Capitolo 6: The Evangelists

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Phantom of the opera - Lindsey Stirling


Mi svegliai la mattina dopo, ancora tra le sue braccia.

Lui era lì ed era reale che dormiva tranquillo, non me lo ero sognata.

Era così bello svegliarmi e non essere sola, tra le braccia del ragazzo che avevo sempre sognato.

Sentendomi sveglia iniziò a destarsi anche lui con un sospiro. Si passò un braccio sulla fronte per poi fissarmi addosso quei profondi occhi verdi. «Buongiorno.»

«Buongiorno! Colazione?» Domandai sarcastica dandogli un bacio sulle labbra.

Mi passò un braccio dietro alla schiena attirandomi a sé per baciarmi meglio. «In effetti sono affamato.» disse mordendomi le labbra.

«Mhhh... E cosa potrei darti che ti possa saziare?» Domandai ridacchiando mentre scivolavo sopra di lui dandogli un altro bacio «Vuoi farmi arrivare tardi al conservatorio?»

«Quello sì che sarebbe un peccato.» osservò lui percorrendo le mie gambe fino ai fianchi. «Non dimenticare che stasera abbiamo il concerto.»

«Assolutamente. Ma penso di poter comunque fare un po' di ritardo se poi mi accompagni in moto!» Ridacchiai provocandolo e passando le mani a mia volta sui suoi fianchi.

«La mia moto è a tua completa disposizione, angelo mio.» iniziavo a capire quale fosse la sua idea di colazione.

«Allora sappi che per qualche ora a tua disposizione lo sarò io!» Sussurrai sorridendo divertita prima di baciarlo di nuovo, lasciandogli intendere che come "colazione" intendessi la sua stessa idea.

Tempo indeterminato dopo preparai caffè, latte, biscotti, marmellate e pancake, prima che lui mi accompagnasse al conservatorio in moto.

Suonai con tutt'altro trasporto quel giorno, spinta dalle nuove emozioni. Quando finii nel pomeriggio lo trovai fuori ad aspettarmi, con il casco in testa per portarmi a casa, in modo che potessi cambiarmi. Mi strinsi a lui e tornammo a casa e solo quando fummo a destinazione e si tolse il casco vidi il livido che aveva in faccia.

«Che diavolo ti è successo?» domandai sorpresa prendendogli il viso tra le mani. «Hai fatto a botte con qualcuno per caso? O ti sei trovato di fronte le solite fan agguerrite che ti sono saltate addosso?» domandai ironica pur restando seria.

«Non ha importanza. Non è grave.» mi disse tranquillo prendendomi la mano e baciandomi il palmo.

«Lo so che non è grave ma non ti ho mai visto ridotto così!» osservai preoccupata, accarezzandogli il viso delicatamente. «Andiamo in casa. Dovrei avere del ghiaccio.»

Che cosa era successo? Luke non era uno che si metteva a fare risse ma era abbastanza riservato per non volermi dire nulla. «Non è che non vuoi dirmelo per non farmi preoccupare vero?» Tentai di nuovo.

«Ho discusso con una persona.» mi disse lui sbrigativo, seguendomi in casa e posando tutto vicino al divano su cui si sprofondò.

Andai a prendere il ghiaccio per poi passarglielo.

«Discussione animata presumo!» Osservai sedendomi accanto a lui.

Lui si poggiò il ghiaccio sull'ematoma. «Abbastanza... dovevo far valere le mie ragioni.»

Lo guardai in silenzio mordendomi il labbro nervosa. «Con chi ti sei picchiato Luke?»

Lui mi osservò senza rispondermi.

«Luke!?» Inarcai un sopracciglio sempre più perplessa.

Sospirò. «Non preoccuparti, abbiamo risolto per ora, suona tranquilla stasera.» cercò di cambiare discorso. «Ho portato qualche vestito per il cambio, sempre che tu voglia ancora che resti con te stanotte.»

«Hai paura che cambi idea e ti sbatta fuori di casa?» Domandai dandogli un bacio dove non presentava lividi. «Te l'ho detto! Puoi stare qui con me. Mi piace averti accanto al mattino!»

Lui mi fissò qualche istante «Sei il mio angelo.» sussurrò dandomi un bacio leggero. «Vuoi fare la doccia per prima?»

«Possiamo farla assieme?» domandai immaginandomelo già sotto l'acqua e arrossendo lievemente. «Se ti va!»

Ci pensò su un attimo con espressione seria, poi posò il ghiaccio sul tavolo, si alzò in piedi parandomisi di fronte e prima che me ne accorgessi mi prese letteralmente in braccio «Si, mi sembra una buona idea.» tiró fuori quel sorriso che metteva in mostra la fossetta.

Io lo guardai di nuovo adorante ridendo divertita dal suo gesto e aggrappandomi a lui. «La mia doccia è piccola però! Staremo stretti!»

«Vuol dire che staremo più vicini.» concluse tranquillo con un'alzata di spalle.

«Va bene!» risi mentre entravamo nella stanza del bagno.

Più tardi uscimmo assieme alla sottile nebbiolina del vapore, con me avvolta nell'accappatoio. «Mi sa che siamo in ritardo! Mi vesto in un attimo!»

«Con la moto saremo al club in poco, non preoccuparti, non possono cominciare senza di noi.» disse passandosi l'asciugamano tra i capelli. Così bagnato e spettinato, con solo un asciugamano intorno alla vita era un vero spettacolo.

«Per fortuna domani non devo andare al conservatorio!» pensai ad alta voce ammirandolo.

Si voltò con un sopracciglio alzato. «Vuoi fare qualcosa di particolare domani?»

«No, stasera dopo il concerto. Non sarà un problema addormentarsi tardi.» spiegai sorridendo. «E domani... andiamo da qualche parte solo noi due? Magari al mare?»

«Se non hai il conservatorio magari mi organizzo, chiedo ad un collega di scambiarci il turno.»

L'idea di stare da sola in spiaggia al mare con lui mi elettrizzava a dir poco. «Ora fila a prepararti o Joan inizierà a tempestarti di chiamate.»

«Si! Vado subito!» dissi infilandomi rapidamente in camera e iniziando a vestirmi velocissima, muovendomi scattante come sempre.

Finii in tempo record di vestirmi, un paio di pantaloni aderenti e una maglietta senza maniche blu scura, con la felpa legata in vita. Finito di prepararmi mi fiondai in bagno passandogli accanto per iniziare a farmi i capelli e il trucco.

Lo vidi dallo specchio sporgersi all'indietro per osservare la trottola che gli era passata di fianco per poi recuperare il borsone ridacchiando e andare in camera. Si vestì rapidamente, jeans e maglietta grigia scura con chiazze bianche e rosse, come se in alcuni punti fosse stinta e in altri macchiata di sangue.

Il suo look, unito all'ematoma sullo zigomo e al labbro spaccato gli davano davvero l'aspetto di un bad boy. Si appoggiò alla porta a osservarmi sorridente, a braccia incrociate. Potevo vederlo dallo specchio, era davvero affascinante e le sue ammiratrici avrebbero passato di sicuro la serata a urlare, ma in un certo senso adesso era... come dire... mio? Potevo considerarlo tale?

Probabilmente le sue ammiratrici mi avrebbero uccisa sul posto ma poco mi importava. Viveva con me, condividevo il letto con lui... e anche la doccia.

Qualsiasi cosa ci fosse tra noi, a me andava bene così come era.

Mi intrecciai i capelli lateralmente, lasciando alcune ciocche ad incorniciarmi il viso e un filo di trucco attorno agli occhi, prima di girarmi verso di lui già elettrizzata per la serata. «Sono pronta!»

«Allora andiamo, i fan aspettano la tua magia.» mise il giubbotto di pelle nero e recuperò i due caschi. «I ragazzi non li hai sentiti?»

«No, nessuno di loro. Tu?» domandai mentre prendevo la custodia con il violino per poi seguirlo fuori da casa.

«Si... oggi ho portato la chitarra a Matt, porterà lui gli strumenti con il furgoncino. Dovrebbero essere già al club.» era diventato sfuggente appena gli avevo fatto la domanda e iniziai a farmi un'idea del motivo quando arrivammo al locale.

Anche la faccia di Mark non era messa benissimo!

Lanciai un'occhiata a Luke e poi al biondo ragazzone sgranando gli occhi, tornando poi a guardare il moro. «Davvero?» domandai inarcando un sopracciglio. «Non è per ciò che penso vero?» borbottai osservandolo mentre ci avvicinavamo ma Luke non mi rispose tornando ad avere la solita aria distaccata e scontrosa.

Sospirai, rivolgendomi poi ai ragazzi cercando di fare uno dei miei soliti sorrisi ilari e felici appena li raggiungemmo.

«Scusate per il ritardo!» dissi passandomi una mano tra i capelli quasi con imbarazzo. Tanto ero sempre in ritardo nonostante non fossi praticamente mai ferma.

«Finalmente!» Joan mi venne incontro sorridente come sempre. «Pensavamo vi foste persi!» era molto più tranquilla di qualche giorno prima.

«Ehilà, fratello!» Matt batté il cinque con Luke. «È tutto montato, fa solo una prova mentre accordi per vedere che sia tutto in ordine.» Luke annuì e silenzioso e distaccato come sempre andò a trafficare con la sua chitarra. Lui e Mark si stavano evitando.

«Hope! Pronta a stregare il pubblico?» Mi chiese Matt materializzandosi di fianco a me.
Posso dire con certezza che lui era tra i miei amici quello con il quale mi sentivo una sorta di sorella maggiore, sempre gentile e premuroso, sembrava strambo e distratto ma era sempre attento a tutto, era d'avvero un ragazzo d'oro.

«Si certo! Come sempre!» dissi già elettrizzata lanciando un'occhiata a Mark e Luke tornando poi a guardare Joan e Matt.

«Voi siete pronti?» domandai mentre mi davo un'occhiata attorno, vedendo già parecchie persone all'interno del locale.

Posai la custodia del violino, tirando fuori lo strumento e assicurandomi che fosse tutto a posto.

«Prontissimi!» Matt fece roteare una delle sue bacchette sorridendo per l'entusiasmo.

«Abbiamo le consumazioni gratis» disse Joan. «Sarà meglio recuperare qualcosa prima che Luke dia fondo alle scorte.» lei e Matt risero ma Mark, al contrario, fece una smorfia di fastidio.

«Non dovresti bere prima dell'esibizione, Hope, ne basta uno di alcolizzato!» Luke fece finta di non averlo sentito continuando ad accordare la chitarra.

«Bere qualcosa prima di suonare non fa poi così male, Mark. Non è che mi posso alcolizzare con un bicchiere di prosecco!» risi io scherzando. «Poi mi aiuta a sciogliermi, lo sai!» gli sorrisi, guardando poi in direzione di Joan. «Dai, un bicchiere lo bevo volentieri!» Mi voltai poi a guardare Luke. «Tu vuoi qualcosa?»

«Uno shottino. Forte.» mi sorrise lui tornando alla chitarra.

«Chissà perché non ne avevo dubbi!» rise Joan seguita da Matt. Mark invece non rideva affatto.

Sorrisi a Luke lanciando poi un'occhiata al gigante biondo. «Tu vuoi una coca-cola?» domandai per sdrammatizzare mentre mi apprestavo ad avviarmi al bancone con Matt e Joan.

«Si, ti ringrazio.» con me era più tranquillo, ma ce l'aveva con Luke, era evidente.

L'Edison Downtown era un locale ricavato da una vecchia centrale elettrica abbandonata, rinnovato poi in una sorta di night club in tema steampunk, situato nel seminterrato dell'Higgins Building.

L'arredo era in stile fine ottocento, su colori cupi del rosso, con grossi tendaggi il velluto color porpora, mobilia antica in mogano e poltrone anch'esse su quella stessa tonalità.

Le pareti erano di pietra e mattoni, richiamando l'era dell'industrializzazione americana, con tubature e tubi in ottone o rame, assieme scalette antiche sulle quali ovviamente non si poteva salire.
Si suddivideva in vari ambienti, divisi da stanze o semplici separé.

Avevano persino una stanza dove uomini non più tanto giovani si perdevano a destreggiarsi in giochi tanto vecchi di cui io probabilmente neppure conoscevo il nome. Per noi invece c'era la sala per il concerto dove già più di una volta avevamo suonato.

Era cupo e tenebroso come posto e c'era ben poca luce, cosa che ai ragazzi non era mai particolarmente piaciuta vista la loro fissazione religiosa divina.

Ricordo che le prime volte, quando portai la mail sul quale ci chiedevano di suonare, Mark aveva espresso il suo pensiero con un secco no, definendolo l'antro di Satana.

Poi per fortuna eravamo riusciti a convincerlo a partecipare lo stesso, e per quanto buio e oscuro il club fosse, alla fine anche lui aveva dovuto ammettere che tuttavia non era stato affatto male, anche se faticava sempre ad accettare di suonare la dentro.

Dopotutto potevo capirlo, alcune zone sembravano prese dalla scenografia di Dracula, di Bram Stoker.

«Allora, come è andata oggi?» mi chiese Matt mettendomi un braccio sulla spalla mentre ci avviavamo al bancone.

«Bene bene! Sono andata in conservatorio e abbiamo iniziato a fare dei pezzi noiosissimi. Poi ci ha lasciato liberi di suonare un po' da soli, completamente a caso e a quanto pare il maestro era decisamente contento del risultato.» spiegai pensierosa. «Mi ha detto che probabilmente ci sono possibilità che mi metta come primo violino nell'orchestra della città per il prossimo concerto, almeno per qualche brano.» spiegai sorridendo. Ero stata talmente sorpresa dal livido di Luke che non glielo avevo neppure detto.

«Ma è fantastico! Sono davvero fiera di te!» Joan era entusiasta. «Potevi mandarmi un messaggio per dirmelo subito però. Negli ultimi giorni sei quasi scomparsa.»

«Scommetto che ha avuto da fare!» sghignazzò Matt continuando a tenermi il braccio sulla spalla.

«Ho avuto un po' da fare.» ammisi guardando il mio amico tornando poi su di lei fermandoci al bancone. «Sai che non mi fermo mai un attimo! Scusa se non ti ho avvisata!» dissi sospirando. «Sono stati giorni intensi!»

Mi voltai verso il barista, ordinando uno shot dell'alcolico più forte che aveva, un prosecco e una cola.

Joan e Matt presero una birra.

«Abbiamo saputo la novità.» mi disse lui affrontando l'argomento che aleggiava su tutti noi.

«Ah...» dissi io guardando il mio prosecco per poi alzare su di loro lo sguardo con un leggero imbarazzo. «E cosa ne pensate?» domandai mentre bevevo. Avrei portato poi la coca e lo shottino agli altri due.

«Cosa ne dovremmo pensare? Non ce lo aspettavamo.» disse Joan restando tranquilla.

«In realtà è difficile dire cosa ti aspetteresti o meno da Luke.» Matt era il più rilassato. «Lui è imprevedibile e molto riservato, è difficile capire cosa pensi.»

«Quando ce lo ha detto non potevamo crederci, cioè avevamo capito da un pezzo che gli piacevi, ma non pensavamo avrebbe mai concretizzato questa cosa, insomma siamo sempre stati tutti amici.» anche se il più stupito sembrava essere stato Mark.

«Ah... da un pezzo sapevate che gli piacevo? Io non me ne ero mai resa conto!» dissi borbottando bevendo di nuovo. «Mark non l'ha presa bene. Ma di preciso che cosa vi ha detto Luke?»

Si scambiarono un'occhiata indecisi su cosa dirmi e su chi doveva dirmelo. «Non è tanto quello che ha detto...» iniziò Joan.

«Ha detto di aver passato le notti a casa tua per poter stare tranquillo, per assicurarsi che fossi al sicuro.» spiegò il ragazzo con i rasta.

«Abbiamo capito subito che c'era qualcosa che non ci stava dicendo. Abbiamo provato a indovinare e lui non ha negato. Mark non l'ha presa bene.»

«Non riuscivamo a separarli, sembravano due furie.» mi spiegò Matt.

Era strano, troppo strano! «Onestamente sono perplessa. Che cosa c'è di male da fare arrabbiare così tanto Mark?» domandai scuotendo il capo per poi bere di nuovo. «Non li ho mai visti aggressivi, né lui né Luke.» dissi riflettendo. «Sono sorpresa di quello che ha fatto Luke, io... non me lo aspettavo, ma sembrate impazziti tutti quanti dall'ultima volta che abbiamo suonato.» guardai poi Matt sorridendo. «A parte te. Tu non hai fatto niente di stravagante!»

«Perché lui è strano sempre.» scherzò Joan mente Matt si portava una mano dietro alla testa sghignazzando.

«Appunto, quindi non si nota se fa qualcosa di più strano del solito!» dissi sporgendo il mio bicchiere per brindare con il loro. «Che cosa ne pensate voi due comunque?» domandai curiosa come sempre.

«Noi ecco...» Joan non sapeva bene cosa rispondere, guardava sia Mark che Luke.

«Credo che Joan voglia dire che dipende da cosa ne pensi tu.» spiegò Matt.

«Io sto bene. Se non lo avessi voluto non lo avrei fatto!» dissi guardando verso Luke e sorridendo con un leggero sospiro.

«È solo che nessuno di noi credeva che ti saresti potuta legare in questo modo a uno di noi e viceversa.» sembrava davvero confusa.

«Perché no? È umana, può interessarsi a chiunque voglia.» Matt difendeva la mia posizione.

«Comunque sono contenta così. Non me lo aspettavo ma sono felice. Spero che Mark se ne faccia una ragione.»

Mi voltai di nuovo a guardare lui e Luke prima di prendere le loro ordinazioni. «Gli porto da bere.»

Non capivo perché Mark l'avesse presa così male. Erano sempre stati protettivi ma Luke era uno di noi, avrebbe dovuto essere contento, difficilmente avrei incontrato qualcuno migliore di lui. Proprio non capivo cosa fosse successo. Portai da bere a Mark per primo che con me si rivelò gentile come sempre e poi andai da Luke.

Gli porsi il bicchiere sorridendogli. «Stai bene?» Mormorai tranquilla.

Mi rispose con un sorriso di rimano prendendo il bicchiere. «Sto bene. Ho finito di accordare la chitarra.» bevve tutto d'un fiato restituendomi il bicchiere. «Tu stai bene?»

«Sì, sono pronta a suonare.»

Lo guardai per poi lanciare un'occhiata a Mark. «Mi spiegherai poi cosa è successo più tardi?» Domandai a Luke, tornando poi a guardarlo.

«Non è successo niente. Ci siamo scambiati solo qualche idea.» e qualche pugno. Si vedeva che non voleva farmi preoccupare.

«Qualche idea... certo!» Mormorai osservandolo. «Spero che si sia chiarita la situazione.» Borbottai mettendo su uno dei tavolini il bicchiere e accingendomi ad andare a prendere il mio strumento.

Lo sentii afferrarmi il braccio e attirarmi a sé incurante di chi guardasse o potesse obiettare. «Ehi, tranquilla ok? Io non vado da nessuna parte, non importa chi sia favorevole o contrario e Mark finirà col farsene una ragione, non sei più una bambina, hai il diritto di fare le tue scelte e vivere la tua vita.»

Lo guardai per un attimo sorpresa per poi sorridergli.

«Lo so, hai ragione ma non è per quello che si possa pensare. Mi dispiace solo che per colpa mia due persone si sono fatte del male.» Dissi poggiando una mano sul suo volto osservando il livido.

Ero tornata a guardarlo quasi con dolcezza senza neppure rendermene conto.

«I ragazzi a volte hanno bisogno dei pugni per spiegarsi.» mi sorrise a sua volta tenendomi una mano dietro la schiena. «Finiamo questo concerto e andiamo a casa a fare cose che farebbero sbiancare Mark.» mi sussurrò avvicinandosi.

«Molto volentieri!» Gli risposi spostando il capo accanto al suo socchiudendo gli occhi.

Anche se immaginarmi Mark che si imbarazzasse o sbiancasse per certe cose mi faceva ridere per quanto come gli altri era a sua volta abbastanza bigotto su molte cose.

«Iniziamo lo spettacolo?» Domandai alzando lo sguardo sul mio chitarrista.

«Falli sognare, piccola.» mi disse dandomi un leggero bacio sulle labbra.

Forse se Mark avesse percepito quello che sentivo di sarebbe calmato. Io, dal canto mio, mi ero calmata come lui mi aveva dato quel piccolo bacio. Rivolsi con imbarazzo un'occhiata al pubblico mentre mi sistemavo sul palco, fingendo di accordare il violino che avevo già sistemato in precedenza, aspettando che il resto del gruppo finisse di sistemarsi.

Erano tutti pronti, potevamo iniziare. Joan fece il solito saluto al pubblico per stuzzicarne l'entusiasmo e la curiosità.

Aprimmo con il solito repertorio, canzoni originali scritte da me e riarrangiate dai miei fidati amici. Le avevamo suonate centinaia di volte, ma il bello era che ogni volta sembravano completamente nuove.

La mia musica era fortemente influenzata dalle mie emozioni, riuscendo quasi ad amplificarle e a trasmetterle e difficilmente avevo lo stesso stato emotivo a ogni concerto e per ciascun brano. Questo faceva sì che ogni canzone fosse differente dalle altre ed anche dalle altre versioni di se stessa.

Ogni canzone era un'esperienza unica e irripetibile, per questo ci seguivano in tanti sia sui social che dal vivo. Perdersi un'esibizione significava aver perso per sempre quell'esperienza, senza possibilità di replica, perché se anche avessi risuonato lo stesso spartito, i miei ascoltatori avrebbero percepito qualcosa di totalmente diverso.

Vidi tra la folla alcuni volti ormai ben noti, appartenenti a un gruppo di fedelissimi che ci seguiva ovunque, non erano mai mancati a un nostro concerto. Poi le inconfondibili grupie di Luke, che già si sbracciavano e agitavano per farsi notare, incuranti del fatto che lui avesse appena baciato me. C'era anche qualche youtuber, non era insolito vederne uno. Per alcuni era impossibile seguirci ovunque, quindi le star di youtube assistevano al nostro evento più vicino a loro e ne parlavano in un apposito video, con tanto di spezzoni, accurate descrizioni e commenti. A volte avevano anche provato a intervistarci alla fine dell'esibizione.

Tutti loro accolsero le parole di Joan con grande entusiasmo, il club era già tutto in fibrillazione, non stavano nella pelle all'idea di ascoltarci.

I ragazzi iniziarono a suonare e io attesi il mio ingresso, restandomene ferma in posizione, assumendo una posa che i più avrebbero considerato quanto meno scomoda ma che a me veniva naturale, anche grazie ai lunghi anni di danza classica a cui i miei nonni mi avevano sottoposta durante l'infanzia e l'adolescenza.

Chiusi gli occhi e attesi il mio momento, con per la mente solo e unicamente Luke, da quella fatidica sera in cui mi aveva riaccompagnata a casa in moto, alle notti passate sul mio divano, alla sera dell'osservatorio, al nostro primo vero bacio da parte di entrambi, alla notte che avevamo passato insieme.

Le mie emozioni partirono dal petto e si irradiarono in tutto il mio corpo fino alle gambe che saltarono iniziando a ballare e all'archetto da cui si sprigionò la mia magia, che investì come un vortice sia chi ci ascoltava che i miei stessi compagni.

Li stavo travolgendo con amore, speranza e pura gioia, non ricordavo un momento in cui fossi stata più felice e speravo che questa consapevolezza aiutasse il cuore di Mark a sciogliersi e ad accettare la mia relazione con Luke.

Il pubblico era in delirio ed era solo la prima canzone, che terminai con una piroetta e un inchino a loro, facendo cenno ai ragazzi di attaccare subito con la seconda, ero in fibrillazione, mi sentivo carica come non mai.

Facemmo un paio di canzoni praticamente tutte d'un fiato ma durante la quarta sbagliai una nota, stonai e la musica cambiò completamente: all'amore e alla gioia si sostituirono l'ansia e l'inquietudine legate all'entrata nel locale di un tenebroso tipo dagli occhi grigi.

Entrò senza degnarci di uno sguardo, come se facessimo parte dell'arredamento, come se non stessimo lì a far musica dal vivo, come se non ci fosse una folla urlante. Si avvicinò al bancone e si sedette sporgendosi appena verso il bartender per dirgli qualcosa. Rimase tutto il resto della canzone con lo sguardo fisso davanti a sé, ad attendere che gli venisse portato il suo ordine, come se in quel momento fosse l'unica cosa che contasse.

Gli venne passato un bicchiere di vetro contenente un liquido ambrato che centellinò assaporandone ogni sorso prima di chiederne un altro.

Eravamo ormai alla quinta agitata canzone e lui non sembrava ancora essersi accorto della mia presenza, non sapevo se essere sollevata o infastidita dal suo atteggiamento e ovviamente la mia musica parlò per me, tant'è che lui sembrò finalmente riscuotersi e voltarsi verso di noi per lanciarci una breve occhiata, salvo poi tornare a voltarsi e a concentrarsi sulla sua bibita.

Quello sguardo era durato solo un attimo, ma, in quel secondo in cui i suoi occhi avevano incontrato i miei, la mia sensazione di disagio era aumentata esponenzialmente. Fu allora che sbagliai un'altra nota, fortunatamente minimizzata e coperta dalle urla delle fan di Luke e dei miei ammiratori.

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