Novembre 1667

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Madonna Dorina le aveva sempre dedicato quel tipo di sguardi. Non si stupì, perciò, che gliene stesse rivolgendo un altro in quel momento. Avrebbe solo voluto sapere perché glielo stesse rivolgendo: la sua curiosità si limitava a questo. La donna arcigna dovette intuirlo e, nel suo scoppio di arroganza, non si accorse nemmeno di venire incontro al suo stesso desiderio.

«Sgraziata e ignorante. Si vede proprio che non sei di questo ambiente» sentenziò, muovendo gli occhietti da lei al ricamo che teneva tra le mani.

Ecco, nulla di nuovo. Ne aveva sentite di peggiori, in verità, e quell'insulto la mancava di un buon tratto. Aveva maturato una corazza troppo spessa perché i dardi di una lingua biforcuta come quella di madonna Dorina potessero ferirla.

Galatea alzò distrattamente le spalle, rimettendosi al lavoro. Negli anni, doveva ammetterlo, era migliorata nel ricamo, ma non sperava di arrivare mai a pareggiare le sue compagne. Non le pesava ammettere di essere la peggiore ricamatrice del palazzo, o forse del regno. Le spiaceva pensare alla madre, perché al contrario di lei era una vera artista del disegno con ago e filo. Ma finché le frecce di madonna Dorina avessero mirato alla sua personale mancanza di talento, Galatea era accontentata.

«Sgraziata e ignorante» sibilò ancora, strappando un punto che evidentemente la stizza le aveva fatto sbagliare.

«Mi dispiace» sussurrò Galatea, senza distogliere l'attenzione da ciò che stava facendo.

«Mercanti da quattro soldi» rincarò madonna Dorina senza ascoltarla.

Bice si lasciò scappare un risolino: sapeva che qualsiasi cosa avesse fatto la governante di camera, nulla avrebbe potuto incrinare il buonumore di Galatea. Non in un giorno come quello.

Le sue labbra percepivano ancora il calore delle labbra di lui, se chiudendo gli occhi Galatea avesse richiamato alla memoria gli eventi di quella mattina. E madonna Dorina non poteva minimamente sospettare che tra una sua fanciulla e uno stalliere fosse finalmente sbocciato l'amore. C'era voluto un anno intero di corteggiamento, di dolci schermaglie e messaggi scambiati su pezzi di carta. E per Galatea, il coronamento di un sogno giovanile era tutto ciò che importava. Ma madonna Dorina afferrò il risolino isolato e scattò come un archibugio.

«Non è momento di risate, questo»

Bice tacque e tornò serissima. La governante, invece, si alzò in piedi abbandonando il lavoro interrotto sulla sua poltroncina. Mosse qualche passo avanti, poi virò verso Galatea che, come suo solito, sedeva su una seggiola vicino alle finestre del salottino.

«Insegna pure le cattive maniere del tuo ceto alle tue compagne – le disse tra i denti – Anni e anni a tentare di correggere i tuoi modi, di piegare le tue intemperanze. Ma le regole non possono nulla sul sangue, mia cara. Sei cresciuta a palazzo come le duchessine, eppure non hai nulla di regale nei tuoi modi. Hai ricevuto la stessa educazione delle figlie della nobiltà, ma con te questa educazione privilegiata ha fallito. Segno evidente che avresti fatto meglio a stare dove stavi. Tu, la tua famiglia...»

Galatea fremette di rabbia, all'improvviso avrebbe voluto incenerirla con uno sguardo. Essendo una persona piuttosto pragmatica, passò presto alle parole: «Come osate offendere la mia famiglia? – fu la prima cosa che disse, per guadagnarsi il suo silenzio – Mio padre è un uomo onesto, così pure mia madre. E mia madre è più nobile di tutta la vostra schiatta, signora»

«Ha perso la sua nobiltà quando ha dato alla luce il suo primo figlio di mercante» ribatté madonna Dorina, ormai fuori controllo. Gli sguardi allucinati delle damigelle confermavano a Galatea che non fosse solo una sua impressione.

«Vi denuncerò alla duchessina!» minacciò a quel punto, sapendo che la sua denuncia non sarebbe andata comunque lontano. E allora le venne alle labbra una minaccia ben più consistente: «O magari a padre Saverio! Sì, vi denuncerò a padre Saverio!»

Il gesuita l'aveva presa notoriamente sotto la propria ala. L'impegno e la dedizione negli studi avevano cambiato l'opinione del sacerdote riguardo a lei. I loro rapporti si erano stretti fino a una profonda, tacita amicizia. Tacita e devota da parte di Galatea, che nutriva per il padre quasi una venerazione. Tacita e affettuosa da parte del gesuita, come quella di un genitore nei confronti di una figlia amata.

Madonna Dorina esitò per un istante con il dito ancora alzato. Il suo viso si tinse in fretta di rosso.

«Sarò io a parlare con la duchessina; e anche con il confessore. Vedremo a chi daranno retta, se alla governante di camera o alla capra»

"Capra" era l'epiteto preferito di madonna Dorina per la sua odiata allieva. Non molti giorni prima, Galatea se ne era lamentata con padre Saverio durante il loro colloquio settimanale. E lui, per farla sorridere, le aveva risposto: "Mi è capitato di vedere qualche capra nella mia vita. A voi è mai capitato?" Padre Saverio, a differenza della governante, dava del "voi" a tutte le damigelle.

Galatea aveva storto il naso: "Sì, ne ho viste tante..."

"Trovo che siano animali molto aggraziati e robusti nella loro leggerezza. Per nulla disprezzabili, se li si conosce. Dite che madonna Dorina abbia mai visto una capra?"

Quelle parole le tornarono alla mente a proposito. Scoccò un'occhiata di sfida alla governante e disse: «Curioso, signora: voi mi date della sgraziata e della capra insieme... Vi è mai capitato di vedere una capra?»

«Assolutamente no! – ribatté piena di sé – Non si addice a una dama del palazzo»

«Non le si addice nemmeno parlare delle cose che non conosce. È questo che mi avete insegnato»

«Infelice chi ti sposerà!» sibilò madonna Dorina piena di astio.



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Angolo Autrice

Siamo al capitolo 20! Cosa pensate della storia? Avete consigli, impressioni da condividere? Aspetto con ansia le vostre opinioni!   :-*

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