30- Ti tengo d'occhio

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2 maggio

"Secondo voi quanto mi mette?".

"Jess, sei andata benissimo, di che ti preoccupi?".

Emilia rivolse un'occhiata di sottecchi ai compagni, che discutevano le valutazioni di storia.

Nonostante fosse orario d'intervallo, il corridoio del terzo piano era quasi deserto. Ad occuparlo c'era solo una lunga fila di studenti, che attendeva che il professor Raise comunicasse a ognuno di loro i voti delle interrogazioni.

Emilia appoggiò i gomiti al davanzale e guardò il cielo, coperto di nuvole.

"Secondo voi a Martucci quanto dà?".

"Giulio, ti sento".

Il ragazzo sbiancò, ma Emilia non lo degnò di uno sguardo. Nella sua testa non c'era spazio per il rancore che serbava nei suoi confronti. Stava rivivendo a ripetizione, con il cuore palpitante, il bacio che aveva dato a Federico. La sua cotta storica. Il fidanzato della sua migliore amica.

"Giulio, vieni" esclamò Raise.

Mentre sentiva i passi della sua nemesi farsi sempre più distanti, il cellulare vibrò. Sullo schermo comparve una notifica da parte di Ruben

Ruben: -Ciao Emilia, ho visto che sei in corridoio, posso parlarti un momento dopo?-.

La ragazza si guardò attorno e vide Ruben che agitava una mano, in fondo al corridoio.

Ricambiò il saluto con un sorriso e digitò la risposta.

-Ok-.

"Emilia".

La ragazza sobbalzò e si voltò, avvicinandosi incerta a Raise, che scrutava turbato il quadernino su cui annotava l'andamento degli interrogati.

Francesco Raise, nonostante il fisico asciutto e la bassa statura, era capace di mettere in soggezione chiunque. Aveva occhi piccoli e indagatori e l'espressione perennemente corrucciata e, a causa dei suoi lunghi capelli castani, la barba e i sandali per quasi tutto l'anno, era stato soprannominato dagli studenti del D'Azeglio Gesù.

"Emilia, Emilia". Si grattò nervoso il sopracciglio. "Non ci siamo".

La ragazza annuì, abbassando lo sguardo.

"Cioè, non puoi dirmi che le ribellioni dei briganti in Calabria sono una rivolta socialista, non sta né in cielo né in terra, capisci?".

Alcuni ragazzi guardarono nella loro direzione, attirati dalla voce stridula dell'insegnante.

"Il socialismo è un movimento politico, non puoi inserirlo in quel contesto, senza dire nient'altro, tra l'altro".

Sbuffò spazientito, gesticolando teatralmente. Il movimento delle dita ricordò a Emilia quello delle mosche quando sfregano le zampette.

"Emilia, non capisco, davvero, hai tanto potenziale, perché cadi su queste interrogazioni?".

La ragazza rivolse a Raise un'occhiata perplessa.

"Scrivi degli articoli che sono meravigliosi, sai parlare in pubblico con naturalezza, partecipi a un sacco di progetti extrascolastici e tutti mi parlano bene di te, perché non fai vedere anche a me chi sei davvero?".

Emilia non disse nulla, restò immobile, torturandosi le mani dietro la schiena. Non si aspettava che il professore le rivolgesse quelle parole.

"Purtroppo devo darti un 5, ma facciamo un patto?".

Allungò una mano verso la ragazza. "Promettimi che nell'interrogazione di maggio mi fai un'esposizione meravigliosa".

Emilia strinse la mano dell'uomo senza troppa convinzione, abbozzando un sorriso. "D'accordo".

"Bene così". L'uomo consultò il quaderno. "Ora chi c'è? Ah, Jessica".

Emilia si allontanò, le parole di Raise scolpite nella mente. Era la prima volta che un insegnante si rivolgeva a lei senza sminuirla, senza considerarla incapace di raggiungere buoni risultati a scuola, ma anzi, spronandola a credere in se stessa e a tirare fuori le sue capacità.

Trovò ironico che l'unico professore che aveva fiducia in lei fosse anche il più svitato.

"Ciao Emilia".

Ruben le si parò di fronte e non ricambiò il sorriso rivoltogli dalla ragazza. Aveva un'espressione grave e le braccia incrociate sul petto. I suoi occhi verdi erano segnati da profonde occhiaie.

"Vieni".

Uscirono dalla porta d'emergenza e sgusciarono sulle scale antincendio.

Ruben si sedette su uno dei gradini in ferro ed Emilia lo imitò, titubante.

Una folata di vento la fece rabbrividire. Sollevò gli occhi al cielo, che minacciava pioggia.

Dalla posizione in cui si trovavano dominavano la scuola. La ragazza osservò i compagni, che chiacchieravano in cortile, le loro voci che giungevano attutite alle sue orecchie.

"Sarò diretto, sappilo".

Emilia sollevò un sopracciglio, le ginocchia strette contro il petto. "Ok, dimmi".

"Mi spieghi perché ti fai il fidanzato della tua migliore amica?".

Emilia sbiancò.

Spalancò la bocca e boccheggiò, incapace di emettere alcun suono.

"Che stai dicendo?" mormorò dopo alcuni istanti, ritrovando come per miracolo l'uso della parola, ma Ruben la interruppe prima che potesse concludere la domanda. "No, no, no, non iniziare a dire balle e a darmi del pazzo, perché mi incazzo, te lo dico".

La ragazza distolse lo sguardo. Alcune gocce di pioggia le caddero sul viso.

"Te l'ha detto Federico?".

"Vi ho visti, Emilia, vi ho visti".

Emilia sentì il proprio corpo irrigidirsi così tanto da sembrare un blocco di ghiaccio.

"Boca si era tenuto l'accendino e vi ho raggiunti per riprenderlo". Prese fiato e si spazzolò nervoso i capelli. "Da quanto va avanti?".

"Cosa?".

"La vostra cazzo di storia, da quanto va avanti?".

"Non c'è nessuna storia" strillò Emilia, con le lacrime agli occhi. "È successo sabato e basta, ma è stato un errore, non ci sentiremo più".

"Non ti credo".

"Ma ti giuro che le cose stanno così".

Ruben scosse il capo. "Mi dispiace per il tuo povero ragazzo, ma va beh, quelli sono affari vostri, se fai la puttanella in giro la cosa non mi riguarda, ma...".

"Non osare mai più darmi della puttana". Emilia scattò in piedi. "Vai a parlare con Federico, che ci fai qui? Sei il suo migliore amico, non il mio".

Ruben sbuffò. "E che mi dici di Denisa?".

La ragazza distolse lo sguardo.

"Non ti riguarda" rispose, con un nodo alla gola.

"La conosco da prima che tu sapessi della sua esistenza, eccome se mi riguarda".

"E allora va', diglielo" singhiozzò Emilia, stringendosi nelle spalle. "Vai a parlarle e smettila di farmi terrorismo psicologico".

"No, non vado da nessuna parte" rispose il ragazzo, con un tono di voce più calmo. "Mi basta solo che mi spieghi cosa c'è tra te e Federico e che mi assicuri che smetterete di vedervi".

"Due secondi fa ti ho raccontato come stanno le cose e non mi hai creduto".

Ruben rise sarcastico. "Certo, come stanno le cose".

Emilia tornò a sedersi al suo fianco, la maglia coperta da gocce di pioggia, come fossero pois.

Si coprì il volto con le mani, per poi lasciarle scivolare sul collo.

"Federico mi piace da tre anni".

Il ragazzo spalancò la bocca. "Ma che dici".

"Hai detto che volevi la verità".

"E Andrea?".

"Non sono affari tuoi".

Ruben annuì. "Mi dispiace per questa cotta logorante che va avanti da secoli, ma questo non giustifica quello che hai fatto".

"Lo so" rispose Emilia, a sguardo basso. "Ma infatti, te l'ho detto, è stato un momento di debolezza, non accadrà mai più".

Il ragazzo parve addolcirsi. "Tutti nella vita abbiamo avuto una crush per Federico del Boca".

Emilia si sciolse in una risata amara.

"Ma fine, questo genere di sentimento va chiuso in un cassetto per l'eternità". Si alzò, sistemandosi i pantaloni. "Sappi che ti tengo d'occhio".

La ragazza guardò Ruben tornare dentro l'edificio. La porta d'emergenza si chiuse alle sue spalle con un tonfo.

La pioggia si fece più intensa, ma Emilia non si mosse. Restò immobile, i sensi di colpa a divorarle lo stomaco.

Si infilò le mani nei capelli e trasse dei profondi respiri, cercando di ritrovare la calma, ma fu impossibile. Le tornò in mente la prima volta in cui Denisa le aveva parlato di Federico. Gli occhi che brillavano, il fiato corto, un enorme sorriso dipinto sul volto.

Come aveva potuto farle una cosa del genere?

Come aveva potuto mettere a rischio un'amicizia tanto bella e preziosa?

Le tornò in mente il bacio e il senso di colpa andò a mescolarsi al battito frenetico del cuore.

Federico le piaceva, le piaceva tantissimo, e le parole che aveva rivolto a Ruben erano pregne di bugie.

Sapeva che baciarlo era stato un errore.

Sapeva che provare dei sentimenti per lui era sbagliato.

Ma sapeva anche che, se ci fossero state altre mille notti come quella, con quelle risate, sotto il cielo nero di Torino, tra le strade di San Salvario, lo avrebbe sicuramente baciato altre mille volte.


Spazio autrice:

Ciao amici, grazie per aver letto questo capitolo! Cosa ne pensate? Ruben manterrà il segreto o racconterà tutto a Denisa? Non posso farvi spoiler, perciò... Ne riparliamo venerdì eh eh.

Un bacio🧡

Baby Rose

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