Capitolo 55: Addio

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Scesi gli scalini che portavano nella saletta sotto palco, sentendo il cuore battermi all'impazzata. La sola idea di rivederlo e parlarci mi causava un groppo in gola e un nodo allo stomaco. Non sapevo cosa avrei potuto dirgli, ma ero ben conscia dell'effetto che avrebbe avuto su di me, lui che da sempre era stato la mia debolezza.

Alzai lo sguardo su di lui mentre mi avvicinavo, sentendo già l'angoscia e le lacrime salirmi. Avrei voluto che quel momento non arrivasse mai, ma sapevo bene che non era qualcosa che si potesse rimandare per sempre.

Non avevo il coraggio di presentarmi davanti a lui, non dopo quello che gli avevo fatto.

Mi sorrise vedendomi, anche se aveva l'espressione stanca e tirata; chissà cosa aveva dovuto passare all'Inferno per tutto quel tempo, a quali terribili pene e sofferenze fosse stato forzatamente sottoposto, eppure il sorriso gli si era acceso non appena mi aveva vista, come se la mia sola presenza lo rinvigorisse e gli desse forza, come se ne fosse valsa la pena affrontare i patimenti, solo per poter avere quel momento.

«Ciao, angelo mio» mi salutò con dolcezza.

Non riuscii a dire nulla, avevo solo le lacrime agli occhi e i singhiozzi che non riuscivo a trattenere.

Mi coprii il volto con una mano, cercando di riprendere il controllo e cercare la volontà necessaria per portare avanti quanto mi fossi prefissata. Non immaginavo potesse essere così difficile; tutte le mie certezze stavano venendo meno e sentivo diminuire anche quel minimo di dignità che mi era rimasta per potergli parlare. Tutta la rabbia che avevo provato nei suoi confronti era completamente scomparsa, lasciando spazio solo ai sensi di colpa che sentivo stritolarmi le viscere.

«Sta tranquilla,» si avvicinò a me per asciugarmi le lacrime, ignorando il vero motivo di tutto il mio malessere «va tutto bene; mi sei mancata, piccola.» Mi accarezzò il viso, scambiando i miei sensi di colpa per la stessa gioia che provava lui nel rivederci.

Con uno slancio mi attirò verso di sé, per potermi stringere. Avrei voluto ricambiare quell'abbraccio, perdermi con lui e non pensare ad altro, dimenticare tutto il resto, eppure non potevo, non era giusto, né per lui né per Low. Avevo fatto una promessa al mietitore, non potevo rimangiarmela solo perché avevo rivisto Luke, non potevo dimenticare tutti gli anni in cui mi aveva mentito.

Gli poggiai le mani sulle spalle, spingendolo via delicatamente e scuotendo il capo, senza il coraggio di guardarlo in volto.

«Non va bene» mormorai solo a testa bassa.

«Hope, mi dispiace, è solo colpa mia lo so, non avrei dovuto lasciarti da sola, sono stato un idiota a pensare di poter recuperare Matt e riuscire a tornare da te. Quello che ti è successo è solo colpa mia perché non ero lì al tuo fianco. Mi dispiace, Hope,» cercava i miei occhi mentre mi accarezzava il viso, cercando di confortarmi «ma farò qualunque cosa per tornare da te, te lo prometto, tornerò sempre da te.»

«Non devi» dissi prendendogli i polsi per cercare di spostargli le mani dal mio viso. «Devi lasciar perdere, mi devi dimenticare» lo pregai continuando a scuotere il capo, sebbene fossi la prima a non credere alle mie stesse parole.

Era difficile, terribilmente difficile, ma non avevo alternative, avevo scelto Low e anche se non lo avessi fatto il mietitore non mi avrebbe mai lasciata andare, piuttosto avrebbe cancellato il suo avversario. L'unico modo per salvare l'uomo che avevo di fronte era allontanarlo.

«Che stai dicendo, Hope?» guardò verso gli altri, intenti a discutere tra loro sulla balconata. Non mi voltai, ma sentivo gli occhi di Low bucarmi la schiena, sapevo che ci stava osservando. «Hai paura di loro? Ti stanno costringendo? Non devi aver paura, ti proteggerò io. Nessuno se la prenderà con te e non ci stanno ascoltando. Kora doveva fare un'offerta al mietitore che non voleva tu sentissi, per questo mi ha consentito di incontrarti.» Cercò di nuovo di prendermi il viso. «Oh cielo, Hope, sono stato uno stupido! Credevo che la cosa più importante fosse salvare le mie ali, che avrei potuto venir fuori dall'Inferno senza cadere, ma ora che ti vedo, ora che vedo quello che stai sopportando a causa mia, so solo che la cosa più importante in assoluto sei tu e farò qualsiasi cosa per tornare da te, per poter tornare a casa nostra con te. Io ti amo, Hope, tutto il resto non conta, tutto il resto è sacrificabile.»

«Smettila! Smettila!» dissi scuotendo il capo e ritraendomi da lui sentendo il mio cuore andare sempre più in pezzi. «Non sono e non voglio essere importante per te! Non staremo più assieme!» gli soffiai addosso un po' istericamente con il respiro corto e stanco.

Quella era la punizione per le scelte che avevo fatto e la strada su cui mi ero incamminata.

«Sei arrabbiata? Lo capisco, ho sbagliato e ti chiedo scusa. Ti prego, Hope, devi credermi» insistette passandosi una mano tra i capelli, sembrava molto avvilito, frustrato e sconfortato.

«Luke, io sto con Low, sto con il mietitore e ho deciso di stare con lui. Se qualcuno deve essere arrabbiato quello sei tu, non io» esclamai rabbiosamente, asciugandomi le lacrime. «Te ne sei andato all'Inferno e se non fosse stato per Low sarei stata cancellata. Sapevi che mio padre era Michele e sapevi quale fine avrei fatto» spiegai tornando a guardarlo. «Sono stata con Low perché volevo salvarti, ma poi ho capito tutto quanto e con il tempo mi sono legata a lui, senza riuscire a evitarlo; è stato più forte di me. Adesso voglio stare con lui» ammisi tutto d'un fiato, scoppiando poi a piangere a dirotto.

Mi guardò stralunato come se cercasse di dare un senso a tutto ciò che avessi detto e che lui aveva sentito, poi vidi quell'espressione sul suo volto: Luke già sapeva come stavano in realtà le cose.

«Mi dispiace di non averti detto di tuo padre, non mi avresti creduto e volevo proteggerti; se tu lo avessi scoperto lui mi avrebbe sollevato dall'incarico, dovevi restare nascosta e all'oscuro quanto più possibile. Mi dispiace di averti mentito.»

«Sapevi cosa mi aspettava» lo incalzai facendo due passi indietro. Insistevo che fosse colpa sua, ma ero conscia che l'errore più grande lo avessi fatto io «Lo sapevate tutti. Per me eravate la mia famiglia, mi avete mentito e manipolata per anni.»

Avevo ormai la conferma che era stato così, che da sempre ero stata usata come una pedina sulla scacchiera celeste. Low aveva cercato di convincermi che nessuno dei quattro angeli avesse provato per me affetto o, nel caso di Luke, amore, tuttavia ero consapevole che non fosse così. L'avere di fronte a me l'angelo con cui ero cresciuta e che avevo amato metteva da parte tutte le sicurezze che il mietitore aveva costruito, facendo riaffiorare ciò che avevo sempre provato per Luke.

«Intendi quello che succede ai Nephilim? Sì che lo sapevo, perché credi che Michele mi abbia messo al tuo fianco facendomi reincarnare? Dovevo tenerti al sicuro mentre cercavamo una soluzione» spiegò, cercando di avvicinarsi a me. «Hope, io dovevo solo proteggerti e tenerti nascosta agli altri angeli, ma siamo cresciuti insieme in questa vita e io mi sono legato a te. Lo so che non avrei dovuto, ma non ho potuto farne a meno. Ho cercato di nasconderlo per anni e non hai idea di quanto sia stato difficile guardarti, vederti ridere o piangere e non poter fare niente. C'è voluto l'arrivo del mietitore per farmi rendere conto che non potevo perderti.»

«Michele vuole uccidermi! Era palese quando l'ho incontrato» replicai indietreggiando ancora, cercando di eludere le sue parole che mi facevano sempre più male e ingigantivano la colpa che sentivo crescere in me sempre di più. «Per quello mi hai detto di tenere le ali bianche, così che non potessi cadere e restare immortale. Sono nata per errore, un errore che dovrà comunque venire cancellato. Mi hai detto una sola cosa che intendo seguire, mi hai detto di non fidarmi di nessuno ed è quello che intendo fare.» Ma era la verità? No, non lo era. Mi ero fidata di Low, stavo mentendo, a me stessa e a lui.

«No, Hope. Michele non voleva ucciderti, è tuo padre, voleva solo proteggerti. Se avesse voluto cancellarti lo avrebbe fatto quando ti vide la prima volta; lui è il possessore della spada di fuoco e poteva farlo.» Prese le mie mani accarezzandole tra le sue, ignorando il mio essere restia e i vani tentativi di sfuggirgli. «Ti ho detto di tenere le tue ali bianche perché speravo ci fosse un modo per farti entrare in Paradiso, dove meriti di stare, non ti avrei mai fatto del male. Io ti amo, Hope, devi credermi.»

«No!» risposi strappando via le mani dalle sue. «Non voglio andare in Paradiso, siete peggio dei demoni. Io non ti credo» mentì, sempre più convinta che ciò che mi stesse dicendo l'angelo fosse reale e veritiero e che io gli stessi solo facendo del male. Tuttavia cosa potevo fare? Se avessi anche solo tentennato, ammettendo i miei sentimenti a lui, Low non ci avrebbe pensato troppe volte per toglierlo di mezzo e io avevo paura.

La storia di Sara aveva iniziato a farmi capire quanto in realtà il mietitore vedesse in me la moglie che aveva perso. Low non voleva me per ciò che ero, ma per ciò che gli ricordavo e che non avrebbe più avuto. Tuttavia gli ero affezionata per davvero e provavo sentimenti ora contrastanti, altalenanti.

Vedere di nuovo Luke era stato uno strazio, mi vergognavo e al tempo stesso mi rendevo conto di quanto tutto fosse sbagliato, ma al fine di tutto, cosa altro avrei potuto fare?

«Hope... ma cosa ti è successo?» mi domandò sorpreso, guardandomi come se non mi riconoscesse.

«Non sono più chi conoscevi, te l'ho detto. Ho scelto di seguire Low, ora» gli risposi sfuggendo al suo sguardo, per impedirmi di guardarlo e per evitare che capisse quanto quelle parole mi facessero male, ma soprattutto non volevo vedere la delusione su di lui, sapevo che ci sarebbe stata ed era più che comprensibile. «Smettila di pensare a me, Kora non può tenerti a lungo all'Inferno, devi andartene da là» mormorai con lo sguardo rivolto a terra, le braccia tremanti e il tono della voce rauco dal dolore. «Addio, Luke, non mi cercare più.»

Lui mi afferrò per il braccio, palesemente intenzionato a non lasciarmi andare. «Che cosa ti ha fatto per farti parlare in questo modo?» mi domandò con tutt'altro tono e con voce che si faceva sempre più alterata. «Che cosa ti ha detto per manipolarti così? Questa non sei tu e non posso credere che tu abbia cambiato idea sui tuoi sentimenti. Ti conosco da tutta la vita e lo so quando mi menti, non sono un idiota, dimmi la verità.»

Cercai di liberare il braccio, sempre senza guardarlo. «Non mi ha fatto nulla, mi ha solo protetta e voglio stare con lui. Lasciami andare, Luke.»

«Guardami almeno negli occhi mentre mi lasci, Hope!» mi disse duramente, stringendo la presa sul mio polso.

«Ti ha detto di lasciarla, musa» rispose la voce minacciosa di Low alle mie spalle, piuttosto incazzato. Si era liberato di Kora e sembrava avere ancora più fretta di volersene andare da là. Ero inoltre certa che vedermi assieme all'angelo lo stava solo facendo irritare ancora di più.

Era stato chiaro sul fatto che non mi avrebbe lasciata andare per nessun motivo e che avrebbe ucciso chiunque avesse tentato di portarmi via da lui. Quelle parole me le ricordavo bene.

Avrei potuto dire a Luke che mi dispiaceva, che avevo sbagliato, che lui non avesse nessuna colpa, anche se si era convinto che così fosse, poteva essere l'ultima volta che ne avessi l'occasione. Non volevo il suo perdono, non me lo meritavo, volevo solo che sapesse che la colpa di tutto fosse interamente mia, ma ammettere che lo amavo ancora avrebbe con tutta probabilità decretato la sua fine per mano del mietitore. Luke non aveva possibilità di vincere contro Low, o se anche le avesse avute non volevo mettere a rischio la sua vita per una sola possibilità che lui ne sarebbe uscito vincitore. Lui però mi conosceva e sapeva che in realtà gli stessi nascondendo qualcosa, il mio stato d'animo lo rendeva palese.

«Fatti da parte, mietitore, questi non sono affari che ti riguardano» replicò Luke, cercando di attirarmi dietro di sé per frapporsi tra noi due, rendendo sempre più vicino il rischio che le mie parure di uno scontro tra loro due diventassero realtà.

«Toglile le mani di dosso o questa sarà la tua ultima vita, musa.» Low si era fatto improvvisamente calmo, ma la sua voce tradiva la collera che stava provando in quel momento. Ero certa che sarebbe bastato pochissimo per far scoppiare quella scintilla tra i due che avrebbe dato inizio a un duello all'ultimo sangue, in mezzo alla pista da ballo del locale di Kora, in mezzo a tutti quegli umani ignari che ancora ballavano, bevevano e si divertivano ignorandoci completamente, probabilmente alterati dall'alcol e dalle droghe che di certo la dentro giravano.

Cercai di intervenire prontamente, tirando Luke verso di me e rimettendomi di fronte a lui, tenendomi alle spalle Low così da poter stare in mezzo tra i due e impedire a entrambi di ammazzarsi a vicenda. Il mietitore lo avrebbe ucciso volenti, lo sapevo, bastava solo dargli un pretesto.

«Io lo amo, sono innamorata di lui» dichiarai, alzando lo sguardo verso l'angelo e facendo appello a tutta la mia forza di volontà, volendo cercare di apparire il più decisa e veritiera possibile. «Dimenticami!»

Luke mi guardò per un attimo con espressione scossa e sospettosa, scuotendo poi il capo con decisione, per poi rialzare lo sguardo su Low alle mie spalle, con sguardo minaccioso. «Che cosa le hai fatto?»

«Molte cose, ma non credo di doverle raccontare a te» rispose il mietitore sfacciato e arrogante alle mie spalle. «Adesso fai il bravo e lasciala.»

«Ti ammazzo, razza di bastardo» minacciò l'angelo di fronte a me. Lo vidi avanzare verso di lui, pronto a spostarmi per avventarsi contro il mietitore, con gli occhi che gli brillavano di odio e rabbia che andavano ben oltre il secolo in cui vivevamo. Mai lo avevo visto tanto fuori di sé.

«Davvero? Non hai che da provarci, non vedo l'ora di restituire il favore che devo allo sterminatore di Nephilim» lo provocò con infamia Low, non volendo altro che quello.

Come vidi partire Luke verso l'angelo della morte intervenni d'istinto, gli tirai uno schiaffo più forte che potevo, ancora in lacrime, restando poi a fissare l'angelo che avevo di fronte a me.

«Io non ti amo, devi lasciami stare!» esclamai, indietreggiando e scuotendo il capo, per poi guardare Low. «Andiamo via.»

Luke rimase là rigido e inorridito dalle mie parole, incassando il colpo con il viso voltato di lato. «Avrei sacrificato anche le mie ali per te» lo sentii mormorare, consapevole di avergli spezzato il cuore.

Sentii il mio farsi a pezzi, anche se forse non quanto il suo, mentre mi ripetevo che fosse la cosa giusta. Non potevo più tornare indietro, non dopo quello che avevo fatto. Lo avevo tradito e lo stavo abbandonando, convincendomi che fosse al contempo per il suo bene. Volevo farlo uscire dall'Inferno, volevo salvarlo, ma alla fine invece lo avevo lasciato nelle fauci di un dolore che lo avrebbe fatto a pezzi.

Se gli avessi detto che provavo ancora quel vecchio sentimento per lui non avrebbe esitato a combattere per me, lo sapevo benissimo, ma a che prezzo?

«Andiamo» decretò serio e duro Low, prendendomi per il polso per portarmi via, mentre Luke non si mosse per fermarci o seguirci. Se ne rimase lì, deluso e sconfortato, senza guardarci.

Una parte di me avrebbe voluto ribellarsi, dirgli di lasciarmi e tornare dall'angelo chiedendogli perdono, ma l'altra parte aveva troppa paura. La codardia e il timore di veder morire colui che era sempre stato il mio angelo custode permisero al mietitore di strapparmi dal solo che lì dentro davvero mi amasse.

Matt ci corse incontro. «Hope, che diavolo è successo?» alternava lo sguardo preoccupato tra me e Luke.

«Togliti di mezzo! Siamo rimasti qui dentro fin troppo» rispose Low, intenzionato a uscire di lì prima che io potessi avere un ripensamento. Lui aveva capito come stessero realmente le cose e probabilmente sapeva quali dubbi affollavano in quel momento la mia mente.

Io infatti non risposi e, distrutta del tutto, mi lasciai trascinare da Low come se fossi una bambola. Mi sentivo letteralmente a pezzi, distrutta per avergli mentito.

Matt voleva seguirmi, ma continuava a fissare Luke. «Ci rivedremo, Hope. Farò quello che mi hai chiesto» mi rispose guardandomi brevemente, posandomi una mano sulla spalla prima di dirigersi verso il mio angelo custode che lo scaraventò a terra appena gli fu vicino, per poi lasciare la sala.

Low ignorò quella scena; afferrò Dan e ci trascinò entrambi fuori fino al furgone, lasciandoci solo quando fummo lì. Era parecchio teso e nervoso, ma decisamente più sollevato di essersi allontanato.

«Cavoli e che serata!» proruppe il profeta che, al contrario di noi, sembrava entusiasta, inconsapevole di quello che era accaduto davvero la dentro.

Low si passo la mano tra i capelli andando avanti e indietro un paio di volte prima di abbracciarmi forte e baciarmi la testa.

Lo lasciai fare, senza ricambiare l'abbraccio e limitandomi a poggiare la testa sulla sua spalla, inerte, sentendo le lacrime continuare a scendere senza riuscire a frenarle. Avevo nella mente l'immagine di Luke che si prendeva lo schiaffo e che accusava le mie parole. Gli avevo spezzato il cuore, ma almeno era vivo.

Ormai dovevo seguire Low giunti a quel punto, non potevo più tornare indietro dopo quello che avevo fatto, ma sapevo che, se non avessi agito in quel modo, Luke si sarebbe fatto ammazzare per me. Continuavo a ripetermelo per convincermi, per trovare la forza per mettere un passo dietro l'altro e andare avanti verso la vita che mi ero scelta, anche se faceva terribilmente male. Sentivo dolore e stanchezza, oltre che un terribile e profondo senso di vuoto e di abbandono come mai prima nella mia vita.

Egoisticamente arrivai a sperare che Luke vedesse le reali intenzioni dietro le mie parole e che venisse a riprendermi, ma se lo avesse fatto, allora lo avrei davvero perso per sempre. Avevo fatto la mia scelta: preferivo vivere con Low e sapere che il mio angelo fosse vivo piuttosto che vederlo morire con la sicurezza che lo amassi e che lo avrei amato per sempre.

Il mietitore cercò di calmami, cullandomi e accarezzandomi. «Va tutto bene, Hope, è finita.» E lo era davvero. Luke mi avrebbe odiata e avrebbe solo fatto bene a farlo. Quella scelta aveva decretato la fine di un amore nato quando ancora ero una bambina, che avevo gettato e calpestato senza rispetto.

Mi domandai cosa sarebbe successo se gli avessi chiesto di salvarmi e perdonarmi. Se gli avessi detto che io per lui provavo ancora i vecchi sentimenti che tanto mi avevano fatto desiderare di stare con lui. Ma non sarebbe stato anche quello un gesto egoista?

«Andiamo in albergo, hai bisogno di calmarti e riposare, tutti ne abbiamo bisogno.»

«Sì...» sussurrai con un filo di voce, lasciando che le parole di Low mi distraessero da quei pensieri, distrutta da tutto.

Appena mi fui calmata abbastanza entrammo in albergo, lasciammo Dan nella sua stanza e andammo alla nostra.

«Come ti senti?» mi chiese il mietitore appena ci chiudemmo la porta alle spalle. «Immagino sia stata dura rivederlo.»

«Gli ho detto delle cose orribili. Non volevo ferirlo e mentirgli» spiegai con le lacrime agli occhi sedendomi sul letto. «Mi fa male averlo fatto. Lui fra tutti era una delle persone a cui ero più legata in assoluto.»

«Mentirgli? Su cosa gli avresti mentito?» mi chiese lui sospettoso, assottigliando lo sguardo e fissandomi attentamente, facendomi venire i brividi.

Alzai gli occhi su di lui, stanca. «Sui sentimenti, Low. Non è vero che per lui non provo nulla,» spiegai vedendo la sua espressione farsi cupa «...ma è vero che ti amo» mi affrettai ad aggiungere, riabbassando il capo «e ho scelto di stare con te.»

Espirò, facendosi bastare quelle parole e ignorando quanto ci fosse di vero in esse; si avvicinò a me sedendosi al mio fianco. «Capisco quanto ti sia costato» rispose comprensivo.

Avevo scelto lui ed ero lì in sua compagnia, del resto non gli importava nulla. Ero sua e ora, dopo aver superato l'ultimo scoglio, era convinto che niente mi avrebbe più portata via.

«Tanto, ma non c'erano alternative» sussurrai stanca e a voce bassa per poi stendermi sul letto. «Ma fa male averlo ferito, non lo meritava.»

«Lo hai fatto per il suo bene. Se non lo avessi fatto non se ne sarebbe mai fatto una ragione. So per esperienza che a volte è necessario fare del male.» Si stese vicino a me e mi attirò a sé per abbracciarmi. «Sei stata coraggiosa.»

Lo lasciai fare, lo avevo sempre lasciato fare dopo che mi aveva raccontato di Sara, per quanto non provassi più lo stesso trasporto e interesse che avevo in precedenza. Sospettavo che lui se ne fosse accorto, visto che spesso aveva domandato se andasse tutto bene, ma ciò che sarebbe potuto succedere se gli avessi raccontato la verità mi mandava nel panico. Gli volevo bene e mi ero affezionata a lui, provano un sentimento, forse simile a quello che avevo provato per Luke, sebbene allo stesso tempo lo sentissi diverso.
La storia di Sara tuttavia aveva spezzato qualcosa, anche se ancora non riuscivo a capire cosa, o forse non volevo neanche saperlo. Ero confusa e stordita, senza capire se lui mi avesse manipolata e su quanto mi fossi lasciata manipolare per mia volontà, ma ormai era troppo tardi per rimuginare sui miei errori.
Con quello schiaffo avevo decretato la definitiva chiusura con quello che era il mio passato e con l'angelo che avevo sempre voluto dichiarare come mio.

«Fa male... mi sento a pezzi» sussurrai stringendomi a lui passandogli un braccio attorno alla schiena, sentendo le lacrime riaffiorare.

Cercavo riparo tra le sue braccia, come se cercassi di nuovo quella sensazione di pace e protezione che avevo sempre avuto stando con Low, nel vano tentativo di trovare il motivo che mi avrebbe spinto a credere di aver fatto la scelta giusta. Eppure in quel momento non avevo affatto quelle sensazioni.
Erano diverse, discordanti e faticavo a capire cosa significassero.

«Andrà tutto bene. Tutto questo dolore passerà, te lo assicuro» chiosò Low, mentre mi accarezzava stranamente comprensivo. «Per un attimo ho temuto che non saresti tornata con me.»

«Te lo avevo detto che sarei tornata, ti avevo detto di doverti fidare di me» dissi alzando lo sguardo su di lui.

Dopo il suo comportamento con Dan avevo avuto paura di lui. Non avevo potuto fare a meno di chiedermi che cosa avrebbe fatto nel momento in cui anche io avessi iniziato a comportarmi in maniera che a lui non piacesse. Voleva proteggermi, ma mi ero domandata quanto quel bisogno fosse legato ai sentimenti o al bisogno, di tornare ad avere qualcuno accanto a sé che lo amasse e di non sentirsi solo; non ero riuscita a fare a meno di chiedermi come avrebbe reagito se avessi tentato di allontanarmi.

Ogni volta che quel pensiero mi aveva sfiorata avevo avuto paura della risposta. Low era l'uomo più temibile di tutto il creato e, sebbene stare al suo fianco o alle sue spalle desse grande protezione, l'averlo contro era qualcosa di terrificante per chiunque.

«Sì, avevi ragione» sorrise lui, soddisfatto delle mie parole e ignaro dei miei reali pensieri. «La mia paura era immotivata, se non hai approfittato della situazione per andar via con Luke allora vuoi davvero restare.» Sembrava felice di quell'idea, come se si fosse tolto definitivamente un grosso peso dalle spalle.

«Sì, non ti lascio solo» sussurrai quasi meccanicamente chiudendo gli occhi, ma ancora scossa e dubbiosa su tutto quanto, mentre Low si stringeva a me, cercando conforto e cercando di darmene; poi mi ricordai le parole di Luke sulla proposta di Kora.

«Low» mormorai chinando il capo verso di lui per incrociare il suo sguardo e tentando di convergere la mia attenzione su quella questione per non pensare al resto.

«Cosa c'è?» mi chiese con dolcezza, accarezzandomi.

«Cosa ti ha detto Kora?» domandai osservandolo «Luke mi ha detto che lei aveva organizzato tutto per parlarti da solo e proporti qualcosa che io non dovevo sentire.»

«Mi ha proposto di diventare l'angelo della morte» mi rispose tranquillo e senza la minima titubanza.

«Il cavaliere?» domandai inarcando un sopracciglio. «E tu che cosa hai detto?»

«L'ho mandata al diavolo, non ho intenzione di ficcarmi in una guerra e lasciarti sola. Pensava che usando Luke potesse convincermi ad accettare» spiegò mentre mi teneva stretta, come se temesse che sparissi da un momento all'altro. «Kora è una manipolatrice, non ci si può fidare di lei.»

«Lo so» ammisi tornando a chiudere gli occhi senza fare altre domande, troppo stanca per pensare. «Mi sento stravolta.»

«Riposati, adesso va tutto bene, puoi stare tranquilla» sospirò rilassandosi.

Mi accoccolai tra le sue braccia, anche se sentivo ancora il dolore dovuto a ciò che avevo fatto, domandandomi se mi sarei mai perdonata per aver causato a Luke tutto quel dolore. Mi addormentai a fatica, cadendo in un sonno agitato senza neppure rendermene conto.

La mattina dopo quando mi svegliai lui non era a letto, ma a giudicare dal rumore doveva essere sotto la doccia. Sul tavolino c'era la colazione; doveva averla presa mentre dormivo. Mi alzai e andai al tavolo a mangiare in silenzio, godendomi quell'attimo di solitudine lontana da lui.

Mi resi conto solo in quel momento che Low non mi avesse mai lasciata da sola se non per qualche minuto, eppure non mi era mai pensato. Quando ero con lui una parte di me era sempre stata felice di esserlo, senza voler desiderare di essere da un'altra parte.

Avevo quasi finito di fare colazione quando sentii la sua voce. «Buongiorno» salutò, mentre usciva dal bagno, asciugandosi i capelli con un asciugamano e iniziando a cercare i suoi vestiti. «Ti senti un po' meglio?»

Lo osservai accennando un sorriso e annuendo. Fisicamente era aitante e attraente come al solito, tanto da stordirmi per quanto fosse bello e perfetto, anche se non sentivo più quella brama e quel desiderio che provavo all'inizio. «Sto meglio. Tu come stai?»

«Dopo questa doccia decisamente bene» rispose, avvicinandosi a me con un sorriso. «Più tardi ti va di suonare un po' per me?» domandò con un tono tranquillo e neutrale, quasi mi chiedesse qualcosa di abituale.

«Certo» risposi ricambiando il sorriso anche se mi venne subito alla mente qualche dubbio al riguardo. Sarebbe stato difficile suonare senza lasciar capire che in realtà avevo mille pensieri per la testa e avevo il dubbio che lui lo sapesse. Possibile fosse proprio per questo voleva farmi suonare? Voleva scoprire la verità su quello che pensavo e provavo? «Aspetterei di farlo una volta arrivati a Salem, vorrei allontanarmi in fretta da qui» chiesi, sperando che con il tempo i miei dubbi si fossero dissipati e che una volta iniziato a suonare lui non scoprisse la verità su quelli che erano i miei sentimenti.

Lui annuì, lasciandomi poi per andare a finire di vestirsi.

Un po' di tempo dopo ci ricomponemmo e andammo a recuperare Dan.

«Ehi, ti senti meglio?» mi chiese lui preoccupato.

«Sì» risposi sbrigativa. «Tu come stai?»

«Benissimo, a proposito, volevo ringraziarti per quello che stai facendo per me» mi disse gentile.

«Oh... in che senso?» chiesi perplessa inarcando un sopracciglio. Non mi sembrava di aver fatto chissà cosa.

«Lo so che è solo merito tuo se ho da mangiare e un letto in cui dormire. Ricambierò il favore in qualche modo» spiegò lui gentile.

«Beh, in realtà è Low che paga, non io» spiegai accennando un altro sorriso, questa volta più spontaneo e più dolce, sollevata dalle parole del profeta, conscia che la sua gentilezza fosse reale. Mi sembrava persino più lucido del solito «Mi sembra giusto aiutarti.»

Lui sorrise, annuendo «Quando vorrai fare sesso sarò pronto a sdebitarmi» esordì, facendomi ridacchiare. Dan non si smentiva mai.

«Gira alla larga o torni per strada» lo apostrofò infatti Low, andando a pagare il conto.

«Sono certa che non avresti problemi a trovare una donna che voglia venire con te, ma non sono io quella che lo farà, dovresti saperlo» risposi con un mezzo sorriso, avvicinandomi quindi al mietitore.

«Comunque, se dovessi essere in pericolo conta pure su di me» insistette il profeta, come se lui avesse potuto fare qualcosa contro gli angeli e i demoni che mi davano la caccia.

«Lo terrò presente. Se avessi bisogno di te verrò a cercarti» ridacchiai divertita poggiandogli una mano sulla spalla.

Lui annuì, felice che avessi accettato la sua offerta. Sebbene fosse sempre poco lucido il più delle volte capitavano dei momenti in cui, da tutti i fumi della droga, riemergeva la sua vera personalità con annesso un briciolo di dignità. Non voleva essere un parassita, voleva essere d'aiuto.

Pagammo il conto e, caricati i nostri bagagli, ci rimettemmo in marcia diretti verso Salem.

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