Febbraio 1669 pt. 3

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Galatea si proiettò all'indietro, contro lo schienale della poltroncina, incredula come lui aveva previsto poco prima: in tutta la sua vita mai, mai si sarebbe aspettata di incappare in un simile impiccio. Benché Fortuna avesse provato a farglielo intuire, la fanciulla aveva potuto concepire solo l'idea che a volerla sposare fosse Antonio, il figlio maggiore, il figlio celibe. Per cui, scoperta in un attimo la realtà delle cose, le mancò la prontezza di ribattere, le si ghiacciò il sangue e si fermò il cuore.

«Voi... Io...» farfugliò.

«Come osa questo chierichetto! - attaccò Discordia, aggrappandosi con le unghie appuntite al suo lobo sinistro - Rispondigli per le rime! Devi far sì che se ne vada, e subito! Quale vergogna!»

Galatea distolse lo sguardo, misurò le parole e sussurrò: «Non posso assecondare le vostre richieste; e vi chiedo per favore di andarvene immediatamente. Non voglio ascoltare un'altra sola parola da voi». Nonostante gli sforzi, la sua voce tradiva l'emozione.

Ottavio si inginocchiò davanti a lei, le prese delicatamente la mano, cercando i suoi occhi; Discordia allora le morse l'orecchio e Galatea si ritrasse di scatto.

«Lasciatemi! - disse tagliente - Ho detto che non asseconderò i vostri desideri»

Ottavio, per nulla disposto ad arrendersi, si rialzò: «Non ho intenzione di cedere - ribatté a quel punto - Non prima di avervi messa al corrente di ciò che non sapete»

Galatea, amaramente stupita, con Discordia che la aizzava, rispose a tono: «Non crediate di potermi sedurre!» Con movimento brusco voltò il viso contro le fiamme e Discordia, che proprio allora aveva allentato la presa al suo orecchio, perse l'appiglio e ruzzolò a terra; Galatea, che fino a quel momento si era sentita animata da un fuoco ruggente come quello che ardeva davanti a lei, cominciò a sconfortarsi, di colpo si sentì debole e si lasciò scivolare contro lo schienale della poltroncina.

«Se mio fratello fosse vivo, io oggi non sarei qui; ma egli è stato barbaramente ucciso da un folle e quando ne fui informato non credetti a ciò che udivo dire. Nelle condizioni in cui si trova la mia famiglia, mio padre non ha potuto fare altro che chiamarmi vicino a sé. Anch'io all'inizio pensavo fosse per ragioni intime, della sua anima ferita. E su questo piano si mantennero i nostri discorsi nei primi giorni: consolazione, accettazione, preghiera. Nulla di più era richiesto da me. Poi, un mattino, mio padre non volle sentir parlare di Passione, né di pentimento né di redenzione. Aveva negli occhi la sua vecchia fiamma di sovrano e non gli ci volle molto tempo a chiarire il motivo della mia presenza a palazzo: dovevo prendere il ruolo di mio fratello ucciso. Mio padre ama Antonio con tutto se stesso, apprezza i suoi pregi e rimprovera le sue mancanze. C'è però una mancanza che non richiede rimproveri, ma compassione: e sapete bene di cosa sto parlando, dato che vivete a corte da anni. Mio fratello potrà un giorno non lontano aspirare al titolo in quanto figlio di un duca; ma non potrà mai assicurare la propria discendenza. Ed io sono l'ultimo discendente legittimo sopravvissuto»

Galatea ascoltava attentamente le sue spiegazioni, avvertendo sempre più la fatalità incombere su di sé; anche allora, mentre parlava, evitava di guardarlo e rimaneva accasciata sulla poltroncina con lo sguardo perso nelle fiamme del camino.

«Io sono suddiacono, ma mio padre ha preso una decisione per me ancor prima di mettermene a parte: il giorno in cui sono arrivato a palazzo, la lettera per il papa aveva già preso la strada di Roma. Se dovrò sposarmi, potrò farlo solo quando sarò libero dai miei doveri e dai miei impedimenti. Sono qui proprio a chiedervi di meditare sulla mia proposta e di interrogarmi, se volete, più a fondo»

Le sue ultime parole spinsero Galatea a tornare su di lui: lo guardò a lungo, assaporando il crepitio del fuoco che rompeva il loro silenzio.

«Perché avete scelto me?» sussurrò, senza usare perifrasi.

Ottavio sospirò, già sollevato all'udire la sua voce: «Per molti motivi: ho ritenuto necessario privilegiare voi in nome delle vostre origini non nobili; vedo che ne siete stupita, ma vi chiarirò subito le mie ragioni. Qualsiasi fanciulla nobile a corte, anche la meno in vista, avrebbe alle spalle una fazione e davanti a sé altre fazioni rivali. Con un matrimonio di corte non potrei evitare di attirarmi l'odio di chi si sentirà rifiutato; scegliendo voi, che non appartenete a famiglie di un qualche rilievo nella corte di oggi, corro solo il rischio di inimicarmi tutte le fazioni insieme e allo stesso tempo mi prendo il vantaggio di potermi rapportare con ognuna di esse a mano libera. Ad ora, infatti, è ancora ignota l'identità di chi ha voluto uccidere mio fratello»

«Perdonate, ma come potete dire di correre un rischio e insieme di avere la mano libera?»

«Se mi toglierò dall'agone delle fazioni scegliendo voi, che ne siete fuori, mi sarà più facile capire chi ha voluto indebolire la successione: vedete, una fanciulla nobile, come ho detto, mi proietterebbe nella rete della propria fazione, sia che sia quella che ha ucciso Luigi, sia che sia una contraria ad Antonio: a quel punto potrei trovarmi implicato in un'alleanza a me sfavorevole. Sposando voi, presto verrà alla luce la fazione cui la situazione sarà contraria, che con buona probabilità non è la stessa che si è macchiata dell'omicidio di Luigi»

«Avreste fatto meglio, allora, a scegliere una nobildonna straniera. Io qualche debole appoggio a corte ce l'ho»

Ottavio annuì: «Avete ragione: questo è il volere del duca, e non vi nascondo che da giorni, ormai, progetta la mia unione con una francese o una spagnola o un'italiana. Io, però, penso che se in questa corte dovesse scatenarsi una congiuntura sfavorevole, una moglie forestiera si troverebbe più impicciata di me, prigioniera dell'ignoranza della lingua e delle fazioni. Voi, invece, siete ormai esperta di questo ambiente»

Galatea si sentì ancora più angustiata: «Quindi - bisbigliò - voi agite senza il consenso di Sua Grazia? Ma... cosa accadrebbe se... Se Sua Grazia...»

«State tranquilla. Conosco mio padre e mio padre conosce me: gli ho parlato dei miei dubbi e lui ha cercato di ribaltarli secondo la sua visione, ma credo che sappia di non esserci riuscito. Ho come l'impressione che si aspetti un mio colpo di mano e d'altronde non mi biasima per questo. Qualsiasi cosa dovessi fare, confido nella sua approvazione. Per questo dobbiamo agire in fretta: ci serve la sua approvazione...» disse il duchino.

«Vi prego, Vostra Altezza - ribatté, giungendo le mani - Non fate di me una moglie segreta... Il mio futuro si porta appresso quello della mia famiglia... Un passo falso e li precipiterei nell'abisso... E...»

Ottavio intervenne solo quando capì che, volente o no, lei non avrebbe potuto continuare: «Il duca non vi abbandonerà e tanto meno lo farò io»

«Ma mio padre...»

«Vi capisco» bisbigliò, come se stesse esalando l'ultimo respiro.

Galatea sospirò a propria volta per rompere il ritmo serrato dei suoi respiri.

«Non vi taccio - continuò Ottavio con voce più placida, tornando a sedersi - che nei miei colloqui con padre Saverio ho avuto modo di conoscere l'opinione che ha di voi. Essere ammirati da una persona come lui non è cosa facile, lasciate che lo dica. Voi avete la sua ammirazione; e avete pure l'affetto di donna Pappa. E mi hanno riferito che anche Provo, con cui non ho avuto ancora occasione di parlare di voi, nutre ammirazione per la vostra arguzia. Ora, Galatea, io ho cercato di parlare al vostro intelletto, perché non mi hanno insegnato come si parla al cuore di una fanciulla. Spero possiate gradire questo omaggio, che è l'unico che vi posso offrire»

Galatea sorrise mestamente: «Non mi dispiace, questo vostro omaggio» ammise. Quando decise di dedicargli un altro sguardo, magari meno prevenuto dei precedenti, si accorse che il duchino aveva gli occhi lucidi e l'aria abbattuta.

«Dovete soffrire molto per quello che sta accadendo» sussurrò, quasi non volesse essere udita.

Ottavio deglutì prima di rispondere: «Ogni giorno le condizioni di mio padre peggiorano; i medici dicono che arriverà a stento alla Pasqua. Mio fratello maggiore è stato ucciso in modo vigliacco da un sicario prezzolato; e l'altro mio fratello, che spero non sia coinvolto nella congiura, è tanto inadeguato a ricevere il titolo! Mia madre, poi, è impazzita dal dolore, e le mie sorelle sono lontane, sposate, fidanzate o trasferite in un luogo segreto e sicuro. Non ho nessuno, Galatea»

Da terra, Discordia pensò di poter cogliere l'ultima occasione propizia e rincarò la dose di veleno: «Guarda! Finge persino di piangere! Vuole ingannarti, non cascare nella sua trappola!»

«Finché manterrò la mia veste di suddiacono, nessuno mi vedrà veramente come un pretendente al trono; la mia prossima mossa sarà prevedibile. Perciò dovremo sposarci non appena avrò la dispensa e solo in forma privata, senza festeggiamenti» disse Ottavio, tornando al discorso precedente con viso serio e contratto.

Galatea scosse il capo: «Ma come troverete gli alleati che cercate?»

Ottavio esitò: «Il nostro matrimonio sarà il lume che dissolverà le ombre. Fino a che sarà padrona l'oscurità, amici e nemici saranno facili da confondere. Ma non voglio che ve ne preoccupiate. Dal momento in cui ci sposeremo, dovremo proteggerci l'un l'altro: per prima cosa, mi riservo di avere alcuni segreti. Fidatevi di me, tutto ciò che potrò dirvi ve lo dirò: quello che non voglio dirvi, non intestarditevi a saperlo»

Galatea, mossa più da curiosità che da altro, si alzò, accantonò con il piede la figurina di Discordia che, ridotta ormai alle dimensioni di un coleottero, si dimenava ancora per terra e si avvicinò timidamente al duchino, che si alzò a propria volta.

«Mi sembra di capire, allora, che per il momento non possiate dirmi nulla di più...»

Rimasero in silenzio a fissarsi ancora per qualche istante, poi il duchino tese una mano a Galatea che, vincendo le ultime titubanze, tese la propria. Fu una stretta di mano come tra persone di pari rango e importanza, come tra due uomini che sottoscrivono un patto; non era affatto uno scambio di cortesie o un corteggiamento. Agivano per altri motivi. Ciò nonostante, la damigella provò un certo sollievo nel porre fine alla discussione, senza reprimere del tutto l'inquietudine.

Il duchino diede un'ultima occhiata alla sua mano destra mentre la stringeva ancora; notò l'anello di fidanzamento calzato al dito e, prendendolo delicatamente, cominciò a sfilarglielo senza che lei si opponesse: «Temo di dovervi privare di questo... Servirà per la misura della fede...» si giustificò alla fine, chiudendolo nel pugno. Lei annuì sconsolata, riflettendo su quanto fosse sopra le righe il loro strano fidanzamento.

«Tenetevi pronta - disse ancora lui prima di congedarsi definitivamente - Non appena arriverà la dispensa, noi ci sposeremo. E intendo dire quel giorno stesso»

Galatea annuì e lui, soddisfatto, uscì salutandola.

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