Capitolo 40: Inquisizione

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Forgotten City - Lindsey Stirling


Ritornammo alla cittadina e lasciai il cavallo prima di tornare a rivolgermi al mio nuovo ospite. «Quando posso trasferirmi da voi?» domandai senza girarvi troppo intorno.

«Quando volete, eccellenza; darò subito ordine di preparare una stanza che sia degna della vostra nomea» propose con tono servile, più che felice di allontanarsi da me.

«Mi auguro di rivederci per pranzo, non vedo l'ora di assaggiare le prelibatezze di Salem» aggiunsi ironico, lanciandogli un'occhiata prima di guardare in direzione delle celle in cui stavano le ragazze.

«Ovviamente sarò in vostra compagnia per pranzo. Sarei un pessimo ospite altrimenti, facendovi una scortesia.» Seguì il mio sguardo in direzione delle ragazze, lasciando che il fuoco della depravazione e della cupidigia ardesse con forza, visibile attraverso i sui occhi come un serpente strisciante. «Prima, però, ho degli obblighi a cui assolvere.»

«Benissimo, allora nel frattempo avrò modo di parlare con le streghe» constatai, passandogli accanto e richiamando la guardiola, anticipando le sue intenzioni. «Portatemi la concubina di Satana. Non ho finito di parlare con lei prima.»

L'inquisitore se ne restò a bocca aperta, guardandomi come un idiota, visto che gli avevo appena sottratto il passatempo delle prossime ore. «Vi serve assistenza, eccellenza?» Cercò di riscuotersi e voltare la situazione a suo favore, palesemente contrario a rinunciare ai suoi oscuri e laidi propositi. «Sono certo che la mia esperienza e conoscenza della strega potrebbe essere d'aiuto.»

«Sì, perché no, potrebbe decisamente rivelarsi utile» risposi con un sorrisetto arrogante e lanciandogli un'occhiata.

Prese molto bene le mie parole, lasciando che un ghigno sadico gli storcesse la faccia grassoccia. «Sarà un piacere per me supportarvi.» Afferrò un ragazzetto che lavorava per lui, per dare ordine di andare a casa sua a prepararmi la camera e poi iniziò a seguirmi verso la sacrestia.

Mi diressi alla stessa saletta che avevo usato la mattina per condurre il primo veloce interrogatorio alle tre donne sotto accusa e presi tranquillamente posto, senza preoccuparmi di dove quell'orribile uomo potesse accomodarsi. Estrassi dalla bisaccia quello che utilizzavo come taccuino e iniziai ad appuntare alcune cose, risparmiandomi così ulteriori scambi di falsità con l'inquisitore.

L'uomo trovò il modo di intrattenersi a sua volta facendo servire del vino, dal momento che la nostra mal sopportazione era assolutamente reciproca.

Dopo non molto la ragazza venne trascinata di nuovo lì dentro di mala grazia, zuppa fino alle ossa come la mattina, e decisamente intirizzita. Se avesse scampato il rogo avrebbe comunque corso un rischio non indifferente di ammalarsi e a quell'epoca un'infreddatura poteva avere esiti nefasti.

Teneva lo sguardo basso e tremava, tanto per il freddo che per il puro terrore di ciò che la attendeva.

«Ecco la viscida serpe tentatrice» ghignò soddisfatto l'inquisitore nel vederla in quello stato.

Lanciai un'occhiata a lui, celando a stento il mio disprezzo, per poi spostare la mia attenzione su lei. «In questo momento non sembra tentare proprio nessuno, ma sono curioso: visto che siamo qui tutti e tre vorrei sapere come vi ha tentato e come è riuscita a farvi fare ciò che ha fatto» chiesi tornando a guardarlo, senza mostrare il mio reale stato d'animo e le mie intenzioni, fingendo che lei neppure esistesse. «Di certo non avrà avuto questo aspetto» supposi, facendo riferimento alle condizioni pietose in cui verteva.

«Ovvio che no, eccellenza. Le streghe confondono il cuore degli uomini, lusingandoli e tentandoli con le loro forme; il diavolo si mostra attraverso loro, e un bel visino o un bel sorriso non sono altro che il suo marchio, ma adesso la vedete per la serpe che è, il suo aspetto riflette perfettamente la sua anima nera da adoratrice del demonio.»

Eppure non vedevo altro che un'anima gelata e spaventata, sebbene comunque graziosa, nonostante i patimenti e i maltrattamenti, la cui luce splendeva forte e si irradiava ovunque diradando le tenebre che la circondavano. Peccato che nessun altro potesse vederla come la vedevo io.

«Ho visto anime molto più nere. Davvero vi siete fatto influenzare da lei?» domandai con un ghigno ironico. «Tuttavia, sto aspettando che mi diciate cosa è successo, nel dettaglio. Sono curioso.» Poggiai un braccio sul poggia schiena, mettendomi più comodo sedendomi di lato e non rigidamente composto, continuando a guardare la ragazza con un sorrisetto divertito.

Lei non si azzardò a fiatare, terrorizzata da quello che quel maiale potesse farle.

«Ha confuso la mia mente con oscuri e sacrileghi sortilegi, entrando nei miei pensieri e suggerendomi di allontanarmi dalla strada che nostro Signore ha tracciato per me.» La guardava con uno sguardo disgustoso, ma, in realtà, se fosse rimasto da solo con lei, ero perfettamente consapevole di ciò che le avrebbe fatto.

«Quindi si è avvicinata a voi, vi ha adescato con parole e promesse peccaminose, convincendovi a uccidere vostra moglie e vostra figlia?» Domandai continuando a tenere lo sguardo fisso su di lei. «E voi eravate così succube del suo maleficio da obbedirle senza obiettare? Vi siete lasciato corrompere, quindi, cadendo a vostra volta tra le grinfie del demonio» affermai con tutt'altro tono. Feci una pausa, assottigliando lo sguardo fino a socchiudere gli occhi, come se stessi riflettendo, tornando infine su di lui. «La vostra fede è stata messa alla prova,» iniziai a dire «e voi siete venuto meno, avete lasciato che il maligno sacrificasse le povere anime di vostra moglie e vostra figlia» lo accusai cupo.

«La strega non ha irretito solo me.» Provò a giustificarsi. «Ha stregato anche la mia famiglia, rendendo apatiche le poverine e convincendole a farsi possedere da colui che l'ha mandata tra noi. Ho chiesto il consulto di un eccelso medico che ne ha diagnosticato la possessione: è opera sua, senza dubbio alcuno, io non potevo fare altrimenti che stringere il cuore e fare ciò che era necessario per purificare le loro povere anime corrotte.»

«Siete il protettore di Salem,» risposi irritato tornando a guardarlo «ma che razza di protettore siete se non siete riuscito a proteggere neppure la vostra famiglia?» Apparivo infuriato e alterato, anche se in realtà, lo ammetto, mi stavo piuttosto divertendo.

Mi alzai tenendo gli occhi su di lui, avvicinandomi però alla ragazza, in modo da rendere ancora più verosimile la mia recita. Lei non si difendeva dalle pesanti accuse che Parris le stava muovendo contro, non fiatava. Era sicura di non poter scampare al suo destino, sperava solo di non arrivarci in modo troppo traumatico.

«Avete parlato bene di quello che è il vostro compito, ma non mi piace affatto che due innocenti siamo cadute nelle mani del demonio per colpa vostra. Voi avreste dovuto accorgervene, dovevate fermarla prima e invece sembra che vi siate fatto corrompere.»

Distolsi lo sguardo dall'inquisitore per osservare bene la ragazza, prendendo una ciocca di capelli castani tra le dita. Lei, in risposta, tremò terrorizzata e tirò su col naso. Sembrava sul punto di cedere alla paura e ai patimenti e stramazzare al suolo, ma si sforzò di restare in piedi e in silenzio. Valutai dovesse essere anche piuttosto debole, sospettando non si fossero disturbati a darle da mangiare, visto che non sarebbe vissuta a lungo e sarebbe stato stupido consentirle di usare le scorte alimentari del villaggio.

«La carne è debole, ma siamo uomini di Dio e non possiamo di certo cedere a queste tentazioni lasciando che siano altri a pagarne le conseguenze» sibilai, tornando a guardarlo furioso.

«Avete ragione, eccellenza. Non ho riconosciuto la fonte del male così ben mascherata, ma ora che so, farò in modo da allontanare il diavolo da lei e da questa città. Con il vostro permesso posso iniziare anche subito.»

La ragazza era atterrita e a quelle parole impallidì ulteriormente, al punto che le sue labbra divennero livide ed esangui. Si conficcò le unghie nella mano per impedirsi di svenire e sollevare lo sguardo su di noi, ma io intervenni prima che lei dicesse o facesse qualsiasi cosa, sempre se ne avesse avuta l'intenzione.

«No» risposi spostandomi dalla ragazza. «Siete stato tentato e avete già ceduto una volta. Per una cosa simile in altri posti sareste sul rogo anche voi» puntualizzai tornando a guardarlo e avvicinandomi a lui.

«Questa donna, esattamente come le altre due, verranno processate e visitate dalla sorella che ha mandato con me il vaticano, in modo che possa appurare se sono vergini o se condividono il letto con il loro padrone e portino addosso il marchio della strega» spiegai, fermandomi di fronte a lui rabbioso.

All'epoca si pensava che una voglia, o un semplice segno con una forma o un colore particolare, indicasse che la donna potesse essere una serva di satana; la stessa cosa se avevano dei punti dove non provavano dolore. Per questo spesso le torture diventavano indicibili.

«Vorrò avere una prova del maligno su di loro e sarò io stesso a torturarle per sapere la verità se dovesse servire, ma non voglio più avere voi tra i piedi. Siete stato corrotto e non posso avere fiducia di chi ha sfiorato le dita di satana» sibilai.

L'inquisitore non era d'accordo, ma la parola "rogo" bastò a farlo desistere dall'aggiungere altro. «Come desiderate, eccellenza, ma se avete bisogno dei miei servigi non avete che da chiedere, sarò ben felice di adempiere ai miei sacri doveri.»

«Apprezzo la vostra generosità e la vostra ospitalità» dissi con tono più accondiscendente. «Sapevo che avreste capito, non potevo aspettarmi nient'altro da un uomo di Dio.» A volte le false lusinghe permettono di ottenere molto, se usate con gente vanesia e con poco cervello. «Questa donna avrà ciò che merita, non vi preoccupate, brucerà sul rogo assieme alle sue sorelle» sentenziai tornando a guardare Sara. «Spero che capiate, per il vostro stesso bene, che è meglio se state lontano da queste tre figlie del demonio» sibilai con disgusto difronte a lei. «Salem ha già sofferto abbastanza ed è ora di debellare del tutto questo focolaio di mostri.»

«Non posso che essere d'accordo con voi, eccellenza.» Mi fece un mezzo viscido inchino, ma continuò a fissare lascivo la ragazza che deglutì con forza serrando i pugni, senza però azzardarsi ad aprire bocca. «Le streghe avranno quanto meritano, statene certo» terminò quindi Parris tornando a guardarmi.

«Adesso andate pure. Vi raggiungerò per il pranzo» lo congedai con sufficienza, continuando a osservare la strega e a girarle attorno. «Chiamatemi anche il reverendo della città, già che ci siete, devo parlare anche con lui.»

L'uomo non era molto d'accordo, ma dopo qualche momento di indecisione non poté fare altro che obbedire. Insistere avrebbe significato ammettere di essere vittima di un maleficio e bruciare insieme a lei. Andò via piuttosto nervoso, quindi, lasciandoci da soli.

Appena uscito mi spostai da lei, come se perdessi tutto l'interesse in quel preciso istante. Sara, all'inizio, non aveva per me nessuna importanza o rilevanza, era solo un mezzo per vedere bruciare quell'uomo sul rogo e poterlo consegnare a Kora. Ormai avevo già instillato il dubbio che potesse essere stato toccato dal maligno, il resto sarebbe venuto da sé, dovevo solo avere pazienza e agire con cautela.

Mi sedetti e iniziai a scrivere qualcosa sul diario, pensieroso, attendendo l'arrivo del reverendo.
La ragazza mi guardò di nascosto, probabilmente chiedendosi cosa le sarebbe successo adesso. Le mie parole l'avevano messa in apprensione, ma non aveva il coraggio di chiedere.

Passò un qualche minuto prima che trovasse la forza di parlare. «Cosa... cosa accadrà adesso?» Temeva la risposta, ma non averne una e lasciare che la mente le suggerisse terribili scenari era anche peggio.

«Adesso verrete processate,» risposi senza alzare lo sguardo «e dopo il processo verrete visitate e probabilmente non troveranno nulla. Ovviamente la gente di Salem non sarà soddisfatta e vorrà una prova che voi siete legate al demonio e quindi verrete umiliate in pubblica piazza, infine verrete bruciate sul rogo» spiegai, parlando come se ben poco interesse provassi per la questione.

«Capisco...» Tornò ad abbassare le braccia, sconfortata. «Grazie...»

Alzai lo sguardo su di lei, perplesso. «Perché mi ringrazi?»

«Per avermi detto come stanno le cose, per avermi parlato come se fossi una persona e non un orribile e spaventoso mostro.» Sollevò di nuovo lo sguardo su di me, aveva gli occhi più cerchiati di quando l'avevo vista la volta precedente, o forse era solo una mia impressione.

«Tu sei una persona. Non credo affatto che tu sia una strega,» replicai tornando a scarabocchiare «ma non voglio darti false speranze, molto probabilmente domani sera starai bruciando sul rogo.»

Annuii. «Ti ringrazio anche per non avermi lasciata con lui.» Una lacrima scappò al suo controllo e le rigò la guancia. «Non importa cosa accadrà domani, oggi sono viva, questo è tutto ciò che conta adesso.»

«Ti avrebbe picchiata e stuprata se fosse rimasto con te» valutai con sufficienza, dando voce alle sue stesse paure. «Ora, l'importante è tenerti lontana da lui, almeno fino a quando non ti visiterà la donna che dovrebbe raggiungermi.»

«Visitarmi?»

«Per legge una strega deve essere visitata da una donna timorata di Dio. Per questo, in genere, è una suora che si assicura che la purezza di un'anima non sia stata toccata. Assieme a ciò si assicurerebbe che tu non abbia segni o marchi» le risposi tornando a guardarla. «Tu li hai?»

«No.» Scosse il capo. «Non sono una strega.» Aveva un tono davvero gentile e innocente, nonostante quello che stesse affrontando. «Come farà ad assicurarsi che io sia pura?» lo chiese ingenuamente, non lo sapeva davvero. All'epoca si conosceva molto poco della propria sessualità e lei era poco più di una ragazzina.

«Sai in cosa consiste l'andare con un uomo, presumo, lo avrai visto negli animali» ipotizzai osservandola. «Beh, diciamo che prima che tu vada con un uomo quella parte del tuo corpo è intatta, ma dopo non lo è più. Semplicemente, per capire se sei stata con un uomo o meno si assicureranno che quella parte sia ancora inalterata» spiegai restando sul vago.

Non potevo essere dettagliato visto che all'epoca non era chiaro a nessuno come funzionasse davvero e simili discorsi erano considerati scandalosi e assolutamente non adatti alla bocca di un uomo di Dio e alle orecchie di una donna.

Non so se avesse capito o meno, ma non fece ulteriori domande, credo immaginasse fosse come la questione della confessione, non aveva importanza quale fosse stato il risultato.

La stanza era piuttosto calda, visto che era stato acceso il fuoco. Tremava ancora, dato che i vestiti leggeri che indossava non si erano ancora asciugati, anche se di meno. Sembrava meno spaventata, nonostante avesse avuto conferma che non le restasse più di un giorno da vivere, che avrebbe trascorso tra umiliazioni, patimenti e maltrattamenti di ogni sorta, prima di affrontare una morte atroce.

Anche se era esausta, debole e provata cercava di tenersi in piedi come poteva.

«Siediti, stare in piedi non ti serve a nulla» le concessi senza guardarla. «Non mi servi e non ho interesse verso di te, ma se ti spedissi di nuovo in cella non avrei il risultato che voglio» ammisi continuando a scrivere sul libricino.

«Risultato?» chiese lei sedendosi sulla poltrona con un sospiro di sollievo.

«Credi che sia qui per delle streghe che non sono streghe?»

«Non siete qui per il processo?»

Sorrisi con uno sbuffo divertito, chinando il capo. «Certamente che sono qui per il processo» ribattei solamente per poi poggiare la piuma sul taccuino. «Non hai paura di morire?» domandai osservandola attentamente.

«Sì, tanta» ammise. «Farà molto male e non potrò più fare niente di quello che avrei voluto. Ci saranno persone che non incontrerò mai, battute che non ascolterò mai. Non incontrerò mai l'uomo che sarebbe diventato mio marito, un giorno, e non vedrò mai il sorriso dei miei figli. Non cucinerò mai qualcosa di orrendo che ci farà ridere fino alle lacrime e non vedrò i miei genitori invecchiare» raccontò, accoccolandosi sulla poltrona, in direzione del fuoco. «Certo che mi fa paura e mi mette anche tanta tristezza, ma non ho la possibilità di cambiare le cose e mi si spezza il cuore nel sapere quanto le persone che amo stiano soffrendo.»

«E non ti dà fastidio tutto questo? Che stai subendo ingiustamente un'accusa? Senza poterti difendere e perdendo la vita per questo? Non vorresti vendicarti per questa calunnia, i torti subiti e le violenze che subirai?»

«Vendicarmi?» Mi guardò come se stessi dicendo qualcosa di assurdo. «No, non potrei mai fare del male a qualcuno o anche solo pensarlo. No.» si fermò a riflettere. «Forse in questo mondo non c'è giustizia, siamo umani, siamo imperfetti, commettiamo molti errori, ma forse dall'altra parte le cose saranno diverse, ci sarà la giustizia e ciascuno avrà ciò che merita.» Sollevò gli occhi su di me. «Ho fatto del mio meglio con la vita che Dio mi ha dato e, sebbene mi dispiaccia per quanto non potrò fare, sono comunque felice del tempo che mi è stato concesso e non ho rimpianti. La morte, per quanto dolorosa, durerà solo un istante, poi ci sarà l'eternità ad attendermi.»

«E sei sicura di quello che ti aspetta? Sei sicura di avere di fronte a te un'eternità legata a giustizia ed equilibrio?» Scossi il capo divertito. «Che sciocchezze. Stai subendo atroci tormenti per colpa di altri uomini, che agiscono per nome di Dio, ma fanno l'opposto di quello che lui ha detto. Se tanto era il tuo desiderio di vedere il futuro perché non sei andata con l'inquisitore? Avresti potuto vivere. Quello che chiami dono di Dio non ha nessuna importanza, in realtà. Sono solo queste stupide credenze e le sciocche superstizioni che non servono a nulla» dissi fermandomi di fronte a lei. «Morirai per difendere qualcosa che non ha nessuna importanza.»

«Credete sarebbe cambiato qualcosa se avessi accettato la sua offerta? Ha bruciato sua moglie e sua figlia, credete che con me sarebbe stato diverso?» domandò, sostenendo il mio sguardo. «Non lo sarebbe stato, e anche se mi sbagliassi non avrebbe fatto nessuna differenza, non è lui l'uomo a cui è destinata la mia purezza. Morirò per difendere la convinzione che non mi vendo per convenienza, non voglio andare a letto con qualcuno che vuole soddisfare solo la sua lussuria... vorrei che fosse per amore, vorrei che ne valga la pena.» Scosse la testa, pensava che non avrei capito.

«Sembra quasi che tu la voglia difendere per amore.» Sbuffai una risata. «Un'altra insensata credenza. Sei solo una sciocca ragazzina che crede a cose che non esistono. Avresti potuto trovare un uomo che ti avrebbe dichiarato amore, per poi abbandonarti. Hai dato valore più a questo che alla tua stessa vita.» Scossi il capo. «Uno spreco, aggiungerei.»

«Se non si ha qualcosa in cui credere, qualcosa per cui combattere, qualcosa da difendere, per quanto sciocca possa essere, allora non si ha niente per cui valga la pena vivere, né per cui valga la pena morire, resterebbe solo una vita vuota e miserabile e si smarrirebbe la propria anima.» Mi guardò imbronciata, come se fossi un altro degli uomini senza morale che avesse conosciuto.

Mi voltai irritato dalle sue parole, dandogli le spalle per non mostrare quanto quelle frasi mi avessero colpito. Rimasi in silenzio, poggiandomi alla scrivania, senza aggiungere altro, ma lei continuò.

«Forse morirò per una cosa stupida, ma passerò dall'altra parte in pace con me stessa ed è meglio che vivere provando disgusto per ciò che sono e per ciò che ho fatto.» Si accoccolò sulla poltrona poggiando la testa sulle braccia, ormai esausta, chiudendo gli occhi, voleva approfittare della comodità e del caldo finché poteva.

A vederla così era piuttosto ovvia la sua innocenza, solo un folle l'avrebbe associata a qualcosa di diabolico o pericoloso, invece così fragile e indifesa.

Non aggiunsi altro, non trovando motivo per continuare quel dialogo che non avrebbe portato da nessuna parte, o almeno così credevo. Attesi che arrivasse il reverendo e appena lo percepii arrivare mi voltai a guardarla. «Alzati e rimettiti dove stavi prima. Non ho voglia di dare spiegazioni.» Ordinai secco.

Lei si stropicciò gli occhi confusa per poi affrettarsi a obbedire. Si sentiva in debito con me e non mi avrebbe messo nei guai.

Come previsto, bussarono alla porta pochi istanti dopo. «Eccellenza, sono il reverendo, mi avete mandato a chiamare?»

«Sì, entrate» acconsentii sedendomi al posto della ragazza. «Ho delle richieste da fare» cominciai, alzando lo sguardo sull'imputata.

«Richieste, eccellenza? Chiedete pure a questo umile servo di Dio» rispose lui con gentilezza e dolcezza, dandomi l'impressione di essere decisamente meno viscido dell'inquisitore e decisamente più umile.

«Voglio tenere d'occhio queste streghe, ma non amo perdere tempo sotto la pioggia. C'è un luogo dove possano essere portate e tenute sotto controllo?» domandai voltandomi a guardarlo. «Inoltre sono in accordo con l'inquisitore Parris che è meglio che non gli si avvicini più. È già stato traviato da loro in passato e potrebbe facilmente ricadere nella tentazione di queste serpi» spiegai, guardando la ragazza con attenzione. «Noi uomini siamo deboli e se già una volta è caduto, impossibilitato a proteggere persino la sua famiglia, potrebbe facilmente non essere adeguato a proteggere neanche la comunità. Non si deve avvicinare alle ragazze, a meno che non sia io a consentirlo» finii, tornando a guadare l'uomo.

«Capisco, eccellenza. Ci sono le celle di questo palazzo, il palazzo dell'inquisizione.»

Rimasi in silenzio a riflettere su quello che il parroco aveva detto, continuando a guardare Sara. Si trattava di celle in cui le detenute avrebbero aspettato il proprio turno per essere torturate e dove chiunque avesse voglia di divertirsi con loro si prendeva la briga di fare quel che gli pareva.

«Avvisate l'inquisitore che starò nel palazzo dell'inquisizione fino a che non saranno bruciate vive» ordinai gelido. «Apprezzo la sua gentilezza nel darmi ospitalità nella sua stessa casa, ma sono qui per la missione che mi ha dato Dio. Mi assicurerò che non incantino altri con le loro arti oscure per sfuggire al processo e alla punizione» dissi tornando a guardare lei con un ghigno sadico in volto. «Ho giusto una serie di nuovi strumenti da provare su questi mostri.»

Lei mi guardò sbarrando gli occhi, non poteva credere al mio cambiamento. Molto probabilmente, in quell'istante, ebbe il sospetto che le avessi consentito di rilassarsi solo per estorcerle parole da poter usare contro di lei.

«Certo, eccellenza, sarà fatto immediatamente. Vuole che la ragazza venga già condotta nella sua cella?» Il reverendo non godeva come l'inquisitore nel vedere soffrire quelle povere anime, con ogni probabilità provava pietà per loro.

«Sì. E che sia messa vicino alla stanza dove passerò la notte, visto che, a detta dell'inquisitore, lei è la più pericolosa» dissi tornando a guardarla con un sorrisetto sarcastico.

«Vieni, bambina.» Il sacerdote la prese per un gomito e la accompagnò più gentilmente, senza strattonarla come avevano fatto gli altri.

Sara mi rivolse un'ultima occhiata confusa, prima di lasciarsi guidare dal reverendo alla sua cella, senza protestare.

Andai a pranzo dall'inquisitore poco dopo, assicurandomi prima che non stesse tentando di raggiungere la giovane a mia insaputa. Appena raggiunsi la casa padronale avvisai subito di far di nuovo spostare tutta la mia roba nel palazzo dell'inquisizione per poi attendere il padrone di casa.

L'uomo si fece attendere un po', ma alla fine arrivò con la solita aria infastidita, mascherata con una finta cortesia melensa. «Eccellenza, come vi sentite? Spero che la strega non sia riuscita a influenzarvi con le sue arti diaboliche. Vi confesso che sono alquanto preoccupato, tornando qui da alcune commissioni ho notato che la gabbia in strada era vuota.»

«Ho fatto portare quelle serpi nelle celle del palazzo. Avevate proprio ragione: sono da tenere sotto controllo. Per questo ho deciso che le terrò d'occhio anche stanotte, in attesa che vengano bruciate vive, così da evitare che possano soggiogare qualche guardia con le loro arti oscure per farsi liberare dalla prigionia e sfuggire al loro destino e alla punizione che spetta loro,» spiegai tornando a guardarlo «il prima possibile, spero.» Riabbassai il capo a guardare annoiato il piatto, prima che la vista di quell'uomo mi togliesse l'appetito. «Mi dispiace non usufruire della vostra gentilezza, ma posso assicurarvi che la sorella che sta arrivando è molto devota e una piacevole conversatrice.» Sorrisi, lievemente ironico.

«Alloggerà qui?» Per lui era solo un'altra seccatura. «Terrete d'occhio voi stesso le streghe, eccellenza? Credete possano irretire le guardie?» Si finse davvero preoccupato per una simile ipotesi, sebbene sapesse esattamente che fosse impossibile, ma la mia costante vigilanza gli impediva di avvicinarsi.

«Sono riusciti a corrompere voi, un integerrimo uomo di Dio, meglio che assieme alle guardie ci sia anche io. Conosco bene il demonio e con me non l'ha mai spuntata, inoltre, fatico a dormire la notte quando ho delle streghe nei paraggi: possono entrare persino nei sogni, sapendo che lì siamo più deboli. A voi non è mai capitato?» domandai accigliandomi.

L'uomo non rispose, per una volta saggiamente; qualunque fosse stata la sua risposta non sarebbe andata a suo vantaggio. «Inizieremo il processo oggi o volete che venga rimandato a domani?»

«Lo inizieremo oggi pomeriggio, poi aspetteremo che arrivi sorella Rose» risposi bevendo del vino. «Lei valuterà tutto quanto.»

«Perfetto, prima si comincia e meno anime saranno loro vittime.» Era sollevato, ma non avrei saputo dire da cosa. Lo osservai sottecchi, chiaramente sospettoso, ma non aggiunsi altro, terminando il mio pasto assieme a un'ultima sorsata di vino.

Il processo si sarebbe tenuto al palazzo dell'inquisizione un'ora dopo pranzo, in modo da sfruttare la luce. «Volete riposare qui prima del processo?» mi chiese il viscido, sperando di poter sfruttare a proprio piacimento il tempo che restava.

«No, non sono stanco. Credo che mi occuperò di altre cose nell'attesa» dissi tornando a guardarlo.

«Certo.» Finse che la cosa non gli interessasse minimamente. «Allora vi accompagno al palazzo dell'inquisizione, devo dare ordine alle guardie di restituire i vestiti alle ragazze, sapete, per la pubblica decenza.»

«Giusto, lo farò io, non preoccupatevi. Avete avuto un'ottima idea.»

«Darete voi l'ordine?» mi chiese come se non avesse capito di dover restarsene a casa.

«Certo. Tanto ora alloggerò a palazzo. Inutile che ci veniate anche voi.»

«Molto bene. Allora vi raggiungerò per il processo» replicò, decisamente infastidito dalla mia presenza, dai miei toni e dal mio atteggiamento nei suoi confronti.

«Un'ultima cosa: ho bisogno dei registri dei processi svolti qui a Salem, tenuti da voi e dai vostri predecessori. Li posso trovare a palazzo o li avete qui in casa vostra?»

«Al palazzo, eccellenza. A cosa vi servono i registri? Se mi è concesso chiedere» domandò, confermando la mia prima impressione di uomo tremendamente limitato e vittima dei soli istinti.

«Sono curioso di vedere cosa è successo qui a Salem.» Mi alzai, versando poi il vino e avanzando verso il camino. «Qui sono state trovate molte streghe e stregoni. È un focolaio del diavolo, un suo nido dove nascono le peggiori creature. Capite anche voi che se il male è così radicato in questo luogo non basta più bruciare le streghe sul rogo. Bisogna fare qualcosa di più drastico. Non possiamo lasciare che il maligno prenda il sopravvento» spiegai dandogli le spalle, parlando con voce grave.

Ovviamente non credevo a nulla di ciò che dicevo, anche perché conoscevo bene la verità sulla questione, essendo io stesso una sorta di personificazione del diavolo di cui tutti parlavano e temevano.

«Avete ragione, la vostra fama è ben meritata. Bisogna scovare il maligno, è l'unico modo per fermare la corruzione di tutte queste giovani.» Mi guardò quasi con ammirazione, il credulone, e io gli sorrisi, annuendo. Povero piccolo stupido.

«Voglio quindi capire se c'è un nesso tra di loro. Se hanno fatto dei sabba e dove. Questa terra va purificata, con il sangue e con il fuoco. Non avrò nessuna pietà per chi scoprirò sia servo del demonio» aggiunsi voltandomi a guardarlo. «Volevate scoprire le mie torture e i miei metodi. Beh, è probabile che li vedrete presto.» Sogghignai, sapendo che mi stavo riferendo proprio a lui, all'oscuro della verità nascosta nelle mie parole.

«Siete un esempio di virtù per tutti noi, eccellenza, non c'è che da apprendere da voi.» Era così semplice manipolare quei falsi bigotti imbottiti di credenze e superstizioni, bastava dir loro quello che volevano sentirsi dire.

«Sono solo un essere umano, consapevole di ciò che cammina e striscia sulla terra» replicai tenendo lo sguardo su di lui. «Meglio che ora vada, voglio dare un'occhiata ai registri» affermai ripoggiando il bicchiere sul tavolo.

«Certo. Mi assicurerò che sia tutto pronto per il processo e che i testimoni non siano sotto l'influenza delle streghe. Potete stare tranquillo.» Peccato che sarebbero state sotto la sua d'influenza, ma almeno sarebbe stato lontano dalle ragazze

«Bene, sono curioso di sentire che cosa verrà fuori al processo.»

«Cose terribili, credetemi. Ho già ascoltato i testimoni per la raccolta dei capi d'accusa ed è sconvolgente la malvagità a cui quelle donne hanno ceduto» mi confidò disgustato, quando il vero problema era proprio che non avevano ceduto, a lui.

«Bene, sentiremo i testimoni e cosa avranno da dire. Avete annotato le loro testimonianze, vero? Se non sbaglio ricordo di aver letto qualcosa sui registri»

«Sì, ho riportato fedelmente le loro testimonianze, come da protocollo.»

«Benissimo. Mi studierò tutto nel dettaglio in attesa di questo pomeriggio» conclusi, dirigendomi alla porta. «Ci vedremo al processo.»

«Buon rientro, eccellenza, e che la grazia di Dio non vi abbandoni mai.» Se c'era una cosa che a Salem mancava era proprio la grazia di Dio, ma presto le cose sarebbero cambiate.

Tornai a palazzo, andando a vedere le ragazze e cercando le guardie per ordinar loro di dare alle prigioniere degli abiti nuovi, così da non fare cadere nessuno in tentazione.

Le avevano messe ciascuna in una cella. Le prime due ragazze appena mi videro si sbracciarono dalle sbarre implorando clemenza, ringraziandomi per averle tolte dalla pioggia e chiedendomi da mangiare. Sara, invece, se ne stava sul fondo della sua cella, in un angolo, seduta a terra con le ginocchia sollevate, strette tra le braccia, per trattenere tutto il calore. Teneva le spalle contro il muro e si appoggiava all'altro che faceva angolo. Non si voltò quando mi sentì arrivare, probabilmente risentita dal mio modo di fare, sentendosi tradita da quelle che le erano sembrate buone intenzioni.

Non prestai attenzione a nessuna di loro, rivolgendomi solo alle guardie. «Prendete degli abiti, una sottoveste umida, aderita alle forme di una femmina, può fare salire il desiderio di un uomo molto facilmente. Chiamate una donna o due che le aiuti» ordinai autoritario.

«Ai suoi ordini, eccellenza!» Uno dei due si congedò per andare prontamente a eseguire il mio ordine.

«Possiamo fare altro per voi, eccellenza?» domandò l'altra guardia preposta alla sorveglianza delle prigioniere.

«Voglio sapere chi vede le ragazze, chiunque ha a che fare con loro o ci abbia parlato. Sono pericolose e possono facilmente convincere qualcuno a fare quello che vogliono.» Erano talmente stupidi da credermi ed evitare così che qualcuno entrasse là dentro a molestarle. Dovevano arrivare intatte almeno fino all'arrivo di Rose, la mia fantomatica "sorella" pia e casta che sarebbe venuta a darmi una mano.

«Durante il nostro turno, anche se è cominciato da poco, non è passato nessuno, eccellenza, ma vi metteremo al corrente di tutte le visite che ricevono.»

«Molto bene, non fate avvicinare nessuno» conclusi, lanciando un'occhiata a Sara, sentendola sbuffare dal sarcasmo senza però voltarsi. Sembrava che la ragazza avesse trovato divertenti le mie parole, ma le diedi giusto la minima attenzione, prima di recarmi nella stanza che mi era stata adibita. Presi i libri e i registri, cercando i casi più vecchi di Parris.

Tutto alla fine sarebbe dovuto girare attorno a lui. Mi servivano le prove per far credere alle persone di Salem che lui stesso era il male maggiore, che il demonio aveva preso le sue fattezze per far incolpare le donne innocenti che avevano osato rifiutare il maligno.

Nei registri trovai decine di casi documentati e certificati di possessioni, stregonerie e sciocchezze varie. Seguiva il protocollo: per ogni donna era indicato anno di nascita, capi di imputazione, testimonianze, le varie fasi del processo, certificati di possessione, le loro confessioni e di tanto in tanto anche i metodi adottati per obbligarle a dichiararsi colpevoli. Alla fine per tutte era indicata la data della morte e il luogo in cui erano state sotterrate le loro ceneri. Un uomo meticoloso nel suo lavoro, si vedeva che amava fare quello che faceva, Kora si sarebbe divertita parecchio con lui.

Cercai qualcosa che le legasse tra loro, ma non c'erano punti comuni, come ovvio che fosse. La maggior parte di quelle povere sfortunate erano giovani ragazze, ma c'erano anche donne più anziane, probabilmente denunciate da altri, per questioni di vendetta o solo per mera superstizione, e inserite nel rogo per confondere le acque. Aveva annotato anche di sua moglie e sua figlia. Doveva essere sembrato un uomo particolarmente devoto se aveva trovato il coraggio e la fermezza d'animo di sacrificare anche la sua famiglia per debellare il maligno. Come si poteva contestare la messa a morte di una ragazzina se non aveva avuto pietà neanche per sua moglie e sua figlia? Ma già avevo in mente come cambiare le carte in tavola, non avrebbe avuto modo di uscire vivo da quella situazione.

Dopo un po' uscì per valutare se le guardie avevano fatto come richiesto. Erano stati dati alle streghe dei vestiti molto semplici che non attiravano l'attenzione, solo dimostrare pudore, essenziale nella società di quel tempo. Avevano fornito loro anche dell'acqua perché si ripulissero, non ci tenevano a mettere in mostra i maltrattamenti a cui venivano sottoposte.

Ovviamente anche Sara si era vestita e aveva tirato su i capelli, acconciandoli come meglio poteva vista la situazione. Anche in quelle condizioni mostrava grazia ed eleganza che contribuivano ad accentuarne la bellezza. Non mi supplicava, non si sbracciava, non si scomponeva, mostrava sempre grande dignità, anche sapendo che di lì a breve sarebbe stata umiliata e maltrattata. Se ne stava ancora contro la parete, come se starsene in un angolino la facesse sentire più al sicuro e mi ignorava, non si voltava neanche a guardarmi.

Era interessante e capivo l'interesse che Parris aveva avuto nei suoi confronti. Era una donna che attirava l'attenzione e che a un cuore nero come quello dell'inquisitore, con molta probabilità, aveva solo risvegliato l'istinto di dominazione e di controllo su quell'anima diversa da molte altre. Era un vero peccato che anch'essa sarebbe dovuta spirare tra le fiamme del rogo e ascendere al Paradiso.

«Eccellenza, siamo pronti per iniziare il processo, dovrebbe accomodarsi nella sala dell'inquisizione» mi disse una delle guardie che si avvicinò a me, dando poi una breve occhiata alla ragazza per sincerarsi fosse tutto al proprio posto e la strega non fosse sparita nel nulla.

«Bene» dissi solo dirigendomi poi alla sala del processo, guardandomi attorno e osservando i presenti.

Non avrei fatto nulla di particolare. Mi sarei limitato a osservare in silenzio, almeno quello era il mio piano.

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