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Alec non era affatto cambiato, nonostante si stessero frequentando e spesso discutessero del suo comportamento. Rimaneva il solito arrogante e talvolta irrispettoso, anche se Beth stava imparando a farci l'abitudine. 

Quel week-end sarebbe stata da sola nella sua enorme casa a Shadowland dato che Daniel era fuori per un convegno e Vanessa per un mostra. Non sarebbero tornati prima della domenica sera, per cui Alec, che aveva appreso della loro partenza in via indiretta e alquanto discutibile, si era praticamente auto-invitato a trascorrere il fine settimana con Beth. 

Non che le dispiacesse, sia chiaro; stare in compagnia sarebbe stato meglio di ritrovarsi sola, ma non avrebbe certamente disdegnato a una giornata di relax dopo quella intensa settimana di lavoro. Avrebbe probabilmente invitato Alec il sabato sera e lui si sarebbe intrattenuto fino alla domenica, ma aveva deciso -di sua sponte e senza darle alcuna voce in capitolo- che venerdì sera avrebbero cenato insieme. 

Per cui Beth, dopo essere tornata dal laboratorio, si era data da fare e aveva iniziato a preparare casa, addobbando la sala pranzo con un candelabro in mezzo al tavolo e apparecchiando quest'ultimo nel miglior modo di cui fosse capace. I ritmi ferrati che aveva dovuto imporsi per riuscire a fare tutto rischiavano di saltare, per cui era corsa nella sua stanza a vestirsi con la speranza che Alec potesse fare un po' di ritardo.

Non voleva risultare eccessivamente elegante, per cui aveva optato per un abito grigio, attillato, che lasciava scoperte le spalle e le gambe, su cui non aveva indossato le calze. Dato che Alec non accennava a farsi vedere né sentire, ne aveva approfittato per continuare a d aggiustarsi, indossando gli orecchini con le rose rosse, un filo di mascara e ombretto chiaro e il rossetto rosso in tinta con le scarpe. Sperava che l'associazione potesse piacergli, e a quanto aveva capito a Roma il rosso non gli spiaceva.

Si era data da fare per aggiustare anche l'abitazione, impegnandosi nel renderla più gradevole per un ospite esterno, soprattutto perché lo stava frequentando. In una situazione differente si sarebbe preoccupata poco di fare una bella figura, ma la relazione con Alec l'aveva coinvolta molto più di quanto si sarebbe aspettata, soprattutto perché da quel lunedì non si erano più visti -dato che lui si trovava ancora a Belfast- ma solo sentiti sporadicamente.
Dunque avvertiva la mancanza di quella presenza rassicurante, seppure a volte fastidiosa, a condire la sua esistenza.

Eppure, di lui ancora nessuna traccia. Adesso era in netto ritardo e non si era nemmeno degnato di scrivere un misero sms per avvertirla.
In un primo momento si era anche preoccupata, poi si era ricordata che si trattava di Alec e che non avrebbe dovuto, perché abbandonare qualcuno sarebbe stata proprio una cosa da lui.

Pensava tutto ciò perché accecata dalla rabbia, ma vi era anche un fondo di verità. In effetti lui aveva abbandonato la ragazza con cui aveva una relazione, sua figlia, perché adesso non avrebbe dovuto abbandonare lei? Si erano conosciuti come l'avventura di una notte e poi il destino, il fato, Dio, il caso o chicchessia li aveva incontrare, ripetutamente.
Le loro vite si erano mescolate e quasi divenute un tutt'uno, ma avrebbero dovuto capire entrambi che qualcosa non andava, che non poteva essere tutto così semplice. Nella vita di entrambi era difficile che qualcosa filasse liscio come l'olio, perché la loro relazione avrebbe dovuto fare eccezione?
E infatti non l'aveva fatta.

Beth era a dir poco furiosa, indignata per il suo comportamento assolutamente irrispettoso. Gli aveva affibbiato molti difetti, ma si era illusa di credere che la sincerità non fosse compresa, che l'affinità che avvertiva era perfettamente ricambiata, ma evidentemente si sbagliava dal momento che era da sola, a casa, con gli occhi lucidi dalla rabbia.

Decise di chiamarlo, di dirgli addio telefonicamente per l'ultima volta e poi farlo sparire per sempre, ma non voleva mostrarsi debole. Si asciugò le lacrime e modulò la voce in attesa che lui prendesse tra le mani il cellulare, ma scattò la segreteria.

"Sono Alec, al momento ho di meglio di fare che rispondere al telefono, se è urgente lasciate un messaggio dopo il bip".

Sfacciato anche con la voce registrata e modificata dalla linea telefonica, a Bethsabea venne da sorridere prima che il bip la riscuotesse e le ricordasse il motivo per cui chiamava.

"Sono Bethsabea. Volevo solo dirti che puoi evitare di richiamarmi, non è urgente. Anzi, cancella proprio il mio numero, almeno mettiamo fine definitivamente a questa pagliacciata. Sei solo uno stronzo, e io una grandissima illusa" concluse in modo alquanto teatrale e melodrammatico, ma era l'unica maniera per evitare di scoppiare a piangere durante il messaggio.

Non voleva, per alcun motivo al mondo, mostrarsi debole o frustrata, anche se in quel momento lo era.
E lo era perché aveva passato una settimana d'inferno a lavoro eppure era tornata a casa col sorriso sapendo che avrebbe passato i successivi due giorni con lui.
Lo era perché aveva fatto i salti mortali per rendere romantica la sala da pranzo e lui non si era presentato.
Lo era perché aveva faticato a scegliere l'abbigliamento adatto per la serata, che non fosse troppo elegante o troppo sportivo, che fosse di buon auspicio per la notte che certamente avrebbero trascorso assieme, e lui non si era nemmeno preoccupato di inviarle un messaggio per dirle che stava bene. 

Lo era, ma non aveva intenzione di esserlo ancora a lungo.

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