta igienica e asciugò il viso di Federico. "È etero?".

Emilia scoppiò a ridere. "Sì, purtroppo".

Ruben sbuffò. "Peccato".

Gettò la carta bagnata nel cestino e uscì dal bagno.

"Non capisco cosa ci troviate tutti in lui" esclamò Emilia. "Non ho mai visto una persona con così tanti, soprattutto tante, spasimanti.

"Oh" rispose Ruben. "È bono".

"Se lo dici tu".

Restarono in silenzio, mentre Federico, che aveva ripreso coscienza, continuava a blaterare frasi sconnesse.

"Secondo me Calandra mi odia, cioè, ce l'ha scritto in faccia, mi odia, sì, mi odia".

"Ma no che non ti odia" rispose Ruben ed Emilia rise, sforzandosi di comportarsi in modo naturale.

Era bastata una sola frase a far crollare tutte le sue convinzioni e detestò Federico per questo: ciò che per lui era stato un semplice commento privo di importanza, detto in un momento di poca lucidità, aveva scatenato in lei un uragano di emozioni contrastanti.

"Per favore, Rub, se domani non dovesse ricordarsi nulla di stasera, non dirgli quello che mi ha detto".

Ruben fece spallucce. "Se ti trova bella non glielo devo mica ricordare io, eh".

Emilia non disse nulla, si limitò ad abbassare lo sguardo, afflitta.

"Va bene" aggiunse il ragazzo. "Non dirò nulla né a lui né a Denisa, però tu non dire niente a Elia".

Emilia sorrise e allungò una mano. "D'accordo".

"È un patto?".

"È un patto".

Ruben ricambiò il sorriso e le diede una vigorosa stretta di mano.


Spazio autrice

Ehilà gente, grazie mille per aver letto questo capitolo. Un'altra disagiantissima festa è giunta al termine e credo che Emilia e Federico si stiano avvicinando pericolosamente... Come pensate che andrà a finire la storia?
E la cotta di Ruben per Elia?
Scoprirete tutto nei prossimi capitoli!

Un bacio❤️

Baby Rose


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