Agosto 1669 pt. 4

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Il giorno dopo Ottavio la condusse con sé nel salone e lì la aiutò a conversare con qualche dama altolocata, la mise in mostra come una regina, ma con la discrezione del marito geloso. La guardava prendere confidenza con persone prima sconosciute e trovava che fosse perfettamente all'altezza del suo ruolo. Scopriva in lei una nuova Galatea, come se fino a quel momento non avesse conosciuto che uno spicchio della sua anima. Lei, da parte sua, si destreggiava tra un argomento di discussione e l'altro, dimostrando di intendersi a sufficienza di musica e di arte, nonché di letteratura. Non passò molto tempo che attorno a Galatea si strinse un gruppo di nobildonne attratte dalla sua giovinezza come le falene dalla fiamma di una candela. In pochi giorni, la nuova duchessina, fino ad allora lasciata in disparte, riempì di sé il vuoto lasciato dall'anziana duchessa e dalla cognata in lutto. Tutto ciò non poteva non entusiasmarla e per la prima volta Galatea cominciò ad ignorare il desiderio di partire. Ottavio indagava con i suoi mezzi di diplomazia e dissimulazione, mentre sua moglie raccoglieva l'approvazione generalizzata della nobiltà. Nel giro di una settimana, Galatea aveva assunto il ruolo che si confà alla duchessa, disponeva l'organizzazione di eventi informali, temperava l'esuberanza degli artisti imponendo la sobrietà dovuta al recente lutto e manovrava sapientemente l'opinione della corte. Era appena agli inizi, eppure la sua personalità si imponeva già come dominante negli ambiti che più le interessavano. Non rinunciò ai suoi momenti di intimità con il marito, che spesso, senza che lei se ne accorgesse, la guardava da lontano con un'espressione appagata e orgogliosa.

Il duca era intento a preparare la cerimonia di insediamento e l'aria vibrava di aspettative e di attesa. Tutti ne avvertivano gli effetti, tutti sembravano avere idee, progetti, piani per il futuro. D'altronde, Antonio era un uomo adulto e avrebbe avuto più spazio di manovra senza l'appellativo di reggente, che lo costringeva a dividere il potere con la cognata.

Agosto era tornato caldo e, via via che si avvicinava la festa dell'Assunzione di Maria Vergine, le temperature salivano e salivano. Ma era impossibile muoversi, spostarsi altrove: il ducato e la politica richiedevano azione anche in un momento dove il sole picchiava duro sulle teste e l'afa toglieva il respiro. Ognuno prese le sue precauzioni: passeggiate all'imbrunire, tanta frutta e fazzoletti inumiditi sempre a portata di mano.

Nelle ore più calde ci si ritirava nelle stanze più riparate, si dormiva o si leggeva. E questo facevano Ottavio e Galatea, ed era uno dei pochi momenti che riuscivano a passare insieme. Anche il giorno dopo Ferragosto si ritrovarono dopo pranzo, congedando gli sciami di servitù che ultimamente erano passati al loro servizio. Rimasero soli, finalmente soli; si sorrisero.

«Ti sta molto bene quel vestito» disse Ottavio, guardandola intensamente. Non aveva avuto modo di complimentarsi prima. Le tese la mano e la fece roteare su se stessa, per ammirarla meglio.

«Manca qualcosa, però» osservò in un secondo momento, corrugando un poco la fronte. Galatea, mortificata, si controllò: controllò i fiocchi, le perle, poi si portò davanti allo specchio e sistemò l'acconciatura. Il tutto senza capire a cosa si stesse riferendo lui e perché continuasse a fissarla ostinatamente.

«Siediti, Tea» ordinò con tono dolce indicandole una poltroncina del salotto. Camminarono insieme, fianco a fianco, poi Galatea sedette e lui si spostò dietro lo schienale.

«Chiudi gli occhi» ordinò ancora, e lei obbedì. Avvertì la sensazione di un contatto freddo sul petto, poi sulle spalle e infine sul collo. Alzò una mano e toccò la superficie liscia di una perla. Allora si volse, contravvenendo all'ordine, e trovò Ottavio che armeggiava con la chiusura della collana.

«Sei così buffo!» disse, trattenendo una risata. Ottavio arrossì e, con un gesto un po' brusco, riuscì infine nell'intento di serrare la chiusura. Galatea corse a guardarsi allo specchio, scoppiando di gioia. Ogni movimento emanava commozione e felicità. Ottavio invece se ne rimase dov'era a contemplarla da lontano. Galatea allora tornò indietro, gli prese una mano e la baciò, quindi, nell'eccitazione, lo abbracciò stretto, ripetendogli all'infinito che l'aveva resa la moglie più felice del mondo.

«Sono stato scortese a non regalarti nulla fino ad ora» si scusò lui, esitando a ricambiare l'abbraccio con lo stesso trasporto.

«Giuro che non me la toglierò più! - ribatté lei, al settimo cielo - Non vedo l'ora di farla vedere a Bice, e a Caterina e...»

Non si accorse di essersi messa a ballare. Eppure non sapeva perché una semplice collana, per quanto bella e preziosa, risvegliasse in lei quei sentimenti così forti.

*

Uscì sfoggiando il nuovo gioiello come una corona e le donne della sua compagnia la notarono in un batter d'occhio. Presero ad adularla, a corteggiarla, insomma a sciogliere complimenti su complimenti.

«Un dono del genere non può non accompagnare una bella notizia, Vostra Altezza!» diceva una.

«Dite, Altezza, è in arrivo un bimbo?»

E interrogazioni simili la sommersero, lasciandola sospesa, senza parole. Negava, ma per quanto negasse qualcuna avanzava un commento salato, un'altra le lanciava un'occhiata di complicità, un'altra le accarezzava già la pancia. D'un tratto si pentì di aver presentato un regalo così vistoso a persone che non erano in grado di apprezzarlo per la sua gratuità. Perché dovevano dar contro a lei? Avrebbe ben saputo, lei, di aspettare un bambino, e sarebbe stata la prima a farlo sapere in ogni modo a ogni anima del palazzo. Se lei negava, perché ostinarsi a vedere in quella collana ciò che essa non significava?

Si sottrasse alla loro compagnia con un pretesto e si diresse da sola verso un'ala meno frequentata del palazzo. Anche lì si apriva un giardinetto, ma pochi vi andavano per via delle sue ridotte dimensioni. Era stato, un tempo, il giardino favorito di un sovrano che vi aveva fatto piantare tutte le tipologie di rose conosciute: c'era ancora qualche fiore appassito dal caldo, ma in quel momento il palazzo proiettava la propria ombra su buona parte dei sentieri e Galatea vi si inoltrò senza pensarci, accomodandosi su una panchina ai piedi di un salice. Solo allora si accorse che qualcuno l'aveva seguita.

«Buongiorno, Vostra Altezza» salutò il principe Ferdinando, inchinandosi pomposamente. Galatea gli sorrise, per la verità un poco imbarazzata. Non aggiunse altro e sperò che lui volesse solo essere gentile per poi allontanarsi e lasciarla in pace. Invece, il principe mosse qualche passo sulla ghiaia dando occhiate in giro, come a far intendere che il suo primo desiderio fosse una passeggiata proprio lì e, solo in un secondo momento, si fosse avveduto della presenza di lei. Ma Galatea intuiva senza fatica che era tutto calcolato, tutta finzione.

«Questo giardino è molto bello, non trovate anche voi? Quando qualcuno vuole stare da solo, è qui che viene» commentò il principe, avvicinandosi ancora.

"Appunto!" pensò Galatea storcendo il naso e non rispose. Non trovava la forza di parlargli direttamente, non l'aveva mai fatto e non intendeva farlo in quel momento. Lui si avvicinò ancora.

«Avete al collo un bel gioiello, vedo. Dono di mio nipote, suppongo» indicò. Era ormai a due o tre passi di distanza da lei e la guardava dall'alto della sua statura come avrebbe guardato un cagnolino.

«Sì, Vostra Eccellenza - rispose, non potendo ignorare quanto le aveva detto - Me l'ha regalato poco fa»

Il principe mosse ancora un passo; Galatea lo sentiva incombere su di sé e ne traeva una spiacevole sensazione di pericolo.

«Molto bello, vostro marito ha buon gusto. E lo ha dimostrato in tante occasioni, credetemi; salvo poi dimostrare anche l'incapacità di godersi le sue conquiste» considerò Ferdinando, passandosi una mano sul risvolto della giacca. Galatea non volle capire a cosa si riferisse, ma non trovò più la forza di rimanere seduta.

Quando la vide alzarsi, il principe riprese a parlare: «C'è già chi parla di una gravidanza a palazzo. Ma voi e io sappiamo che si tratta di una faccenda ben diversa»

«Perdonatemi?»

«Sono tanti i mariti che accontentano le loro mogli con i gioielli, quando non possono accontentarle in un altro modo»

Galatea spalancò gli occhi; le sue labbra tremarono di stizza, mentre il respiro si spezzava dalla sorpresa: «Come osate dire simili cose?» balbettò furente, i pugni stretti e le braccia stese lungo i fianchi.

«Sappiamo entrambi come stanno queste "cose" - ribatté - E mi ritengo fortunato ad avere l'occasione di parlare con voi di persona, senza testimoni»

Galatea ebbe un moto di ribellione e fece per incamminarsi verso l'interno, ma lui si frappose tra lei e la sua meta.

«Lasciatemi passare» sibilò.

«Non fate finta che non vi interessi quello che vi sto dicendo - proseguì lui - A ogni donna spiace avere per compagno un inetto come lui»

Galatea si sentì arrossire ancora di più: «Non dovete permettervi di insinuare come io mi debba sentire verso mio marito!»

Ferdinando sorrise malignamente: «Ve lo ripeto: lasciate perdere quel ragazzo. Da un matrimonio con un pretino non ricaverete nulla oltre a frustrazione e dispiacere. Non sarà mai in grado di essere un buon marito»

Galatea ascoltava le sue parole soffrendo a dismisura: Ottavio non meritava di essere dipinto in quel modo; e lei sapeva bene che il suo temperamento mite e riflessivo non era l'unica peculiarità del loro matrimonio, e nemmeno quella più invalidante. D'altro canto, lei stessa respingeva l'idea di un'intimità con lui, e l'aveva fermamente chiarito poco tempo prima. Ragion per cui il discorso di Ferdinando non aveva nulla di convincente, ma le faceva molto male.

«Pensateci - rincarò il principe, vedendo che lei non reagiva - Il vostro matrimonio può ancora essere dichiarato nullo; e il modo in cui l'avete contratto è tanto in odio alle autorità ecclesiastiche che, credo, non vedano l'ora di poterlo sciogliere. Se solo insinuassi il dubbio, state certa che mio nipote Antonio non esiterà a darmi ascolto»

«Cosa credete che potrebbe spingermi ad assecondarvi?»

Ferdinando le sorrise: «La sete di potere, da un lato, e il desiderio di un marito vero, dall'altro»

«Ottavio basta per tutt'e due»

«Non penserete che vi creda! - rise - Per quanto riguarda il potere, forse sì, lui è un gradino sopra di me nella successione; ma per tutto il resto è molto in difetto sia per la sua età, sia per la sua educazione, sia per la sua poca esperienza»

Galatea si sentì avvampare di vergogna, tanto che si tamponò la guancia con la mano, che era gelida. Ferdinando approfittò di quel movimento per afferrarle il polso e avvicinarla ulteriormente a sé; con l'altro braccio le cinse la vita e, mentre lei si divincolava, bisbigliò: «Non aspettate che accada qualcosa di brutto, Altezza...»

Un rumore dal palazzo li fece sobbalzare: era Ottavio che, non vedendola più in giro nei saloni, né nei giardini, si era messo a cercarla. Li vide, e la sua prima reazione accese i suoi occhi di impeto aggressivo; poi domò il primo istinto con un profondo respiro e scese composto i due gradini che conducevano alla ghiaia. Quindi continuò ad avvicinarsi, finché non fu faccia a faccia con Ferdinando.

«Buongiorno, zio» disse tra i denti. Galatea si era divincolata subito da lui, ma Ottavio li aveva visti; per cui il suo sguardo si spostò in fretta su di lei in modo molto ambiguo. Allora lei si sentì di nuovo forte, di nuovo in grado di affrontare l'avversario.

«Non so chi siano i vostri informatori, Eccellenza, ma questa collana significa la cosa più semplice: benché io non aspetti un bambino ora, potrei aspettarlo molto presto» disse con un gran sorriso. Il principe sbiancò e tutto il suo volto si irrigidì. Ottavio invece non proferì neanche una parola, né lasciò trapelare in nessun modo il proprio sbigottimento. Si affidò a lei e alla sua arguzia, in attesa di sapere cosa la giustificasse.

«Prego» sussurrò, porgendole il braccio. Poi un ultimo sguardo trionfante rivolto allo sconfitto, e via, entrambi, a braccetto, risalirono i due gradini e si mostrarono al turbine di cortigiani che, per un momento, li avevano persi di vista.

*

Ottavio chiuse forte la porta e lo schianto riempì di paura la mente di Galatea. Non l'aveva mai visto così arrabbiato e solo allora aveva percepito il sospetto che nutriva nei suoi confronti. D'altronde erano molto vicini, lei e lo zio. Cosa si fossero detti prima, Ottavio non poteva saperlo. Ad Ottavio, in fondo, bastava averli trovati insieme e soli e stretti l'uno all'altra.

«Io mi fidavo di te» sibilò guardandola torvo. Galatea rabbrividì. Sedeva sul letto e si rigirava tra le dita un lembo del vestito, il vestito che lui aveva apprezzato così tanto poco prima.

«Non è come credi». Frase piuttosto scontata e prevedibile, che si pentì subito di aver detto. Gli occhi di Ottavio ebbero un guizzo di rabbia e le sue labbra fremettero. Anche Galatea si morse il labbro.

«Cosa facevi sola con lui?» indagò il duchino, tenendo le mani dietro la schiena. Galatea non trovò subito le parole giuste, poi, vedendo che l'attesa lo scocciava ancora di più, si decise a parlare, e la sua voce uscì mansueta ma risentita: «Tentavo di non farmi sedurre, ecco cosa facevo. - cominciò senza guardarlo, ma a quel punto lo cercò e lo trovò attento - Mi ha detto che in qualsiasi momento potrebbe insinuare in Antonio il dubbio della legittimità del nostro matrimonio. Ha detto che sarà cosa facile farlo sciogliere e che allora io sposerò lui, perché lui è un uomo maturo al tuo confronto e sarà un marito migliore per me»

Osservò come il suo sguardo si desolasse man mano che le sue parole lo ferivano direttamente nel cuore. Il sospetto era ancora lì, annidato nelle sue pupille, ma d'altro canto lo zio gli era apparso ambiguo fin dalle prime conversazioni. La fissò anche dopo che ebbe terminato la propria difesa, la fissò mentre si chiudeva tra le spalle in atteggiamento protettivo.

«Perché quella bugia?» domandò con un filo di voce.

«Perché era convinto che la collana fosse un tuo dono di scuse per l'incapacità di essere un buon marito. Volevo fargli cambiare idea e, in sostanza, minacciarlo» confessò.

«Ah, Tea! - sospirò Ottavio lasciando cadere ogni dubbio riguardo a lei - Ti chiedo perdono, ero accecato dalla gelosia...»

Galatea, da parte sua, smise l'espressione ostile per una compassionevole e si alzò rasserenata: «Se provi gelosia per me, vuol dire che un po' mi vuoi bene...» constatò.

Ottavio si avvicinò, le prese le mani e gliele baciò, non con l'entusiasmo di lei nel primo pomeriggio, ma con la venerazione di un devoto che bacia una reliquia. Poi la guardò, ancora chino, e lei ricambiò il suo sguardo benignamente.

«Una piccola bugia, in fondo... Una bella bugia...» sussurrò, e nel suo tono c'era un che di amaro. Ma Galatea lo ignorò volutamente e gli accarezzò la guancia quando si fu rialzato.

«Tuo zio non capisce niente» disse, come fosse un segreto tra loro due. Ottavio rise di cuore.

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