Primi di gennaio 1670 pt. 2

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Maria si svegliò con la prima luce. Si stropicciò gli occhi borbottando la preghiera del mattino, quindi scese rabbrividendo dal letto, alzandosi in piedi. All'inizio pensò di non vederci bene, poi, man mano che la sua vista si abituava, capì che il letto della sua padrona era veramente vuoto, le lenzuola erano davvero spinte tutte da una parte. Si avvicinò, passando una mano sul materasso, e lo trovò freddo, come se nessuno ci avesse dormito. Trasalì al pensiero che fosse successo qualcosa di brutto, che la sua padrona fosse andata via senza avvisarla... Fu allora che notò la porta socchiusa: si avvicinò a passi felpati, incerta se osare o meno spalancarla, perché forse il duchino dormiva e non voleva essere disturbato. Nessun dubbio, nessun sospetto si sollevava nella sua mente. Decise innanzitutto di sbirciare dallo spiraglio aperto: forse il suo signore era già alzato, dato che l'ora del mattutino non doveva essere lontana, e dato che era solito attendere a tutte le celebrazioni, anche a quelle ad orari un po' strani. Per prima cosa vide che anche nell'altra stanza c'era la luce del sole, e fu quasi sul punto di spingere la porta per entrare. Poi, però, il suo sguardo cadde sul letto, e subito Maria impietrì.

Due persone, non di certo una sola, giacevano sotto le pesanti coperte. Dalla sua posizione vedeva giusto l'estremità della testiera, con i tre cuscini disposti di sbieco. Si muovevano, quindi erano svegli; aguzzando l'udito, sentì che bisbigliavano tra loro, ma a voce troppo bassa perché si potessero distinguere le loro parole. A un tratto una risata sommessa, trattenuta, e uno dei due si alzò sui gomiti, lasciando che coperte e lenzuola scivolassero giù dalla sua schiena: era una donna, ed era nuda. Maria si portò una mano alla bocca come per soffocare un'esclamazione di sorpresa, e anche il duchino si levò - lo vide bene in viso - e con il braccio alzò le coperte e le pose premurosamente sulle spalle di lei; questa si volse un poco per accomodarsi meglio e dal profilo del suo volto Maria riconobbe la padrona. Il suo cuore perse un battito e la mano che aveva portato alla bocca scese sul petto, mentre le labbra si aprivano al sorriso. Accostò la porta senza farsi notare e si dedicò alle faccende che l'attendevano: rifece i letti, riordinò la stanza, preparò i vestiti e la bacinella dell'acqua. In ogni suo gesto c'era la carezza della madre che vede crescere la sua adorata bambina e farsi donna. Ogni tanto dedicava qualche occhiata alla porta, quindi si rigirava e riprendeva il lavoro.

*

L'abate lo guardò di sottecchi con la solita aria maliziosa.

«Ha pianto?»

«Sì» rispose semplicemente Ottavio, gli occhi bassi e distratti. L'abate si strofinò una mano sulla coscia, volgendo il viso verso la finestra. C'era un silenzio di imbarazzo e complicità, un non voler dire insieme a un non poter celare. Uno era determinato a farsi raccontare tutto, smaniando con la curiosità del bambino, mentre l'altro, trattenendo il corso dei pensieri, si sforzava di resistere alla tentazione di descrivere la notte passata.

L'abate si mordeva le labbra, rimuginando sulla strategia migliore per ottenere ciò che desiderava; alla fine mormorò, come sovrappensiero: «Molte si negano appena sentono il primo dolore»

Ottavio sorrise debolmente, lasciandosi scivolare sulla poltroncina, le palpebre abbassate a metà e le pupille annebbiate dai ricordi che, confusamente, tornavano dalla sua memoria come le onde del mare sulla spiaggia.

«Lei è diversa, è coraggiosa»

Matteo sollevò leggermente un sopracciglio: «Non ne dubitavo» ribatté con un cenno e intrecciò le dita delle mani sul grembo.

«Mi sembra di vivere un sogno e temo di svegliarmi da un momento all'altro» confessò Ottavio scuotendo piano la testa.

L'abate abbozzò una risata e disse: «Questa è la realtà, amico mio. Nuda realtà»

«Nuda...» fece eco il duchino, chiudendo gli occhi con un sospiro.

«Nuda, nuda come era lei ieri sera - insinuò l'abate - L'hai guardata bene?»

Ottavio annuì con un mugolio, lasciando affondare la testa nel cuscinetto.

«Sei di poche parole e di nessuna soddisfazione» sbottò allora Matteo, bonariamente, battendo le mani sui braccioli.

«Rispetto la tua condizione di monaco» si giustificò l'altro con un tono scontato e divertito. L'abate si spazientì e si alzò in piedi, avvicinandosi: «Sei un ingrato» lo accusò, scrollandolo. Ottavio aprì gli occhi e rise di cuore, alzandosi a propria volta e liberandosi dalla sua presa.

«Cosa vorresti sapere che già non conosci per esperienza? - lo interrogò - Hai già due figli, non ti sono oscure le carezze di una donna...»

«Sei pure avaro! - rincarò Matteo - Voglio che mi racconti tutto, voglio sapere tutto. Io te ne ho dette di cose... E' ora che ti sdebiti»

Ottavio capitolò: «Torna a sederti, razza di satiro» disse per prenderlo in giro, mentre si apprestava a riannodare uno con l'altro gli attimi che ricordava spezzati e irripetibili.

Non lontano, Galatea aveva appena terminato il proprio resoconto alla fida Maria, che l'aveva ascoltato con attenzione. Mentre raccontava le sue guance avvampavano, non più per pudore, ma per il piacere che il ricordo bastava a suscitare. La serva se ne rese subito conto e assecondò il suo bisogno di parole, di conforto e di silenzio.

«Lui mi prendeva e mi stringeva e io mi affannavo e anche lui e...»raccontava, senza seguire un tracciato nitido: aveva come l'impressione chefosse un'esperienza incomunicabile, un'esperienza eterna impossibile da fissarein momenti definiti. La penombra della candela, il fruscio delle lenzuola, ilsuono stesso dei gemiti avevano una consistenza quasi immateriale, lesfuggivano i concetti per esprimerli nel modo in cui avrebbe voluto. Lesembrava che Maria non avrebbe mai potuto capire cosa voleva dire con undiscorso così sconclusionato, invece era proprio da questo che la serva intuivala passione che l'aveva arsa al punto da farle dimenticare chi fosse, dove eperché. Negli occhi della sua padrona si muovevano nuove emozioni, emozioniprima sconosciute e ora dirompenti. Quando le parole mancavano di fronte allaforza dell'immagine che le compariva nella memoria, Galatea esitava, prendevaun respiro e soffiava fuori l'aria come fosse sul punto di scoppiare inlacrime.

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