Capitolo 53: Il Club

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Iniziai a guidare in silenzio e lei non disse una parola per gran parte del viaggio, lanciandomi di tanto in tanto qualche occhiata guardinga.

«Inutile che mi guardi così, devo sapere come stanno le cose, stiamo rischiando troppo» risposi restituendole lo sguardo dallo specchietto retrovisore.

«Anche a costo di metterci in mezzo gente innocente che non ha fatto niente di male?» domandò incrociando le braccia.

«Siamo sull'orlo dell'apocalisse, molti si faranno male; le sue informazioni possono aiutare.» Mi voltai a guardarla sperando di farle comprendere la gravità della situazione.

«Io non voglio fargli del male, così come non voglio farne ad altri. Non voglio far soffrire qualcuno per colpa mia e ce ne sono già abbastanza che lo fanno o lo faranno» spiegò lei. «Di certo non mi metterò a torturare un poveraccio per estorcergli informazioni.»

«Sacrificheresti tutto il resto per evitare a lui una crisi di astinenza?» Indicai con la mano il tipo che ci trascinavamo dietro, ancora privo di conoscenza.

«Cercherei un'alternativa al tormentarlo. Ha passato tutta la vita a soffrire come un cane per le sue visioni e adesso lo stiamo maltrattando per avere informazioni. Non mi piace la reazione che hai avuto prima.»

«Se vuoi prenderti cura di lui sei libera di farlo, ma dobbiamo sapere cosa ci aspetta.» Lanciai un'occhiata a quel tipo e poi tornai a concentrarmi sulla strada.

«Ma ricordi quello che ha detto quando eravamo al ristorante? Il sapere troppo potrebbe portare solo a stravolgere tutto quello che può accadere. Quello che magari lui ha visto e neppure capisce potrebbe non succedere neanche se noi ne fossimo messi al corrente» argomentò fissandomi.

«Devo sapere cosa sono le fiamme intorno alla culla» le confessai sperando che capisse il mio punto di vista.

«Pensi che si riferiscano a me o a un possibile nostro figlio oppure a Michele, immagino» rispose mordendosi le labbra. «Pensi che io sia incinta?» domandò accigliandosi, quasi preoccupata dalla possibilità.

«Non lo so cosa significa, ma se c'entri tu io devo saperlo.» Quella rivelazione mi agitava, non era affatto casuale; il profeta aveva visto qualcosa di preciso, che aveva a che fare con il luogo in cui stavamo andando. Quella visione poteva essere un lieto annuncio come anche un presagio di sventura, ma sentivo che era importante.

«Devi cercare di calmarti, magari neanche lo sa che cosa significa. Lui ha le visioni, ma non credo che abbia un'idea chiara di quello che vede. Parla di quattro cavalieri, ma io non so neppure se lo diventerò mai. Sta parlando di me, te, Luke e Matt assieme per distruggere i cancelli del Paradiso. Come credi che sia possibile?»

«Non lo so, ma non è questo a preoccuparmi al momento.» Cercavo di mantenere la calma per non agitarla, ma non lo ero affatto.

«Ti preoccupa il fatto che mi possa succedere qualcosa? Credi questo?»

«Come potrebbe fare Michele a entrare a Salem? Significa che non è ben protetta come credo e verrebbe di sicuro per te. Se fosse un incendio invece perché è scoppiato e tu dov'eri? Se quelle fiamme erano le tue ali allora perché le hai tirate fuori? Eri in pericolo? E se invece fosse tutta una metafora per dire che avremo un figlio? Devo sapere. Se Salem è pericolosa per te io lo devo sapere. Ho perso Sara lì, proprio nel luogo che ha visto il profeta, non perderò anche te.» Le diedi una brevissima occhiata intenzionato a non espormi oltre. «Se riuscirai a farlo collaborare bene, altrimenti gli farò quanto necessario a tirare fuori le informazioni che mi servono.»

Lei strinse le labbra, era palese che non volesse fosse fatto del male a Danyal anche se capiva il mio punto di vista. Sospirò voltandosi a guardare dal finestrino. «Cercherò di farlo parlare.»

«E io ti lascerò provare.» Le poggiai una mano sulla gamba in un ennesimo tentativo di tranquillizzarla. «Non posso fare più di così, lo capisci, vero?»

«Non lo condivido affatto» rispose con un sospiro. «In questo sono completamente diversa da te.»

«Per fortuna. Come mostro basto io.» Avrei fatto ciò che era necessario, a prescindere da quanto si opponesse.

«Tu non sei un mostro, Low,» mormorò con un sospiro «o non sarei qui con te.»

Mi poggiò una mano sulla gamba anche lei, rivolgendomi un accenno di sorriso che restituii, anche se con meno convinzione, per poi tornare a tenere d'occhio la strada.

Non molto tempo dopo Dan iniziò a svegliarsi.

Hope si voltò a guardarlo, spostandosi appena tra i due sedili. «Dan, tutto bene? come ti senti?» domandò con voce gentile.

«Ti prego, dimmi che sono morto...» Si portò le mani alla testa per contenere l'evidente emicrania che doveva essergli venuta dopo la visione.

«No, sei ancora vivo» gli rispose mentre si slacciava la cintura e si spostava dietro, accanto a lui. «Mi dispiace, non volevo farti star male con la mia musica» si scusò mortificata.

«Credo di non sentirmi molto bene.» Era piuttosto verdognolo, sembrava sul punto di vomitare.

«Low, puoi fermarti?» mi domandò lanciandomi un'occhiata. «Credo stia parecchio male.»

Accostai appena in tempo: Danyal aprì il portellone e vomitò anche l'anima, tutto appiccicaticcio di sudore freddo.

«Adesso va meglio» rispose, accasciandosi con le spalle all'interno del furgone restando seduto a occhi chiusi.

Hope gli passò una bottiglia d'acqua e dei fazzoletti. «Mi dispiace tanto, Danyal» mormorò con un sospiro.

«Per cosa?» le chiese curioso, come se davvero non sapesse di cosa stesse parlando.

«Per quello che è successo nel bosco, non volevo farti stare male, anche se almeno la testa non ti è scoppiata» osservò con una punta di sarcasmo, sorridendo un po' forzata.

«Non è colpa tua, questo è l'effetto della droga che scompare.» Prese acqua e fazzoletti con gratitudine, asciugandosi la fronte.

Io restai in silenzio ad ascoltare, senza voltarmi, osservandoli dallo specchietto retrovisore.

«Non credo che tu ne abbia più, per un po' di tempo dovrai fare a meno di quella roba.» Lo avvisò calma osservandolo tranquilla. «Ricordi cosa è successo? Quello che hai visto?»

«No, no, no, non posso non averne più.» Si tastò le tasche istericamente. «Dove sono? Io ne ho bisogno!» Stava dando di matto, era nel panico più assoluto e neanche aveva ascoltato la domanda della ragazza.

Vidi Hope lanciarmi uno sguardo allarmato per poi tornare a guardare Dan. «No, l'hai presa prima durante la tua crisi, tranquillo. Siamo qui con te e non ti succederà nulla» cercò di calmarlo usando un tono comprensivo e rassicurante.

«No, no, mi serve! Dov'è finita? Non posso averla persa! Devo trovarne altra! Io devo andare!» Cercò di raggiungere il portellone e io strinsi lo sguardo in un tacito ammonimento alla Nephilim.

«Dove devi andare, Dan?» domandò Hope cercando di fermarlo.

«Devo cercare altra roba!» Le fissò gli occhi addosso cercando di trasmetterle la sua disperazione.

«Non possiamo farlo adesso» rispose lei calma poggiando le mani sulle sue spalle. «Stai calmo, non sei da solo e ti assicuro che farò il possibile per aiutarti, ma devi cercare di stare tranquillo.»

Parlava posata e calma, anche se probabilmente doveva essere la prima volta che si trovava a trattare con una persona così dipendente da sostanze chimiche.

«Lasciami! Io devo andare!» Cercava di scartarla e uscire dal furgone, non riusciva ad ascoltarla o a concentrarsi sulle sue parole. «Mi serve, ne ho bisogno! Starò male!»

«Cos'altro hai visto nella visione?» gli chiesi duro ignorandone proteste e lamentele.

«Possiamo aiutati, Dan, puoi fare a meno di quella roba.» Cercò di insistere lei. «Per favore, Dan.»

«No... non posso farne a meno.» Aveva iniziato anche a tremare. «Ti prego lasciami andare! Non voglio che le visioni tornino!»

«Ti darò una dose se mi dirai quello che hai visto.» Provai con il ricatto, più per Hope che per lui.

Hope strinse le labbra lanciandomi un'occhiata prima di tornare a guardare il profeta. «Digli quello che vuole, per favore!»

«Io ve l'ho detto» insisté facendo a Hope gli occhioni.

«Cos'altro, Dan?» gli chiesi di nuovo.

«Vi ho detto tutto, vi prego, non c'è altro, vi prego!» La stava supplicando.

«Se non tiri fuori altro non ti darò niente» dissi duro.

«Non so altro!» Era disperato.

«Allora fatti venire un'altra visione!»

«Non posso! Non posso!» Si prese la testa tra le mani iniziando a dondolare su sé stesso.

«Low, dagli una dose, ti prego!» disse lei tornando a guardarmi supplicate. «Non ce la faccio a vederlo così, per favore.»

«Dan, maledizione! Lo capisci che è importante? Dimmi cosa vedi in quella maledetta stanza con la culla o giuro che ti tengo legato fino a quando non ti fai venire un'altra visione!» Stavo alzando il tono di voce, ero davvero nervoso. Non volevo che Hope mi vedesse in quello stato, ma avevo troppo da perdere per star dietro al profeta.

Dan provò a lanciarsi in direzione del portellone per scappare e io scesi dal furgone per intercettarlo, nel caso Hope se lo facesse scappare.

Lei lo seguì, ma senza cercare di bloccarlo o fermarlo. «Dan, aspetta!» gli urlò dietro con tono ansioso. «Siamo in mezzo al nulla, non troverai niente da queste parti.»

Lo afferrai per la collottola e lo ributtai dentro. «Cerca di mantenere la calma, drogato del cazzo!» Mi sforzavo di mantenere un tono tranquillo, ma se la ragazza non fosse stata la molto probabilmente avrei usato metodi ben più coercitivi per fargli vuotare il sacco. «Ti darò una dose, ma se non mi darai informazioni o una visione questa sarà l'ultima.» Gliela lanciai con sguardo torvo, maledicendo mentalmente la situazione nel quale mi trovavo. «E se proverai di nuovo a scappare non perderò tempo a riprenderti, ti ficcherò direttamente un coltello in mezzo alla schiena.»

Dan ignorò le minacce fiondandosi sulla sua dose, vedeva solo quella e nient'altro. Si fece la sua dose in fretta, ignorandoci, desideroso solo si trarre momentaneo sollievo al male che lo affliggeva.

«C'è qualcosa che non va» affermò riportando lo sguardo confuso su di noi. «Che cosa avete fatto?»

«Te l'ho ridotta. Non vivrai abbastanza continuando con quelle dosi» gli dissi tranquillo.

«Ma questa non basta, come avete potuto?» Era indignato. Dopo tutto quello che gli avevo fatto questa era la prima volta che si sentiva davvero tradito e maltrattato.

«Anche se voi due non lo capite, è per il tuo bene oltre che per il mio interesse.» Guardai Hope, aveva il respiro irregolare e accelerato per ciò che era appena successo. «Puoi smettere piano piano o farti legare e superare la crisi.»

«Smettila. Hai detto chiaramente che non ti importa di lui, non campare scuse per addolcire la pillola. Non ti importa che lui muoia o viva, ti interessa solo che ti dica quello che vuoi sapere!» sbottò lei indignata a sua volta sedendosi sul sedile del passeggero.

La ignorai rivolgendomi a Danyal. «Fossi in te sceglierei l'opzione crisi d'astinenza. Sarà terribile, ma appena finita starai meglio. Riducendo la dose allungherai solo la sofferenza.»

Lui mi guardò indignato e sofferente senza ribattere mentre tornavo verso la ragazza.

«E tu non credere di sapere quello che penso e cosa sia giusto o meno, perché se davvero quel tipo ti stesse a cuore lo avresti legato.»

«Davvero? Permettendoti poi di torturarlo per scoprire cosa indicasse la sua visione? Mi dispiace, ma non ho intenzione di diventare un'aguzzina e farlo stare peggio di quanto già non stia» rispose seccamente. «Per uscire dalla droga ci vuole un sacco di tempo, alcuni ci mettono anni. Non credo che per lui sarà diverso, senza contare che continuerà ad avere delle visioni. Tu lo vuoi solamente usare!»

«Non c'è altro modo per sapere quello che voglio» le risposi freddamente tornando a guardare la strada. Era giovane e ingenua, ma tra un paio di secoli anche lei avrebbe iniziato a vedere le cose da una prospettiva completamente diversa. La vita degli umani era solo un soffio nella dimensione terrena e pochi anni in più o in meno non cambiavano davvero nulla nel quadro generale. Inoltre, avrebbe capito che spesso dei sacrifici sono necessari per ottenere un bene superiore. Se anche il profeta fosse morto, avrebbe continuato la sua eternità da anima beata, per me e lei invece non ci sarebbe stato aldilà. Per quanto lunga, noi avevamo una sola vita da vivere.

«Non lo so cosa c'era nella stanza, ma facendo così farai realizzare la mia visione.» Dan stava un po' meglio, ma non stava ancora bene, continuava a tremare e sudare. «Più saprai e più cercherai di cambiare gli eventi, e più questi si realizzeranno.» Non ci guardava, si sentiva tradito e usato, trattato come un animale, e il suo solo obiettivo in quel momento era regolarizzare cuore e respiro e calmare i tremori.

«È quello che ti ho detto anche io» insistette Hope. «Non mi piace come ti stai comportando, mi stai facendo paura, Low» rispose tornando a guardarmi, per poi voltarsi verso Dan con un sospiro di frustrazione per non poterlo aiutare e scivolando poi sui sedili posteriori vicino a lui. «Mi dispiace molto.»

«Ti prego, ridammi la mia droga. Vi aiuterò, ve lo prometto, farò tutto quello che vuoi, ma ridammela, ne ho bisogno.» Ci stava implorando, ma delle sue suppliche non sapevo cosa farmene.

Hope però era un'altra veduta, se avesse perso la fiducia in me sarebbe stato un vero e proprio disastro, perciò, tra i due, scelsi quello che mi sembrò il male minore: lanciai al profeta la roba confiscata e mi voltai mettendo in marcia il furgone.

Per la prima volta in settecento anni non sapevo cosa fare.

Il drogato aveva visto un incontro con Kora in un pub irlandese e quella sembrava proprio una visione con un'ottima possibilità di realizzarsi, visto che avevo intenzione di parlarle. Tuttavia, il mio timore era che quell'evento potesse dare il via alla sequenza che avrebbe portato alla culla in fiamme. Avrei potuto non cercarla, non andare spontaneamente da lei, ma probabilmente mi sarei ritrovato comunque in quel pub con Kora che mi cercava. Non c'era modo di fuggire a quella visione così poco chiara, presto o tardi ci saremmo incontrati. Mi sentivo in trappola, avevo l'illusione di prendere delle decisioni, ma la realtà era che mi trovavo a percorrere un unico corridoio monodirezionale.

Sentii lei sospirare nel raccogliere e riconsegnare la roba confiscata a Danyal, tornando infine a guardarmi.

«Troveremo delle soluzioni, non ti preoccupare, Low.» La sentii mormorare poggiandomi una mano sulla spalla. «C'è un motivo se è meglio non sapere cosa ci aspetta, anche perché non sapremmo mai il significato delle parole di Danyal, ma così tu rischi solo di agitarti per nulla» mi sussurrò con tono tranquillo, accarezzandomi.

Coprì la sua mano con la mia restando in silenzio. Lei non capiva cosa significava vivere settecento anni legato a un'invisibile catena e veder morire le persone che si amano, solo perché non si è arrivati in tempo. Lei non capiva quanto mi sentissi in trappola e impotente di fronte a tutto quello che stava accadendo, quanto avessi paura di perderla, ma non glielo dissi, mi limitai ad annuire e a mettere in marcia verso la prossima città con l'espressione più neutra e distaccata che mi riuscì. Era mio compito tenerla al sicuro e proteggerla, non c'era bisogno che portasse sulle sue spalle tutto quel peso e quella negatività.

Lei incrociò le dita con le mie, stringendole appena prima di tornare a guardare Danyal. «Stai meglio?» domandò con un tono di voce neutro e tranquillo.

«Sì, sto meglio, grazie.» Le sorrise mettendosi tutto in tasca. Sembrava aver già dimenticato quanto accaduto solo pochi minuti prima.

«Che facciamo adesso?» domandò accarezzandomi le dita. «Incontreremo Kora?»

«Non so se nella visione del profeta la chiamavamo noi o si presentava da sola. L'unica cosa che posso fare per provare a evitare l'incontro è non chiamarla.» Un'azione che avrebbe comunque potuto avere delle conseguenze imprevedibili.

«Preferisci continuare fino a Salem diretto?» domandò lei. «Può anche essere che l'incontro con Kora non sia adesso, ma magari in un altro momento.»

«Dopo aver saputo della culla in fiamme difficilmente ti lascerei lì da sola per vedere Kora» le dissi.

«L'unica soluzione è andare per la vostra strada e seguire i vostri piani, senza curarvi delle visioni e vedere cosa succede» si intromise Dan.

«Io sono d'accordo, seguire le visioni non è una buona idea, Low. Puoi solo immaginare cosa vogliano significare, non puoi averne la certezza, ostinandoci corriamo solo il rischio di ficcarci in un mare di guai» rispose Hope lanciando un'occhiata a Dan. «E lui non sa nulla, non puoi obbligarlo a dirti cose che non sa, lo hai visto anche tu, non ha nessun controllo su quello che vede e per lui non hanno alcun significato quelle immagini.»

«Allora ci fermeremo alla prossima città per riposare, come avevamo previsto.» Nella speranza di non dovercene pentire.

«Ok, va bene» acconsentì con un sospiro per poi tornare a spostarsi nel sedile del passeggero accanto a me.

Guidai tutto il giorno fino a raggiungere la città successiva dove mi fermai per permetterci di cenare e cercare un albergo per la notte. Ormai eravamo vicinissimi a Salem.

«Prendiamo una stanza anche per lui?» domandò Hope arrivati all'albergo dopo aver cenato.

«Sì, prendiamo una stanza anche per lui» confermai volendo evitare di lasciarlo incustodito e con un mezzo di trasporto tra le mani.

Stavamo camminando verso l'albergo quando Dan si fermò a fissare un vicolo.

«Che c'è?» domandò Hope lanciandogli uno sguardo incuriosito.

«Questa strada... era nella mia visione, è qui che dobbiamo andare.» Fissava il vicolo con lo sguardo vacuo tipico di quando stava guardando oltre il velo della realtà.

«E invece non ci andremo, proprio perché era nella tua visione.»

Mi ignorò e cominciò a camminare verso quella direzione, come guidato da una specie di trance, la stessa che dopo la visione del violino di Hope lo aveva condotto a noi.

«Vuoi seguirlo o lasciarlo andare?» domandò Hope voltandosi a guardarmi.

Volevo prenderlo e riempirlo di botte, in realtà, ma avrei decisamente dato nell'occhio quindi mi limitai a seguirlo per vedere dove stesse andando.

«Sono sicuro che fosse per di qua... no, aspetta... da questa parte.» Svoltò bruscamente in un altro vicolo.

«Che cosa hai visto, Danyal?» domandò Hope standomi vicino.

«Quello!» Indicò in direzione di un gruppo di persone fuori da un locale da cui si sentiva provenire musica.

«Fammi indovinare: il pub irlandese?» Soffiai dal naso per il nervoso, mi pizzicavano le mani dal bisogno di fargli male. Lo afferrai per la maglietta trascinandolo vicino a me. «Lascia che ti spieghi una cosa, Dan: prima ci dici cosa sta per succedere e POI ci trascini verso la tua visione! Sono stato abbastanza chiaro?» Guardai Hope e lo lasciai andare con un gesto piuttosto brusco per evitare di attirare l'attenzione. «Andiamo via» sibilai piuttosto irritato.

«No, non capite, la mia visione era chiara, dobbiamo entrare, è qui che dovevamo essere» si giustificò sollevando le mani e indicando il locale mentre io ero sempre più tentato di colpirlo.

«Andiamo, Low, andrà tutto bene» insistette Hope. «Preferisco seguire le indicazioni della visione che fare il contrario, onestamente. Se anche dovessimo trovare Kora va bene così, dovevamo vederla comunque» disse lei voltandosi a guardare in direzione del pub.

«Non è una buona idea incontrarla qui dentro, non facciamo altro che andare incontro alla visione del profeta.» Una visione che mi spaventava alquanto e che avrei preferito evitare.

«Non è mica detto che la mia visione sia negativa o precisa» spiegò Dan. «Più gli eventi sono lontani più sono imprecisi e potenzialmente variabili, non è una scienza esatta, e poi non è detto che io abbia visto cose brutte, è solo la tua interpretazione.»

«Magari evitandole potrebbero succedere davvero cose brutte, Low» insistette Hope. «Non possiamo saperlo, in entrambi i casi non sapremmo mai come andrà a finire. Potrebbe comunque succedere di tutto.»

Espirai frustrato. La cosa non mi piaceva affatto ma erano in due a voler entrare e non potevo certo trascinarli via con la forza, non senza dare nell'occhio quanto meno. «E va bene entriamo, ma sappiate che non sono minimamente d'accordo.»

Danyal sorrise e si precipitò a intrufolarsi tra la folla per riuscire a entrare. Nonostante fosse un pub, era molto grande e strapieno di gente che aspettava in coda. Non era una novità, i club di Kora erano sempre molto esclusivi.

Non erano trascorsi ancora trenta secondi che il profeta aveva già attirato l'attenzione su di sé. Il buttafuori non era assolutamente propenso a lasciar entrare Danyal, ovviamente, e io per un attimo sperai che lo cacciasse via in malo modo in modo da evitare la sua visione, per cui non mi mossi, restando a osservarlo mentre cercava di trattare con il bestione.

Hope restò accanto a me e la sentii cercare la mia mano con la sua, incerta e un po' diffidente, ma tutto sommato a sua volta intenzionata a entrare.

«Andiamo a recuperare quell'idiota prima che chiamino la polizia.» Strinsi la mano di Hope e mi feci largo tra la folla fino al buttafuori. C'era una puzza tremenda di demone, o almeno era quello che doveva percepire lei.

«È con me» gli dissi io lasciando che mi riconoscesse.

«Non potete entrare se non siete nella lista. Dovete darmi il nome e quando si libera un tavolo, se si libera un tavolo, vi chiamerò per entrare, ma non ci conterei molto» rispose minaccioso senza guardarmi.

«Abbiamo tutto il tempo del mondo» gli dissi calmo e sorridente.

«Chi di voi tre devo segnare?» passò lo sguardo su tutti noi.

«Harrison Lowell.» Non distolsi lo sguardo da lui mentre pronunciavo il mio nome. Lo vidi deglutire e quasi gli cadde la penna di mano; non c'era demone che non mi conoscesse, temesse e rispettasse quel nome.

«S.. Signor Low... chiedo scusa! Non l'avevo riconosciuta!» Si giustificò lui nel panico senza tuttavia spostarsi.

Assottigliai lo sguardo, sfruttando la fama che come sempre mi precedeva. «Allora, che tempi di attesa ci sono per avere questo tavolo?» chiesi arrogante.

«Il vostro tavolo è sempre pronto, Signore. Siete nella lista di tutti i locali della mia padrona. Prego, accomodatevi e perdonatemi per l'inconveniente.» Lo superai senza degnarlo più di uno sguardo, ghignando divertito, questa era la parte divertente dell'essere il braccio destro di Kora.

Hope guardò il buttafuori e poi me, prima di osservare Danyal inarcando un sopracciglio divertita.

«Di solito è sempre così?» domandò curiosa

«No, di solito arrivo nei locali di Kora in decapottabile nera e completo italiano e il buttafuori si fa da parte per permettermi di raggiungere il miglior tavolo del locale a me riservato.» Era buffo che Kora non mi avesse ancora depennato dalla lista degli ospiti graditi, probabilmente questo significava che sperava di vedermi.

Diedi il mio nome alla cameriera e immediatamente ci portarono al miglior tavolo.

«Questo club è fighissimo!» Dan lo osservava ammaliato, probabilmente non avendone visti altri come quello.

«Questo è il concetto che Kora ha di club» spiegai io. «Anche se somiglia più a un night che a un pub.» C'era musica dal vivo, ovviamente, probabilmente una band che sperava di sfondare, bhè se volevano vendersi l'anima al diavolo per il successo quello era di certo il posto giusto. Dal nostro tavolo l'audio e la visuale erano perfetti, Kora era impeccabile quando si trattava di fare scena.

«Non siamo proprio con gli abiti migliori per questo genere di locale» mormorò Hope sedendosi al tavolo e restando accanto a me. «Forse non era una cattiva idea non entrare, ho una brutta sensazione» mi confidò facendosi più vicina a me.

«Se vuoi andare via ce ne andiamo subito.» Non aspettavo altro.

«No, non capite: è qui che dobbiamo stare» Dan si guardava intorno cercando il senso della sua visione. Non sapeva bene cosa avesse visto, ma sentiva che era lì che dovevamo essere.

«Non mi piace, meglio andare via» insistette lei tornando a guardarmi. «Scusa, è stato uno sbaglio. Meglio se andiamo subito a Salem.»

Spostai la sedia per alzarmi quando un braccio alle mie spalle posò un bicchiere davanti a Hope. «Una caipirinha a fragola, dovrebbe essere la tua preferita» affermò sorridente la voce del batterista. Posò una birra danti al profeta e un Bourbon davanti a me per poi sedersi vicino a Hope con un cocktail tra le mani.

Lei guardò la bevanda per poi voltarsi a guardare Matt, annuendo. «Sì, giusto» rispose, osservando Matt con occhi sgranati. «Ci stavi aspettando?»

«No, ma il buttafuori ha detto di preparare urgentemente il tavolo per il Signor Low, un tipo strano e un'affascinante signorina» le sorrise cordiale.

«Grazie!» Dan si gettò sulla sua birra senza minimante curarsi di cosa ci fosse dentro, io al contrario guardai il bicchiere, ma non bevvi.

«E suppongo che il messaggio del buttafuori sia arrivato fino all'Inferno» dissi sarcastico.

«Kora sta finendo di prepararsi, ma credo che passerà, passa sempre la sera a dare un'occhiata ai suoi locali» mi rispose Matt senza smettere di sorridere. «È bello rivederti, Hope.»

«Anche io sono felice di vederti, Matt» disse lei rivolgendogli un sorriso, seppure un po' tirato. «Stai bene...» osservò tenendo lo sguardo su di lui. La prima volta che lo aveva visto era troppo spaventata e sospettosa nei confronti dell'angelo, mentre adesso sembrava lievemente a suo agio. «Vieni spesso qui?»

«Diciamo che ci lavoro.» Era ben vestito e di buon umore, tirò fuori dalla tasca posteriore le bacchette e le posò sul tavolo. «Mi davano fastidio.» Le sorrise ancora e fissò lo sguardo su di lei. «Che ci fate qui? Cercate Kora?» Era una gran bella domanda.

«Non proprio» dissi io.

«Siamo qui perché dovevamo esserci.» Si intromise Dan. Matt gli diede una rapida occhiata perplessa prima di tornare a me e Hope.

«Così sembra» rispose lei osservandolo per poi lanciarmi un'occhiata titubante prima di tornare a guardarlo. «Hai notizie di Luke?» domandò Inarcando un sopracciglio.

«È un po' che non scendo all'Inferno, ma penso stia bene, Kora non gli farebbe del male. Gli manchi lo sai?» Le prese la mano e io lo guardai torvo.

«Non prenderti troppe confidenze, amico.»

«Ma lo tiene ancora prigioniero» osservò lei senza ritrarre la mano e senza dir nulla riguardo le sue ultime parole, anche se era palese che il parlare di Luke non la mettesse a suo agio.

«Questo non lo so, ma se non lo hai ancora incontrato allora è probabile. Sono certo che la prima cosa che farebbe sarebbe correre da te.» Strinse appena le labbra come se la cosa gli dispiacesse.

«Ecco questo potrebbe essere un problema» rispose lei lanciandomi un'occhiata. «Non voglio rivedere Luke.»

«Perché no? Eravate innamorati, è successo qualcosa tra voi dopo che me ne sono andato?» chiese perplesso mentre il mio malumore aumentava.

«Sì... Decisamente sì...» rispose lei abbassando lo sguardo e lasciandogli la mano per poi iniziare a bere la sua bevanda.

«Non me ne ha parlato quando ci siamo visti.» Non sembrava capire.

«Magari puoi provarci tu con lui adesso» gli suggerii sarcasticamente.

«Non credo funzionerebbe, sai è etero.» Mi sorrise allo stesso modo scherzoso. Era molto più tranquillo e sicuro di sé da quando era caduto.

«Sto con Low adesso» rispose lei osservandolo. «Per questo è meglio che non veda Luke, non la prenderà affatto bene» mormorò distogliendo lo sguardo e sorseggiando da bere.

Il caduto la guardò stupito. «Hai lasciato Luke per il mietitore? Dopo tutto quello che avete passato per stare insieme?» A differenza dei pennuti bianchi non la stava giudicando, voleva solo capire, la stava prendendo come una chiacchierata tra amici che si scambiano confidenze. «Wow! Questa non me l'aspettavo. Capisco perché tu non voglia vederlo.»

«Eh... complicato e sono certa che Luke vorrà comunque chiarire la questione,» osservò la Nephilim sospirando e finendo il suo drink «ma non so se riuscirei ad affrontarlo.»

«Non puoi certo scappare per sempre. Se c'è qualcosa che ho imparato da tutta questa questione è che i problemi vanno affrontati; rimandare o far finta che non esistano non serve proprio a niente.» Sollevò il bicchiere vuoto di Hope e chiese alla cameriera di portargliene un altro.

I clienti ci fissavano per il nostro abbigliamento così poco appropriato, ma la cosa mi interessava davvero poco. «Allora quanto ci mette la tua padrona a farsi viva? Non tutti hanno l'intera eternità davanti.»

«Immagino che si farà viva quando la riunione con il demone della superbia sarà terminata» rispose lui calmo.

«Dovrò parlarci, lo so,» rispose intanto Hope a Matt riguardo Luke «anche se sarà difficile.» Alzò lo sguardo su di me come a voler vedere la mia reazione, incerta di cosa potessi pensare in quel momento. «Quanto dovremmo aspettare?» domandò poi.

L'ex musa della musica guardò l'orologio. «Il tempo di un altro giro, credo.»

Proprio in quel momento la cameriera mise giù altri bicchieri e Dan si affrettò a prendere il suo, non c'era cosa che si ingurgitasse a cui era disposto a dire di no.

«Si potrebbe avere anche qualcosa da mangiare?» quel tipo era un pozzo senza fondo.

«Certamente,» rispose il caduto «gli ospiti di Kora meritano tutti i riguardi possibili.»

«Le do dieci minuti, poi me ne vado» lo avvisai io.

Nell'attesa potevamo parlare con il caduto dei nostri timori per la guerra e della possibilità di fermarla. Infatti Hope ne approfittò subito. «Immagino tu sappia quali siano i piani di Kora, vero?» domandò lei portando lo sguardo su di lui. «Lo sai che se riuscisse nel suo intento sarebbe il caos più totale?»

«Stai parlando della presa del Paradiso?» chiese lui.

«Esattamente» gli rispose annuendo. «Sei d'accordo con lei?»

«Sì, condivido la sua visione di un mondo più giusto ed equilibrato.» Sorseggiò per poi guardarla. «Tu no?»

«C'è già un equilibrio!» Sospirò lei. «Sentiamo: cosa succederebbe secondo te se lei vincesse e raggiungesse il Paradiso? Che cosa succederebbe qui sulla terra mentre dilaga la guerra e cosa succederebbe dopo? Quanti moriranno tra umani, angeli e demoni per ottenere questa vittoria?»

«Molti. Moriranno in molti, ma alla fine ne sarà valsa la pena.» Sembrava crederci sul serio. «Questo mondo è marcio, Hope, Dio si è stancato e non se ne prende più cura, semmai se ne fosse mai preso cura. Ha giocato un po' con gli umani e poi li ha lasciati perdere, possiamo fare di meglio per loro.»

«Ma a che prezzo? E sei sicuro che il problema sia Dio e non noi stessi? Diamo tutti colpa a Dio senza pensare a quello che facciamo noi» ribadì lei scuotendo il capo. «Davvero ne sarà valsa la pena? Hai un sacco di persone a cui tieni tra i ranghi angelici, non dirmi che saresti davvero in grado di uccidere Joan e Mark.»

«C'è ancora tempo per la guerra, quindi ho ancora tempo per convincere quei due a fare la scelta giusta, ma suppongo che se non sceglieranno di cadere saranno loro a tentare di uccidermi non appena mi vedranno.» Strinse le labbra. «A proposito, li hai visti? Sai come stanno?» Nonostante tutto sentiva la loro mancanza, era evidente.

Diventare un caduto non ti rendeva automaticamente un mostro, ma questo in molti non riuscivano a capirlo.

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