Febbraio 1670 **

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Le cose non sarebbero potute andare meglio: per questo Ottavio si perdeva spesso nei pensieri più teneri e segreti, indagando le sfumature della nuova passione che incendiava il suo cuore al solo vedere Galatea. Talvolta faticava a riconoscersi per via di quel trasporto prettamente istintivo e immediato che soverchiava tutto il resto e lo spingeva ad appartarsi con lei, che d'altro canto non lo rifiutava mai. Che fosse nei giardini o nel refettorio o nella piccola cappella, lui riusciva sempre a trovarla: qualche volta era rimasto a guardarla da lontano, senza andare oltre un timido cenno di saluto; in altre occasioni si era avvicinato educatamente e l'aveva accompagnata a passeggiare in un lungo ma prevedibile tragitto verso la camera da letto; raramente, infine, l'aveva presa di sorpresa sotto braccio e condotta direttamente là, nel loro nido d'amore da cui tutto il mondo restava inesorabilmente fuori. Lei era premurosa e accondiscendente, non per debolezza di carattere, quanto per il dirompente sentimento che la univa a lui. Ed era un sentimento niente affatto passivo né discreto: era capitato che fosse lei a cercarlo, soprattutto la sera, quando la raggiungeva che era già sotto le pesanti coperte.

Ma è consuetudine che, nel bel mezzo di periodi come questo, intervengano incidenti, contrattempi, quando non vere e proprie disgrazie: e Ottavio dovette averne conferma sulla propria pelle attraverso una lettera che gli venne recapitata a febbraio, per coincidenza, in uno di quei frangenti in cui la sua mente gli offriva ampi ricordi della piacevole notte precedente. Un converso l'aveva affiancato e, vedendolo distratto, gli aveva picchiettato un dito sulla spalla; ottenuta l'attenzione del duchino, gli aveva porto un piccolo involto di carta, un foglio piegato più volte e saldamente chiuso da una spessa goccia di ceralacca. Il viso del giovane si era rabbuiato nel sospetto che quella missiva intendesse, appunto, guastargli una circostanza così gradita. Si cercò un cantuccio ritirato, difficilmente raggiungibile, in cui potesse leggere e pensare indisturbato.

Il messaggio ricevuto, come aveva temuto, si era rivelato inaccettabile e, per questo, lo aveva turbato molto; dopo aver riflettuto a lungo senza giungere a una conclusione sufficientemente salda, Ottavio aveva avvertito pressante il bisogno di chiudersi nella cappella a pregare, nella speranza di ottenere il consiglio miracoloso della Vergine stellata; si era incamminato a passo spedito avvolto nel mantello invernale, aveva attraversato i chiostri, i corridoi, senza lasciarsi distrarre da nulla. Avanzava, figura scura e inquietante, incurante delle dita che lo indicavano e dei bisbigli che lo inseguivano. Sembrava che l'inchiostro della lettera avesse riempito i suoi occhi e le sue orecchie, rendendolo cieco e sordo; ma la realtà era più semplice. Lo zio cardinale gli aveva riferito della corte, dei pericoli che si preparavano contro di lui, e lo aveva pregato, sì, pregato. Il suo cuore, però, rifiutava quel genere di preghiere.

Il fato, però, volle che lungo la strada si trovasse a passare accanto alla porta della spezieria. Il monaco speziale stava trafficando con alcuni barattoli e il rumore attirò la sua attenzione e, quasi per magia, le preoccupazioni rimasero chiuse in un angolo della sua mente, schiacciate dalla curiosità. Il duchino entrò salendo i due gradini di legno dell'ingresso, che scricchiolarono, avvisando il monaco del suo arrivo. Il vecchio alzò il viso sfoggiando un sorriso benevolo, per poi chinarsi di nuovo sul banco di lavoro senza dire una parola. Ottavio si era intanto accostato rispettosamente, standosene zitto ad osservare le dita esperte mentre sceglievano la giusta quantità di polvere o di foglie senza l'uso di bilancini e pesi. Un alambicco aspettava di essere riempito e messo sul fuoco.

«Cosa preparate?» domandò quando il monaco cominciò a riporre i barattoli sugli scaffali. Quello, con naturalezza, rispose: «La medicina per il signor priore che soffre un po' di stomaco»

Ottavio annuì e gli si appressò, scorrendo con gli occhi attenti le etichette più leggibili. Si spaziava dalle spezie culinarie fino a erbe profumate, a fiori essiccati, a bacche rinsecchite o conservate sotto spirito. Di tanto in tanto lo speziale, intuendo dove la sua curiosità si facesse più accesa, dava brevi spiegazioni dell'uso di un frutto o di una foglia o delle diverse parti di una certa pianta. Ottavio taceva, incamerando nella mente più informazioni possibili.

Solo una volta si azzardò a puntare un dito e lo rivolse a un barattolo la cui etichetta era sbiadita e illeggibile.

«Belladonna, Vostra Altezza» rispose puntuale il monaco, quasi senza il bisogno di alzare gli occhi.

Ottavio pensò subito che quel nome gli fosse familiare; il modo in cui il monaco aveva parlato non fece che insospettirlo di più.

«Posso?» chiese ancora, sperando di non risultare noioso.

«Fate pure, Altezza. Venite – lo incalzò lo speziale – Poggiate qui il barattolo»

Una volta al banco, il monaco sollevò il coperchio rivelando il contenuto: piccoli frutti essiccati e raggrinziti come acini d'uva passa, ma più scuri. Ottavio ne prese uno tra le dita e il monaco cominciò a spiegare: «Tre di questi frutti sbriciolati nel vostro boccale, e voi morireste nel giro di pochi minuti»

Il duchino si ritrasse impercettibilmente, corrugando la fronte.

«Una dose così piccola per un uomo adulto?»

«Sì, perché l'essiccatura concentra tutto il veleno e ne aumenta la forza»

«E perché un'arma del genere è custodita in un monastero?»

«Chi conosce i segreti delle piante può servirsene anche per fare del bene, e non solo del male. Così vale anche per l'uomo che conosce le stelle o la geometria, non trovate?»

Ottavio annuì corrucciato, sempre intento al frutto che aveva tra due dita: «E quali sono i sintomi di un tale avvelenamento?»

Il monaco, prima di rispondere, attizzò il fuoco sotto l'alambicco, quindi si mise a ripulire le briciole dal banco: «Per prima cosa, sensazione di soffocamento. La gola si chiude, si tossisce ma non si sente aria nuova nei polmoni. Poi la vista si annebbia fino alla cecità. Agitazione, febbre, dolori alla pancia. Non è una bella morte di cui morire» spiegò, rammaricandosi.

Ottavio sentì un lieve sudore su tutto il corpo: «E caldo? Molto caldo?» azzardò.

«Come un colpo di calore, si potrebbe dire»

Il duchino si aggrappò al banco scrollando il capo. Il monaco in quel momento gli dava le spalle e non se ne accorse. Mentre quello era ancora girato, Ottavio domandò: «Com'è il frutto al naturale?»

Lo speziale si volse con le sopracciglia leggermente inarcate dal sospetto. Le sue domande si stavano spingendo al di là del limite della curiosità innocente.

«Sembrano ciliegie nere. Non ve ne posso mostrare, perché la pianta fruttifica in piena estate»

«Mio Signore!» ansimò Ottavio sbiancando d'un colpo. Il monaco si spaventò al punto che, nonostante l'età non gli consentisse movimenti agili, aggirò il banco in pochi salti e gli fu subito accanto.

«Cosa vi succede, Vostra Altezza?» balbettò stringendogli il braccio.

Lui si scosse, si massaggiò le tempie. La testa sembrava scoppiargli. Tante idee lo avevano preso d'assalto tutte insieme, vincendo le sue forze. Galatea aveva detto il vero, quando gli aveva rivelato la natura del suo male; e se la sua reticenza nel denunciare anche chi l'avesse informata lo aveva distolto, in principio, dal crederle oltre ogni dubbio, ora non aveva che da riconoscere di essere stato in torto verso di lei.

«Io...» disse in un rantolo, prendendosi la gola.

«Ne avete mangiato?!» trasalì il vecchio, ma lui lo rassicurò con un cenno. A fatica gli raccontò di ciò che gli era accaduto sette mesi prima, ricapitolò con precisione i sintomi, il decorso e la guarigione, ricevendo al termine la conferma delle sue teorie. Non un colpo di calore, ma belladonna.

Soddisfatti curiosità e sospetti, Ottavio uscì stringendo nel pugno la letteramaledetta. Non aveva bisogno di rileggerla per identificarsi nel pensiero dello zio: se fino a un attimo prima gli era mancata la fermezza di ammettere che una sola sarebbe stata la soluzione dei guai del ducato, ora non dubitava più. E per quanto il cuore soffrisse già per le conseguenze che quella decisione avrebbe comportato, il duchino non avrebbe potuto più agire diversamente da come aveva consigliato il cardinale.



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Sono tornataaaaaaaaaa!

Due settimane di silenzio, non un giorno di più! Vi voglio subito presentare questo "nuovo corso degli eventi" che spero vi coinvolga quanto coinvolge me mentre scrivo un capitolo dopo l'altro (anche se, confesso, il lavoro è ancora tanto)

Piccola legenda: avrete notato i due asterischi vicino al titolo. Ora vi spiego cosa significano:

* (un asterisco) = il capitolo era già presente prima della revisione ed è semplicemente stato adattato per rientrare nella nuova trama;

** (due asterischi) = il capitolo era già presente ma è stato fortemente rivisto o riambientato o comunque modificato nella struttura e nella posizione all'interno della storia;

*** (tre asterischi) = il capitolo era del tutto assente nella versione precedente


Spero proprio che vi piaccia! Ovviamente, se notate qualcosa che non va o che non vi convince, non fatevi problemi a segnalarmelo nei commenti!


A presto per altre mozzafiatanti avventure! ;-)

Lucille

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