Pieno giugno 1670 pt. 2

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Antonio prese posto sullo scranno sistemato a un capo del salone delle udienze. Davanti a sé vedeva una folla indistinta di persone in abiti sgargianti, tutti pizzi e merletti e gonne voluminose, le donne con i capelli raccolti e i visi imbellettati, gli uomini parimenti truccati e vanitosi. Sbuffò di fronte a quello spettacolo umano che era diventata la sua corte, sulla scia delle ultime mode francesi. Non c'era aspetto della vita che scampasse al giudizio: persino lui, il duca, doveva sottostare alle regole degli stilisti.

Lo si leggeva sulla sua faccia: aveva l'umore nero anche quel giorno. Qualche cortigiano si lasciò scappare una battuta sulla triste condizione di coloro che si sarebbero presentati al suo cospetto, poiché in precedenza Antonio aveva dato dimostrazione di quanto un carattere irascibile e permaloso mal si adattasse al ruolo di governo. L'assenza del principe Ferdinando era avvertita come un elemento chiave della crisi, mentre le oscure circostanze del ritrovamento del cadavere del duchino non riscuotevano più l'interesse di nessuno. Il tribunale stava elaborando delle accuse, ma non c'erano sospettati e men che meno indizi da ricondurre a una pista precisa.

Tuttavia, la crisi era destinata a ricomporsi in fretta, perché Ferdinando aveva deciso di fare ritorno. E non avrebbe fatto ritorno solo: la notizia faceva ancora pizzicare l'appetito dei pettegoli. Si raccontavano cose inaudite su di lei e i maliziosi la vedevano già assurgere al ruolo della favorita di corte, con buona pace delle altre pretendenti. Dopotutto, si sapeva chi era realmente a capo del ducato. Solo Antonio sembrava non accorgersene; anche lui, però, era stuzzicato dalla curiosità di rivedere la cognata dopo tanto tempo e dopo tanti racconti piccanti.

Quando Galatea mise piede nel salone delle udienze quella mattina non ci fu nessuno che le negò la propria attenzione. Vestita di nero con un velo sottilissimo a nasconderle il viso, la fanciulla si fece avanti incurante dei mormorii. Poco dietro di lei avanzava Ferdinando in uno dei suoi completi migliori: le loro figure erano tanto discordanti da far sorridere le dame e i gentiluomini, che sospettavano già una tresca degna di un romanzo. C'era chi, scandalizzato, celava dietro un ventaglio o una mano qualche osservazione: anche l'andatura, a detta loro, rivelava un segreto infamante. Qualcuno osò addirittura supporre che il conte francese non fosse stato né la prima né l'ultima vittima di quella fatale vedova nera.

Galatea incedeva impassibile, elevandosi a un livello superiore rispetto a quello di chi la circondava. Nel suo ignorare volutamente i cortigiani c'era un che di altezzoso, ma anche di angelico. Sapeva di essere nel giusto, sapeva di non aver sbagliato, sapeva di indossare un abito scuro non per vergogna, ma per un lutto legittimo. Fissò gli occhi su Antonio e si sentì sollevata al vedere che nemmeno lui prestava orecchio alle parole bisbigliate. Arrivò a una decina di passi di distanza e si inchinò composta, sfoggiando una grazia che molte sue coetanee le avrebbero invidiato. Rialzò il viso senza ombra di sorriso, sfiorato come da un tocco di amarezza. Si fece di nuovo silenzio nella grande sala, un silenzio quasi irreale, tanto era assoluto. In quel clima di magica sospensione, Ferdinando affiancò la nipote, le prese la mano senza che lei si opponesse e la porse al duca.

«Vostra Grazia – esordì, e la sua voce teatrale riempì la sala – La vedova di vostro fratello ha fatto ritorno nell'alveo della famiglia. Dopo il tempo del dolore, ella viene a impetrare il sostegno di Vostra Grazia per mantenere una vita dignitosa dopo l'atto odioso che ha dovuto subire»

Antonio annuì e accennò a Galatea prima di parlare a propria volta: «Vostra Altezza, sorella nostra a tutti gli effetti, voi ci siete cara per l'amore che nostro fratello nutriva come sposo nei vostri confronti. Soffriamo insieme di una comune perdita e siamo in debito verso di voi per non avervi potuto dare conforto nei momenti più difficili. Non dubitate di essere riaccolta da noi»

Galatea chinò la testa in segno di ringraziamento, poi Ferdinando riprese la parola: «Sua Altezza si è rivolta a me per ottenere rifugio prima di presentarsi qui a Vostra Grazia. Ho voluto rincuorarla personalmente, assicurandole che, qualsiasi sarà la vostra decisione riguardo a lei, io non le negherò la sicurezza che va cercando. A questo proposito, mi espongo a richiedervi di concedere a me, zio Vostro e suo, di farmi carico del suo mantenimento. Il mio palazzo di campagna le offrirà le condizioni per superare il lutto»

«Non dubito della vostra buona disposizione, Eccellenza – ribatté Antonio, assecondandolo – Se questa sarà anche la volontà di nostra cognata e se ella stessa accetterà la vostra offerta»

Un altro insistente mormorio si impose tra i presenti. Le risatine rimbombarono involontariamente nella volta affrescata del soffitto e colsero Galatea mentre, voltatasi leggermente, fissava il volto del proprio benefattore. Questi la guardava di rimando, ostentando una sicurezza che nulla, apparentemente, avrebbe potuto scalfire. Le risatine crebbero, le parole vennero pronunciate a voce sempre più alta, finché, nella stasi della scena principale, le figure di contorno presero ad agitarsi in preda all'eccitazione. Non era una situazione che si sarebbe potuta vivere tutti i giorni, né tutte le epoche, e i presenti si consideravano fortunati ad assistervi. La sconfitta della mercantina, l'umiliazione di dover riconoscere in pubblico una relazione come quella.

Galatea non dovette faticare a imporre il silenzio: nonostante tutto lasciasse prevedere una gran confusione, bastò il gesto calmo e misurato con cui si sollevò il velo dal viso, mostrando le guance pallide, le labbra al naturale e gli occhi umidi. In meno di un istante si ripiombò nel silenzio assordante di prima, grazie al quale la duchessina non ebbe nemmeno ad alzare la voce per farsi sentire chiaramente.

«Vorrei esprimere la mia gratitudine a Voi, Eccellenza, ma soprattutto a Voi, Vostra Grazia, fratello mio, come voi dite. Vengo a disturbarvi con le suppliche di una vedova, è vero; le mie angustie non dovrebbero essere le vostre, Vostra Grazia, ma sento di potervi parlare in nome del legame che ci unisce nella persona di mio marito e che continua a vivere con lui oltre la morte della carne. A questo proposito, diventa ancora peggiore l'ambascia in cui mi trovo, ma parlerò perché so di trovare in voi la comprensione che si concede in situazioni come la mia»

«Non temete di parlare liberamente» la incoraggiò Antonio, vedendola esitare.

Galatea si strinse nelle spalle: «Vorrei rendervene partecipe in privato, Vostra Grazia»

Ferdinando quasi la interruppe, sferrandole un'occhiata di sfida: «Parlate liberamente, come Sua Grazia ordina. Non c'è argomento che non abbia spazio tra noi»

Galatea irrigidì il viso ricambiando lo sguardo di lui, quindi si volse risoluta al duca, gonfiò il petto e dichiarò: «Io, Galatea Malancisi, vedova di Ottavio Edoardo Malancisi figlio del fu Corrado duca Malancisi, mi presento qui di fronte a Sua Grazia il duca Antonio II perché...»

«Avanti – la sfidò ancora Ferdinando, afferrandole, non visto, il braccio per minacciarla – Dite cosa dovete dire»

«Io aspetto un figlio da mio marito, Vostra Grazia» scandì, e un comune ansito di sorpresa avvolse il salone.




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Angolo Autrice

Buon pomeriggio a tutti! Oltre al primo capitolo di oggi, ho una buona notizia per voi: ho superato la prima fase del concorso "Advisor Awards"! Adesso, però, ho veramente bisogno del vostro aiuto...

Ebbene sì, adesso la palla passa a voi: potete votare la storia che intendete far andare avanti nel concorso con un semplice commento al capitolo dedicato al genere (nel mio caso il capitolo si intitola A Farewell to Past Awards - Votazioni aperte). Le regole sono tutte spiegate nel capitolo stesso, così non potrete sbagliare! 

Ovviamente non dovete sentirvi obbligati!

Se la mia storia vi piace e, a vostro parere, merita di gareggiare lealmente nel concorso, vi basterà commentare. Per me sarà una conferma in più sul mio lavoro: la cosa più importante per me, davvero, è avere riscontri sinceri su ciò che scrivo.

Avete tempo fino al 31 ottobre 2018 alle ore 23:59, quindi se volete pensarci su, dare un'occhiata o anche arrivare fino alla fine della storia prima di votare avete tutta la calma per farlo.

Grazie ancora a tutti, soprattutto perché siete arrivati a leggere fin qui ;) A più tardi per il secondo capitolo!

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