41- Sorelle

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Se vi va leggete lo spazio autrice di oggi, per me è molto importante❤️

15 maggio

Emilia, accovacciata sulla sedia in terrazza, aveva lo sguardo vacuo rivolto verso il mare. Il cielo era tinto d'arancio e il sole era pronto a tuffarsi nelle tiepide e limpide acque del Mar Egeo.

Dopo la sosta a Olimpia, la scolaresca aveva visitato un sito archeologico dimenticato tra le colline dell'entroterra greco, per poi spostarsi all'hotel, una piccola perla affacciata sul mare, lontana dal centro abitato.

I professori avevano concesso agli studenti di fare il bagno e dalla sua posizione Emilia poteva sentire gli schiamazzi provenienti dalle altre camere. Tutti non vedevano l'ora di tuffarsi.

"Ale, ti prego, puoi muoverti? Mi sto cagando addosso" strillò Denisa dall'interno della stanza, sovrastando il volume della musica che avevano messo dal cellulare.

Quando Alessia uscì, Emilia si voltò a guardarla, con il volto nascosto per metà tra le ginocchia, quasi non volesse farsi scoprire.

Avrebbe voluto condividere il proprio dolore con lei, farlo a metà per renderlo meno pesante: avevano sempre fatto così, loro. Condividevano tutto, ogni pensiero, ogni gioia, ogni momento di sconforto, consapevoli che dall'altra parte avrebbero trovato curiosità, entusiasmo e compassione.

Negli ultimi mesi, però, molte cose erano cambiate. Da due erano diventate quattro. E ormai Emilia covava così tanti segreti da ritenere che Alessia quasi non la conoscesse più.

"Ma tutta questa bonaggine?" esclamò Alessia non appena Denisa uscì in costume dal bagno.

"Ti prego". La ragazza contorse le labbra in una smorfia e, guardando insoddisfatta il proprio riflesso nello specchio, si passò le mani sulla pancia piatta e sui fianchi stretti. "Il mio corpo non mi piace".

Alessia sollevò gli occhi al cielo ed Emilia si mise in allerta. Sapeva quanto il body checking fatto dalle ragazze magre sui propri corpi infastidisse l'amica, ma Denisa non la conosceva così bene quanto lei e temette che potesse dire qualcosa di sbagliato di troppo.

"Ale, giuro che ammiro troppo il tuo coraggio".

Alessia strabuzzò gli occhi e portò i pugni sui fianchi.

"Che intendi dire?".

Denisa si voltò a guardarla incerta e aggrottò la fronte.

"Cioè, ammiro che tu non provi alcuna vergogna nel mostrarti, ma anzi sei fiera di come sei, vorrei avere il tuo coraggio, tutto qua".

Alessia rise sprezzante, si infilò in fretta il pareo e prese la borsa. "Certo che questa potevi risparmiartela".

Denisa guardò confusa la ragazza, poi Emilia, ricercando una spiegazione negli occhi dell'amica. "Ale, non riesco a capire".

"Perché hai detto questa cosa a me e non a Rebecca o a Emilia?".

Lo sguardo di Alessia era fermo e severo e il dito indice sospeso a mezz'aria.

Denisa balbettò qualche parola sconnessa, ma, prima che potesse riuscire a dire una frase di senso compiuto, Alessia incalzò: "Perché sono grassa, ecco perché. Oh mio Dio, una grassa che non si vergogna a mostrare tutta quella ciccia e quelle smagliature, che scandalo! Amore mio, ti facevo di mentalità più aperta".

Si avviò alla porta e, quando aveva già un piede fuori, si voltò. "Ah, e ricorda che noi persone grasse non serviamo per far sentire meglio voi magre del cazzo. Se lei che è una balena non si vergogna a mettere il costume, perché dovrei farlo io, che sono la metà? Non funziona così, ok?". Dopodiché uscì come una furia, sbattendo la porta con così tanta forza da far sobbalzare le ragazze.

Denisa restò immobile alcuni istanti, poi si voltò verso le altre, cercando nei loro sguadi una spiegazione a quella sceneggiata. Rebecca però, era pietrificata ed Emilia non aveva le forze di dire nulla.

Sapeva che Alessia aveva ragione, ma anche che Denisa non aveva pronunciato quelle parole con cattiveria, ma solo perché vivevano in una società grassofobica, e lei non aveva ancora acquisito gli strumenti per liberarsi da tutti i pregiudizi verso le persone grasse.

Avrebbe dovuto fare da mediatrice fra le due, ma in quel momento era devastata. Il trauma della notte precedente le aveva tolto ogni energia, non riusciva a concentrarsi su altro e ancora sentiva un leggero dolore nella zona pelvica. Tutto il resto pareva una banalità ai suoi occhi, anche se, razionalmente, era consapevole che non esiste una gara a chi sta peggio.

"Scusami Den, possiamo parlarne dopo?". Si alzò dalla sedia e indossò un vestitino a fiori azzurro sopra il costume da bagno. "Ti assicuro che non sei una persona di merda e sono certa che appena ad Ale passa la rabbia vi chiarirete, però ora voglio raggiungerla".

"Vengo anch'io".

"Fidati Den, lascia che sbollisca un attimo".

Le rivolse un ultimo sguardo triste, per poi uscire dalla stanza e percorrere velocemente i corridoi dell'hotel, evitando gli sguardi di tutti gli altri ragazzi, che correvano per raggiungere la spiaggia prima che il sole venisse inghiottito dal mare e incombesse il buio.

Quando arrivò sul bagnasciuga, quasi tutti gli studenti erano già in acqua; nuotavano e si schizzavano a vicenda, ridendo a crepapelle.

Scorse, non molto distante dalla riva, Alessia, che rideva insieme a Elia, Ruben e Simone. Sapeva che distrarsi con altre persone era il suo modo di sbollire la rabbia.

Non vide Andrea e questo amplificò il suo malessere. Non se la sentiva di dargli la colpa dell'accaduto. Sapeva che anche lui ne stava soffrendo, ritenendosi responsabile del dolore che le aveva inflitto, fisicamente e poi emotivamente. Nessuno dei due avrebbe mai immaginato che la propria prima volta sarebbe stata così.

Emilia non aveva le forze di togliersi il vestito e buttarsi in acqua. Andò a sedersi su uno scoglio basso, in disparte e solitaria. L'atmosfera creatasi le donò un po' di conforto. Attorno a lei c'erano tantissime persone ed era rassicurata da tutte quelle voci festose. Si sentiva spettatrice di uno di quei film "capanna", che scaldano il cuore e in qualche modo sembrano dire: "Non preoccuparti, prima o poi le cose andranno meglio".

"Che fai qui tutta sola?".

Il suo cuore perse un battito.

Lo scoglio su cui era seduta divideva la baia in due spiagge e Federico comparve dal lato opposto a quello degli altri studenti, dove, a causa dell'acqua bassissima, nessuno stava nuotando. Si appoggiò allo scoglio con i gomiti, i piedi nell'acqua e i capelli bagnati appiccicati al viso.

"Ehi" mormorò Emilia.

Di norma gli avrebbe risposto con qualche battuta sarcastica, ma in quel momento non aveva le forze di dire nulla. Accennò un sorriso, ma gli occhi tradivano il suo reale stato d'animo.

"È successo qualcosa, vero?" domandò il ragazzo con curiosità. "Voi ragazze siete tutte divise, non vedo neanche Denisa".

"Niente di grave, non preoccuparti".

"Una persona a cui non è successo nulla di grave non ha quella faccia lì".

Emilia schiuse la bocca.

Aveva evitato per tutto il giorno di mostrare alle amiche il proprio malessere, aveva risposto vaga, ma sorridente, alle domande riguardo la notte precedente, rivoltele di sfuggita durante la visita archeologica e gli spostamenti in bus, e di certo non si aspettava che sarebbe arrivato Federico a leggerle in faccia il dolore, mettendola alle strette.

"E ora che noto" esclamò il ragazzo, fingendo di guardare i ragazzi in mare per la prima volta, come se non avesse già effettuato tutti i controlli del caso "Non c'è neanche Costantini".

"Non hai il diritto di farmi domande".

Emilia avvertì una sgradevole sensazione espandersi sotto pelle. Si aspettava una risposta sardonica, ebbe paura che Federico potesse interpretare quella frase come un tentativo di provocazione.

Invece egli fece spallucce. "Se non è mio diritto, non le farò".

Di fronte all'espressione stupita della ragazza, sorrise.

"Ti piace il mare?".

Emilia sorrise di rimando, il cuore un po' più leggero.

"Solitamente mi annoio a stare in spiaggia, però qua è molto bello".

"È bellissimo, sì". Il ragazzo volse lo sguardo al mare, poi di nuovo a Emilia. "Ti andrebbe di nuotare? A me piace da impazzire, non so a te".

Emilia sospirò triste.

"Non so se ce la faccio ora" mormorò, con la testa annebbiata da un vortice di pensieri negativi. Le sembrava ridicolo trascorrere del tempo con Federico dopo quello che era successo la notte precedente, mentre Andrea stava in camera d'hotel da solo divorato dai sensi di colpa. Inoltre aveva abbandonato Denisa, sicuramente triste per aver fatto male a un'amica, per correre tra le braccia del suo fidanzato? E poi c'era la nudità. Ogni fibra del suo corpo bramava quello di Federico, ma rivedere il proprio corpo svestito riportava a galla il senso di mortificazione vissuto la notte precedente.

"Non preoccuparti" rispose il ragazzo, sorridendole ancora. Facendo leva con le mani, si tirò su a sedere. "Allora dimmi, finora qual è il tuo cibo greco preferito?".

La ragazza sorrise di rimando, con genuinità e stupore. Un Federico così empatico e delicato era inedito.

"La feta con le olive, senza ombra di dubbio".

"Sai che invece io la feta non riesco proprio a farmela piacere?".

Emilia scoppiò a ridere. "Noo, come? È troppo buona".

"De gustibus, Emilia". Spalancò le braccia teatralmente e aggiunse: "Per me vincono a mani basse i souvlaki".

"Va beh, questo discorso con me ha poco senso dato che mi piace tutto, basta che sia cibo e io sono felice".

"Ah sì?". Il sorriso sardonico di Federico, anche in mezzo a una conversazione leggera e banale, era capace di provocarle brividi d'eccitazione lungo la spina dorsale. "E se ti mettessi qui davanti una bella cavalletta fritta, te la mangeresti?".

Emilia sentì il rigurgito al solo pensiero, ma, per non dargliela vinta, rispose: "Solo se impanata per benino, così è bella croccante".

Federico scoppiò a ridere.

"Sei tremenda" disse, senza staccarle gli occhi di dosso, e la ragazza rise di rimando.

Nel frattempo il cielo si era tinto di rosa ed erano arrivati sulla spiaggia i professori, che chiamarono a gran voce i ragazzi dicendo che, entro un quarto d'ora, la cena sarebbe stata servita in hotel.

"Speriamo ci servano un bel piatto di cavallette impanate, accompagnate da yogurt greco e pomodorini" esclamò Federico, scendendo dallo scoglio.

Emilia non rispose, ma lo sguardo e i sorrisi sardonici che si scambiarono furono più eloquenti di qualunque parola.

Nel frattempo erano usciti dall'acqua anche Alessia e il resto della compagnia. La ragazza, ferma e grondante sul bagnasciuga, notò Emilia e le rivolse uno sguardo triste.

"Grazie, Fede" mormorò la ragazza, scendendo dallo scoglio. "Ora devo andare da Ale, ha bisogno di me".

Federico annuì, con una strana serenità dipinta in volto.

"È bello vederti sorridente".

Maledetto Federico.

"Grazie per la compagnia" rispose la ragazza, arrossendo. Gli voltò le spalle prima che egli potesse accorgersene e si incamminò a piedi nudi sulla sabbia, portando dentro di sé, oltre all'angoscia e alla vergogna, un barlume di serenità.

"Sei ancora arrabbiata?".

Alessia fece spallucce, lo sguardo che vagava sulle piastrelle che pavimentavano il bordo piscina.

Saltando la cena, Emilia, nel suo vestitino leggero, e Alessia, ancora in costume e avvolta solo da un pareo bianco, si erano sedute in terrazza, di fianco alla piscina, sfidando la fresca brezza della sera e il malcontento di Raise, che sarebbe sicuramente andato a richiamarle dopo aver scoperto che non erano a tavola.

"Voglio molto bene a Denisa" rispose Alessia, dopo alcuni istanti di esitazione. "Solo che certe stronzate mi fanno girare il cazzo, lo sai".

"Lo so Ale e penso che la tua rabbia sia perfettamente legittima".

"Una ragazza magra non potrà mai capire il peso che hanno certe parole" continuò la ragazza, quasi ignorando Emilia. "E sono consapevole che le ha dette per ignoranza e non per cattiveria, però mi hanno fatto male lo stesso. Sto tentando di fare un percorso di accettazione del mio corpo, ma non è facile quando hai tutta una società contro".

La frustrazione le si leggeva negli occhi ed Emilia si sentì impotente. Dentro di sé sapeva che la cosa migliore da fare, oltre a mostrarle vicinanza e comprensione, era lasciare che l'amica elaborasse e superasse l'accaduto con i propri tempi.

"Domani sarà di nuovo tutto a posto, già lo so" disse Alessia, battendosi le mani sulle cosce. "Non rovinerò l'amicizia con Denisa per questo, le farò un bel discorsetto, questo sì, ma poi voglio che tutto torni come prima".

Emilia annuì. "È una brava ragazza, capirà. È abbastanza intelligente da poter comprendere perché tu ti sia sentita male".

"Hai ragione, domani le parlerò".

"Vuoi che nel frattempo le dica qualcosa?".

"No, non preoccuparti. Se ti chiede qualcosa dille solo di stare tranquilla, ma questa è un'incomprensione tra me e lei e dobbiamo essere noi due e basta a risolverla".

Restarono in silenzio per alcuni istanti. A fare loro compagnia, il suono delicato delle onde che bagnavano la riva. Le stelle brillavano in una notte senza luna e il mare era una malinconica distesa di nero che si confondeva con il cielo.

"Tu come stai, Emilia?".

La ragazza si voltò e si sforzò di sorridere.

"Bene, perché?".

"Non dire stronzate, dai".

Non c'era sarcasmo nella voce di Alessia ed Emilia si sentì improvvisamente nuda, privata di ogni costrutto e protezione.

Non riuscì a rispondere e Alessia aggiunse: "Se pensi che sia così ingenua da bermi le bugie evasive che ci hai rifilato per tutta la giornata, offendi il mio intuito. Forse Rebecca e Denisa possono cascarci, ma io ti conosco".

Emilia portò le ginocchia al petto e le strinse a sé, poggiandoci sopra la testa. Calde lacrime le pizzicarono gli occhi, per poi solcarle il viso, fino alla bocca.

"Non sono mai stata così male in tutta la mia vita, Ale" disse con voce rotta, il corpo scosso da singhiozzi.

"Piccola, no". Alessia strabuzzò gli occhi e le si avvicinò, stringendola in un abbraccio che sapeva di materno. "Va tutto bene Emi, ci sono qua io, sei al sicuro".

Tra quelle braccia familiari e sicure, Emilia si sentì protetta. Si accoccolò sui seni morbidi dell'amica e piano piano il suo pianto si fece meno straziante.

"Il sesso di ieri è stato un disastro. Io non volevo farlo, ma mi sono obbligata ed è stato umiliante e doloroso. Ho avuto paura, tanta paura".

Alessia le baciò la nuca.

"Mentre era dentro di me ho sentito un male atroce e sono scoppiata a piangere, poi si è messo a piangere anche lui ed è stato terribile. Non gli do la colpa di nulla".

"Mi dispiace Emilia, mi dispiace così tanto".

"Sono una persona di merda" mormorò la ragazza. "Per tutti questi mesi non ho fatto altro che illudere Andrea, ma lui non mi piace, non mi piace per niente, e mi sono costretta in questa storia facendo del male sia a lui sia a me".

"Non sei una persona di merda, non dirlo neanche per scherzo". La voce di Alessia era ferma, ma dolce. "Sei la persona migliore che io abbia mai incontrato. Sono sette anni che ti conosco e non c'è stato un solo giorno in cui non mi sia sentita fortunata ad averti nella mia vita. Andrea non ti piace? Succede, se ne farà una ragione e andrà avanti, come facciamo tutti dopo una delusione d'amore".

Nonostante la sofferenza fosse ancora lì, ben radicata, Emilia sentì il peso che portava nel petto farsi più leggero. Ne aveva regalato un pezzo anche ad Alessia e potevano condividerlo insieme.

"Ti voglio bene, Ale. Grazie per esserci, non so come farei senza di te".

La ragazza la strinse più forte a sé. "Te lo prometto Emilia, andrà tutto bene".

Era tutto ciò che aveva bisogno di sentirsi dire. La catarsi era arrivata, dopo mesi in cui la tensione, le bugie, la finzione le si erano accumulate addosso, nascondendo tutta la bellezza che giaceva sotto.

"Parlerò con Andrea" disse, svincolandosi dall'abbraccio, ma continuando a mantenere una forte vicinanza fisica all'amica. "E con le altre. Però ti prego, non raccontare a nessuno di ieri notte. Quello ancora non mi sento pronta a condividerlo".

"Non devi neanche chiedermelo. E comunque non sei obbligata a farlo, ognuno gestisce il proprio dolore come vuole".

Emilia annuì. "Mi eri mancata Ale".

"Non farmi piangere" rispose l'amica, sventolando una mano davanti agli occhi nel vano tentativo di frenare le lacrime. "Mi sei mancata tanto anche tu. Adoro Rebi e Den, e lo sai, però mi erano mancati così tanto questi momenti solo di noi due. Sei una sorella per me".

Tornarono ad abbracciarsi, come se si stessero incontrando per la prima volta dopo mesi trascorsi ai capi opposti del mondo.

Ed Emilia, dopo tempo, riuscì davvero a credere che le cose, prima o poi, sarebbero andate bene.


Spazio autrice:

Ehilà lettori, grazie per essere arrivati alla fine di questo capitolo✨ Spero che vi abbia aiutati a riprendervi dal trauma dell'ultimo hahaha, nonostante anche questo affronti una questione abbastanza delicata.

Tra i vari temi che ci tenevo a inserire nella storia, infatti, non poteva mancare quello della grassofobia, che reputo una piaga sociale al pari del maschilismo, dell'omofobia e di tutte le altre discriminazioni concepite dall'essere umano.

Per Grassofobia si intende tutto lo spettro di discriminazioni che le persone grasse subiscono soltanto per il fatto di avere un corpo non conforme agli standard (aberranti) della società: si parte dalle prese in giro e dalle battutine di cattivo gusto e si arriva all'esclusione dal mondo del lavoro e alla superficialità da parte dei medici al momento delle visite (molte persone grasse raccontano di aver subito diagnosi sbagliate o di non essersi viste riconosciute delle malattie perché i medici accreditavano tutti i loro problemi al loro peso).

La grassofobia, però, non colpisce soltanto le persone grasse: tutti noi siamo ossessionati dal nostro peso e frasi come "Devo mettermi a dieta", "Devo iscrivermi in palestra, guarda che pancia ho messo!", "Non mi piace il mio corpo, mi vedo grasso" sono all'ordine del giorno e ci portano a odiare noi stessi e a far stare male gli altri.

In questo contesto si inserisce il litigio fra Alessia e Denisa. Denisa rappresenta la "figlia sana" della società grassofobica: una ragazza ossessionata dalla magrezza, che vede nel grasso un qualcosa di negativo e, per ignoranza e non per cattiveria, pronuncia frasi che fanno stare male l'amica. Alessia, invece, dopo aver subito episodi di bullismo durante gli anni delle medie, sta provando ad accettare sé stessa ed è infastidita dalle parole di Denisa, perché non vuole che le persone le ricordino costantemente che lei dovrebbe sentirsi da meno per il suo corpo.

Raccontare Ale, comunque, non è semplice. Il rischio è di finire nello stereotipo della "migliore amica grassa", utile solo a fare da spalla all'amica magra (fenomeno diffusissimo nel mondo del cinema, che, tra l'altro, ha portato Barbie Ferreira a uscire dal cast di Euphoria). Non voglio dare a lei questo ruolo, voglio che sia un personaggio caratterizzato a tutto tondo, con un vissuto degno di essere raccontato e in cui le persone possano riconoscersi. Spero di darle lo spazio che merita.

E niente, per oggi è tutto. Grazie per essere arrivati fin qui, ci risentiamo venerdì❤️

Baby Rose

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