Capitolo 32: Catene

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Masquerade - Lindsey Stirling


Quella cella non era sorvegliata, nessuna di esse lo sarebbe mai stata visto che non sarebbe servito assolutamente a niente. Erano i tuoi stessi sensi di colpa a tenerti chiuso lì dentro.

«Immagino ti sia divertito non poco con lui.» Punzecchiai Astaroth, riferendomi al povero Matt che cercava di recuperare il coraggio per entrare nella cella di Luke. «Guarda com'è teso. Era così nervoso anche con te?»

«Adesso non più. Strilla solo come un'aquila» sghignazzò il demone della superbia «Dovresti provare con lui, è decisamente stimolante.» Si zittì poi, nel vederlo finalmente entrare. «Oh, non credevo avesse il coraggio di affrontarlo sul serio. Dopo quello che è successo a Los Angeles e qui sotto, immaginavo che sarebbe andato a nascondersi in qualche buco e invece eccolo là, pronto a scontrarsi con il biasimo del suo vecchio amico.» Rise, ostentando strafottenza.

Il mezzo caduto se ne stava a terra, con le braccia tese ai lati e bloccate dalle catene demoniache, a torso nudo e con il capo chino in avanti. Aveva qualche graffietto qui e lì, assieme a qualche scenografica chiazza viola, ma nel complesso era comunque ancora bellissimo, al pari del mio mietitore, probabilmente.

Matt deglutii, entrando nella cella e impallidendo appena, come se tutto il suo coraggio venisse meno improvvisamente.

«Luke ... Perché sei venuto qui?»

Il mezzo caduto reagì a quella voce sollevando appena il capo e cercando di mettere a fuoco il ragazzo ben vestito che si trovava davanti. Lo avevo torturato con delle visioni e non mi stupii, quindi, del fatto che non credesse alla sua reale esistenza.

«Fantastico, un'altra allucinazione.» Fu infatti il suo commento. «Almeno hai cambiato soggetto, regina oscura, ero stufo di vedere Hope, Ruby e Caty.» Riabbassò di nuovo la testa, sofferente, come se non volesse incoraggiare quell'illusione.

«Non sono un'allucinazione, Luke! Come diavolo ti è passato per la testa di scendere qui sotto?» Domandò serio l'angelo caduto. «Sei stato un idiota!» Sospirò, distogliendo lo sguardo, palesemente nervoso.

Era come se faticasse a trovare le parole giuste. Immaginavo che avesse pensato a cosa dirgli, ma probabilmente tutti i suoi buoni propositi erano svaniti nello stesso momento in cui aveva visto l'uomo che amava e che era da sempre stato suo amico. Non mettevo in dubbio che stesse subendo il fascino del suo amichetto, persino io mi sentivo fremere alla sua vista.

«Dovresti sapere perché sono qui.» Gli rispose Luke, usando lo stesso tono che si userebbe con un'allucinazione. «La vera domanda è cosa ci fai tu qui?»

«No, non lo so perché tu sia venuto qui, non riesco a capirlo.» ribatté severo Matt. «E tu dovresti capire perché io voglia restare in questo luogo. Non c'è altro posto dove possa andare. Non posso più tornare in Paradiso.» rispose con un sospiro, sedendosi a terra contro la parete opposta a quella a cui Luke era incatenato, senza guardarlo.

«Sono qui per te, per riportarti indietro. Mi rifiuto di credere che tu sia caduto. Matt non avrebbe mai voltato le spalle a Dio e a noi.»

Alzò gli occhi verde smeraldo sul pulcino, ma lui non riusciva a sostenere il suo sguardo, sapeva di averlo deluso e di non meritare quanto avesse fatto per lui. Era consapevole di non aver avuto altra scelta, di aver fatto l'unica cosa possibile, vista la sua natura deviata, ma si sentiva comunque un mostro, un vigliacco che non era stato capace di reprimere l'aberrazione che era e che, anzi, non aveva fatto altro che alimentare, fino a che le sue ali non si erano scurite, rivelando a tutto il mondo cosa fosse davvero. Lui non meritava di sollevare lo sguardo su Luke, non meritava la sua benevolenza e il suo affetto, non meritava il suo sacrificio. Lui, semplicemente, era convinto di non meritare nulla.

«Sono caduto. Le mie ali sono più scure delle tue!» mormorò in tono basso. Quelle parole bruciavano più delle fiamme dell'Inferno. Era bastato solo vederlo ed era tornato di nuovo a sentirsi sbagliato, a vergognarsi di ciò che era. Quei dannati angeli erano una piaga, capaci solo di far sentire il prossimo fuori posto, sempre pronti a puntare quel loro ditino immacolato.

«Hai rinnegato Dio?» Gli chiese continuando a fissarlo. «Perché lo hai fatto? Maledizione, sono arrivato tardi!» Provò a strattonare le catene, anche se invano, facendo sentire Matt ancora peggio.

«Perché? Secondo te perché? Sai cosa sono, sai quali sono i miei istinti. Non sarei mai stato accettato dagli altri per quello che sono e non sarei mai potuto tornare a casa comunque.» rispose seccato, a capo chino e sempre senza guardarlo, poggiando le mani sulle ginocchia. «Mi ha reso lui così, nostro padre, eppure non posso esserlo. Va contro il volere di Dio essere ciò che lui stesso ha voluto che io fossi.» ringhiò rabbioso e infastidito.

«Non sei caduto per quello che sei, sei caduto perché hai rinnegato il tuo creatore!» gli ringhiò contro Luke, esasperato dal constatare che il suo sacrificio non era servito a nulla. Aveva lasciato la Nephilim senza protezione per compiere un'impresa fallita già in partenza. «Dio ti avrebbe accettato, noi ti avremmo accettato. Cristo santo, Matt, sono sceso all'Inferno per riportarti indietro!»

«Tu, forse, mi avresti accettato, ma gli altri? Gli angeli ammazzano i loro stessi figli per nascondere i loro peccati. Cosa credi sarebbe successo a me? Avrei comunque dovuto continuare a rinnegare ciò che sono.» Rispose lui con rabbia, alzando a sua volta la voce, ma sempre senza il coraggio di alzare gli occhi su di lui. «Dio non mi avrebbe accettato. Non lo avrebbe mai fatto, sai quali sono le sue leggi e le sue regole, sai qual è la punizione per chi disobbedisce.»

«Al diavolo le sue regole, Matt! Credi che ti avremmo voltato le spalle o che le volteremmo a Hope? Noi siamo una famiglia e poi come fai ad essere così sicuro che ci sarà una punizione? Hai mai visto un angelo essere punito per aver concepito un Nephilim?» Strattonava le catene nel tentativo di avvicinarsi a lui, ma non poteva muoversi. «Tu avresti fatto lo stesso per noi.» Proprio un principe azzurro che accorreva a salvare la principessa, peccato che Matt non fosse affatto una ragazzina indifesa che aveva bisogno di essere salvata.

All'Inferno gli avevamo dato la possibilità di essere se stesso e invece cosa gli aveva dato Dio? Perché mai avrebbe dovuto voler tornare sui suoi passi? Avrebbe dovuto rimpiangere il candore delle sue ali? Qui poteva avere ciò che voleva, poteva essere ciò che era e incontrare persone che lo avrebbero amato e apprezzato. L'Inferno lo avrebbe reso libero.

«No, ma ho visto Nephilim uccisi appena varcate le porte del Paradiso, solo perché erano considerati degli errori.» ribatté il caduto, alzandosi in piedi e scuotendo il capo. «Io sono anche peggio. Non fingere che non sarebbe successo nulla. Quando avevi la possibilità di aiutarmi, tu mi hai lasciato là dove ero!» Rispose secco, alzando finalmente lo sguardo su di lui.

Le iridi dei suoi occhi avevano perso tutto il pallore smorto della beatitudine ed erano diventate di un bel castano vivido e acceso, specchio della passione e dell'ardore che bruciavano nei caduti. Chiunque incontrava un paio di occhi come quelli, capiva bene che il suo proprietario non poteva più essere ingabbiato. Luke lo sapeva, visto che anche le sue di iridi avevano acquistato quella stessa intensità diversi decenni prima.

Sentii Astaroth ridacchiare, mentre continuava a mordicchiarmi e stuzzicarmi. «Ho fatto un ottimo lavoro.»

«Devo riconoscertelo, sei proprio stato bravo con lui.» mi congratulai con il demone steso alle mie spalle.

«Qui invece pensi che sarai libero?» Luke sosteneva lo sguardo di Matt, ricambiandolo con la stessa decisione e fermezza. «Hope era in pericolo, non potevo abbandonarla, ma ora sono qui, guardami. Sono qui per te, l'ho lasciata da sola per venirti a prendere.»

«Bravo, un'idea geniale! E come speravi di portarmi via? Kora vede tutto, non gli saresti potuto sfuggire.» gli fece notare distogliendo lo sguardo. «Ebbene sì, qui sono libero, mi accettano per quello che sono, a differenza di tutti quelli che per millenni ho chiamato fratelli, ma che mi avrebbero cancellato non appena avessero saputo la verità.» Ringhiò con rabbia. Lasciò che tutto l'odio e la frustrazione che per millenni si era tenuto dentro potesse finalmente rompere gli argini della sua timidezza e del suo carattere così mite e accondiscendente e travolgere il suo interlocutore come un fiume in piena. «Sono sempre stato dalla parte sbagliata. Sempre!»

«Non lo so come avrei fatto, ma di certo non potevo lasciarti qui. Non puoi dire sul serio, non puoi credere a quella donna. Questo è l'Inferno: qui torturano anime. Quella donna da ordini a un mietitore che uccide Nephilim.»

«Ti sbagli: qui non torturano anime. Sono le anime che si torturano da sole. Sei tu che continui a non capire.» replicò furibondo, tornando a guardarlo. «Gli angeli uccidono i Nephilim perché in Paradiso non li vogliono. Il mietitore li uccide dopo averli corrotti, facendoli cadere all'Inferno e continuare a vivere un'eternità che nel regno celeste gli sarebbe stata negata. Quanti ne sono stati uccisi? Quanti di loro sono stati consegnati a Michele affinché li trapassasse con la sua spada di fuoco? Ragazzi e ragazze poco più che maggiorenni, a volte persino bambini appena nati. Avevano tutta la vita davanti, Luke. Loro non avevano colpe, proprio come me, ma questo a loro non importa.» Indicò verso l'alto per sottolineare il soggetto. «Sai benissimo che sarebbe stata la fine che avrebbe fatto anche Hope. Michele l'avrebbe uccisa non appena se la fosse trovata di fronte alle porte del Paradiso. Non sarebbe la prima né l'ultima e lo sai. Non puoi salvarla, così come non potevi salvare Ruby. Puoi raccontarti tutte le storie che vuoi per convincerti di essere dal lato giusto, ma sai che non è così, sai che ho ragione.»

Matt gli aveva detto la verità: non poteva salvarla e non poteva raccontarsi frottole ancora per molto. Hope era mortale e presto avrebbe dovuto fare i conti con la pietà degli angeli, che lo volesse oppure no e le cose non sarebbero certo andate come lui sperava.

Ma Luke scosse il capo, fissandolo con uno sguardo deciso, come se fosse animato da una ferrea volontà. «Non lo avrei permesso.» Sibilò risoluto.

«E che cosa avresti fatto? Se ti fossi rifiutato di consegnarla avrebbero fatto lo stesso anche a te. Lo sai benissimo. Non si discutono gli ordini.» insistette, iniziando persino ad urlare, mentre Astaroth, nel guadare quella scena, rideva di gusto.

«Non lascerò che la uccidano, non importa quale sia il rischio.» Luke tornò ad afflosciarsi, le catene demoniache erano spossanti, prosciugavano tutta l'energia ai propri prigionieri.

«Così la condanni ad essere cancellata, Luke. Maledizione, possibile che non te ne renda conto?» Gridò fuori di sé, sbattendo il pugno sul muro. «A maggior ragione per il rapporto che avete. Qui è l'unico posto in cui potreste stare. L'unico!» esordì con respiro irregolare. «So cosa provi per lei, lo so benissimo, credimi. Ma così non l'aiuti. Non l'aiuti standotene qui a sperare che Michele sarà comprensivo con lei solo perché tu sei un suo discepolo!» sbottò, aprendo le braccia con fare teatrale. «Lei è già in mano al mietitore, questa è la sua unica possibilità di sopravvivere.»

Il moro sollevò lo sguardo su di lui. «Stai mentendo. Mark e Joan non lo avrebbero mai permesso.» In fondo lo sapeva anche lui, se lo sentiva, negarlo non sarebbe servito. Ma la speranza che non fosse vero, che Hope non fosse tra le mani di Low, restava.

«Che possibilità avevano contro di lui? Quali?» mormorò in tono basso, come se gli stesse rinfacciando la scelta che aveva fatto. «Avresti dovuto restare con lei e proteggerla.» sussurrò poi triste, abbassando lo sguardo, sfinito. «Ad ogni modo, cercherò di trovare un modo per farti andare via da qui.»

«Matt...» non sapeva cosa altro aggiungere, non c'era niente da dire, in effetti. Matt non sarebbe andato via con lui come sperava quando aveva attraversato il nero cancello, non in maniera permanente per lo meno. Non sarebbe più tornato in Paradiso e non perché non poteva, bensì perché non voleva. Ora non restava che far cadere lui.

«Non c'è nulla da dire, Luke!» mormorò il mio nuovo caduto, stanco e triste, senza guardarlo. Aveva finalmente capito che i suoi sentimenti per lui non potevano in alcun modo concretizzarsi. Il cuore dell'angelo apparteneva alla Nephilim e anche se era sceso fino all'Inferno per lui, non avrebbe mai potuto ricambiare ciò che provava. Doveva dimenticarlo, rompere i legami anche con l'ultima cosa che lo legava al regno celeste. «Mentirei a dirti che io qui non sto bene. La prima volta da millenni che mi sento davvero me stesso.» aggiunse, tornando a guardarlo. «Non puoi cercare di proteggere Hope, questa è la sua unica alternativa. Ti prego, non fatevi cancellare.»

«Mark e Joan non cadranno mai. Ci sarà una guerra e potresti trovarti a combattere contro di loro. Cosa farai allora?» Sollevò un'ultima volta gli occhi su Matt.

«Non lo so. Ma cosa avrei dovuto fare secondo te? Continuare a negare chi fossi e nascondermi, nella speranza che nessuno si accorgesse mai di quanto fossi deviato?» Scosse il capo. «No. Non posso più tornare indietro.»

«Perdonami per non essere riuscito a salvarti, Matt.» Abbassò la testa, sconsolato. Non aveva salvato lui e non poteva salvare la Nephilim: non poteva salvare nessuno, era una guerra persa in partenza.

«Salva Hope.» insistette però il mio pulcino, lanciandogli un'ultima occhiata, sospirando, per poi uscire dalla cella, emotivamente distrutto, consapevole che l'unico modo per salvarla era mandarla da me.

«Credo sia giunto il momento di andare a fare due chiacchiere con il mezzo caduto.» valutai, spegnendo lo specchio e stiracchiandomi.

«Io vado a recuperare i cocci del cuoricino spezzato del pulcino!» ridacchiò Astaroth, mordendomi il collo e stringendomi a sé, accarezzandomi il petto con fare lascivo, spingendomi di nuovo sul letto.

«Qualcosa mi dice che tu non abbia fretta.» sghignazzai, terribilmente su di giri per quella mia piccola vittoria sul creatore. Gli avevo portato via uno dei suoi preziosi evangelisti e stavo quasi per mettere le mani sul secondo.

«Assolutamente no. Lasciamolo cuocere per un po' nel suo brodo.» Sghignazzò mentre mi afferrava per i capelli. «Tu hai sempre la priorità.»

Non mi lasciò decisione. Il demone della superbia mi conosceva fin troppo bene da toccare i punti giusti per portarmi dove lui stesso voleva ed era terribilmente bello lasciare finalmente le redini del potere a qualcun altro, anche se solo temporaneamente.

Perdemmo tempo, dimenticandoci in quelle ore del quasi caduto e dell'angelo che ormai era totalmente nelle nostre mani, dedicandoci solo a noi stessi. Era come sottolineare il concetto che io stessa volevo rendere così palese a tutti e che nessuno riusciva a capire. Quello stesso concetto di libertà e libero arbitrio che invece gli alati del Paradiso non avrebbero mai avuto. Fu dopo quei momenti interminabili che finalmente il mio demone si decise a lasciare il letto.

«Credo che andrò ad occuparmi del mio piccolo pulcino. Tornerò più tardi.»

«Se stasera, dopo la tripletta con me e l'incontro con il pulcino sarai ancora in piedi, si vede che hanno sbagliato ad attribuirti il tuo peccato.» scherzai, sgusciando fuori dalle coperte per fare un bagno, sarei andata da Luke nella mia forma migliore.

«Oh... io credo invece che sia perfetto il mio peccato.» ridacchiò con espressione arrogante, stiracchiandosi. «Pruslas sarà anche la reincarnazione della lussuria, ma non è il migliore!»

«Ed io voglio solo il meglio.» gli strizzai l'occhio, dirigendomi verso il mio bagno privato per immergermi nell'acqua calda e rilassarmi.

Quando finalmente arrivai alla cella di Luke, lo trovai nella stessa posizione in cui lo avevo visto con Matt, chinato e con il capo abbassato.

Aveva le braccia tese verso l'alto, sospese, mentre lui era in ginocchio. Nonostante fosse ridotto in quello stato era un vero spettacolo. Mi ricordava molto il mietitore durante la notte in cui divenne il mio angelo della morte, bevendo il mio sangue e firmando il patto che lo avrebbe legato a me per oltre settecento anni.

Non avevo difficoltà a capire il motivo per cui la piccola Nephilim e lo stesso Matt erano caduti letteralmente tra le sue braccia.

Non fece nulla appena entrai, come se non si fosse affatto accorto di me. «Sai, mi dispiace vederti in queste condizioni, non è così che dovrebbero andare le cose.»

Lui alzò appena lo sguardo su di me, osservandomi con disgusto. «Già, non dovevano.» Rispose cupo.

«Non guardarmi così. Cosa pretendevi? Che ti lasciassi fare i tuoi comodi in casa mia? Altrove ti avrebbero cancellato senza pietà e invece io sono qui a tenderti la mano.» Lo osservavo a distanza, era davvero molto bello, anche in quelle condizioni, ma era pur sempre un animale selvatico e feroce che bisognava tenere alla catena.

«Lo sai che le tue belle parole non hanno effetto su di me.» Rispose freddamente, riabbassando il capo. «Che cosa hai fatto a Matt?»

«Niente. Ho lasciato la porta aperta, in modo che avesse un posto dove rifugiarsi e sentirsi accettato, dove non avrebbero provato a cancellarlo per quello che è.» Mi avvicinai di qualche passo. «E la porta è aperta anche per te, è aperta per tutti quelli che cercano una casa.»

«Questa non è una casa. Questo è l'Inferno e non ho nessuna intenzione di restarci. Hai corrotto Matt, tu e la tua squallida marmaglia di demoni.» ringhiò rabbioso. «Avremmo accettato Matt, avremmo trovato una soluzione.»

«Sì, avresti accettato Matt, e lo avreste convinto che Dio non lo avrebbe cancellato se si fosse sinceramente pentito e forse vi avrebbe dato retta. Avrebbe represso per tutta l'eternità la sua natura e i suoi sentimenti, almeno fino a quando uno dei lacchè di Dio non lo avesse scoperto con le manine nei pantaloni di un altro maschietto e lo avrebbe punito.» Mi avvicinai ancora. «Avrebbero tagliato le ali a lui e a chiunque lo avesse protetto, nel migliore dei casi, o lo avrebbero cancellato, se vi avesse scoperto un fanatico. Qui è al sicuro ed è felice, si sente accettato e ben voluto, ci sono persone qui che possono ricambiare i suoi sentimenti.»

«Le tue parole sono menzogne. Lo state solo adulando e gli state facendo credere realtà che non esistono. Vi state prendendo gioco di lui.» sibilò indignato, alzando lo sguardo su di me e tirando appena le catene. «Lo vedrà lui stesso, prima o poi, che gioco state facendo. Quello che gli hai mostrato è solo un miraggio di quello che vorrebbe lui. Credi che non sappia come agisci? Quanto tu sia subdola?» domandò con rinnovato disgusto.

«Credi di conoscermi?» sghignazzai. «Ti sbagli di grosso: di me sai soltanto le sciocchezze che ti hanno rifilato gli angeli. Vedi, a loro serve un cattivo per sembrare buoni. Posso essere tua amica e aiutarti, se me lo permetterai.»

«Le tue parole non hanno funzionato già una volta. Sai che non ti ascolterò comunque. Non ho intenzione di cadere.» rispose risoluto.

«E che intenzioni hai?» chiesi curiosa, inginocchiandomi dinanzi a lui. «Io credo nel libero arbitrio e nella possibilità di scegliere da sé il proprio destino. Se non vuoi cadere, liberissimo di non farlo. Ti rimanderò indietro a provare a convincere la tua donna a tornare con te, attendendo insieme che gli angeli vi uccidano entrambi. Per me non ci sono problemi. Per i miei scopi non cambia molto se siate con me o se veniate cancellati, fa lo stesso, quindi non ho motivo di tenerti qui. Volevo solo che capissi realmente cosa ti sto offrendo, prima di fare la tua scelta. Io ti do la possibilità di salvare la Nephilim e vivere per sempre con lei.»

«Quello che offri tu non è libero arbitrio. Chi resta qui è sotto il tuo dominio e deve fare ciò che vuoi tu.» Ringhiò assottigliando lo sguardo. «Il tuo è solo un falso luogo dove fai credere di essere liberi quando tu stessa sei quella più legata di tutti.» Rispose, osservandomi irritato. «Non lascerò scendere Hope qui sotto. Troverò un'alternativa. Per quanto assurdo sia, Dio ha i suoi piani, li ha sempre avuti e tu lo sai bene.»

«Ma davvero? Per questo la Nephilim precedente si è gettata da un ponte e tu hai perso un'ala? Per questo stavi per cadere? Per questo la tua preziosa Hope va a letto con il mietitore? Credi che questi siano i piani di Dio? Dov'era Dio quando i Nephilim venivano abbandonati alla nascita a una vita atroce, colma di sofferenze e solitudine per poi venire cancellati brutalmente? Tu lo sai che ho ragione, non avresti le ali ridotte così se non fossi d'accordo con me. Questo non è il posto terribile che immagini.» Cercai di sostenere il suo sguardo.

«Questo posto potrebbe essere anche peggio! É inutile che cerchi di convincermi. Inutile che cerchi di riempirmi la mente di menzogne. Hope non è stata con il mietitore, né ci andrà mai!» mi sibilò contro con odio, chiaramente infastidito all'idea della sua amata assieme a Low. «Hai detto che mi avresti rimandato indietro e allora fallo. Vediamo quanto mantieni davvero le tue promesse.»

«Non credermi se non vuoi, ma le cose stanno così. Lei è con il mietitore da una settimana, si sono nascosti in un villaggio Sioux, sono partiti di lì questa mattina. Lui non la sta obbligando, lei lo sta seguendo di sua volontà.» Cercai di mantenere la calma e di usare un tono non irritante. «Qui è il solo posto dove lei possa essere al sicuro, anche se a questo punto non so se lei voglia stare più con te.» Mi alzai diretta alla porta. «Sarò di parola e ti lascerò andare, ma non prima che tu capisca come stanno davvero le cose, per ora, se lo vorrai posso mostrartela.»

«Non voglio che tu mi mostri nulla. Non ti credo e non sono tanto stupido da fidarmi di te. Credi che non sappia che mi potresti far vedere ciò che vuoi? Questo non è il posto adatto a Hope e lei con il mietitore non ci andrà mai.» insistette, gridandomi quasi contro.

«La verità è molto meglio di qualunque bugia io possa mostrarti. Fa molta più paura e può fare molto più male, ma alla fine è l'unica che possa farti trovare la tua strada e renderti libero.» Gli fissai gli occhi addosso e schioccai le dita per liberarlo dalle catene. «Vieni con me. Lo specchio nero è in un'altra parte del palazzo. Quella è una delle poche finestre che ho sul mondo esterno.» Mi avviai verso l'uscita della cella.

Lui mi osservò guardingo, alzandosi in piedi. Non era uno sciocco e non avrebbe fatto nulla di insensato, ma era palesemente in guardia, come se temesse qualche brutto tiro da parte mia. Prese a seguirmi in silenzio, guardandosi attorno con rapide occhiate, ma tenendo principalmente l'attenzione su di me.

Gli feci fare un bel giro panoramico, per mostrargli la bellezza dell'Inferno, senza fermarci da nessuna parte in particolare. C'erano persone che volevano vederlo e che lui avrebbe dovuto incontrare, una soprattutto, ma avrei rimandato a dopo gli incontri, in quel momento volevo mostrargli la sua Hope.

«Sta tranquillo, non ho niente di losco in mente.» Cercai di tranquillizzarlo.

Lui sbuffò, distogliendo lo sguardo. Non sembrava ammirato quanto Matt dal luogo su cui regnavo dalla notte dei tempi. Era palesemente circospetto e sospettoso di tutto.

«È strano: da quando sei qui non hai chiesto di una persona. La tua mente è così piena di Hope che l'hai dimenticata?» gli chiesi affiancandolo.

Lui si irrigidì alle mie parole, ma non disse nulla, limitandosi a lanciarmi un'occhiata infastidita.

«Sta bene, se ti interessa, ed è felice, si sente accettata e ha anche un "ragazzo" con cui vive. Direi che ha buoni gusti in fatto di uomini. Adesso è decisamente più serena di quando si lanciò da quel ponte. Se vorrai vederla ti indicherò dove trovarla.» Dovevo solo mostrargli che il mio regno non era così oscuro così come lo dipingevano nelle grandi cattedrali bianche del Paradiso.

Lui scosse il capo, socchiudendo gli occhi. «Le tue sono solo mere illusioni. Se davvero vuoi una guerra, quante di queste persone che hai qui dovranno perdere la vita per il tuo ideale?» Replicò lui.

«Quelle che lo condivideranno con me. Non si può vincere una guerra senza vittime, ma nonostante ciò non possiamo restarcene qui a subire senza muovere un dito. La tua Hope è l'ultima Nephilim attualmente in vita, ma non sarà l'ultima ad essere concepita e poi abbandonata, cancellata per il solo peccato di essere nata. Matt non sarà il solo a vedersi negato il perdono solo perché è nato diverso. Ci saranno altre piaghe e punizioni divine, altro male che non sarà punito e tutto questo deve finire. È ora che in Paradiso capiscano che non basta avere le ali bianche e vivere in grandi cattedrali per essere nel giusto.» Mi fermai e lo osservai. «Ho passato l'eternità ad assicurarmi che le anime dei malvagi finissero dove meritavano di stare e ho dato una casa a quelli che non ne avevano una. Ci sono novantanove Nephilim all'Inferno. Cento se conti anche me, anche se in realtà sono un angelo di seconda generazione. Ci sono centinaia di caduti che hanno pagato cara la libertà di pensiero e la loro diversità, mentre chi uccide i propri figli indossa l'armatura dorata delle milizie celesti. Sei dalla parte sbagliata e non te ne rendi conto. Gli angeli e i Nephilim che sono qui darebbero la vita per la mia causa perché preferirebbero perderla per la loro libertà, piuttosto che per la sola colpa di essere nati.»

«E per chi non volesse partecipare a questa guerra? Che cosa gli faresti?» Scosse il capo. «Credi davvero che la volontà di Dio sia così sciocca? Si tratta di equilibrio, cosa pensi che accadrà dopo? Quali saranno le conseguenze?»

«E cosa pensi che farà Dio a chi si rifiuterà di combattere? Forse hai dimenticato cosa accadde quando mio padre fu cacciato.» Ero piuttosto seria, non ero per niente in buoni rapporti con il creatore. «Quando avrò preso il Paradiso ci sarà un nuovo equilibrio. Eliminerò quelle sciocche regole arcaiche e gli angeli come Mark e Joan potranno stare insieme, chi è diverso come Matt non sarà più considerato tale e i Nephilim saranno riconosciuti come angeli a tutti gli effetti, una volta liberi del loro involucro mortale. I malvagi saranno puniti e i giusti premiati. A tutti sarà concesso il libero arbitrio e il perdono sarà uguale per tutti.» Mi avvicinai a lui sfiorandogli la spalla. «Quelli come te riavranno le proprie ali e non dovranno più nascondere i propri sentimenti. Creerò un mondo migliore, Luke.»

Lui si ritrasse infastidito guardandomi con astio. «Arriverai solo ad avere il caos. Come fai a non capirlo? Non può esserci una libertà come quella che tu descrivi. Stai guardando solo un lato della medaglia e non sono tanto sciocco da non capirlo.» rispose seccato. «Fomenti solamente una guerra che porterà a cancellare angeli, demoni e Nephilim, per un'idea che non starà mai in piedi.»

«Preferisci che le cose restino così? Preferisci che Matt sia braccato come un animale, che la Nephilim venga cancellata, che Joan e Mark non stiano mai insieme e che tu perda le ali? Per quale peccato poi?» gli chiesi seria, ricominciando a camminare. «Se è questo quello che vuoi, non sarò certo io a fermarti. In fin dei conti è anche questo il libero arbitrio: ciascuno è libero di scegliere per cosa morire.»

«Preferisco tentare altre strade che rendermi partecipe di una strage inutile di anime!» rispose lui risoluto, incrociando le braccia. «Ci saranno delle alternative al caos che intendi far esplodere.»

«Non ce ne sono. Fino a che sarà Dio a disporre di tutto, allora dovrai seguire le sue regole.» Mi fermai davanti alle porte delle mie stanze spalancandole. Entrai per andare a recuperare lo specchio nero, per poi avvicinarmi di nuovo a Luke. «Pronto a rivederla?»

Lui strinse le labbra guardandomi con odio. «Credi forse che cambierà davvero qualcosa? Chi mi dice che quello che mi farai vedere corrisponda alla verità?»

«Se hai paura di vedere come stanno le cose allora ti consiglio di non guardare.» Posai lo specchio su di un supporto su cui restò sospeso e passai la mano sulla sua superficie riflettente. «Gli specchi non mentono mai, Luke.» spiegai, portando lo sguardo per un attimo su di lui, mentre la mia finestra sul mondo dei vivi si ricopriva di fiamme nere ed iniziava a mostrarci le prime immagini.

Assottigliò lo sguardo e irrigidì la mascella. Era combattuto: non sapeva se fidarsi o meno, glielo leggevo in faccia, ma gli bastò vedere quel viso per un attimo e il suo cuore seppe prima della sua mente quale fosse la cosa giusta da fare.

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