Autunno 1660 pt. 2

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«Lo fa perché altrimenti lei le urlerebbe contro» spiegò Caterina che, essendo la figlia di un importante funzionario e di una cugina di quinto grado del duca per parte di madre aveva più possibilità delle altre di raccogliere informazioni. Radunate attorno al caminetto che la sera veniva acceso per riscaldare le camere da letto in vista della notte, sole, le bambine non avevano timore di scambiarsi i loro pareri sulla giornata. E quella era stata una giornata veramente diversa dalle precedenti.

Caterina aveva addosso l'attenzione delle altre cinque damigelle e la sensazione era così piacevole che aspettava sempre un po' di più a continuare, così da farsi pregare dalle compagne.

«Non sapete – disse accogliendo le loro richieste – che quest'estate ha rifiutato un bellissimo cavallo perché il colore non si intonava a quello dei suoi capelli?»

Un mormorio di disapprovazione si sollevò alle sue parole, e Caterina socchiuse gli occhi per gustarsi l'aura di fonte autorevole che si stava cucendo addosso con quelle pillole di storia, che in realtà non erano altro che pettegolezzi, e in quanto tali erano per lo più esagerazioni di noccioli veri ma in sé insignificanti.

«Un'altra volta – rincarò – E' stata capace di rimandare indietro le frittelle di Donna Pappa perché secondo lei aveva usato un miele troppo dolce»

Questa era pura invenzione, ma solo Caterina lo sapeva. Le altre bambine trattennero il fiato a sentire una tale eresia. Impossibile rifiutare le frittelle di Donna Pappa: nessuno sarebbe potuto arrivare a tanto.

Caterina, in effetti, agiva in buona fede, inconsapevole di compiere un grave torto contro la duchessina. Raccontava per il gusto di essere ascoltata; allo stesso modo avrebbe raccontato la storia dei Cavalieri della Tavola Rotonda, ma l'avrebbe trovata meno divertente poiché già ben nota a tutte quante, per cui le rimaneva poca sostanza da manipolare. Nella sua testa, Eleonora era un personaggio di corte così lontano da non doversi tenere in conto. Duchessina, sì, ma era la quinta figlia del duca, non la prima, né la seconda. L'esperienza di corte le aveva già insegnato che le figlie femmine avevano poco da alzare la voce, quando fossero arrivate dopo una serie di figli maschi, come era il caso, appunto, di Eleonora. Non la temeva e inoltre credeva di rispettarla semplicemente inchinandosi e sorridendole. Nulla di più le era mai stato richiesto nei suoi confronti e i suoi genitori avevano mancato di impartirle le nozioni basilari di comportamento.

Galatea, da parte sua, non aveva in partenza unritratto positivo di Eleonora nella propria testa. Detestava essere additatacome diversa e solo la soggezione di fronte alla duchessina estranea l'avevatrattenuta dal ribattere a quell'atteggiamento offensivo come avrebbe fatto neiconfronti di quasi la totalità degli abitanti della corte. Le insinuazioni diCaterina non fecero che rafforzare in lei un istintivo fastidio. Quando andò adormire, quella sera, pregò tanto che Eleonora si stancasse di loro e smettessedi andarle a trovare. 

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