Capitolo 50: Faccende sospese

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Ci aggirammo per il campo alla ricerca di un segnale che ci svelasse la presenza dei due angeli; non sarebbe stato semplice scovarli, anche perché sapevano bene che così ridotti non avrebbero avuto possibilità contro di me.

Dopo un po' lei fece sparire la sua arma di luce, voltandosi a guardarmi. «Metti via la spada, magari così capiranno che non abbiamo cattive intenzioni» suggerì lanciandomi un'occhiata e parlando con tono tranquillo, ma abbastanza alto da farsi sentire.

«Non ci penso nemmeno, sono angeli, non ti trascinerò in un posto abbandonato con chissà quanti pennuti a tenderci una trappola senza una spada per proteggerti. Puoi scordartelo!» La sua emotività era pericolosa e non intendevo assecondarla, non quando in gioco c'era la sua vita.

«Siamo qui per aiutarli, non si faranno mai trovare se ti vedono armato» insistette lei. «Per favore, Low.»

«Non abbasserò la spada prima di essermi assicurato che non stai correndo pericoli. Se vogliono il mio aiuto allora è meglio che abbassino le penne, qui le regole le detto io.»

Quegli stronzi alati non si sarebbero fatti scrupoli ad approfittarsi di lei per manipolare e colpire me, lo avevano fatto per anni e lei ancora non sembrava rendersene conto. Sospirò tornando a guardare l'anello e avanzando all'interno del campeggio abbandonato altalenando lo sguardo tra il monile e ciò che ci circondava; se non fosse stato pieno giorno sarebbe sembrata un'ambientazione da film horror. A un certo punto l'anello iniziò a pulsare, segno evidente che fossimo vicini a qualcosa di sovrannaturale.

Lei si fece più attenta e circospetta, avanzando nella direzione indicata dall'anello. Era preoccupata e timorosa senza riuscire a nasconderlo, forse anche lei conscia della falsità di quelli che credeva amici, eppure non sembrava assolutamente dell'idea di tirarsi indietro.

«Joan...» chiamò con voce titubante e incerta.

L'angelo non le rispose, ma era lì, l'anello non mentiva, aveva solo paura e non potevo darle torto.

«Low, per favore, metti via la spada» tornò a chiedermi voltandosi verso di me. «Non possono farti niente, neanche se tu fossi disarmato, sono feriti e spaventati. Per favore» chiese in tono di supplica e con un'espressione preoccupata a cui era difficile non cedere.

La presi per il braccio e affiancai il viso al suo. «Se metto via la spada e loro ci attaccano li cancellerò senza nessuna pietà, sei avvertita.»

Feci sparire la spada e restai in attesa della mossa di Hope, anche se l'avevano presa in giro per tutto quel tempo li conosceva abbastanza, era l'unica che poteva farsi ascoltare da loro senza venire attaccata seduta stante.

«Va bene» sussurrò lei irrigidendosi e alzando lo sguardo in cerca del mio, leggendoci incertezza e in un certo senso anche una bella dose di paura.

Ero vicino a lei e le sarei rimasto accanto pronto a proteggerla. «Allora, muse, vi decidete a venire fuori? So che siete ridotti male e so che siete qui. Lo spinello nero non mente e si sente puzza di angelo da chilometri.»

«Joan, non vogliamo farvi nulla, sappiamo che Mark è ferito, vogliamo solo aiutarvi» gridò lei guardandosi attorno.

«Aiutarci a fare cosa? A cancellarlo?» Joan era in piedi sul tetto di una capanna dismessa, probabilmente usata come dormitorio. Aveva un'espressione distrutta e devastata e le ali dal bianco piumaggio ben in mostra.

«A curarlo, Low è in grado di farlo» rispose lei molto più tranquilla appena la vide, sorridendole spontaneamente. «Sul serio, ho saputo che è ferito e che vi cercano sia gli angeli che i demoni.» Avanzò di qualche passo nella sua direzione, prestando attenzione a non fare movimenti bruschi che potessero metterla in ulteriore allarme e farla reagire male. «Permettici di aiutarvi.»

Lei spostò lo sguardo da Hope a me per poi tornare sulla ragazza. «Non vi avvicinate! Hai portato qui il mietitore!» Aveva uno sguardo piuttosto deluso. «Sei venuta a vendicarti per non averti detto la verità?» Stava soffrendo molto per quella che dal suo punto di vista era una situazione senza speranza. L'angelo biondo doveva essere messo malissimo, se lei era sul punto di piangere. Sapeva bene che tra non molto di lui sarebbe rimasto solo un lascio di luce e non c'era niente che potesse fare se non vederlo agonizzare fino alla fine.

«Non voglio vendicarmi, non potrei mai, mi conosci Joan, voglio solo aiutarvi» disse lei continuando a camminare nella sua direzione. «Sono rimasta delusa nel sapere la verità, ma siete stati la mia famiglia, non posso abbandonarvi.»

«Hai portato qui il mietitore, Hope. Quell'essere cancella gli angeli e uccide i Nephilim, come hai potuto portarlo da Mark?» Era disperata e quello stato si rifletteva perfettamente nelle sue iridi luce di pianto, eppure le sue ali continuavano a splendere, bianche e immacolate, segno che in lei c'era ancora fede, fede che un miracolo potesse ancora compiersi, che per la musa potesse esserci ancora una speranza, fede nella sua amica Nephilim che era venuta in loro soccorso, ma non in me.

«Tu non sai nulla di lui, Joan. Non vi farà del male, te lo giuro, lui può salvarlo» Cercò di convincerla facendo appello ai sentimenti che le avevano unite un tempo e che lei credeva reali e consistenti «È la tua unica possibilità, so cosa provi per lui, lo so da sempre. Ti prego lasciate che vi aiuti e poi ce ne andremo, nessuno proverà ad approfittare della situazione.»

La donna scese con un solo battito di ali mentre me ne restavo in silenzio a lasciarle trattare. «Tu non capisci» disse dura dando un'altra occhiata a me. «Mark non si lascerà aiutare da lui.» Non le riuscì più di trattenere le lacrime dopo aver evocato quella terribile immagine e scoppiò a piangere crollando a terra.

Hope le fu subito accanto, inginocchiandosi di fronte a lei e cingendola in un abbraccio, uno di quelli familiari che tante volte si erano scambiate. «Andrà bene, vedrai, riusciremo a convincerlo, direi che me lo deve se vuole il mio perdono» disse con dolcezza e una sottile ironia.

La musa delle arti la abbracciò di rimando, piangendo disperata e singhiozzando per l'uomo che amava, sentendosi impotente per il fatto di non riuscire a salvarlo. Quella scena mi era fin troppo familiare e come ogni volta mi causava una morsa allo stomaco che non faceva altro che rendermi più scontroso.

«Rimetterò in piedi quel tipo, senza fare scherzi, e poi mi auguro di non incontrarvi mai più» confermai le promesse di Hope.

La Nephilim mi rivolse un'occhiata grata per poi guardare Joan. «Portaci da lui» le chiese, sempre con gentilezza.

Per quanto fosse disperata e desiderosa di salvare il ragazzo a ogni costo, non riusciva a fidarsi e cercò di infondere al suo sguardo sofferente tutto il disprezzo che provava nei miei confronti.

«Non approfittare della mia pazienza, musa, siamo di fretta, e ti assicuro che lo troverei comunque se avessi cattive intenzioni, non sarebbe questo posto, né tu a riuscire a fermarmi.»

«Joan, devi fidarti di noi» insistette Hope. «Portaci da Mark.»

Era combattuta, ma quello che sentiva per il suo compagno ferito la portò ad accettare la nostra offerta, non senza remora. Ci fece strada verso il capanno dove aveva nascosto il biondo, senza mai togliermi gli occhi di dosso, come se avesse potuto in qualche modo fare qualcosa se avessi deciso di cancellarli.

Entrammo dentro, con Hope sempre accanto alla sua amica, completamente distrutta, alternando lo sguardo tra me e lei. Eravamo una speranza, ma al contempo sapeva bene che fossi un assassino e un manipolatore di cui non potersi fidare.

Trovammo Mark all'interno di una stanza in uno degli edifici abbandonati e lasciati andare in malora, sopra a un letto sfatto e rovinato da tempo e incuria e ora anche intriso di sangue. Filtrava appena poca luce, attraverso due piccole finestre dai vetri sporchi, lasciate socchiuse per far entrare aria pulita e diradare l'inequivocabile fetore dell'Inferno emanato dalle ferite infette e in suppurazione. L'angelo era ridotto proprio male, doveva avere la febbre altissima e dolori atroci in tutto il corpo, stava morendo lentamente e tra atroci sofferenze. La pelle intorno alle ferite era nera e l'infezione causata dalla venefica saliva di Cerbero si andava diffondendo; una volta anneritosi del tutto sarebbe stato cancellato. Non mi avrebbe stupito se non fosse stato lucido.

Hope sbiancò nel guardarlo, mentre Joan si poggiava a lei praticamente di peso, continuando a singhiozzare disperatamente, ricordandomi al tempo stesso ciò che avevo passato centinaia di anni fa in una situazione simile a quella. Erano da soli e lui sarebbe morto con lei accanto, incapace di aiutarlo e costretta a restargli accanto per volontà di entrambi.

Hope si voltò a guardarmi stringendo appena le labbra, evidentemente preoccupata per l'angelo e per le sue condizioni. «Puoi davvero fare qualcosa?»

«Ci posso provare, ma è ridotto piuttosto male.» Per sua fortuna era un angelo con ferite demoniache e non un mortale, quindi c'era ancora qualche possibilità.

Mi tolsi la giacca e iniziai ad avvicinarmi rimboccandomi le maniche.

«Sta indietro, demonio» mormorò dolorante il mio moribondo paziente. «Come hai potuto portarlo qui?» ce l'aveva non Joan nonostante non fosse più molto lucido.

«Mark...» tentò lei disperata «ti prego, è la nostra unica alternativa, se non ti lasci aiutare, tu...» le morirono in gola quelle parole. Per quanto sia evidente e inevitabile, non si è mai abbastanza preparati per la dipartita di chi amiamo.

«Mark, per favore, lascialo fare. Una volta curato ce ne andremo, te lo prometto» la sostenne Hope. «Vogliamo solo aiutarti.»

«No... questa... è la mia giusta punizione... è la volontà di Dio... e io non verrò meno.» Delirava e a giudicare dalle ferite che riportava era anche piuttosto normale.

«Credete di riuscire a tenerlo fermo?» chiesi alle due ragazze.

«Certo» rispose Hope prontamente, trascinandosi dietro Joan che teneva l'attenzione su di me, alternandola con Mark. «Posso prenderlo a schiaffi nel caso dovesse ricominciare a farneticare» aggiunse la Nephilim cercando di stemperare tutta la tensione che si stava accumulando nella stanza.

«Non vi avvicinate»

L'ex musa delle arti teatrali cercò di ribellarsi, ma era ridotto troppo male perché i suoi tentativi potessero andare a segno. Di fatti, le ragazze non fecero particolare fatica a bloccarlo per consentirmi di iniziare a lavorare. Non erano ferite semplici da trattare, neanche se non fossero state infernali, ma in questo caso erano aggravate dall'infezione generata dalla natura dell'animale che lo aveva azzannato, Era di prioritaria importanza rimuovere l'oscurità dalle lacerazioni, una volta pulite, le ferite avrebbero cominciato a chiudersi da sole. Cominciai da quella più grave, iniziando a risucchiarne l'oscurità con le mani, aiutandomi anche con la punta del mio pugnale. Era un processo terribilmente doloroso da sopportare, infatti dopo non molto lui perse conoscenza.

«Quanto ci vorrà?» mi domandò bianca in volto Hope, mentre teneva una mano sulla spalla di Mark, prima di tornare a guardare Joan che osservava tutti noi, con un'espressione lievemente più viva seppur distrutta e stanca. Non aveva probabilmente dormito da quando c'eravamo scontrati.

«Un bel po',» le informai «ma ormai ha perso conoscenza, non serve che lo teniate.»

Era assolutamente assurdo curare un angelo, una cosa contraria a qualunque principio di buon senso per un caduto. Speravo solo che una volta svegliatosi non provasse ad attaccarmi, sarebbe stato un peccato aver perso così tanto tempo ed energia per poi doverlo cancellare.

«Che cosa è successo dopo che siamo scappati io e Low? Come mai Michele non è con voi?» domandò Hope voltandosi a guardare Joan. «Vi ha abbandonati?»

Percepii chiaramente una nota di fastidio e delusione nella voce mentre le faceva quella domanda

La musa era piuttosto giù di morale, oltre che esausta, si vedeva che non avesse molta voglia di parlare di Michele in quel momento. «Non lo so. Mark era ridotto male, ho pensato solo a portarlo al sicuro, ma facendo così ci ho condannati. Abbiamo disertato... non possiamo più tornare.» Guardò il biondo che privo di sensi lottava per la propria esistenza. «Non mi perdonerà mai» disse a se stessa riprendendo a singhiozzare. «Non potevo lasciarlo morire... io... non potevo.»

«Lo so, non ti preoccupare» provò a consolarla Hope, posandole una mano sulla spalla. «Ormai sono migliaia di anni che fate questo viaggio insieme, capisco come ti senti, non riesci a immaginare di poter andare avanti se lui non ci fosse più» osservò tornando a guardare il biondo, come se la comprensione di una Nephilim potesse in qualche modo contare qualcosa nel loro mondo bigotto e bacchettone. «Ti perdonerà, vedrai.»

«Non mi importa... non importa se non mi perdonerà, basta che sia vivo.» Guardò Hope come se lei potesse capire, anche se forse l'unico che sapesse davvero cosa significava continuare a vivere senza la persona amata ero proprio io. «Se dovesse essere necessario mi assumerò l'intera responsabilità della faccenda, appena starà meglio mi presenterò alle porte dorate e mi consegnerò come unica responsabile per la diserzione e per questo» disse indicandomi, visto che per gli angeli era meglio morire che essere in debito con un caduto.

«Non credo che lui te lo lascerebbe fare e comunque che razza di soluzione sarebbe? Siete davvero assurdi voi angeli» replicò Hope. «Quali sono i principi che Dio vuole si portino avanti? Credi che abbandonare chi si ama sia tra questi? Se quello che di lui si dice è vero, allora credo che sarebbe ben più felice di vedere che si faccia di tutto per salvare la vita di chi si ama, piuttosto che uccidere un'innocente nata per un errore del suo braccio dentro» aggiunse chiaramente infastidita.

Non aveva preso bene il sapere chi fosse suo padre e quali amorevoli piani avesse per lei. Tutti i ricordi che da bambina aveva di lui le sembravano solo una gran farsa. Tutti coloro che aveva amato non la contraccambiavano, le avevano solo mentito per anni affinché non si ribellasse al loro volere e a quanto era destinata a subire una volta giunta al capolinea. Non era una cosa semplice da accettare per nessuno, ma difficilmente avevo visto un Nephilim comprensivo sotto questo punto di vista e anche lei, proprio come gli altri suoi predecessori, non nascondeva la sua delusione.

«Per gli esseri umani forse è così, ma noi siamo angeli, per noi le regole sono diverse, a noi l'amore non è concesso, se non quello verso Dio a cui dobbiamo la nostra assoluta lealtà in quanto suoi soldati. Non c'è niente di peggio che disubbidire,» disse cercando di essere seria «ma non potevo fare altrimenti... io proprio non potevo lasciarlo morire, è troppo importante per me. Anche se non potremo mai stare insieme, anche se non potrà mai e poi mai ricambiare i miei sentimenti, io non posso lasciarlo morire.» Lo guardava disperata, senza vedere una via di fuga o anche una benché minima possibilità che quella storia potesse avere un lieto fine. Nel peggiore dei casi Mark sarebbe morto in quel luogo desolato e lei sarebbe stata giustiziata dagli angeli per diserzione e nel migliore si sarebbe consegnata per salvarlo.

«Non morirà,» le dissi con tono neutro «Non per questo almeno, ma se sarà una minaccia per Hope sarò io stesso a cancellarlo» la avvisai.

«E tu quindi dovresti subire la cancellazione per questo? Quindi la legge angelica è diversa per tutti? Anche generare Nephilim è vietato, eppure mio padre è ancora vivo così come molti altri» sospirò scuotendo il capo. «Siete i soldati di Dio, è vero, ma doveste portare amore e non odio, morte e sofferenza prendendovela con gli innocenti. Siete peggio dei demoni e onestamente non credo che Dio voglia questo. Se hai sbagliato perché le tue ali sono ancora bianche? Non è forse quello il segno che si è tradito Dio, che non si è più degni della sua luce?»

I dubbi di Hope erano ben leciti ed erano gli stessi che avevano ossessionato e perseguitato molti prima di lei e a cui la maggior parte degli angeli non sapeva dare una risposta. Nessuno poteva parlare con Dio, nessuno poteva ascoltare la sua voce se non una persona e questo aveva generato una gran confusione tra le schiere celesti, portando i cori più alti a interpretare a proprio piacimento parole che non avevano sentito personalmente e su cui nessuno aveva più esercitato controllo se non loro stessi. Questo aveva generato non poche contraddizioni e leggi assurde che venivano usate per mantenere ordine, potere e gerarchia e che avevano convinto Kora a intervenire quando mi aveva arruolato nelle sue fila. La verità era che nessuno sapeva davvero come stessero le cose e per quale motivo si potesse davvero cadere, se fosse davvero una punizione o una semplice scelta volontaria.

«È come dire "se hai ucciso perché non sei in prigione?". Non sono stata ancora beccata, per questo le mie ali sono ancora bianche, non si sono ancora accorti che ho disertato.» Ripeté esattamente quello che le era stato insegnato, senza chiedersi se fosse o meno corretto, come qualunque altro angelo al suo posto avrebbe fatto.

«Mi stai dicendo che le ali non sono più immacolate quando gli altri si accorgono della tua colpa? Ma non ha senso, non ha proprio senso» insistette Hope. «Joan, insomma, ti rendi conto di quanto sia assurdo? E poi come sai che è Dio a volere questo? Ci sono delle leggi scritte tra gli angeli? Io davvero non capisco.»

«No, non ci sono leggi scritte, sono orali... è complicato,» disse lei tornando a dare un'occhiata al biondo mentre io continuavo a curarlo «ma non è solo questo,» continuò lei approfittando che il suo compagno non potesse sentirla. «Mark non è l'unica ragione per cui ho intenzione di consegnarmi.» Riportò gli occhi su Hope, come se fosse sul punto di farle una confidenza, da un'amica all'altra. «C'è un altro errore che ho commesso e per cui non verrò perdonata.»

«Perché mi hai lasciata andare?» domandò lei inarcando un sopracciglio.

Annuì. «Pensavo di riuscire a fare quello che andava fatto, ma non ci riesco. Mi sono affezionata a te, sei come se fossi la mia sorellina, io non posso cancellarti. Sono una delusione.» Era piuttosto sconfortata e avvilita.

«Potresti sempre cadere, il vostro amico lo ha fatto.» La buttai lì, anche se la mia opinione non era stata richiesta da nessuno.

«E Luke è vivo e all'Inferno, anche se non so se sia caduto o meno» aggiunse Hope con una nota di frustrazione. «Ero arrabbiata e delusa quando vi ho visti arrivare con Michele, siete stati la mia famiglia e quando ho capito che mi avevate mentito e soprattutto che volevate cancellarmi mi è sembrato che mi crollasse tutto quanto addosso,» spiegò lei con rammarico «ma ciò non toglie che vi voglia bene lo stesso e non è giusto che tu ti immoli per colpa mia. Tutto questo non sarebbe successo se non fossi nata» disse lanciandomi un'occhiata per poi continuare, prima che dicessi qualcosa a riguardo. «Non sto dicendo che è colpa mia, l'errore, se così si può chiamare, è solo di Michele.»

«Tuo padre ha migliaia di anni e immagino che anche in paradiso si sappia come si facciano i figli» risposi infatti io. «Ciascuno è responsabile delle proprie scelte e del lato da cui sceglie di stare. Chi non accetta questo è solo un vigliacco che cerca una scappatoia semplice. Lucifero era tante cose ma ha avuto il coraggio di ribellarsi alle ingiustizie e di prendersi cura di sua figlia.» Avevo problemi con Kora, ma rispettavo di più l'ideologia degli Inferi che quella celeste.

«Appunto, ma non si è preso nessuna responsabilità, ha solo mandato quattro angeli a proteggermi e a cancellarmi quando sarebbe stato il momento di farlo» replicò lei senza guardare né me né Joan. «Se il Paradiso è coì non vorrei comunque finirci» mormorò guardando poi la musa accanto a lei. «Se davvero siete così, vivete praticamente nella menzogna, nell'egoismo, nel cercare di distruggervi gli uni con gli altri. Io non credo proprio che sia quello che volesse Dio.»

«Eppure il loro Dio ha ucciso i primogeniti in Egitto, ha mandato il diluvio e le piaghe, ha scacciato Lucifero e chiunque si sia rifiutato di combattere i propri fratelli, manda pestilenze e malattie incurabili e se ne sta lì a veder morire la gente che egli stesso ha creato, si volta dall'altro lato quando i Nephilim vengono uccisi per una colpa non loro» dissi acidamente, avendo sperimentato in prima persona la carità del loro Dio.

«Quello è anche il tuo Dio» mi rispose la musa infervorata per poi calmarsi. «Lui ha un disegno, solo che noi non lo vediamo, c'è un motivo se le cose accadono» mormorò quasi, guardando il suo compagno ferito, sembrava ne fosse poco convinta lei per prima.

«Appunto, ha un piano e chi ti dice che non sia proprio questo il suo piano? Te lo ha detto lui di comportarti così? No. Magari anche questo è quello che lui vuole, come fai a saperlo? Nessuno può farlo. Tanto vale viversi la propria vita fino alla fine e finché si può» esordì infine Hope incrociando le braccia al petto. «Morire o essere cancellati, se comunque la tua fine è quella allora tanto vale che ti vivi a pieno quello che ti resta. Credo sia questa l'ottica che abbiamo noi esseri mortali e inizio a credere che sia una benedizione non sapere cosa ci sia dopo la morte» sbuffò scocciata e stanca, scuotendo il capo, per poi lanciarmi un'occhiata prima di tornare a guardare lei. «Io non so neanche che cosa mi succederà, tranne che dovrò comunque morire presto o tardi. In Paradiso non ci voglio andare. Se sono tutti degli ipocriti come mi avete descritto non ne ho intenzione. L'Inferno, beh... nell'assurdo è più coerente del Paradiso, ma non fa per me... onestamente io non so che cosa mi succederà, ma so che cosa voglio fare. Tu invece lo sai, Joan?»

«So solo che voglio salvare Mark ed evitare che ti cancellino» le rispose convinta.

Quello che aveva appena detto Hope mi dava da riflettere. Voleva fermare la guerra, ma senza conflitto le cose sarebbero rimaste esattamente come erano. Non aveva speranze di entrare all'Inferno con quelle ali candide e non aveva possibilità di andare in Paradiso, Michele e i suoi angeli l'avrebbero aspettata al varco. Forse non era una buona idea fermare la guerra, ma se non l'avessimo fatto avremmo dovuto schierarci sperando di scegliere il lato giusto e che questo alla fine potesse avere qualche risultato vantaggioso per noi.

«Allora fa quello che ti senti di fare, Joan. Io vorrei che le cose cambiassero, ma non facendo una guerra che distruggerà un sacco di innocenti. Senza contare quello che accadrebbe qui sulla terra, sarebbe solo il caos.»

«Non sono gli angeli a volerla fare, noi ci stiamo solo difendendo,» replicò la musa con fervore «ma suppongo che a questo punto non abbia più importanza.»

Ragionare con gli angeli aveva più o meno lo stesso senso che ragionare con un muro, per cui rimasi sulle mie, assolutamente non intenzionato a perdere più tempo ed energie di quelle necessarie a curare l'amico di Hope, in modo da poter tenere lei buona.

«Ho finito con le ferite demoniache, ora sono solo normali ferite. Appena il suo metabolismo angelico si riattiverà guarirà in fretta.»

«Quindi è fuori pericolo?» mi domandò Hope, tornando a guardarmi e accennando un sorriso più sereno.

«Finché non fa una delle sue solite cazzate angeliche direi di sì.» Chissà se li sceglievano già stronzi o se lo diventavano dopo aver avuto le ali.

«Dio sia lodato!» Joan si avvicinò a Mark accarezzandogli teneramente il viso e i capelli.

«Risparmiatela, non è certo merito di Dio se si è ripreso» le dissi prima di uscire, quella scena mi infastidiva.

Sentii Hope raggiungermi alle spalle prima che le sue braccia mi cingessero in un abbraccio, stringendomi a sé e poggiando la testa contro la mia schiena. La sua sola presenza mi faceva sentire meglio. Sorrisi anche se lei non poteva vederlo.

«Grazie, Low» la sentii mormorare stringendomi ancora di più.

«Figurati» dissi con un tono un po' arrogante, ma la verità era che lo avevo fatto per vederla sorridere e non permetterle di allontanarsi da me. Non me ne importava niente di quei due angeli mentecatti, ma volevo che lei fosse felice e che mi seguisse senza protestare.

Lasciò appena la presa, tirandomi lievemente per farmi girare verso di lei. «Io non voglio perderti, Low» mormorò alzando lo sguardo verso di me, colma di quello che fosse senza ombra di dubbio gratitudine.

«Non mi perderai e io non perderò te, per nessuna ragione.» Le accarezzai il viso spostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. A che serviva prendere il Paradiso quando non c'era nessun posto che potesse darmi pace se non il suo fianco?

Mi sorrise, quasi commossa, prima di stringermi di nuovo per poi darmi un bacio sulle labbra e ripoggiare la testa sul mio petto, sospirando molto meno tesa di quanto lo fosse prima.

Sapevo che la sua amichetta ci stesse tenendo d'occhio ma francamente non me ne importava un fico secco, anzi speravo che vedesse e riferisse agli altri suoi amichetti che lei fosse solo mia e che non avrei avuto pietà di chi avesse provato a portarmela via. Le diedi un bacio sui capelli accarezzandole la testa e le spalle.

«Te lo chiedo tanto per chiedere ma temo di conoscere già la risposta: andiamo via?»

«Non ancora» rispose infatti alzando lo sguardo verso di me. «Onestamente non voglio che vadano a farsi ammazzare, ma so la tua risposta se ti chiedessi di portarli con noi.»

«Assolutamente no» confermai rapidamente in modo che non potesse avere dubbi «Già devo trascinarmi dietro il drogato, non intendo accollarmi anche due angeli.» Non vedevo l'ora di raggiungere Salem e chiudere con tutto e tutti per rifarmi una vita con Hope.

Lei sospirò, chiaramente in dubbio su come aiutarli. «Lascia che li saluti, poi partiremo» propose accennando un sorriso prima di staccarsi da me e tornare verso Joan e Mark.

La seguii per essere sicuro che non le facessero del male, cosa del tutto improbabile, ma sottovalutare la stupidità degli angeli poteva rivelarsi un grave errore.

«Che farete adesso?» domandò Hope avvicinandosi a Joan.

«Potrei farti la stessa domanda» le rispose con astio. «È così che stanno le cose adesso? Hai dimenticato Luke per... per...» non trovava neanche le parole per descrivermi tanto era il suo disgusto per la nostra relazione. «Santo Dio, Hope! È il mietitore!»

«Luke ...» rispose lei stringendo le labbra. «Non l'ho dimenticato, ho solo capito come stanno le cose. Low è il mietitore, è vero, ma fino ad adesso è grazie a lui se non sono stata cancellata. Cosa che non posso dire di voi» replicò con tono più freddo. «Non tirarmi fuori la storia di Luke, faceva parte tutto quanto del vostro piano per tenermi lontana da Low. Non c'è mai stato nulla di reale in quello che mi avete detto, Luke ha solo finto i suoi sentimenti.»

«Luke ha rischiato di perdere le ali per te. Hai già dimenticato di quando fece a botte con Mark? Ti amava veramente, ti ha mentito, è vero, nascondendoti per anni i suoi veri sentimenti, ma lo ha fatto solo per proteggerti. Era pronto a ribellarsi, era pronto a rischiare tutto per te, credendo che anche tu provassi lo stesso per lui, ma a giudicare dalla rapidità con cui lo hai sostituito è evidente che si ingannava.» Era arrabbiata con Hope e tremendamente delusa, si erano illusi di poter ottenere da lei le reazioni desiderate, come fosse una brava marionetta, dopo anni passati a imbottirla di fandonie.

«Proprio tu usi la parola ingannare?» Mi frapposi tra lei e Hope a braccia incrociate con aria minacciosa. «Se non fossi arrivato io l'avreste consegnata all'arcangelo.»

«Tutto quello che avete fatto è stato solo per la vostra missione» ringhiò Hope. «Per quello che ne so io potreste aver fatto tutto solo per farmi credere di avere una famiglia, degli amici, di essere amata» disse affiancandomi. «Luke, tu, Matt e Mark mi avete sempre detto che qualsiasi cosa fosse successa non dovevo permettere alle mie ali di diventare scure» sbuffò sarcastica. «L'ho capito dopo il perché: l'importante era che non cadessi, non entrassi a fare parte delle fila dell'esercito della guerra che si stava per scatenare, perché era meglio che venissi cancellata e volevate essere sicuri di riuscirci senza intoppi al momento giusto. Nessuno di voi mi ha mai detto la verità, nessuno di voi ha mai amata davvero, mi avete mentito per tutta la vita, ogni singolo gesto, idea, attenzione, era solo una recita e nient'altro.» Era palesemente arrabbiata anche lei, delusa e triste. «Luke mi ha dato un consiglio prima di andarsene ed è l'unico che intendo seguire: mi ha detto di non fidarmi di nessuno ed è quello che farò.» Si voltò poi a guardarmi stringendo le labbra. «Andiamo via.»

Ero felice di mollarli e andarmene, quindi non me lo feci ripetere avviandomi verso la porta.

«Hope aspetta» la richiamò Joan alzandosi e standole dietro. «Mi dispiace non averti detto come stavano le cose, ma Luke ti amava davvero e voleva solo proteggere la tua luce.» C'erano altri modi per farlo, ma lo avevano capito troppo tardi. Anche se passavano i decenni, continuavano a non imparare niente dai loro errori.

«Facendomi uccidere? Se avessi mantenuto la mia luce e fossi morta anche solo per errore, Joan... Che cosa mi sarebbe successo?» domandò fredda voltandosi a guardarla.

«Io non lo so» ammise lei abbassando lo sguardo colpevole. «Luke aveva un piano, ma non si è mai fidato abbastanza di noi per dirci quale fosse.»

«Non vi fidate neanche di voi stessi e dovrei farlo io?» chiese scuotendo il capo.

«Non andare con lui.» La stava supplicando e la cosa mi infastidiva palesemente. Non dovevamo andare ad aiutarli, dovevamo lasciare che ricevessero la giusta punizione per la loro stupidità.

«Lui mi tiene al sicuro, ci tiene a me, a differenza di voi» rispose lei fredda.

«Hope... io ti voglio bene.» Era sincera, ma forse era tardi.

«Anche io te ne voglio, a te e agli altri, anche se non vi credo più. Siete stati la mia famiglia e, per quanto dolore provo per ciò che avete fatto, i miei sentimenti per voi non cambieranno mai» rispose triste chinando il capo.

«Non andare via, siamo sempre state insieme, eravamo sorelle.» La musa le andò incontro, voleva fare un ultimo tentativo, sperava di convincerla.

«Hope, andiamo» ordinai perentorio, se avessi lasciato fare, le avrebbero riempito la testa di sciocchezze mettendola di nuovo in pericolo.

«E cosa pensi di fare se venissi con voi, come pensi di proteggermi contro angeli e demoni?» domandò rabbiosa e con il respiro incerto, come se si stesse trattenendo. «Non siete stati in grado di fare niente dopo che Luke se ne è andato. Se non fosse stato per Low sarei già stata cancellata.»

«Ci proveremo lo stesso» le disse lei.

«Ha detto no, non ci senti musa?» le dissi più che infastidito. «Non costringermi a mettere mano alla spada perché sappi che aspetto solo un pretesto.»

Hope allungò la mano verso di me per calmarmi e chiedermi di non intromettermi, aveva bisogno di mettere in chiaro tutto ciò che tra loro era rimasto in sospeso e non detto. «E pensi che ti creda? Chi mi dice che non mi porteresti da mio padre per farmi cancellare in cambio delle vostre vite?» rispose lei indignata e sempre più fuori di sé. «Volevate portarmi via, volevate consegnarmi a Michele, lo sterminatore di Nephilim. Se non ci fosse stato lui lo avreste fatto. Come pensi che potrò mai più fidarmi di voi?»

«Non avevamo scelta, Hope» cercò di giustificarsi.

«Sì, che l'avevate» ringhiai furioso «e avete deciso di sacrificarla, come se la sua vita non contasse niente.» Avevo voglia di far apparire spada e ali e troncare la situazione seduta stante, ma anche usare le loro parole contro di loro per legare di più la Nephilim a me non era male.

«Come fate a considerarvi angeli, a sentirvi nel giusto, quando avresti lasciato che un padre uccidesse sua figlia per nascondere i suoi peccati?» domandò lei iniziando a piangere, stringendo le mani a pugno. «E l'avresti fatto Joan, tu e tutti gli altri. Io mi fidavo di voi, sono cresciuta con voi, vi ho voluto bene e ve ne vorrò sempre, ma non crederò mai più alle parole di un angelo, mai più. Nella mia vita non c'è stata una sola persona che mi abbia mai detto la verità,» disse spostando lo sguardo verso di me «tranne lui.»

La abbracciai trascinandola verso di me e verso l'uscita. «È inutile perdere il fiato con loro, andiamo via, Hope.»

Scosse la testa amareggiata, delusa e chiaramente abbattuta. «Andiamo via» concordò accoccolandosi contro di me e voltando la schiena a Joan.

«Hope...» La musa tese la mano per fermarla, ma io fui più lesto. Passai una mano intorno alle spalle di Hope e la spinsi fuori tenendola stretta, non ne potevo più dei piumati.

Lei non si voltò neppure, piangendo in silenzio, lievemente scossa dai singhiozzi che cercava di trattenere. Era vissuta e cresciuta con loro, considerandoli come dei familiari; scoprire che avrebbero dovuta ucciderla, anzi, cancellare dall'esistenza, era stato troppo da sopportare.

Cercai di consolarla con la mia presenza finché non fummo abbastanza lontani, poi mi sedetti su di un tronco e la attirai sulle mie ginocchia stringendola e cullandola. «Sono qui con te, Hope, non ti lascio sola.»

Lei mi si accoccolò contro, circondandomi il collo con le braccia e poggiando la testa sulla mia spalla, stanca e distrutta per quella discussione.

«Va tutto bene, non sarai mai più sola e nessuno ti farà del male. Tu non sei un errore, Hope.» Le baciai i capelli inspirando a fondo il suo profumo, felice che la situazione si fosse evoluta in quel modo, a mio completo vantaggio.

«Ma prima o poi morirò comunque e se queste ali resteranno bianche mi cancelleranno lo stesso» mormorò lei contro la mia spalla. «Lo sanno anche loro che è solo questione di tempo.»

«Non lo permetterò. Passerò ogni giorno della mia vita immortale a provare a salvarti e se non dovessi riuscire ad annerire le tue ali, allora tirerò giù Michele e tutto il Paradiso, ma non lascerò che ti cancellino.» Non le stavo mentendo, se non mi avessero dato altra scelta lo avrei fatto davvero.

Mi passò le dita tra i capelli, stringendoli, e alzando il volto per osservarmi attentamente, come a volersi assicurare di vedervi la veridicità delle mie parole. Annuì prima di baciarmi, stringendosi contro di me.

Era mia, lei era mia e nessun dannato angelo dalle piume bianche, nè tantomeno Kora in persona me l'avrebbero portata via. Avevo perso Sara, ma non avrei perso lei, stavolta non avrei commesso errori.

La tenni tra le braccia fino a quando non si fu calmata abbastanza, continuando ad accarezzarla e cullarla.

Dopo un po' tornò a guardarmi accennando un sorriso tirato. «Andiamo a Salem.»

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