Capitolo 42: Promessa a una strega

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Lord of the rings midley - Lindsey Stirling


«È venuto a torturarmi di persona?» mi chiese lei a bassa voce, tirando su col naso e asciugandosi il volto umido di rabbia, paura e frustrazione. «Le assicuro che le guardie stamattina se la sono cavata piuttosto bene e mi hanno dato chiaramente il suo messaggio.»

Non avevo idea a cosa si stesse riferendo. «Il mio messaggio?» domandai, inarcando perplesso un sopracciglio «Non so di che stai parlando, ragazzina.»

«Quello che mi avete fatto recapitare questa mattina dalle guardie. Avete ordinato che "dessero una lezione alla strega" e ci hanno tenuto a sottolineare che li avevate mandati voi. Per questo mi avete chiesto se avevo il marchio? Bhè adesso grazie a quegli uomini ce l'ho, così farete bella figura dopo tutte le chiacchiere che avete fatto» spiegò delusa, cercando di mettersi seduta con fatica, ma dalla smorfia di dolore che si dipinse sul suo volto, e da come si teneva il fianco, non mi fu difficile indovinare cosa le avessero fatto.

La mia espressione divenne di ghiaccio a quelle parole. «Che cosa hai detto?» ringhiai dalla rabbia alzandomi in piedi. «Fammi vedere cosa ti hanno fatto e dimmi soprattutto chi è stato. Quale guardia?» sibilai indignato.

Sbuffò una risata e scosse la testa. Credeva fingessi di non sapere niente. Avevo detto tutte quelle cose e messo su tutta quella scena per poter accusare l'inquisitore e proteggerla, ma lei doveva aver creduto a ogni parola dopo quello che le avevano fatto. Per questo non mi aveva guardato per tutto il giorno. Aveva gli occhi lucidi e gonfi di pianto e anche in quel momento teneva lo sguardo basso.

«Deve essere stato Parris» constatai inferocito, iniziando a frugare nelle tasche delle mie vesti per poi estrarre un pacchetto. «Contavo di dartele comunque per domani. Queste erbe sono degli antidolorifici, ti faranno sentire meno dolore, ma voglio sapere cosa ti hanno fatto» dissi categorico guardandola. «Non li ho mandati io, non avrei avuto nessuna ragione per farlo. Cerca di vedere oltre al velo di ignoranza e superstizione di questa gente e cerca di capire cosa in realtà io stia facendo» la esortai allungandole la piccola busta di pelle chiusa con un cordino.

Guardò la mia mano con diffidenza. «Sentire meno dolore?» domandò «Pensate che sentirò meno dolore quando mi bruceranno viva? O è per quando verrò torturata prima?» Strinse le labbra. «Vi serve per dimostrare che non sento dolore?» La stavano distruggendo, nel corpo, nell'anima e nello spirito.

«Domani sarò io a torturarti. Sentirai comunque dolore, ma ne sentirai di meno, però dovrai urlare come se lo sentissi sul serio» dissi inclinando il capo di lato. «Sei vergine?» domandai poi per assicurarmene.

«Sì, non mi hanno toccata» ammise lei. Sollevò lo sguardo su di me e sulla borsa di pelle. «Perché lo fate?»

«Perché voglio arrivare a prendere il pesce più grosso. Tu e le altre non c'entrate niente, ne sono consapevole, ma non posso comportarmi diversamente di fronte agli altri, non posso prendere le vostre difese. Non posso assicurati che vivrai, visto che non so quando riuscirò a far cadere quell'uomo,» spiegai, assottigliando lo sguardo «ma c'è la possibilità che tu da questa storia possa uscirne viva, solo se ti fidi di me.»

«Suppongo di non avere comunque scelta.» Si tirò su con una smorfia e venne a prendere il sacchetto. «Ma se devo essere credibile è meglio che non le prenda.»

«Ti dovrò frustrare. Sei proprio sicura di non volerle?» domandai sarcastico. «Ti assicuro che fanno male.»

Impallidì visibilmente. «Frustare...» Dovette appoggiarsi al muro per non svenire.

«Con quelle sentirai meno dolore,» spiegai impassibile, tornando a sedermi «non subirai altri trattamenti dolorosi, te lo garantisco. Se va tutto come previsto passerai da essere considerata una strega a povera innocente, ma devi fidarti di me e continuare a trattarmi come hai fatto fino ad adesso.»

Annuì, stringendo il sacchetto, anche se era ancora molto pallida «Quando devo prenderle?»

«Tutto quello che c'è lì dentro» risposi serio. «Domani verrai visitata da Rose, guarderà se hai marchi e se sei vergine.»

Mi domandai se valesse la pena dirle di non preoccuparsi. Di solito non mi importava nulla degli esseri umani, eppure ero tentato.

«Cercherete di dimostrare che non sono una strega?» mi chiese con sguardo decisamente più tenero e speranzoso. «Quindi mi credete?»

«So che non lo sei. Streghe e stregoni non esistono, ma ti assicuro che ci sono cose molto peggiori» dissi accennando un sorrisetto sarcastico.

Sembrò sollevata. «È importante per me che qualcuno sappia la verità.» Accennò anche un sorriso, decisamente più sollevata nell'animo.

Non so se per ingenuità o per il buon cuore che si ritrovava, ma si stava fidando di me, quando tutto le stava suggerendo il contrario.

«Potresti finire sul rogo comunque» osservai inclinando il capo di lato. «Non sono qui per salvarti.»

«Non importa» mi rispose, avvicinandosi alle sbarre e restituendomi uno sguardo caldo. «Mi credete, sapete la verità su di me. Anche se morirò ci sarà qualcuno che saprà che non ho ceduto al demonio. Questo per me è più importante di quanto pensiate.»

«Non vedo quale sia questa importanza. Verrai arsa viva tra atroci sofferenze» puntualizzai inarcando un sopracciglio. «Che importanza ha che io lo sappia?»

«Morirò come un'innocente se lo saprete e non come una strega. Certo, eviterei tutta la sofferenza, ma non credo di avere scelta a riguardo, né di avere il potere per cambiare il mio destino. Preferisco passare gli ultimi momenti in questo mondo, cercando di vedere il buono, piuttosto che disperarmi.»

«Come fai a vedere il buono in tutto questo?»

«Credo dipenda da come si voglia vedere le cose. Non è tutto nero e nemmeno tutto bianco, credo stia a noi scegliere che colore guardare.» Aveva lo sguardo perso in chissà quasi fantasie, poi tornò su di me con un sorriso. «Grazie per il cibo, per il vestito e per averci tolte dalla pioggia; così c'è più dignità.» Parlò a nome anche delle altre due ragazze accusate ingiustamente.

«Vedo che hai capito.» Le ricambiai il sorriso, stranamente spontaneo per me. «Quando ti faranno gli esami per vedere se sei una strega non ti devi preoccupare, Rose lavora con me, non vi farà nulla di male.»

«Sono felice di saperlo.» Sara era così, genuina, spontanea, forse un po' ingenua, vedeva il buono in tutto, anche in me. E sorrideva, sorrideva sempre, un sorriso pulito e sincero. Anche in quel momento aveva in viso un'espressione gentile: pur sapendo che l'avrei dovuta frustare, lei continuava a sorridermi.

«Perché sorridi?» domandai sorpreso «Non capisco.»

Ero decisamente perplesso, abituato a vedere la morte, la crudeltà, la tortura e la tenebra insita negli esseri umani. Lei invece era luminosa, l'esatto opposto di quanto avessi mai trovato nel genere umano.

«Preferite che sia imbronciata? Non credo che cambierebbe molto» riflettè lei. «Poi domani avrò davvero pochi motivi per sorridere. Questa potrebbe essere l'ultima volta che posso farlo e voglio condividere il momento.»

«Con me? L'aguzzino che domani probabilmente ti torturerà e ti manderà al rogo come strega?» domandai evidentemente sorpreso.

«Ci siete solo voi al momento, credo di dovermi accontentare» scherzò andando a sedersi, trattenne il fiato per il dolore. «Non credo di essere nella posizione adatta per poter scegliere.» Poggiò la testa alla parete, piuttosto provata. «Sapete, a volte mi chiedo come sarebbe andata se avessi accettato l'offerta dell'inquisitore Parris.»

«Saresti diventata sua moglie e saresti finita nel suo letto fino a che non si fosse stancato di te. Probabilmente avresti fatto questa fine lo stesso una volta che la tua bellezza fosse sfiorita» spiegai con un'alzata di spalle. «Avresti solo vissuto di più.»

«Vivere, dici? Non credo. Se gli avessi detto di sì la mia anima sarebbe morta in quell'esatto istante, avrei solo allungato la tortura.» Tornò a guardarmi con quegli occhi di un caldo color miele, di cui ricordavano la dolcezza. «Posso fare un'ultima richiesta?»

«Dimmi» concessi continuando a fissarla. Di solito non ero così disponibile, soprattutto con povere anime destinate al Paradiso ormai giunte al loro capolinea.

«Quando tutto questo sarà finito... insomma, quando mi avranno bruciata... vorrei che le mie ceneri fossero sepolte sotto l'albero vicino alla chiesa, mi è sempre piaciuto molto quel posto.» Fece un sorriso imbarazzato e gli occhi le tornarono lucidi. «Lo so, è una richiesta sciocca. Ma non è solo per me. Vorrei che chi mi ha voluto bene in vita abbia un posto dove recarsi per sentirmi vicina nelle giornate più dure.» Si strofinò di nuovo gli occhi con il braccio, ricomponendosi, e tirò su con il naso. Non avrei mai immaginato quanto potesse essere importante quella parte del discorso e che un giorno, esaudire la sua volontà, sarebbe stata la cosa più difficile che avessi dovuto fare nella mia lunga vita.

«Se per te significa così tanto» le risposi, senza interessarmene più di tanto «avrai il tuo posticino sotto l'albero che ti piace tanto» risposi sarcastico. Sarcasmo che in futuro avrei rimpianto amaramente.

Non so quante volte ho ripensato a quella conversazione e a quello che le dissi, al tono che usai, al sorriso che lei mi restituì grata, annuendo. Non so quanto tempo ho passato sotto a quel maledetto albero a ripensare al suo sorriso e al fatto che non lo avrei rivisto mai più e che la colpa di tutto ciò che accadde fu solo mia. Ma quella notte, del cui tempo stava fuggendo in fretta, non potevo saperlo, lei era solo un'altra delle innumerevoli vite che avevano incrociato il mio cammino e che, senza che me ne rendessi conto, stava lasciando un profondo segno dentro di me. Mai in quel momento avrei pensato quanto quella stessa ragazzina minuta e scarna sarebbe diventata importante, cambiandomi nel profondo.

Scossi il capo distogliendo lo sguardo da lei, a disagio. «Credo che ora sia meglio che tu riposi.» Mi rimisi meglio sulla sedia, osservando le altre ragazze; dormivano come sassi. Mi sarei accorto subito se fossero state sveglie dal loro respiro, che invece era lento e regolare.

«Non riuscirei neanche volendo. Se le cose andranno male avrò molto tempo per riposare, preferisco vivere ogni secondo che mi resta, eccellenza.» Si mise però comoda, lasciando che il tempo scorresse inesorabile.

«Mi chiamo Lowell. Non serve che mi chiami eccellenza» spiegai con uno sbuffo poggiando, la testa contro il muro.

«Piacere di conoscervi, Lowell» sorrise contenta, stendendosi sulla panca e appoggiando la testa sulle braccia.

«Come mai non ti sei mai inserita nella comunità di Salem? Di solito la gente quando vive a stretto contatto in un piccolo villaggio si conosce, qui invece non sembra che molti sappiano chi tu sia» osservai pensieroso.

«Non avete vissuto molto a lungo in una comunità come questa, allora» mi fece notare lei. «Una delle ragazze è stata accusata perché ha fatto i complimenti a un bambino, non conviene molto essere socievoli in posti del genere, anche se, visto come è finita, non è che sia servito poi a molto» osservò con un'alzata di spalle, trattenendo il fiato per il dolore al fianco. «Però sapete come vanno le cose: sono una donna, niente di quello che faccio è visto di buon occhio.»

Sospirai vedendola di nuovo sussultare per il dolore. Non immaginavo che una cosa simile potesse darmi così tanto fastidio, proprio io che ero avvezzo da secoli alla violenza e alla morte. Certo era ben diverso avere a che fare con peccatori, criminali e caduti; detestavo vedere un'innocente soffrire a causa di qualcuno a cui stavo dando la caccia.

Mi alzai avvicinandomi alle sbarre. «Vieni qui un attimo» le dissi gentile, facendole un cenno con la mano.

Dapprima tentennò, rivolgendomi un'occhiata indagatrice, come a voler sondare le mie intenzioni, per poi alzarsi con attenzione e avvicinarsi alle sbarre. «Ho detto qualcosa di sbagliato?» mi chiese preoccupata, ripassando mentalmente la conversazione.

«No, ma voglio vedere il fianco dove ti hanno colpita.» Di solito non intervenivo con gli umani, mi tenevo lontano da loro anche per non legarmi e avere relazioni; era inutile affezionarsi a qualcuno destinato a invecchiare, sfiorire e morire.

«Non vedo come potreste... non credo sia una buona idea togliermi i vestiti» mi disse nervosa, arrossendo e distogliendo lo sguardo dal mio viso. Temeva che ci saremo ficcati nei guai, oltre ad essere soggetta al pudore inculcatole con l'educazione dell'epoca.

«Ti fidi di me?» domandai osservandola. «Non entrerò neanche nella cella. Non ti scomparirà il segno che ti hanno fatto ma posso alleviarti il male quando ti muovi» spiegai spostandomi dalle sbarre. «La scelta è tua, se non vuoi non insisto.»

«Ma devo... devo togliere i vestiti?» mi guardava preoccupata.

«L'alternativa e che ti tocchi per capire se ti hanno rotto qualcosa» spiegai inclinando il capo di lato.

Ci pensò un attimo, si imbronciava sempre quando era indecisa per qualcosa. Strinse le labbra e poi sospirò, con il viso coperto di pudore e ormai completamente arrossito da quelli che per lei dovevano essere pensieri peccaminosi. «Non posso farlo.» Sollevò lo sguardo su di me. «Diranno che vi ho stregato e vi arresteranno... non posso farlo.» Aveva paura che qualcuno entrasse o che una delle ragazze potesse svegliarsi.

«Ti stai preoccupando per me?» domandai ancora più sorpreso di prima, senza nascondere l'espressione sul mio volto.

Sollevò quei grandi occhi color miele sul mio volto, resistendo appena alla tentazione di distogliere lo sguardo dal mio. Non rispose, ma glielo lessi sul viso che era così, si stava preoccupando per me. Era in una cella, con probabilmente le costole rotte, in attesa di essere frustata e bruciata viva e si stava preoccupando per me.

Non riuscii a smettere di guardarla sorpreso e stranito. Nessuno si preoccupava per me, non più almeno, e non nello stesso modo in cui si stava preoccupando lei.

«Non mi conosci neanche. Non sono neanche una persona così buona come credi. Ti ho persino detto che ti lascerò morire sul rogo. E tu ti preoccupi per me?» Non capivo, non riuscivo a capire.

«Non è colpa vostra. Avete fatto ciò che potevate per me e le ragazze, per aiutarci, senza neanche conoscerci, mi avete dato delle erbe per stare meglio, avete ascoltato il mio ultimo desiderio e mi avete creduta quando vi ho detto di non essere una strega. Siete una persona buona, Lowell.»

«Non sai quanto ti stai sbagliando» risposi in tono più cupo, scuotendo la testa. «Si può dire molte cose di me, ma non che io sia una persona buona. Quello che sto facendo è solo per ottenere il mio tornaconto, non per voi» spiegai, sedendomi di nuovo e incrociando le braccia.

«State combattendo il male che alberga in questa città. Quello vero, non quello che inventano gli inquisitori. È qualcosa di buono quello che state facendo e, anche se non lo fate per noi, aiuterete molte persone.» Tornò a sedersi cercando di non lamentarsi. «Sapete, adesso sono davvero felice, so che la mia morte non sarà inutile, vi sto aiutando a cacciare via il male da questa città e questa è un'ottima ragione per morire.» Sorrideva più tranquilla, come se l'aver trovato una motivazione per quanto le stesse accadendo potesse aiutarla a chetare il suo cuore tormentato e a tenere la paura un po' più distante.

«Non sai chi sono davvero, se lo sapessi non parleresti così» conclusi cupo, distogliendo lo sguardo. «Domani ti farò del male e te ne farò molto e tu mi stai dicendo che in me c'è della bontà» replicai sarcastico scuotendo il capo.

«Non avete scelta quanta non ne ho io. Se vi rifiuterete non mi eviterete la tortura, tutto quello che otterrete è di essere torturato a vostra volta e, a quel punto, non avrete più nessuna possibilità di fermare l'oscurità che regna su Salem. Non potete salvarmi, ma potete salvare la vita di tante altre ragazze innocenti.» Mi guardava con dolcezza, cercando di darmi forza e coraggio, come se fossi io quello che tra i due ne avesse più bisogno. «Non dovreste darvi la colpa e odiarvi, io non ve la do e neanche vi odio.»

«Non mi do la colpa né mi sto odiando, faccio questo da anni, non hai neppure idea da quanto, e l'ho sempre fatto senza ripensamenti» spiegai senza guardarla. «Ma tu non sai, non sai nulla. Stai vedendo solo una piccola parte di un disegno molto più grande.»

Sbuffò una risata. «Davvero?» In fin dei conti forse era davvero una strega, perché era l'unica in grado di vedere quel malessere che mi portavo dentro. «Potete non ammetterlo se non volete, ma non mi ingannate, qualunque cosa voi diciate resterò dell'idea che voi siate un uomo buono. Non importa da quanti anni voi vi stiate illudendo del contrario, non siete come Parris, non provate piacere in quello che fate e non lo fate per voi stesso. Nonostante tutto cercate di contenere danni e vittime. A volte sbagliamo o facciamo delle cose brutte, ma la natura umana è anche questo, è anche commettere errori, non siamo affatto perfetti. Dovreste iniziare a vedere il mondo diversamente, soffermarvi sulla luce che c'è intorno piuttosto che rifugiarvi nelle tenebre, a volte è solo questione di punti di vista.»

«Già, e il tuo è il punto di vista sbagliato» ribattei senza guardarla «perché, se avessi la verità davanti agli occhi, di luce attorno a me non ne vedresti affatto.» Terminai la frase socchiudendo gli occhi e prendendo la bottiglia. «In molti sono come te, che cercano il bene in ogni cosa, ma non è così. L'oscurità è ovunque e spesso si traveste di luce per poter fare ciò che vuole.»

«Motivo in più per cercare la luce quando siamo circondati dalle tenebre.» Restò qualche attimo in silenzio ma mi stavo abituando alla sua voce. «Secondo voi com'è morire? Lo so che farà male, ma come credete che sia? Ho un po' paura» mi confessò.

«Prima c'è dolore, poi tutto scompare con un enorme senso di liberazione» spiegai freddamente tra un sorso e l'altro. «Poi, nel tuo caso, luce. Tantissima luce.» O almeno era quello che immaginavo, visto che il luogo che l'avrebbe accolta per me avrebbe sempre avuto i cancelli sbarrati.

Sorrise un po' più rassicurata dalla prospettiva. «Sembra bello.» Sollevò gli occhi su di me, cercava di trovare il coraggio per affrontare tutto, aveva tantissima forza, piccola com'era.

«Magari non morirai.» Iniziavo a non voler più lasciare che quella cosina venisse bruciata viva.

«Meglio essere pronti a tutto.» Ormai non mancava tanto all'alba. «Quando il processo sarà finito andrete via da Salem?» mi chiese curiosa, non aveva mai lasciato la città.

«Sì. Non ho motivo di restare qui una volta finito tutto quanto» specificai continuando a bere. Peccato che quella bottiglia sarebbe finita in fretta e che io non sentissi l'effetto dell'alcol. «Aspetterò il cambio della guardia e poi uscirò ad aspettare che arrivi Rose. Ma...» iniziai a dire tornando a guardarla «voglio sapere chi ti ha picchiata.»

«Le guardie del turno precedente, quello di questa mattina, mi hanno detto che le avevate mandate voi» confessò tranquilla. «Dove andrete? Ho sentito che arrivate da molto lontano, da un posto al di là del mare. È lì che tornerete?»

«No, in realtà non ho un vero e proprio posto che considero casa mia; è difficile da spiegare. Visto ciò che faccio non mi fermo mai a lungo in nessun luogo specifico.» Tornai alla bottiglia che misi sul tavolo, ormai finita. «Riesci a indicarmi chi erano le guardie? Non farò nulla, almeno per ora. Se agissi penserebbero che tu mi hai corrotto. Devi fingere di avere paura di me, se non sarai convincente dovrò davvero farti molto male» spiegai.

«Penso di potercela fare, magari non avrò paura di voi, ma non credo mi risulterà difficile aver paura di tutto il resto.» Era sincera, cercava di non darlo a vedere praticamente mai, ma aveva molta paura di tutto quello che stava succedendo. «Penso di poter riconoscere le guardie» aggiunse poi tornando a guardarmi. «Non sentite il bisogno di un posto sicuro dove tornare, un posto che vi manchi quando siete lontano, un posto da chiamare casa?» All'epoca non lo sapevo ancora, ma c'era un solo posto che avrei mai potuto chiamare casa ed era il posto dove c'era anche lei.

«No. Non c'è nessun posto che chiamerei casa.» Forse molto tempo prima, quando ero ancora umano, c'era stato un posto, ma ormai ci pensavo sempre meno. «Quando entra il cambio della guardia fammi un cenno per indicarmi che sono loro. Rannicchiati e china il capo se li riconosci, o scuotilo se invece non li dovessi riconoscere» dissi guardando poi le altre due ragazze. «Parris vuole te, si accanirà su di te, ma a loro non farà nulla se non bruciarle.»

Annuì. «Meglio così. Quelle ragazze sono innocenti, non meritano quello che stiamo passando. Una di loro ha un bambino piccolo ed è vedova, dopo la sua morte al bambino non resterà nessuno, ma almeno si risparmierà la scena di sua madre torturata in pubblica piazza.»

Sospirai scuotendo il capo. «Non ti preoccupare, Parris avrà quello che si merita.» Kora lo avrebbe torturato per anni come minimo, non solo nella sua cella, ma si sarebbe accanita su di lui di persona. Mi sarebbe valso sicuramente più di tre o quattro anime.

«Mi fido di te.» Un ultimo sorriso e il sole iniziò a entrare dalla finestra, segno che era ora del cambio della guardia.

Annuii, distogliendo infine lo sguardo da lei per tornare ad assumere il solito freddo cipiglio, rivolgendo un'occhiata alle guardie che entravano nella cella.

Lei diede loro uno sguardo rapido e spaventato, piuttosto credibile, al punto da farmi credere che fosse decisamente vero e si rannicchiò chinando il capo. Erano loro i due bastardi vigliacchi che l'avevano pestata a nome mio su ordine di Parris.

Accennai un sorrisetto divertito mentre alzavo gli occhi su di loro, senza l'ombra della stanchezza. Non dissi nulla, limitandomi a guardarli con attenzione e con un'espressione penetrante.

«Eccellenza, non immaginavamo di trovarla qui. È successo qualcosa?» mi chiese uno dei due guardando le celle e soffermandosi su quella di Sara.

«No, mi volevo solo assicurare che queste bestie maledette, figlie di Satana, non facessero qualcosa di stupido ai danni delle guardie prima di voi» dissi gelido e freddo. «Lei in particolare, decisamente è una cagna del diavolo» affermai, alzandomi per poi tornare a guardarli.

«Già.» Le guardie non commentarono, si limitarono solo a osservare brevemente la ragazza, atterrita e sottomessa. «Attenderemo il vostro ordine per portarvi la sgualdrina del demonio.»

Sara se ne restò giù, facendosi ancora più piccola, senza sollevare lo sguardo su nessuno di noi.

«Mi occuperò personalmente di lei, nella piazza pubblica» dissi guardandola con un ghigno beffardo e maligno. «Mi serve sveglia, senza segni per quando salirà sul patibolo. Se dovesse svenire troppo presto non soffrirebbe abbastanza.»

«Come desidera, eccellenza. Ci siamo sempre occupati noi delle condannate per conto dell'inquisitore Parris, sappiamo ciò che è richiesto.» Non mi piaceva quel tono, quei due erano palesemente al soldo di quell'uomo.

«State per caso mettendo Parris sopra la mia autorità?» domandai atono, voltandomi a guardarli con un'espressione minacciosa e cupa. «Sono io qui a comandare, fin tanto che sarò presente, Parris non vale nulla.» Incrociai le braccia al petto evidentemente infastidito.

«Certo, eccellenza, non volevamo mancarle di rispetto. Le stavamo solo assicurando che sappiamo cosa fare con la ragazza per... insomma... prepararla nel giusto modo all'esame» mi disse uno dei due.

Mi avvicinai a loro ancora più minaccioso. «Perché? Come dovreste prepararla nel giusto modo per l'esame?»

Si scambiarono un'occhiata tra loro, confusi. «A volte le streghe mascherano la... situazione, per risultare vergini... abbiamo... abbiamo il compito di controllare che non usino trucchi per imbrogliare l'esaminatrice.»

«Eccellenza queste donne ne sanno una più del diavolo, per questo le sceglie come amanti» aggiunse l'altro. «L'inquisitore Parris ci tiene che le cose vengano fatte per bene.»

«State di nuovo mettendo in discussione la mia autorità. Caccio queste bestie da anni, ho avuto a che fare con creature ben peggiori di queste. Verranno visitate da un messo inviato direttamente dal Vaticano, credete che non sappia che cosa fare?» dissi calmo e gelido. Se mi fossi lasciato prendere dalla rabbia avrei dato credibilità che mi avesse corrotto. «Sparite all'istante e chiamatemi immediatamente le altre guardie. Da questo momento in poi voi non ve ne occuperete più, potrei iniziare a credere che siate anche voi stati corrotti da queste figlie del maligno.»

«Eccellenza, ma cosa dite? Noi stavamo solo eseguendo gli ordini dell'inquisitore.» Avevano paura di me e dato il trambusto anche le altre due streghe si erano svegliate.

«Devo ripetermi?» domandai inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto. «Ho condannato stregoni per molto meno. Di solito ai servi del demonio piace provocarmi.» Sorrisi, con fare arrogante. «Potremo arrivare ad avere non solo tre roghi ma bensì cinque. Dopotutto, sapevo che il male qui a Salem è più radicato del previsto.»

«Ci perdoni, eccellenza, andiamo via subito.» Uno dei due afferrò l'altro, trascinandolo via come se avesse il diavolo alle calcagna.

Le donne si avvicinarono alle sbarre per vedere cosa stesse accadendo mentre Sara se ne restava raggomitolata. Stava premendo sul punto dove aveva le costole rotte, probabilmente per sopprimere la sua espressione di sollievo.

Attesi il ritorno delle guardie, senza dare più attenzione alle ragazze, prima di lasciare la zona delle celle. Per coerenza andai da un altro degli inquisitori minori e chiesi di avere per iscritto tutta la documentazione riguardante le due guardie del mattino, informandomi sulla loro famiglia e le loro abitudini. Sarebbe stato interessante metterli accanto a Parris mentre veniva arso vivo. Mi recai da lui, sperando che Rose fosse finalmente arrivata.

Era una demone, conosciuta per copertura come la casta e pia sorella Rose, messo del Vaticano come mio aiuto nei casi di stregoneria. Ovviamente di una bellezza invidiabile e per nulla casta e pura, ma all'epoca vi era più di un demone tra le fila del Vaticano, lontano dagli occhi degli angeli che ogni tanto scendevano a farsi quattro passi sulla terra a cercare di capire cosa stesse succedendo. Se non fosse stato per le loro rare apparizioni, le cose sarebbero stato molto meno complicate.

Come avevo ben previsto, la pia e casta Rose era arrivata e quel verme flaccido di un inquisitore le stava facendo gli onori di casa.

«O, eccellenza, siete qui» disse lui, gongolando. «Non vi ho voluto disturbare, mi sono preso io la briga di accogliere questa nostra sorella.»

«Eccellenza, perdonate il ritardo, sono stata trattenuta da dei missionari, non avevo cuore di lasciarli.» Mi puntò addosso i vivaci e vispi occhi scuri da demone e assottigliò lo sguardo per farmi capire il doppio senso di cui in realtà stava parlando. Unico segno riconoscibile, visto il tono casto e pio che aveva usato dando le spalle a quel maiale.

«Immagino, sono decisamente felice di vedervi, sorella, temevo che vi fosse successo qualcosa lungo la strada ma sono contento che abbiate portato... aiuto a questi missionari. Sappiamo quanto tutti noi abbiamo bisogno dell'aiuto degli altri» dissi, cercando di sembrare serio, lanciando un'occhiata all'inquisitore. «Non siete d'accordo?»

«Ovviamente sì, e per me sarà un vero piacere ospitarvi in casa mia per tutto il tempo della vostra permanenza.» Aveva uno sguardo disgustoso, lo stesso con cui guardava Sara, ma Rose, o meglio Nancy, a differenza di quella ragazzina minuta, sapeva difendersi.

«Vi ringrazio, inquisitore Parris, parlerò sicuramente bene di voi al Papa quando farò ritorno a Roma.»

«Appena ti sarai riposata ti porterò dalle tre bestie di Satana» la informai, cercando di restare serio. «Visto l'orario magari vorrai fare colazione.»

«Mi conoscete bene, eccellenza, ho viaggiato per tutta la notte e ho bisogno di recuperare energie prima di assolvere al dovere impostomi dal mio signore.» Si stava divertendo un sacco a interpretare quel ruolo.

«Allora vi lascerò al nostro caro Parris. Andrò intanto a parlare con il reverendo per alcune questioni» dissi per poi guardare l'inquisitore. «Ho dovuto far allontanare le guardie dalle tre streghe, sembravano essere sotto l'influenza del maligno. Affermavano che, sotto vostro ordine, dovevano accertarsi che le streghe arrivassero non più vergini al controllo, per fortuna le ho fermate in tempo. Se lo avessero fatto, anche loro sarebbero finiti sul rogo» lo informai fissandolo con attenzione. «Valuterei meglio le vostre guardie, se fossi in voi; avrebbero potuto farsi sfuggire quelle tre meretrici.»

«Che cosa hanno fatto?!» L'uomo mi guardò esterrefatto, come a non credere all'inettitudine di quei due. «Quella perfida strega deve avere tentato di corrompere anche le loro anime, eccellenza, quella donna è il male in persona.»

«Di che donna parlate?» chiese Rose, visto che di donna che era la personificazione del male ne conosceva solo una e dubitava si stesse parlando di lei.

«Assolutamente, vi assicuro che avrò modo di punirla io stesso a dovere questo pomeriggio» dissi tornando a guadare Rose. «Ci sono tre streghe e una di queste sembra particolarmente pericolosa, capace di sedurre ogni uomo o donna. Ha persino corrotto il nostro carissimo Parris facendogli bruciare sul rogo moglie e figlia, ma la sua fede è stata abbastanza forte da riportarlo sulla retta via.» Faticavo a non ridergli in faccia, anche se avevo voglia di infilzarlo da parte a parte con il mio pugnale. «Ho comunque richiesto informazioni su di loro. In caso trovassi qualcosa di sospetto questa sera avremo ben cinque roghi e non solo tre» sentenziai incrociando le braccia.

«Ben fatto, eccellenza; come sempre.» Era piuttosto infastidito da questa ulteriore intromissione da parte mia nei suoi progetti.

«Oh, non vedo l'ora di incontrare quest'anima perduta e verificare di persona la depravazione di cui è accusata.» Avrebbe di sicuro appurato la sua innocenza, quella ragazza non mi aveva mentito.

«Dovrai stare attenta e assicurarti di riferire solo la verità. Hanno detto che potrebbe facilmente riuscire a essere ciò che non è, ma sarò presente anche io per evitare che faccia scherzi» avvisai alzando lo sguardo sull'inquisitore.

«Vi preoccupate troppo, eccellenza» mi disse la demone. «Sapete che io sono incorruttibile e che sono stata mandata qui per fare giustizia. Le streghe non hanno potere su di me, la mia fede è troppo forte.»

«Siete voi che sottovalutate quella ragazza, sorella, ma appena la strega brucerà il suo maleficio verrà meno.» Parlava come un uomo devoto, ma quello non era certo il modo in cui un uomo avrebbe dovuto guardare una serva di Dio.

«Avrà quello che merita, non temete. Vi darò una dimostrazione di come tratto personalmente queste creature infernali» risposi minaccioso. «Vi lascio alla vostra colazione. Intanto farò modo che i due ragazzi vengano processati a loro volta durante questo pomeriggio.»

«Se davvero hanno cercato di accoppiarsi con la strega allora avete tutto il mio appoggio, eccellenza.» Sorrideva forzato, per nulla intenzionato a essere associato a quei due, ma il suo disappunto non era di nessuna rilevanza per me.

«Vi raggiungeremo dopo colazione per fare questo esame, eccellenza» tagliò Rose, trascinandosi dietro l'uomo grasso. Sentiva la sua malvagità e presto lo avrebbe avuto a sua totale disposizione per poterlo torturare a piacimento.

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