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Bethsabea Horn era un donna forte, determinata, decisa, amabile, ma si sentiva a pezzi. Era consapevole di giungere spesso a soluzioni affrettate, ma non tutti agivano secondo i dettami della sua mente contorta.
E per fortuna aggiungerei.

Dopo che Alec le aveva dato buca quel venerdì, aveva fatto ritornare la casa al suo aspetto usuale e si era buttata sul letto, con la speranza di affogare tra le sue coperte calde.

Tuttavia quella notte, contro ogni aspettativa, era tornata sua madre.
La discrezione non era tra le sue virtù, per cui ovviamente i rumori avevano fatto svegliare Bethsabea di soprassalto, annunciandole poi che Josephine Fisher era morta.

Josephine, la moglie di Edmund, la madre di Alec. Beth aveva creduto che il ragazzo avesse scelto di sua spontanea volontà di non andare a casa sua, ma in effetti, dato che si era autoinvitato, era alquanto improbabile.

Ma la giovane era accecata dall'incredulità e dalla rabbia e il cervello aveva lavorato spontaneamente, elaborando la soluzione più semplice, che tuttavia si era appena rivelata fallace.

Si era sentita estremamente in colpa ma non aveva avuto il coraggio di chiamare di nuovo Alec, nonostante avesse sentito Vanessa parlare a telefono con lui.
Se utilizzava il suo cellulare aveva di certo ascoltato il suo messaggio, decidendo di seguire il suo consiglio e, nella migliore delle ipotesi, cancellare il suo numero.

Ad ogni modo, Vanessa e Bethsabea avevano atteso il ritorno di Daniel -che aveva ridotto le ore del convegno in vista del funerale che si sarebbe tenuto quella domenica a Belfast- quasi in un religioso silenzio, la prima addolorata per le sorti della donna che aveva sposato il suo insegnate preferito e preoccupata per quest'ultimo, l'altra dilaniata da un mix letale di frustrazione e sensi di colpa.

La distanza Shadowland-Belfast, dove era stata ricoverata la donna nell'ultimo periodo, era di circa un ora e trenta, per cui anche se i funerali si sarebbe svolti verso ora di pranzo la famiglia aveva deciso di partire in mattinata; in quel modo avrebbero potuto trascorrere del tempo anche con i Fisher.

Beth sentiva il bisogno immane di parlare con Alec, e per tutto il viaggio si era crogiolata nei suoi pensieri, sforzandosi di trovare le parole giuste, invano.

Quando furono arrivati all'obitorio dell'ospedale, infatti, Beth aveva un ingombrante groppo in gola e il cervello svuotato da tutto ciò cui aveva pensato fino a quel momento.

Seguì i suoi genitori all'interno della stanza in cui stava la bara di Josephine senza proferir parola, in rispettoso silenzio, con gli occhi bassi ma alla ricerca del più piccolo tra i Fisher.
Edmund era lì, seduto accanto alla donna che l'aveva accompagnato nella loro vita insieme; aveva gli occhi lucidi e si teneva la testa tra le mani.
Quando Vanessa andò ad abbracciarlo fu scosso da un paio di singhiozzi, ma si ricompose in men che non si dica non appena si avvicinarono Beth e Daniel.

Dall'altra parte della bara stavano due giovani identici, sicuramente i gemelli. La famiglia Horn espresse il proprio cordoglio anche a loro, dopodiché si fermarono nella stanza.

Gli occhi di Beth continuavano a posarsi sul corpo senza vita di Josephine, pallida più di quella volta in cui l'aveva vista quando stava poco bene. Era estremamente rigida, i capelli ben acconciati e il viso adornato dal trucco che tanto adorava, gli occhi chiusi e le labbra curve. Beth era una persona abbastanza suscettibile, ma non era spaventata dalla vista di un corpo senza vita.

Quando Ryan entrò nella stanzetta fecero anche a lui le condoglianze, lasciandosi presentare la donna col pancione accanto a lui.

"Tesoro, non stare qui, vai fuori" Ryan disse amorevolmente alla moglie, e Beth, che era davanti alla porta, uscì per far passare la donna col pancione.

"Mi spiace per Josephine, ma non ce la faccio a stare lì tutto il tempo" le confessò la donna -in italiano- appena fuori dall'obitorio, subito dopo aver respirato dell'aria pulita.

Beth curvò le labbra cortesemente di rimando, ma il sorriso si spense non appena vide il giovane che si avvicinava.

I soliti jeans e la giacca di pelle, gli occhiali da sole a impedire la vista di quelle iridi sicuramente arrosate.

"Tutto bene, Sara?" domandò con premura alla cognata, che annuì con il capo.

Adesso la stava fissando, e insistentemente anche. Si aspettava che facesse qualche gesto, ma l'unica cosa che le venne in mente fu tendergli la mano per dargli le condoglianze.

Si sentì incredibilmente stupida, consapevole che qualsiasi altra cosa sarebbe potuta andare meglio, ma non se la sentiva di violare il suo spazio vitale.

Teneva ancora la mano tesa quando Sara si allontanò e Alec decise finalmente di stringerla.
Era quello il momento di parlare.

"Alec, mi spiace, io..." biascicò in un sussurro con gli occhi lucidi. Non sapeva se stava per piangere per il modo in cui aveva ridotto il loro rapporto, per Josephine morta appena pochi metri da loro, per la freddezza che le stava riservando.

"Non fa nulla, Bethsabea" le rispose semplicemente, allontanandosi in definitiva da lei ed evitandola per tutto il tempo possibile.

In fondo, pensò la ragazza, Bea era stato un bel soprannome, ma tutta quella fredda distanza se l'era meritata.

N.d'A.

Sarà finito tutto per davvero? Ormai siamo agli sgoccioli, mancano solo pochi capitoli...

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