Capitolo 26: Tatuaggio

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Lost Girls - Lindsey Stirling


Non riuscii a dormire, quantomeno non bene come quando avevo dormito con lui accanto.

La mattina ero già sveglia, praticamente quasi insonne, e all'alba iniziai già a preparare con calma la colazione per entrambi. Lo avevo trattato un po' duramente la sera prima ed ora se ne stava ancora a letto. Non era stata una bella serata e non mi ero comportata proprio benissimo. Preparai tutto quanto prima di bussare alla porta facendo capolino nella stanza.

«La colazione è pronta.»

Low si era addormentato vestito, doveva aver fatto molto tardi e dormiva ancora. Non mi aveva sentita.

Mi avvicinai a lui con un sospiro, sedendomi sul letto.

«Hei Low...» Sussurrai, poggiando una mano sul suo braccio.

In risposta sospirò, iniziando ad aprire gli occhi.

«Hope. Che cosa succede? Stai bene?» Si tirò su a sedere, cercando di capire se fossi in pericolo.

«È solo pronta la colazione.» risposi in un tono più gentile, sorridendo appena e passandogli una mano tra i capelli. «Non volevo allarmarti.»

Si rilassò per poi osservarmi. «Si sente un buon profumo.»

«Non sono un'ottima cuoca, ma qualcosa so fare.» osservai sorridendo, cercando di non pensare al fatto che i pancake me li aveva insegnati a fare Luke. «E volevo chiederti scusa.»

Scosse la testa. «Non serve.» Si alzò. «Non vorrei che si freddi.»

Tornammo nella piccola sala e iniziammo a consumare la colazione mentre lo osservavo in silenzio. «Che facciamo oggi?»

«Lavoriamo sui tuoi peccati. Devo anche andare a parlare con il capo tribù per organizzare la partenza.» Quel posto era fantastico ma non potevamo purtroppo rimanere lì per sempre. «Devo capire quanto a lungo possiamo restare prima di mettere tutti in pericolo. Forse gli spiriti ci possono aiutare.»

«Va bene. Ci andiamo assieme dal Capo villaggio?» domandai, mentre finivo di fare colazione.

«Immagino che vada bene, dopotutto la questione riguarda anche te.» mi confermò con un'alzata di spalle.

«Andiamo subito allora?» chiesi, terminando di prendere le varie cose per poi metterle a lavare. «Ci metto poco.»

«Ti aspetto fuori.»

Si alzò per andarsi a cambiare, lasciando come sempre la porta socchiusa. Mi affacciai appena, sbirciandolo, mentre mettevo via la roba. Era decisamente uno spettacolo. Aveva un fisico pari a quello di Luke, se non addirittura migliore, ma ciò che lo rendeva terribilmente attraente erano i tatuaggi. Sembrava decorato, letteralmente, e quei disegni davano un effetto finale indescrivibile, tanto da farmi di nuovo ribollire il sangue.

Nelle mie esibizioni avevo visto centinaia di ragazzi tatuati, visto anche il clima estivo e marittimo tipico di Los Angeles, dove era possibile vedere sfilare uomini abbronzati e tatuati che sfoggiavano i loro decori come se fossero delle divinità polinesiane. Eppure mai avevo visto qualcosa di simile, così bello e raffinato, per nulla esagerato. Non avevano forma precisa, era come se lo stile polinesiano e quello tribale si fossero fusi assieme, creando dei disegni e delle linee unici nel loro genere.

Non dubitavo che sapesse come far cadere una donna ai suoi piedi e ringraziavo il fatto che la prima volta che si era avvicinato a me fosse vestito o avrei decisamente avuto problemi a dirgli di no.

«Giusto... Low ma non dovevo farmi anche io il tatuaggio, se lo avessi voluto?»

«Vuoi fartelo fare?» mi chiese dandomi le spalle muscolose e tatuate per mettersi la maglietta pulita.

«Perché no?» Domandai cercando di non guardarlo. «Mi piacerebbe avere il ricordo del mio nuovo nome.»

Sarebbe stato più complicato spiegare a Luke cosa significasse e perché, ma non mi importava. Se lo avessi raggiunto avrei pensato poi a cosa dire, ma la sola cosa che contava era ricongiungermi a lui.

«Ne sarà felice il Capotribù.» Uscì dalla camera ormai pronto, fermandosi ad osservarmi.

Nel posto dove mi avrebbe mandata non mi sarebbe servito nessun tatuaggio identificativo, non sarei tornata mai più in un villaggio indiano, eppure non si era opposto, anzi sembrava approvare il fatto che ci fosse un luogo sicuro in cui potessi nascondermi all'occorrenza.

Sorrisi appena, annuendo e uscendo poi dalla casa assieme a lui, dirigendoci verso la tenda del Capotribù.

Lui ci accolse con il solito sorriso. «Non ti vedo da cinquant'anni e adesso sembra tu voglia venire a vivere con me.» Lo prese in giro il vecchio.

«Non tutti ricevono così tante visite mie e poi possono raccontarlo, ritieniti fortunato.» Low ricambiò il sorriso.

«A che devo la vostra presenza qui?» Chiese osservandoci.

«Lui ti dovrebbe parlare e io ti volevo chiedere per il tatuaggio. Mi piacerebbe farmelo fare.» Spiegai lanciando un'occhiata a Low, prima di tornare sul vecchio.

«Molto bene.» Mi disse Enapay, entusiasta della mia iniziativa. «Questa è davvero una buona notizia. Direi di non perdere tempo allora.»

«Prima dovremmo parlare.» Puntualizzò Low, mantenendo un cipiglio serio.

«Le tue chiacchiere sulla partenza possono aspettare, demone grigio.» Si rivolse a me, senza rivolgere neanche uno sguardo al mio accompagnatore. «È scortese rifiutare l'ospitalità degli indiani.»

«Questa te la sei inventata!» rimbeccò il mietitore.

«Può darsi, ma fossi in voi non correrei il rischio di irritare gli spiriti.» Mi fece l'occhiolino. «Seguimi, ragazza!» Uscì dalla tenda senza aspettare ulteriori obiezioni ed io lo seguii divertita, mentre lanciavo l'ennesima occhiata a Low, sorridendo.

Lui non ebbe altra scelta se non venirci dietro, sbuffando frustrato. Il vecchio lo irritava, era palese, anche se non abbastanza, visto che non scatenava la furia del mietitore.

Arrivammo ad una capanna dove risiedeva il tatuatore ufficiale del villaggio. Il Capotribù gli diede indicazioni base sul simbolo che doveva realizzare, lasciando che completassi io la spiegazione su eventuali precisioni e su dove volessi mi facesse il tatuaggio.

Quando andò via, Low si rifiutò di lasciarmi sola con l'uomo, sia mai mi avessero uccisa mentre mi tatuavano.

«Va bene sulla scapola!» specificai, mentre mi toccavo la spalla destra. «Che non sia particolarmente grande è l'unica cosa che chiedo.» Guardai poi mietitore, inclinando il volto di lato. «Non ho mai fatto un tatuaggio.»

Lui, avevo potuto constatare, ne aveva fatti un bel po'. «Resterò qui tutto il tempo.» Mi rassicurò, voltandosi per consentirmi di togliere la maglietta e stendermi a pancia sotto.

Mi spogliai e mi distesi con un sospiro, tenendo lo sguardo su di lui. «Quanto ci vorrà?»

«Qualche ora.» Rispose il tatuatore.

Il mietitore mi girò intorno e, afferrato lo sgabello, si sedette di fronte a me, in modo che canalizzassi su di lui la mia attenzione. Non appena il tatuatore iniziò a lavorare iniziai ad avvertire il bruciore.
Non so per quale motivo lo feci, ma mi venne spontaneo allungare una mano verso la sua, come se in essa cercassi un appiglio o qualcosa a cui aggrapparmi per mitigare il dolore che credevo sarebbe poi arrivato.
Low non nascose la sua perplessità al mio gesto, ma non si sottrasse. Mi afferrò la mano e me la strinse.

«Non fa poi così male dopotutto.» Ridacchiai per stemperare la mia tensione. «Non piangerò per il dolore.» Borbottai sarcastica mentre lo guardavo.

Bruciava in realtà, e sentivo come se mi stesse graffiando la pelle, ma il dolore era abbastanza mitigato, non so se per la presenza di Low, ma mi aspettavo decisamente di peggio.

«I tuoi tatuaggi, perché li hai fatti? A parte alcuni che chiaramente hanno un significato piuttosto chiaro.» Osservai riferendomi alle sue dita su cui aveva tatuato la parola morte in una lingua che mi sembrava simile a quella delle rune, anche se probabilmente non erano le stesse.

«Raccontano la mia storia» mi spiegò lui vago. «E spero davvero che tu non ti metta a piagnucolare, le parti sull'osso sono dolorose.»

«Figurati!» Dissi digrignando i denti per il dolore. «Raccontami la tua storia!» lo spronai guardandolo, sperando che la cosa mi avrebbe distratta.

«Sono l'angelo della morte, questa è la mia storia.» Disse sbrigativo, come al solito non amava parlare di sé.

«Come siamo riservati!» Sghignazzai, per poi stringergli la mano mentre incideva la pelle sopra l'osso. «Alcuni punti sono dolorosi!» constatai.

«Sì, lo sono.» non capii se si riferisse a me o a lui, ma strinse la presa sulla mia mano ed abbozzò un sorriso, tenendo gli occhi grigi fissi nei miei, quasi mi stesse ipnotizzando. «All'inizio è più facile, ma man mano che il tempo passa il dolore si accumula e finisce per diventare insopportabile.»

«Benissimo! Quindi ti sei fatto tatuare perché ti piace il dolore? Sei un masochista?» Domandai ironica, iniziando effettivamente a sentire sempre più dolore e a diventare insofferente.

«A nessuno piace il dolore.» Allentò un po' la presa sulla mia mano, iniziando ad accarezzarmi le dita con le sue. «Ho cambiato spesso casa, ho visto morire tanta gente. Quando hai così tanti secoli impari che tutto passa. Tutto ciò che conta lo porto sempre con me, sulla mia pelle.»

«Non so se tutto passa. Sono esperienze, ma qual è il costo per vivere così tanto?» Domandai fissandolo, cercando di non pensare al dolore e iniziando a giocare a mia volta con le sue dita.

Non mi rispose, non c'era bisogno. Il costo era la solitudine, il sopravvivere a tutto e tutti, anche a ciò a cui non avresti voluto. Assecondò il movimento delle mie dita come in una danza, aiutandomi a distarmi.

«Anche tu sei in grado di cancellare, vero?» Domandai poi di punto in bianco, guardandolo seria in volto.

«Si, anche io sono capace.» Mi confermò, restituendomi lo sguardo.

«Bene!» farfugliai, sfuggendo a quegli occhi di ghiaccio, tornando a guardare le sue dita.

«Che cos'hai in mente?» Lui, al contrario mio, non smise di guardarmi, incurante di cosa il tatuatore potesse vedere, ascoltare o pensare.

«Nulla. Non ti preoccupare.» mormorai sorridendogli. Non avevo intenzione di dirgli a cosa stessi pensando. Non ancora per lo meno.

Ma lui era abbastanza sveglio da capire da solo dove volessi andare a parare. «Vuoi che ti cancelli se Luke dovesse essere davvero morto come ti ho detto?» Mi chiese glaciale, smettendo di accarezzarmi.

«Non posso andare all'Inferno e vivere una vita immortale, non mi interessa. Neanche andarmene in cielo, sinceramente.»

«E se non volessi farlo?» Mi chiese, senza distogliere l'attenzione da me. La sua espressione, così come il suo tono di voce era freddo e impenetrabile, come avesse nuovamente messo di fronte a me il suo invalicabile muro di ghiaccio che ogni volta dovevo scalfire a fatica.

«Morirei comunque. Che sia all'Inferno o in Paradiso.» Spiegai con un'alzata di spalle. «Ma piuttosto che morire per mano di un angelo o di un demone... Low, tu sei la morte in persona, perché non dovresti farlo?» Domandai inarcando un sopracciglio. «Mi ucciderai comunque prima o poi.»

«Uccidere non è come cancellare.»

«Ovvio. Se cancelli non resta nulla. Ma se mi uccidessi solamente, che razza di vita immortale potrei avere?»

«Questo dipende da te.» rispose, per poi lasciarmi andare la mano.

«Non ho nessuno Low.» insistetti, poggiando la testa sul tavolino. «Ho solo Luke. Ho vissuto con lui e gli altri angeli per tutta la mia vita, anche se mi rendo conto che rispetto alla tua è cortissima.»

Il mietitore si allontanò da me, andando ad appoggiarsi alla parete. Incrociò le braccia e prese a guardarmi con una freddezza agghiacciante.

Dopo qualche istante che non lo sentivo parlare rialzai lo sguardo su di lui, lanciandogli un'occhiata perplessa. «Ti hanno turbato le mie parole.»

«Tu non sai di cosa parli.» La morte che si infastidiva a sentir parlare di morte era paradossale.

«Allora spiegamelo.» risposi accigliandomi. «Non vuoi cancellarmi?»

«Lasciaci soli.» Intimò con uno sguardo spaventoso all'indiano.

Il tatuatore lo guardò per qualche attimo, confuso, ma quegli occhi non ammettevano repliche, anzi, davano proprio i brividi e alla fine l'uomo si risolse a interrompere il suo lavoro, lasciandoci soli.

«Vuoi che ti cancelli?» Mi chiese con un'espressione dura e fredda quanto seria.

Lo fissai incerta e per un attimo preoccupata. «No!»

«Non mi sembra quello che stavi dicendo fino a poco fa.» Una cosa era avere a che fare con Low che intaglia colombe, l'altra era trovarsi davanti il mietitore, mentre si è distesi su un tavolo, senza maglietta, impossibilitati a muoversi.

«Non hai capito!» Risposi piccata. «Ti ho chiesto di cancellarmi nel caso non avessi altre opportunità. Vuoi davvero uccidermi e rendermi schiava dell'Inferno? È questo allora che vuoi? Preferisco essere uccisa! Questo intendo!»

«Non c'è nessun Luke ad aspettarti. È stato cancellato. Tanto vale farla finita adesso allora.» era arrabbiato ma non capivo perché.

Mi misi seduta, ignorando il fatto di essere solo con il reggiseno. «Io non ti credo! Lui è ancora vivo!» Risposi seccata. «Se quello che dici fosse vero allora sì! Uccidimi! Non ho uno scopo, non ho prospettive di vita. Non mi interessano né gli angeli né i demoni. Anche se mi corrompessi e mi uccidessi, quanto credi che sopravvivrei all'Inferno da sola?»

«Molto bene.» Si avvicinò a me. «Se è questo quello che vuoi, allora è questo quello che avrai! Appena sarai caduta all'Inferno ti cancellerò.»

«Perché ti arrabbi tanto? Sarei morta comunque. Mi vogliono morta sia gli angeli che i demoni. Che altro dovrei fare secondo te?» Domandai irritata. «Perché questa storia ti mette così a disagio?»

«Sei una Nephilim, sei un angelo incastrato in un corpo umano. La tua morte non è come quella di una normale persona, è una liberazione, e ciò nonostante dovresti comunque temerla, piuttosto che aspirarvi o peggio ancora aspirare ad essere cancellata.» Non era bravo con le persone perché non era bravo a sbottonarsi. «Fai come ti pare. Se non vuoi vivere allora questa vita non te la meriti.» Era nervoso, l'argomento lo metteva a disagio e non aveva intenzione di parlarne. Per lui la questione era chiusa lì, tant'è che voltò le spalle e se ne andò lasciandomi sola.

Dopo poco fece rientro il tatuatore piuttosto sollevato nel vedermi ancora intera.

Sospirai, rimettendomi distesa e incrociando le braccia sotto la testa.

L'allegria mi era passata, lasciando lo sconforto e la tristezza. Non dissi nulla, lasciando che il tatuatore finisse la sua opera. Neppure mi accorgevo più del dolore provocato dal rapido movimento degli aghi. Avevo per la testa solo le parole di Low e il suo strano atteggiamento.

Ormai erano passate un paio di ore da quando Low se ne era andato e il tatuatore aveva ormai finito. Mi rimisi seduta e mi voltai, cercando di guardare il disegno che l'uomo aveva appena finito di realizzare sulla mia pelle. Bruciava, ma non dava fastidio.

L'indiano non aveva fatto nessun commento su quanto accaduto o su quanto ci eravamo detti io e il mietitore, si era limitato a imprimermi per sempre sulla pelle una piccola colomba che danzava all'interno dello stesso simbolo indiano che Low portava tatuato sul braccio: il lasciapassare per il territorio pellerossa. Mi mise un unguento per far sgonfiare la pelle arrossata e mi salutò cortese lasciando che mi rivestissi.

Appena lo feci uscii, andando a cercare poi direttamente il Capo villaggio. Ero in pensiero per Low e per quanto ci eravamo detti. Mi sembrava assurdo il mio atteggiamento quanto la sua reazione e la sua rabbia.

Enapay era fuori dalla sua tenda, stava discutendo con alcune donne e uomini, ma appena mi vide mi sorrise. «Vedo che hai finito. Allora, come è venuto?»

«Bene.» Dissi sorridendo gentile. «Avete visto Low per caso? Abbiamo litigato... credo.» spiegai, guardandomi attorno.

«L'ho visto dirigersi verso la foresta, non era di buon umore.» Mi confidò. «Se non si dà una calmata, quel ragazzo non lascerà in piedi neanche una delle nostre piante.» Scosse la testa rassegnato. Era buffo che lo definisse ragazzo, nonostante fosse una creatura secolare. «Vieni bambina, entra, prendiamoci una bella tisana, alla mia età si cerca la compagnia dei giovani.» Aveva visto sul mio volto la preoccupazione e questo era il suo modo per tranquillizzarmi, si avviò dentro aspettandosi che lo seguissi.

Naturalmente non lo feci attendere, seguendolo. «Credo di avergli detto qualcosa che gli ha dato fastidio.» Mormorai sconfortata.

«Ah sì?» Mi chiese lui, dandomi le spalle e versando delle erbe in infusione in acqua calda. «E cosa gli avresti detto per infastidirlo?»

«Diciamo che è... complicato!» Effettivamente, spiegato a freddo, poteva sembrare assurdo. «Sai cosa sono, vero? Nel senso... sai che non sono un essere puro.» Dissi sedendomi e tenendo lo sguardo su di lui. «Teoricamente neppure dovrei esistere.»

«E questo chi lo dice?» Mi chiese lui porgendomi la tazza.

«Tutti! Sono stata creata da un angelo e da un essere umano. Un'unione vietata. Se muoio con le ali bianche, come sono adesso, andrò lassù e mi uccideranno.» Spiegai alzando una mano con distrazione. «Se Low riesce a corrompermi e a farmi scurire le ali cadrò, e alla mia morte finirò di sotto, dove sembra vogliano uccidermi comunque.» Distolsi lo sguardo. «Non mi interessa andare sotto ma all'Inferno c'è una persona che devo trovare anche se tutti mi dicono che non esiste più, Low compreso. Io non ci voglio credere perché se quella persona davvero non c'è più... non...» Iniziai a faticare a parlare normalmente e a sentire la morsa del dolore attanagliarmi. «Se Luke è morto non ha più senso niente! Ho detto a Low che se devo essere cancellata tanto vale che lo faccia lui.» Confessai tornando a guardarlo. «Credevo che non se la prendesse così tanto.»

Enapay mi ascoltò senza interrompere.

«Eppure sei qui.» Osservò lui. «Non ho molta familiarità con il vostro Dio, noi crediamo negli spiriti, nella natura e nella potenza della vita e ti rivelerò un segreto: la vita non commette errori. Tutto ciò che viene alla luce ha uno scopo ben preciso ed un posto in questo vasto mondo, che sia il piccolo insetto o la ragazza dalle ali bianche che danza.» Soffiò sulla sua tazza. «Credi di non avere un posto o uno scopo, ma è solo perché non l'hai ancora trovato, bambina. Sei stata creata perché il mondo e coloro che lo abitano avevano bisogno di te e non c'è nessuna trama dietro, sei solo tu che decidi cosa fare della tua vita.» Sorseggiò la sua bevanda calda.

«Non posso fare niente e non posso andare da nessuna parte.» Risposi sospirando. «Sono braccata da entrambe le fazioni, non posso farmi una vita. Se esco da qui non ci metterebbero molto a trovarmi e Low non mi proteggerà per sempre. Ha i suoi scopi e se adesso mi sta aiutando non mi illudo che sia per altro fuorché quelli.» Incrociai le braccia stancamente. «Ho solo uno scopo e senza quello io non vedo alternative. Non ce ne sono. Se non mi uccidesse Low lo farebbe qualcun altro.»

«Il demone grigio è in giro da un bel po' di secoli, più di quanti avrebbe desiderato viverne, alternandosi tra il ruolo di cacciatore e quello di preda, eppure anche lui è qui, a testimonianza del fatto che la voglia di vivere a volte è più forte di chi ti dà la caccia.» Si stava decisamente godendo la tisana. «Quali credi siano i suoi scopi? Cosa sai di lui?» Mi chiese portandomi gli occhi scuri addosso.

«Mi vuole corrompere perché all'Inferno servono anime e Nephilim. Probabilmente per una guerra che neppure mi interessa.» Tornai a guardarlo, scuotendo il capo. «Lui sa combattere. Sa difendersi e come hai detto tu è preda quanto predatore. Io invece non so fare nulla. Se non ci fosse stato lui, adesso non sarei qui a parlare.» Alzai le spalle, sospirando di nuovo. «So solo che quello che sono io per lui, per l'appunto, è una preda per gli Inferi!»

«Interessante punto di vista il tuo. Sì, penso proprio che le cose stiano così.» Soffiò ancora sulla tisana. Il suo tono di voce era sempre allegro e leggermente divertito. «Come ha intenzione di "corromperti"?»

«Non lo so. Ha detto che è la prima volta che accade una cosa simile, che qualcuno vuole essere corrotto di sua volontà. Devo cercare qualcosa che vorrei fare o volere, pur sapendo che sia sbagliato, ma farlo o cecare di prenderlo lo stesso.» Dissi pensierosa e un po' caotica.

«Insomma non sta facendo niente oltre che sfasciarmi la foresta, portarti collanine, starti dietro come un cagnolino, fissarti e arrabbiarsi sentendoti dire che vuoi morire.» Scosse la testa sospirando. «Ha ragione mia moglie a dire che noi uomini non siamo capaci di fare niente, ci distraiamo troppo facilmente. Per fortuna ci sei tu bambina a pensare ad un modo per corromperti. Se aspetti lui non so quando e se avverrà.»

«Stai dicendo che lui tiene a me?» Domandai perplessa.

«Anche questa deduzione è interessante. Tu lo credi?» Mi rigirò la domanda.

«Beh, sfascia foreste, mi regala collanine e mi segue dappertutto. Che cosa dovrei pensare, che lo fa per sfizio personale?» Domandai sarcastica. «Perché un uomo dovrebbe andare in giro a fare gare di lancio di tronchi d'albero per sfogarsi? A meno che non sia uno scozzese...»

«Io non ne ho idea.» Scosse la testa. «È sempre stato un tipo particolare, una delle sue caratteristiche principali è che, quando credi di conoscerlo, fa qualcosa di totalmente inaspettato e imprevedibile.»

«Ciò non toglie che stiamo viaggiando assieme per scopi personali.» Riflettei. «Non so che pensare. Chi era con me lo descriveva come un mostro assetato di sangue e continuava a ripetermi di non fidarmi di lui. Quando lo hanno visto la prima volta, i miei amici erano terrorizzati e il mio ragazzo aveva paura che mi portasse via.»

«Davvero? Immagino che sia tutta una questione di punti di vista.» Si versò un'altra tazza e altrettanto fece con me. «Noi indiani gli dobbiamo la sopravvivenza della nostra razza. Se non fosse stato per quel tipo, ci avrebbero sterminato. Le riserve sono sempre aperte per lui perché è merito suo se abbiamo potuto trovare una casa e vivere in pace.»

«Davvero?» Domandai sorpresa. «Gli angeli lo odiano e hanno paura di lui. Lo considerano come un vero e proprio mostro! Eppure conoscendolo non ha nulla di tutto questo.» Osservai sorseggiando il tè. «È gentile e attento, fa attenzione a quello che mi serve, anche se a modo suo. E mi ha salvato la vita. Gli devo molto, lo so.»

«Il suo nome presso la nostra gente è: demone grigio della vita. Tutti noi gli dobbiamo molto, anche se è scontroso ed ha un brutto carattere.» Mi sorrise, tornando a sorseggiare la tisana. «Ma suppongo sia normale quando si perde tutto. Forse quello che serve a lui è un po' di speranza.» Mi guardò in modo strano. «E credo serva anche a te, bambina.»

«Un aiuto reciproco.» Valutai, sorseggiando di nuovo la tisana, con calma. «Se si affezionasse a me non mi manderebbe all'Inferno però, cercherebbe di evitarlo!» Sorseggiai di nuovo, scuotendo poi la testa. «Mi stai confondendo!»

Rise. «Dopo averci dormito su le cose sembreranno più chiare.»

«Luke mi disse di vivere la mia vita, di non cercarlo se non fosse tornato. Non vorrei scendere all'Inferno, ma non riesco a pensare di farmi una vita senza cercare di salvarlo. Non posso lasciarlo là, ma Low insiste che lui sia morto. Non posso vivere con il dubbio che lui sia all'Inferno, magari torturato.» Dissi poggiando il bicchiere sul tavolino di legno. «E se lui avesse ragione, non ci sopravvivrei comunque.» Alzai lo sguardo su di lui. «Non ho altre alternative. Non so come aiutare Low e non so come dargli speranza. Non so neanche cosa gli possa servire e come possa aiutarlo, sempre che si faccia aiutare.»

«Allora direi che adesso hai anche un altro scopo.» Sorrise, posando definitivamente la tazza, segno che la conversazione era finita. «Un'ultima cosa: tenterà in tutti i modi di convincerti che è un mostro, tu non credergli!»

«Che? Un altro scopo? Come dargli speranza?» Domandai perplessa, riflettendo sulle sue parole. «Va bene.» Acconsentii pensierosa. «Spero solo che non abbia distrutto sul serio la foresta intera.»

«Io pensavo più ad avere come scopo "cercare uno scopo", ma anche dargli speranza può andare.» Mi sorrise serafico. Che tipo! Era un manipolatore eccezionale.

«Creargli uno scopo.» Ripetei «Credo sia molto più complicato di quanto sembri. Ma farò del mio meglio. Grazie Capo villaggio!»

«Quando vuoi.» Sorrise ancora. «Cerca di non fargli sfasciare tutta la mia foresta, ci tengo!» Mi disse infine, alzandosi.

«Credi sia una buona idea andare a cercarlo? Magari contengo i danni.» Domandai sarcastica.

«Questa è una di quelle cose che devi decidere da sola.» Prese le tazze vuote e andò a posarle.

«Hai ragione!» Annuii, per poi uscire dalla capanna per andare a cercare il mietitore.

Chiesi indicazioni ai vari pellerossa, cercando di farmi dire dove lo avessero visto l'ultima volta, cercando di dirigermi nelle direzioni indicate e ritrovarlo.

Era ancora tutto stranamente integro nella foresta. E se non lo avessi visto seduto sotto un albero, con le spalle appoggiate ad un tronco, non avrei immaginato fosse lì.

«Hei...» lo richiamai, mentre mi avvicinavo a lui, guardandomi attorno, prima di tornare sulla sua figura. «Mi dispiace per prima.»

«Non ha importanza, hai detto la tua.» Era piuttosto freddo. Dovevo aspettarmelo dopotutto. Si era irritato e non era il tipo di persona che lo nascondeva. Probabilmente neppure apprezzava il fatto che fossi lì.

«Non è vero che non ha importanza. Se non fosse così tu non saresti qui a fare l'offeso!» insistetti sedendomi accanto a lui.

Sbuffò una risata. «Offeso?!»

«Arrabbiato? Deluso? Scocciato? Vuoi che vada avanti?» domandai inclinando il capo di lato. «Che cosa dovrei fare secondo te?»

«Non sono offeso, né altro. Che cosa vuoi?» Pensava di darmela a bere.

«Voglio stare in tua compagnia. Non ho voglia di lasciarti da solo.» Risposi guardandolo. «Lo sai che sto bene insieme a te.»

Si voltò a guardarmi confuso, per poi distogliere di nuovo lo sguardo. Almeno non mi aveva detto di andare via. Gli faceva piacere la mia compagnia, ma fingeva non fosse così.

«Ti piace il tatuaggio?» Mi chiese dopo un lungo silenzio che iniziava a diventare imbarazzante, guardando sempre la foresta. Era solo un caso ovviamente, ma avevamo lo stesso simbolo.

«Sì. Mi piace molto!» risposi alzando lo sguardo verso le fronde degli alberi. «Brucia un po' ma è tollerabile.» A poco mi sarebbe servito in futuro, ma era un ricordo indelebile. «Mi ricorderà tutta questa storia... un giorno.»

«Già... un giorno...» Continuò a guardare davanti a sé. «Credo tu abbia ragione. Non vale la pena vivere senza uno scopo. Quando sarà arrivato il momento, se non avrai trovato ciò che cerchi ti darò quello che mi hai chiesto.» Lo disse con un tono tranquillo e leggermente rassegnato.

«Troverò quello che cerco, adesso quantomeno non ho solo uno scopo, ne ho trovato un altro.» Dissi con sufficienza guardando verso il cielo. Ero ironica e sarcastica allo stesso tempo, come se volessi provocarlo.

Infatti mi guardò interrogativo. «Di cosa stai parlando?»

Mi voltai a guadarlo, sogghignando appena. «Affari miei!» Risposi sarcastica, incrociando le gambe. «Allora che vuoi fare, torniamo al villaggio e parliamo con il vecchio? O vuoi stare qui?»

«Hai fretta di parlare con quell'irritante vecchio ficcanaso?» Non investigò ulteriormente, lui aveva i suoi segreti ed io i miei.

«No! Non ho fretta.» Dissi poggiando il capo sulla sua spalla. «Adesso sto bene così.» Mormorai.

Mi osservò stranito. Non capiva perché mi comportassi così, cosa mi fosse preso. Si irrigidì come se volesse reagire e spostarmi da sé, ma non lo fece, anzi, espirò pesantemente ed iniziò a rilassarsi.

Non dissi nulla, restando semplicemente così, lasciando che il momento passasse.

Il litigio con lui mi aveva messo a disagio, come se mi dispiacesse più del previsto e non averlo accanto mi confondeva.

Luke era all'Inferno, prigioniero e forse torturato, almeno così credevo, ma accanto a Low spesso tutto cambiava e non capivo bene il motivo del perché mi sentissi così diversa in sua compagnia.

Ce ne restammo così, semplicemente in silenzio nella natura ad ascoltare e guardare la vita, almeno fino a che il sole e le temperature non iniziarono a calare. Mi aveva messo un braccio intorno alle spalle ad un certo punto, un po' per trasmettermi il suo calore, un po' per tenermi più vicina, tranquillizzandosi e rilassandosi a sua volta «Forse è meglio se rientriamo adesso. Prenderai freddo.»

«Va bene!» Dissi lanciandogli un'occhiata per poi alzarmi. Quell'accortezza era solo per me, lui non percepiva il freddo, non come me per lo meno e non doveva temerne certo le conseguenze. «C'è una cosa che volevo chiederti.»

«Cosa?» Mi domandò seguendo il mio esempio.

«Possiamo volare con le ali che abbiamo, vero? Non ho avuto il tempo di capire come si possa fare e inoltre volevo imparare a difendermi meglio.»

Visto quello che mi aspettava magari mi sarebbe stato utile e chi meglio di lui poteva insegnarmi qualcosa?

«Sì, possiamo volare.» Mi squadrò. «E hai decisamente bisogno di imparare a difenderti.» Iniziò a tornare al villaggio. «Domani inizieremo il tuo addestramento.»

«Grazie!» Dissi euforica aggrappandomi al suo braccio chiaramente felice delle sue parole.

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