Ottobre 1659 pt. 5

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Il giorno dopo le bambine furono invitate a presentarsi nuovamente davanti ai loro esaminatori: Galatea, finalmente, aveva scoperto chi fossero quelle persone rimastele sconosciute. Gliel'aveva detto una cameriera che quel mattino l'aveva svegliata di buon'ora per prepararla e, in mancanza di un vestito nuovo, le aveva fatto indossare l'abito del giorno prima.

Quando se li trovò davanti, disposti come la mattina precedente, conosceva i loro nomi e le loro funzioni: accanto a padre Saverio, il confessore, c'era Tommaso Provo, l'istitutore della principessa; la fanciulla al centro non era che lei, la primogenita del duca, di nome Elisabetta, che a dicembre avrebbe festeggiato il quindicesimo compleanno. La donna dall'espressione arcigna, che chiamavano madonna Dorina, era la governante di camera, responsabile delle lezioni di arti femminili. La signora grassottella, invece, era stata la balia della duchessina e continuava ad accudirla come una figlia propria; era di umili origini e a corte veniva chiamata vezzosamente donna Pappa, sebbene il suo vero nome fosse Anna Longhini.

Memore dell'esperienza del giorno prima e della sorpresa per essere stata scelta, Galatea si limitò a ripetere il consueto saluto di buongiorno accompagnato alla miglior riverenza che sapesse fare. Non si spinse oltre, lasciando agli esaminatori il compito di rompere il silenzio.

La duchessina, sorridendole amichevolmente, ricambiò l'augurio e continuò dicendo: «Non siate spaventata, piccola amica. O sorella, o come preferite che vi chiami. È bene che soprattutto voi sappiate cosa vi trattiene qui, al nostro servizio. È nostro desiderio che ci serviate perché abbiamo visto in voi tante doti positive, doti che non vengono offuscate dalla vostra nascita ignobile»

Galatea ascoltò attentamente, ma sul finale le sue guance si colorarono di stizza.

«Noi stesse abbiamo imposto a questa piccola commissione la vostra scelta, e confidiamo in futuro di non dover soffrire dispiaceri da parte vostra. Questo varrà anche per le vostre compagne, ma vi confido che sarà vostra premura rendere a chi vi ha scelto la vostra gratitudine in tutti i modi in cui vi sarà possibile» concluse la principessa, tornando ad appoggiarsi contro lo schienale dello scranno su cui sedeva. Il discorso era stato complicato, pieno di parole e concetti che Galatea afferrava appena. Per ringraziare, la bambina ripeté la sua graziosa riverenza.

«Vostra Altezza, chiedo il permesso di precisare le vostre parole, per farne meglio intendere il significato a vostra sorella – intervenne il confessore, con il suo tono gelido, non appena la piccola ebbe rialzato gli occhi. La duchessina concesse quanto richiesto, e il padre riprese gravemente – Sua Altezza intende dire che la vostra ammissione nel numero delle sue damigelle è stata una sua imposizione. Nel giudizio di tutti noi la vostra presenza non era stata ritenuta degna della corte. Vi invito quindi a prendere seriamente l'incarico, a non essere capricciosa, a rispettare l'amicizia di Sua Altezza e di tutta la famiglia ducale. Quanto a noi, noi ci inchiniamo davanti ai desideri di Sua Altezza e vi riconosceremo eguale dignità delle altre damigelle, ma puniremo con la stessa severità le vostre mancanze; da questo momento in poi, per rispetto del luogo dove ci troviamo e della famiglia di cui entrerete a far parte, vi ordiniamo di presentarvi come Galatea degli Orsi. Usate il cognome di vostra madre, di vostro nonno e soprattutto dell'avo che ha contribuito a rendere grande questo regno»

Galatea ringraziò con una terza riverenza, promettendosi che avrebbe cercato di ricordare parola per parola il discorso del confessare così da poterne chiedere spiegazione alla prima occasione.

Madonna Dorina si riservò il gustoso incarico di elencarle i suoi nuovi doveri fin nel dettaglio, precisando addirittura gli orari che avrebbero segnato le sue giornate da quel momento in avanti; e precisò ulteriormente che quanto detto dai due che l'avevano preceduta non era un semplice monito, bensì un appuntamento: delle dieci che avevano superato la prima selezione, solo le più meritevoli avrebbero mantenuto la posizione acquisita al fianco della duchessina.

Terminato questo gravoso colloquio, la bambina fu lasciata libera di ricongiungersi con il padre, sapendo che con ogni probabilità non l'avrebbe più rivisto per molto tempo: dall'indomani, infatti, avrebbe cominciato a vivere a corte nel suo nuovo ruolo di damigella di compagnia.

Galatea camminò spedita, seguendo il filo della memoria per ritornare al salone dove aveva salutato il padre il giorno prima. Solo in seguito, quando già l'aveva abbracciato e baciato commossa, scoprì che era lì dal mattino presto ad aspettare di vederla. Non conteneva l'emozione, suo padre, al pensiero che la propria figlia, la figlia di un mercante, avrebbe servito nientemeno che la primogenita del re! Volle sapere per filo e per segno cosa si erano detti, lei e gli esaminatori, tanto il giorno prima quanto quella mattina. E Galatea cercò di ricostruire alla meglio i discorsi difficili del confessore e della governante, con la speranza che suo padre avrebbe potuto spiegarle meglio di che si trattava.

Vincenzo, udito il resoconto confuso della figlia, non credette alle proprie orecchie alla notizia che Galatea era stata imposta agli esaminatori proprio dalla duchessina. Trepidante di gioia, tradusse in termini più comprensibili le minacce degli altri due – senza dar loro, tra l'altro, molto peso: «Quelle persone – disse – vogliono che tu ti comporti bene, segui le regole anche quando sono difficili e dimostri loro che il sangue di un mercante che suda il suo denaro non è più disprezzabile di quello di un barone che spenda il suo tempo sui libri. Li vedrai, ne vedrai tanti! Vorranno farti credere che il mondo giri attorno alle lettere, ma tu ricorda che senza il denaro la pergamena e l'inchiostro non si comprano. Ti insegnino pure a scrivere e a leggere; pur che ti ricordi della tua famiglia che ti vuole bene, e dei denari che servono a comprare tutto ciò che è illuminato dal sole»

Galatea recepì quelle parole come un implicitogiuramento di fedeltà: sarebbe stata lontana dalla sua mamma e dai suoifratelli, ma tuttavia si trattava di un onore che ricadeva anche su di loro. Lesi promettevano fatica e rinunce e nonostante ciò era felice, perché avevaistintivamente capito che erano un privilegio sia la fatica che le rinunce eche attraverso di esse avrebbe fatto tanto bene ai suoi.    

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