Capitolo 39: La Strega

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My immortal - Lindsey Stirling


«Sara; si chiamava Sara.»

«Come era?» domandai, cercando di condividere il doloroso peso che si portava dentro ormai da secoli.

«Un po' come te, energica, piena di vita, radiosa e incorruttibile. Era di un altro secolo; un'epoca in cui tutto era più complicato, ma anche molto più semplice.» Si girò a guardarmi per verificare che il suo racconto non mi turbasse.

Quando avevo suonato al conservatorio avevo trasmesso una serie di sensazioni che gliel'avevano fatta ricordare e al contempo soffrire per quella reminiscenza, così decisi di esortarlo a continuare il suo sfogo commemorativo, in modo da dare consistenza all'ombra che aleggiava tra noi e poterla finalmente mettere da parte una volta per tutte.

«Per questo te la ricordo.» Sorrisi, non lo dicevo per gelosia, ma semplice costatazione. «E come vi siete conosciuti?»

Lui sospirò, poggiando il capo sul poggiatesta con un'espressione che si faceva via via sempre più malinconica, prima di iniziare a raccontare in tono basso quella che fu la sua storia.

Era il 1692, in un mondo totalmente differente, con regole e moralità diverse da quelle di adesso.

Un mondo più ignorante, ma nell'insieme più semplice e molto più vivo, senza tutta la moderna innovazione e tecnologia che rende molti esseri umani degli inetti legati a cose meccaniche e materiali.

Non mi limitavo a cacciare i Nephilim e a recuperare anime per Kora, ma mi sono sempre dedicato anche alle bestie infernali che scappavano dall'oscuro regno, braccandole per rimandarle a casa, oppure cercavo di porre fine a tutte le morti inutili dovute alla stupidità e irrazionalità umana.

Tra i viventi le stragi sono sempre state viste come qualcosa di legato al male, ci è stata sempre imputata la responsabilità per ogni bruttura del mondo o comportamento spregevole, ma in realtà non siamo responsabili delle scelte compiute dagli umani né della loro malvagità; anzi, dal punto di vista infernale, certi avvenimenti non erano che una grossa seccatura.

Solo la seconda guerra mondiale contò sessantasei milioni di vittime. Prova a valutare quante di quelle erano innocenti e quindi ascese al Paradiso e quante invece dannate all'Inferno: poche, molto poche. Milioni di anime pure andate a rimpolpare le schiere celesti, passate a miglior vita prematuramente senza la possibilità di corromperle e farle cadere. Chi ci perdeva, eravamo noi.

Per questo Kora mi mandava anche a porre fine alle guerre, in maniera discreta, certo, senza apparire mai nei libri di storia. Avevo il paradossale compito di ripulire il mondo dal male, lo rastrellavo alla ricerca di anime nere da poter mandare nel luogo che spettasse loro, prima che potessero pentirsi o agire per conto del Paradiso come reclutatori. Anime nere, folli come Hitler, valevano più di una quarantina di ladruncoli e peccatori. Più i loro crimini coinvolgevano persone innocenti e più le loro anime erano ben pagate all'Inferno.

Il diciassettesimo secolo, sebbene fosse epoca di scoperte e di innovazione, era ancora profondamente segnato da ignoranza e bigottismo, terreno fertile per far germogliare il male.

Salem era conosciuta per essere la città delle streghe, il maggiore focolaio dal quale nascevano queste "serve del diavolo" che vendevano se stesse a Lucifero. Sembrava fosse un vero e proprio banchetto per il maligno che giorno dopo giorno infettava le fragili donne, facendone sue concubine.

Che cosa stupida e assurda, considerato che Satana, il Diavolo o Lucifero, già non era più il reggente dell'Inferno da decine di secoli, ormai. Al suo posto, sul nero trono, Kora si infuriava per tutte quelle donne innocenti che venivano distrutte in nome di Dio e ovviamente finivano in Paradiso.

Gli inquisitori non davano tregua, facendo ancora uso del "Malleus Maleficarum", sul quale si basavano per processare povere ragazze innocenti che non avevano nessun'altra colpa se non quella di essere curiose, intelligenti o straordinariamente attraenti.

Avevo già ucciso molti inquisitori, mandandoli all'Inferno, dove la mia regina dava loro ciò che meritavano, e ormai l'inquisizione alle streghe era stata debellata dappertutto.

Ovunque tranne che a Salem.

All'epoca mi fingevo un uomo di Dio, apparendo come qualcuno che lavorava in suo nome per punire i peccatori e le peccatrici, distruggendo io stesso le streghe, tanto che il nome che utilizzavo all'epoca era conosciuto da tutti.

Quando raggiunsi Salem era notte fonda e pioveva a dirotto, con tanto di tuoni e fulmini che illuminavano quella cupa oscurità notturna e facevano vibrare il terreno, sul quale il mio cavallo avanzava a capo chino, completamente zuppo quanto me.

Entrai nella città deserta, quasi fosse abitata solo dai fantasmi delle giovani le cui vite erano state prematuramente spezzate. L'unica scintilla di vita, in mezzo alla tempesta, era prigioniera nelle gabbie disposte al centro della piazza pubblica, tra le cui sbarre intravidi ben tre figure accovacciate.

Streghe, così le chiamavano, accusate di atti efferati e orribili nefandezze perpetrate su comando del loro signore oscuro; sarebbero presto state sottoposte processo e tortura nella speranza che ammettessero i loro peccati e la loro vera identità di serve del diavolo.

Non ho mai capito come alcune di loro, nonostante le indicibili torture, riuscissero a rimanere salde e incrollabili fino al loro ultimo respiro tra le fiamme dei roghi.

Mi avvicinai alle celle, spronando appena la mia cavalcatura che mi rispose con uno sbuffare.

Due di loro si lanciarono contro le sbarre, infilando le braccia e agitandosi per attirare la mia attenzione. Urlavano e supplicavano, gridando la propria innocenza; la terza alzò appena lo sguardo per poi riabbassarlo e stringersi nelle ginocchia, tremando per il freddo e completamente zuppa.

La guardai per un attimo per poi andare avanti a condurre il cavallo verso la chiesa della città.

Era tardi e probabilmente erano già tutti a letto, ma la cosa non mi importava, il mio nome e la mia reputazione erano tali da intimorire chiunque e nessuno avrebbe osato lamentarsi.

Portai l'animale sotto il portico e lo liberai dalla sella e dai suoi finimenti, prima di bussare alla porta posteriore che portava alla sacrestia, suonando la campanella nella speranza che qualcuno arrivasse ad aprirmi.

Sapevano del mio arrivo, anche se non avevano idea di quando sarebbe avvenuto, considerando che il viaggiare a cavallo era molto diverso che farlo in auto.

Accorse ad accogliermi un ragazzetto con la chierica e la tunica che, riconoscendomi e vedendomi tutto zuppo, sbiancò.

«Eccellenza, perdonatemi per l'attesa.» Lo avrebbero rimproverato e punito per avermi lasciato sotto la pioggia battente. A quell'epoca la disciplina veniva impartita con forza e sadica determinazione, soprattutto tra i ranghi ecclesiastici.
Il ragazzo si affrettò a farmi passare e a prendermi il mantello.

Lo lasciai fare, entrando e guardandomi attorno. «Ho bisogno di vestiti puliti,» ordinai, tornando a voltarmi verso di lui «e asciutti. Che venga dato da mangiare al mio cavallo e portatemi i registri, voglio vederli.»

«Sì, eccellenza!» Nonostante l'ora tarda, il ragazzo si mise all'opera mostrandomi la camera in cui avrei potuto asciugarmi e cambiarmi e mi portò i grossi tomi dove erano raccolte le prove che imputavano quelle ragazze come colpevoli di atti indicibili. «Serve altro, eccellenza?» mi chiese, prima di andare a occuparsi del cavallo.

«No» risposi senza guardarlo, per poi iniziare a cambiarmi appena fu uscito.

Con un sospiro, finalmente buttai gli abiti bagnati in un angolo, cambiandomi; mi sedetti alla scrivania illuminata da una candela e iniziai a leggere i libroni che il giovane monaco mi aveva procurato, rispondendo con solerzia al mio ordine. Dovevo conoscere cosa era successo lì prima di chiudere definitivamente la storia dell'inquisizione a Salem e togliere di mezzo chi ancora fomentava quella stupida caccia alle streghe, ma prima dovevo capire chi fossero le incriminate e chi c'era dietro a tutto quanto.

Lessi le solite sciocchezze: il nome di ciascuna ragazza e tutte le assurde accuse senza né capo né coda. Una aveva fatto inaridire il raccolto, l'altra aveva causato un aborto e poi lei, Sara, la strega amante di Satana; era stata arrestata da un uomo molto influente nell'inquisizione, per cui non mi stupii molto il fatto che le sue accuse fossero tra le più gravi e imperdonabili.

Sbuffai annoiato, leggendo quella robaccia per poi passare al recupero delle informazioni su questo fantomatico autorevole uomo che gestiva il tribunale.

Spesso capitava che una donna venisse avvicinata da qualche membro dell'inquisizione con intenzioni lascive e peccaminose e, se respinti, mettevano a ferro e fuoco le povere ragazze. Letteralmente.

Per gli addetti ai lavori "amante del diavolo" significava proprio questo: la ragazza doveva aver rifiutato l'inquisitore.

Sogghignai, un'altra anima nera da portare all'Inferno nella sua personale cella, preparata su misura per le sue nefandezze. Un'anima in meno da consegnare a Kora, per quanto ormai mi stessi abituando a quella situazione e non sentissi la necessità di avere fretta nel portare a termine il lavoro.

Prendere l'anima di quei laidi maiali era la parte che più mi piaceva del mio lavoro; mi sarei divertito e avrei messo fine all'inquisizione per poi tornare a cercare il prossimo Nephilim. Ne avevo trovati circa una cinquantina all'epoca e in Paradiso ancora non avevano piste su cosa si stesse muovendo nell'ombra.

Chiusi i registri e mi misi a riposare, anche se all'alba ero già in piedi chiedendo di farmi portare le ragazze, da sole, in una stanza apposita per poterle interrogare. Feci anche notificare all'inquisitore la mia intenzione di avere con lui un colloquio privato.

Nel frattempo vidi le ragazze, una ad una.

Le prime due mi chiesero pietà, dichiarandosi innocenti e inginocchiandosi, distrutte nell'animo e nella psiche, non dandomi nessun dato rilevante alla mia vera indagine.

Poi entrò in stanza lei.

Manteneva lo sguardo basso, ma nonostante tutto mostrava grande dignità. Se ne stava dritta con il capo chino in avanti, tremando leggermente. Era fradicia, piccola e magrolina, con i capelli castani umidi di pioggia e indosso solo la sottoveste bianca, resa trasparente dall'umidità.

«Ti chiami Sara» osservai, guardando il registro di fronte a me. «Sembra che tu abbia incontrato Satana in persona» riportai fedelmente, alzando lo sguardo su di lei. «Me lo hanno descritto in molti, che aspetto ha?»

«Ha importanza?» chiese tenendo il capo chino. «Qualunque cosa dirò finirò sul rogo, eccellenza. Scriva che ho confessato e facciamola finita.»

«Non hai già confessato? Credevo che vi avessero torturato per farvelo fare» risposi duro osservandola. «Come si chiama l'inquisitore che ti ha denunciata come strega?»

«L'inquisitore Parris, ha appena iniziato con le torture. Alla fine mi farà confessare qualunque cosa voglia, quindi le semplifico il lavoro, eccellenza; scriva che ho confessato.» Riabbassò il capo e strinse le labbra. «Sappiamo tutti come vanno le cose. Verrò torturata e stuprata fino a quando non sarò troppo malridotta, a quel punto mi bruceranno. Le chiedo un atto di clemenza, mettetemi direttamente al rogo.» Sollevò gli occhi castano dorati su di me e già per quel gesto un altro al mio posto l'avrebbe colpita talmente forte da spaccarle il labbro. Era impensabile per una donna parlare in quel modo a un uomo, soprattutto uno con la mia posizione.

Ricambiai quello sguardo senza battere ciglio e mostrare alcuna emozione. Avevo conosciuto un sacco di donne che al suo posto si erano abbandonate a crisi di pianto isteriche, motivo spesso usato contro di loro per indicarle come possedute dal loro padrone.

Altre invece erano come lei, inflessibili e con una loro dignità, pur sapendo cosa sarebbe successo loro nel giro di pochi giorni.

«Sai vero, che è indifferente che tu ammetta o meno chi tu sia? Ti tortureranno lo stesso, prima di bruciarti e mandarti all'Inferno a pagare per ciò che hai fatto» risposi freddo, tornando a guardare il registro.

Abbassò lo sguardo rassegnata, consapevole. Una volta ricevuta un'accusa di stregoneria era davvero difficile essere scagionata. Avrebbe potuto provare ad accontentare l'uomo che l'aveva accusata, ma anche così non aveva nessuna certezza. Una volta stancatosi di lei sarebbe finita comunque sul rogo. Il suo solo peccato era di essere una che si faceva notare. Non aveva una bellezza prorompente, ma era particolare con quella dolcezza e innocenza che non smetteresti mai di guardare. Non era la prima, non aveva scampo, ma con un po' di fortuna, forse sarebbe stata l'ultima.

«Hai così tanta fretta di scendere all'Inferno dal tuo signore?» domandai inarcando un sopracciglio. «O vuoi vivere?»

«Voglio vivere, ci sono ancora molte cose che vorrei fare, ma non ho speranze. Non posso dare all'inquisitore ciò che vuole, esso è il dono che Dio mi ha fatto e appartiene al mio futuro marito, non ha il diritto di portarmelo via. Per questo chiedo clemenza per una morte rapida. Non mi importa cosa si dica di me, perché Dio conosce la verità, sa che sono qui perché mi sono rifiutata di essere l'amante del diavolo. Mi importa solo che non mi porti via l'unica cosa che ho da proteggere.» Si strinse le braccia intorno al corpo, continuando a tremare per il nervoso oltre che per il freddo, ma non crollò, rimase quanto più dritta possibile, mostrando una grande dignità e una ceca fiducia in una giustizia dopo la morte che non poteva avere nel mondo dei vivi.

Parlava del creatore con libertà e un altro al mio posto l'avrebbe letteralmente massacrata per aver fatto il suo nome, come se il solo averlo pronunciato, essendo considerata un'eretica, fosse uno dei peccati più gravi.

«Se davvero Dio è così magnanimo perché ora sei qui di fronte a me?» risposi tornando a guardarla. «Il dono che ti ha dato ti ha messo in queste condizioni e ti porterà a una morte dolorosa. Per quale motivo, secondo te?» domandai sarcastico per poi incrociare le braccia al petto.

Non mettevo in dubbio che lei lo sapesse e che stesse parlando con sincerità, forte della sua fede, non temendo di invocare il suo nome.

Ma l'uomo è più malvagio di quanto si possa credere e chi aveva messo lì quelle ragazze aveva un animo più oscuro di quanto quelle stesse persone potessero immaginare.

Non potevo semplicemente porre fine alla vita dell'inquisitore, se lo avessi fatto non sarebbe cambiato niente, avrebbero nominato qualcun altro e altri innocenti sarebbero stati uccisi e mandati in Paradiso. Dovevo organizzare qualcosa che mi permettesse di incastrare Parris e chi lo avesse aiutato, e forse quella ragazzina che avevo di fronte poteva essermi più utile di quanto credesse.

«Dio non interferisce con noi. Lui ci fa dono della vita e poi ci lascia liberi di farne ciò che vogliamo, ci insegna cosa è giusto e cosa non lo è e poi ci lascia fare le nostre scelte. Non sono qui perché lo ha voluto lui, non posso essere arrabbiata con lui. Non ne ho il diritto.» Teneva la testa abbassata, cercava di fare la dura ma aveva paura, si vedeva, era già un miracolo che non stesse piangendo. Si stava aggrappando a quegli ultimi momenti di pace e tranquillità prima che le torture ricominciassero, le avrebbero fatto cose atroci il cui solo pensiero avrebbe fatto smarrire la mente di chiunque, ma lei cercava di resistere, almeno finché ne fosse stata capace.

«E se non è sua la colpa allora di chi credi che sia?» domandai curioso.

Non era la prima volta che sentivo parlare così gli umani, erano attaccati morbosamente a Dio, molto più di quanto lo siano adesso. All'epoca vivevano nel terrore di finire all'Inferno, ma molti di essi, invece, utilizzavano il suo nome per poter godere dei loro vizi e della loro follia indisturbati; torturavano e davano sfogo alla loro crudeltà traendone piacere, credendo davvero di essere stati mandati dal loro creatore, ma non avevano idea di cosa li aspettasse una volta giunti alla fine della loro vita mortale.

Kora si divertiva talmente tanto con loro da aver persino perso temporaneamente interesse per me. Era come se, ogni volta che gli mandavo un inquisitore, gli spedissi un nuovo giocattolo.

«Stai forse dicendo che noi, uomini di Dio stiamo sbagliando? Che sei pura e innocente?» domandai ironico.

Fu scossa da un tremito di paura, impedendosi a stento di non indietreggiare. Aveva capito di aver parlato troppo, avrebbe dovuto tenere la bocca chiusa, stava solo peggiorando la sua più che drammatica situazione. Tenne la testa bassa e deglutì con forza tremando.

«Ho visto molte ragazze come te continuare a considerarsi innocenti, sopportando ogni tortura possibile fino a essere giudicate davvero tali» dissi alzandomi in piedi e avvicinandomi a lei. Ancora stavo valutando come e se potesse essermi utile. «Come hanno scoperto che eri l'amante del diavolo? Non è scritto nulla di tutto ciò sui registri.»

Sollevò appena lo sguardo su di me indecisa se potesse parlarne oppure, così facendo, avrebbe aggravato ulteriormente la sua situazione.

Kora non mi aveva scelto solo perché so fare il mio mestiere, ma anche per i miei modi e il mio aspetto. Di solito non sono molte le donne immuni al mio fascino, sono sempre riuscito a ottenere tutto ciò che volevo da loro senza sforzarmi molto, ma con lei era diverso. Non ho mai capito se fosse per la situazione o perché davvero credesse in quello che diceva, ma non mi ha mai guardato diversamente da come guardava tutti gli altri, almeno all'inizio.

«Non puoi di certo aggravare la tua situazione dicendomi la verità. Sarò poi io a giudicare se stai mentendo» aggiunsi in tono più affilato, senza distogliere lo sguardo dal suo.

«Con tutto il rispetto, lo hanno scoperto come lo si scopre di solito, eccellenza» rispose lei, cercando di mantenere un tono e uno sguardo sottomesso e rispettoso. «Mi è stato gentilmente offerto di diventare l'amante dell'inquisitore e, per dimostrarmi la sua devozione e le sue buone intenzioni di fare di me una donna onesta, ha accusato e condannato al rogo sua moglie e sua figlia perché possedute dal demonio. Ho declinato la sua offerta, intuendo di essere solo un passatempo e che acconsentendo avrei violato il volere di Dio. L'inquisitore ha dedotto che il mio rifiuto fosse dovuto al fatto che il mio letto fosse già frequentato dal maligno. Crede che, con le mie arti da strega, abbia manipolato la sua mente per convincerlo a giustiziare la sua famiglia per poi cercare di corrompere anche l'anima casta e pia di un servo di Dio.»

Non doveva essere stato un bel momento quando l'avevano trascinata fuori da casa sua per umiliarla e accusarla sulla pubblica piazza, accompagnando molto probabilmente la scenetta con una generosa serie di percosse appena aveva provato a difendersi.

«E perché questo non dovrebbe essere vero? In realtà nel vostro letto potrebbe esserci stato davvero Satana e magari siete stata voi a portare al rogo quelle due anime innocenti?» domandai senza guardarla. «In fondo, lui è un uomo di Dio, mentre voi siete qui, processata in quanto strega.»

«Non posso provare la mia innocenza e anche se potessi non servirebbe. L'unica prova è la virtù che ancora conservo, virtù che mi può essere portata via in qualunque momento e nel modo più barbaro e meschino possibile.» Disse quelle parole con appena un filo di voce, sollevando di nuovo lo sguardo su di me. «Vi prego eccellenza, fate in modo che io abbia una morte rapida, che possa presentarmi davanti a Dio così come sono ora. So che lui avrà comunque pietà della mia anima, anche se dovessero strapparmi la virtù con la violenza, ma fate che non accada se vi suscito almeno un po' di pietà. Non vi chiedo di risparmiarmi la vita, vi chiedo solo una morte dignitosa.» Aveva gli occhi lucidi, trattenendosi dal piangere.

«Non esiste la pietà, ragazzina» risposi facendomi più serio. «Ci sono altri fili da poter tirare per ottenere ciò che si vuole, ma nel mio caso non è quello della pietà.» Mi voltai, dirigendomi verso la scrivania dove mi sedetti. «Salem è conosciuta per la moltitudine di streghe che ci hanno vissuto. Ne conoscevi qualcuna?» domandai senza guardarla

«Streghe o donne accusate di stregoneria?» mi chiese lei. «Di seconde ne conosco molte, delle prime non ne ho mai vista una.»

«E sono sempre state dichiarate tali dall'inquisitore Parris?» incalzai, scrivendo su una pergamena come se le stessi facendo delle semplici domande.

«Non solo da lui, ma sì, è il capo inquisitore, colui che giudica le ragazze e conferma le accuse.» Accuse ovviamente false e spesso fatte ripetere a testimoni di occorrenza, sotto minaccia di poter fare la stessa fine. Di solito, chi difendeva una strega nella migliore delle ipotesi era stato stregato a sua volta e nella peggiore faceva parte della sua congrega o era posseduto. Kora dava di matto nel sentire queste cose e se non fosse stata vincolata dai patti celesti non avevo dubbi che si sarebbe manifestata in mezzo a loro per scatenare letteralmente l'Inferno.

«Capisco» risposi tornando a guardarla per poi richiamare la guardiola che stava alla porta.

«Portala via. Fate chiamare l'inquisitore, devo parlare con lui urgentemente.»

«Sì, eccellenza.».

La ragazza mi guardò per un attimo, per poi riabbassare lo sguardo prontamente. Leggevo chiaramente sul suo viso la sensazione di aver sbagliato. Le sue parole sarebbero state la sua condanna una volta che avessi finito di parlare con l'inquisitore, almeno questo era ciò che credeva.

«Muoviti strega» l'uomo la strattonò e spintonò con malagrazia incurante dei lividi che le avrebbe sicuramente procurato. Sara mi diede un'ultima occhiata colma di delusione, prima di sparire e tornare in quella gabbia, al freddo e sotto l'acqua.

Dopo non molto arrivò Parris, come da me richiesto. Mi trovai di fronte a un uomo grasso e viscido, con un'espressione lasciva che nel complesso dava più l'idea della depravazione che di un uomo di Dio. «Eccellenza, è un piacere avervi tra noi, spero abbiate fatto un buon viaggio.»

«Se con buon viaggio intendete l'arrivare fin qui a cavallo sotto la pioggia, non credevo che una tale situazione potesse risultare piacevole,» risposi con un sorrisetto tagliente alzandomi dalla scrivania «ma se è questo genere di cose che vi piace sono certo che troverete gratificante cavalcare insieme a me sotto la pioggia, per i boschi di Salem, per discutere della situazione di questa città.»

«Eccellenza, perdonatemi, non è consigliabile che vi esponiate di nuovo alla pioggia battente, anche gli uomini di Dio si ammalano.» Non aveva la minima intenzione di farsi una cavalcata sotto il temporale, però non si faceva scrupoli a lasciare povere ragazze mezzo svestite tutta la notte sotto la stessa pioggia gelida. «Ho anche dovuto far rimandare il rogo per colpa di questo tempo, opera del demonio di sicuro, ma non temete, le streghe verranno processate e punite come meritano. Anzi, colgo l'occasione per invitarvi al processo di quest'oggi, sono certo che apprezzerete la somministrazione di un po' di giustizia divina a quelle povere anime peccatrici.»

«Vi assicuro che ho passato abbastanza tempo sotto l'acqua. Inoltre lo sapete anche voi che ha poteri di purificazione» replicai chiamando la guardiola. «Preparate i nostri cavalli» ordinai, tornando poi a osservarlo. «Dopotutto fa parte anche questo delle prove di Dio, volete forse tirarvi indietro?» domandai sarcastico. «A ogni modo sì, ovviamente parteciperò al processo. Immagino che voi vogliate giustizia dopo la morte di vostra moglie e vostra figlia: anime innocenti bruciate per cupidigia.»

La guardiola corse a eseguire l'ordine e l'uomo grassoccio che avevo di fronte deglutì guardando il tempaccio fuori dalla finestra. «Già, povere anime corrotte dal demonio, ma Dio, nella sua infinita misericordia, mi ha aperto gli occhi rivelandomi la strega per ciò che era. Tuttavia, dopo la perdita della mia amata moglie e della mia adorata figlia, il mio cuore è diventato più compassionevole e spera che così come Dio ha mostrato a me la sua luce possa farlo anche con quella povera sciagurata. Userò tutti i mezzi di purificazione in mio possesso per allontanare il demonio da lei e se si rifiuterà di lasciare il maligno allora libererò la sua anima con il fuoco.» Questo significava atroci torture per quella povera ragazza, aveva intenzione di divertirsi con lei fino a consumarla.

Salem stava cadendo sempre di più nella pazzia per colpa della superstizione e per uomini come quello che avevo di fronte.

Sogghignai sarcastico, assottigliando lo sguardo, mentre mettevo il mantello e mi vestivo per la pioggia.

«Sono certo che chiunque sia peccatore in questa landa desolata avrà ciò che merita. In molti stanno iniziando ad andare contro l'inquisizione e mi sorprende trovare in voi, invece, un uomo di così alti valori. Vedo che ci tenete a salvare l'anima di quella povera ragazza» osservai, mentre già mi immaginavo cosa avrebbe fatto Kora a quel maiale e, nella mia mente, già iniziavo a pensare meticolosamente a come farlo cadere.

Avrebbe bruciato lui sul rogo, non le ragazze.

«Che uomo sarei se non provassi a sottrarre alle grinfie del demonio una povera anima.» Sorrise mellifluo, un ghigno che nascondeva un sadismo senza eguali e un bisogno di soddisfare il suo orgoglio ferito per essere stato respinto. «Se vorrete prendere parte ai tentativi di redimere quella ragazza sarò ben lieto di godere della vostra presenza, eccellenza. Immagino che sappiate che la prima cosa da verificare è se la fanciulla si sia davvero accompagnata o meno con il diavolo. Una volta appurato questo si verificherà se è stata sedotta con l'inganno o se abbia venduto volontariamente il proprio corpo al maligno.» Un sorriso lascivo rivoltante. Non era difficile immaginare come avesse intenzione di fare i suoi esami e non avevo neanche dubbi che, dopo la sua verifica accurata, la ragazza sarebbe decisamente risultata essere senza virtù.

«Vi ringrazio dell'offerta» replicai mellifluo, fingendo di fraintendere. «Sarebbe un vero piacere assicurarmi che la suddetta sia o meno stata la concubina di Satana» risposi mentre uscivamo all'esterno. «Dopotutto è il nostro lavoro assicurarci che il male sia debellato. Ha molti modi di nascondersi e sapete bene quanto me che anche la persona più buona spesso nasconde desideri tanto oscuri e inconfessabili.» Gli lanciai un'occhiata, calandomi il cappuccio sul volto e salendo poi a cavallo. «E per fortuna ho il dono di capire quando una persona mi mente e quando dice la verità.»

L'uomo sembrò più preoccupato dalla pioggia e dal salire a cavallo che dalla mia velata minaccia. Si calò il cappuccio in testa e, aiutato da due attendenti, salì goffamente a cavallo.

«Dono che ci sarà decisamente utile per scovare le serve di Satana che ancora non siamo riusciti a individuare» ribatté affannato dallo sforzo di montare.

«Le serve o i servi. Ho avuto modo di veder bruciare molti stregoni, uomini anche degni di nota.» Era risaputo, avevo messo al rogo ben più di un uomo che aveva fomentato l'odio. «Questa sera mi assicurerò che la strega sia stata con Satana, la farò portare direttamente da me.» L'idea che quell'uomo la toccasse mi ripugnava.

Parris non sembrava gradire l'idea di essere il secondo a fare la verifica, voleva essere lui il primo a umiliarla e seviziarla.

«Eccellenza, voi non conoscete le arti subdole di quella donna, ha abbagliato anche me convincendomi a giustiziare la mia stessa famiglia. Non dovreste lasciarvi irretire, dovreste lasciare l'ingrato compito a chi è diventato immune al suo maleficio.»

Mi voltai a guardarlo, cupo e gelido in volto. Sembrava volessi farlo a pezzi in quello stesso istante. «State dicendo che sono così debole, secondo voi, da cadere vittima del suo ascendente?» ringhiai rabbioso.

«Non mi fraintenda, eccellenza, non volevo mancarle di rispetto, sono solo in pena per voi. Conosco la malvagità di queste donne, sono anni che cerco di sradicare il germe del male da questo luogo.» Cercava di giustificarsi, ma le sue intenzioni erano più che evidenti.

«Non osate più prendervi gioco di me. Ho avuto a che fare con demoni molto peggiori di quanto crediate. Voi vi siete fatto soggiogare dal demonio e avete mandato al rogo vostra moglie e vostra figlia, fareste bene a rammentare i vostri errori. Non accetterò altre assurdità da parte vostra: sono stato mandato dal Pontefice in persona e denigrando me denigrate anche lui» risposi seccato.

«Perdonatemi, eccellenza, non era mia intenzione mancare di rispetto a voi e al Santo Padre.» Si fingeva contrito e rispettoso ma da come serrava pugni e mascella si vedeva chiara l'intenzione di rivalersi sulla ragazza anche per questo, ma non gli avrei lasciato possibilità di avvicinarsi a lei, quel tipo di uomo era quanto di più detestassi.

«Di quante streghe avete liberato il mondo, inquisitore?»

«Decine, eccellenza» rispose come se fosse un vanto. «Siete letteralmente in un calderone, uno dei posti più attivi per il maligno.»

«Sicuramente uno dei luoghi abitati da una delle anime più nere» osservai, spronando il cavallo ad aumentare la sua andatura. «Non avete paura di chi sta iniziando a essere contro la caccia alle streghe?»

«Certo che li temo: costoro sono mandati dal maligno in persona. Teme la vittoria della Chiesa su sé stesso e si è attivato per sopprimere la caccia. Il mondo diventerebbe un luogo di perdizione, pieno di donne che si concedono senza ritegno al diavolo mettendo al mondo i suoi figli. Un uomo di Dio non può permettere una cosa simile, deve lottare per estirpare il male.» Kora si sarebbe divertita molto con lui, e anche i suoi demoni. Non potei fare a meno di ridacchiare nel sentire quelle parole, al pensiero di cosa gli sarebbe successo.

«Siete sicuramente molto devoto. Sono certo che Dio vi ritenga uno dei suoi migliori uomini.»

«Servo il mio Signore come ogni uomo dovrebbe fare» mi disse lui, coprendosi meglio col mantello ed evidentemente a disagio su quel cavallo.

«Per il giusto posto in Paradiso,» osservai sogghignando sadico. «mentre invece chi cadrà all'Inferno avrà ciò che di merita.»

«Esattamente. Per questo mi impegno tanto a redimere le anime di quelle donne, per evitare loro un'eternità di tormenti.» Entrambi sapevamo bene che quella fosse solo una scusante per la sua perversione.

«Un ottimo lavoro, senza dubbio» risposi ironico, per quanto fingessi di essere sincero. Era per colpa di gente come lui che in Paradiso finivano migliaia di anime torturate e giovanissime.

«Vostra eccellenza, credete che possiamo far ritorno? Inizio a sentirmi questo freddo nelle ossa.»

«Io sto benissimo, non vedo perché dovremmo tornare indietro» risposi senza guardarlo, come se stessimo facendo una banalissima passeggiata, memore di come stava tremando quella ragazza in sottoveste, bagnata fradicia.

Lo stavo irritando. Non era bello sentirsi inerme dinanzi a qualcuno più potente, che poteva disporre della tua vita. Tuttavia, dubitavo che avrebbe imparato la lezione, anzi, come sempre del resto, questo lo avrebbe solo convinto a dar maggiormente sfogo ai suoi istinti più biechi; motivo per il quale insistevo. Dovevo portarlo all'esasperazione per poi coglierlo sul fatto.

Non sarebbe stato difficile, dopotutto. Avevo disponibili mille modi per farlo, avrei persino potuto ammazzarlo lì in quel preciso momento, ma preferivo giocarci un po' anche io prima che finisse in mano a Kora. Inoltre, preferivo fare un lavoro pulito e la copertura che avevo mi sarebbe potuta servire ancora a lungo.

«E voi? quante anime avete salvato concedendo loro la morte purificatrice? Sarei ben lieto di apprendere nuovi modi per convincere le giovani a non mentire e a rinunciare al maligno.» Si voltò appena verso di me, seriamente interessato a nuove idee da sperimentare con le prigioniere.

«Siete proprio sicuro di volerlo sapere?» domandai lasciandogli un'occhiata. «Ormai ho quasi perso il conto di quante anime io abbia, come dire, purificato. In fondo, non lo faccio di certo per farne un vanto.» Inclinai la testa di lato, sorridendo sarcastico. «Ovviamente immagino per voi sia lo stesso.»

«Ovviamente,» si affrettò ad aggiungere «è sempre terribile vedere una giovane corrotta dal male, scegliere il demonio piuttosto che una vita onesta.»

Ridacchiai. «Già, ne so qualcosa di corruzione e falsità.»

«Nel processo di quest'oggi verranno presentate le tre imputate e verranno letti i loro capi di accusa. Verrà ascoltato un testimone per ciascuna di loro e poi si passerà alla verifica della purezza per la strega di nome Sara» iniziò a spiegarmi. «Una volta finito l'accertamento, verrà annunciato pubblicamente il risultato e la seduta sarà sciolta e rimandata a domani.»

«Perfetto, sono molto curioso di sapere i dettagli e in particolare per quel che riguarda questa Sara, un'anima particolarmente nera e pericolosa, a quanto affermate.» In realtà non mi importava affatto, ma era palese che importasse a lui.

«Una serpe. Una donna capace di irretire e confondere con le sue arti malefiche anche l'uomo più saldo. Si nasconde dietro quel visino per convincere gli uomini a peccare.» Digrignò i denti, quasi avesse un conto in sospeso con lei. «L'ho sempre detto che la bellezza è la più grande disgrazia per una donna, segno evidente di essere state scelte dal maligno.»
La ragazzina tremante che mi ero trovato davanti quella mattina era bella, ma non tanto prorompente come poteva esserlo Kora, mi chiesi cosa avrebbe pensato trovandosi davanti la regina degli Inferi. Ciò nonostante non mi risultava difficile immaginare perché si fosse fissato con lei. Sara attirava l'attenzione e, sebbene appartenesse a un'epoca diversa da quella moderna, era molto sveglia e decisamente meno soggetta all'isteria di massa e al folklore. A suo modo era molto particolare.

«Interessante, non ho mai trovato una strega che riuscisse nell'intento. Motivo in più per restare da solo con lei dopo il processo per verificare la sua innocenza.» Lo provocai, per poi fermarmi. «Beh, ora torniamo indietro, inizio ad avere fame.»

L'inquisitore era alquanto infastidito dal non poter replicare, ma sembrò rasserenato all'idea di tornare verso casa, al caldo e all'asciutto.

Bisognava però trovare il modo di evitare che andasse a trovare la ragazza prima del processo o ci sarebbe arrivata sicuramente senza virtù.

«Sono certo che in queste giornate potrò godere della vostra compagnia e della vostra ospitalità, mi hanno parlato così bene di voi. Avete anche la casa migliore a quanto sembra; immagino non sia un problema per voi ospitarmi» dissi senza guardarlo, con mezzo sorriso.

«Sarà un piacere, eccellenza. Ora che la mia povera moglie e mia figlia non ci sono più la casa è molto vuota e silenziosa, sarà piacevole avere la vostra compagnia» acconsentì con un tono mellifluo e terribilmente falso.

«Non sarò da solo, entro stasera o domani mattina al massimo arriverà una sorella che lavora per il Vaticano, un'anima pia e devota con cui sono solito accompagnarmi quando ho a che fare con fasi delicate nelle quali è meglio un uomo non si metta in mezzo, sapete, per evitare qualsivoglia genere di tentazione o irretimento da parte delle arti subdole delle streghe» spiegai, lanciandogli un'occhiata. «Suppongo non sia un problema.»

«Certo che no, eccellenza, ogni emissario del santo padre è benvenuto nella nostra cittadina.» La cosa sembrava non interessargli particolarmente, tanto era intenzionato a prendersi comunque ciò che voleva dalla ragazza.

«Se non arrivasse entro sera dovremmo spostare la valutazione della purezza della ragazza a domani mattina» valutai pensieroso.

Non potevo lasciarlo agire liberamente, poco importava a me che lei lo fosse o meno, volevo solo che tenesse le mani lontano da lei, così da fomentare ancora di più la sua rabbia, istigandolo a fare qualche passo falso.

«Ma certo» mi disse sorridendo. «Non c'è nessun problema a spostare a domani l'esame di quell'infelice.» Dal suo punto di vista aveva più tempo a disposizione per giocarci in tutta calma, ma se credeva che lo avessi lasciato fare indisturbato si sbagliava di grosso. 

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