20.Obiettivi

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Dazai

Domani ho l'esame per il concorso. Chiudo il quaderno con gli appunti e basta! Quello che è fatto è fatto. Ora devo cercare di rilassarmi e scacciare via un po'  di tensione. Uscirò a fare una passeggiata, magari passo a trovare i due Babbani in cartoleria.

Chiudo la porta della camera e mi accingo a scendere le scale quando noto una figura familiare seduta a metà. I capelli neri le coprono disordinatamente le spalle magre, sembra non si sia nemmeno preoccupata di pettinarsi oggi. 

«Ciao» mi siedo accanto, tutte le sere restiamo a pulire la cucina insieme eppure non so ancora nulla di lei, parla giusto lo stretto indispensabile e risponde ai miei monologhi a monosillabi.

Noemi gioca con un'unghia rotta sollevando e riposizionando il pezzo come se si potesse incollare. Non mi guarda. Sul polso noto segni di lividi, come se fosse stata strattonata in malo modo.

«Ehi va tutto bene?» mi piego cercando di scorgere gli occhi dietro quella folta chioma.

Si morde il labbro fino a farlo sanguinare poi finalmente mi guarda. Deve aver pianto moltissimo, ha le guance rosse e gli occhi da panda. Si era truccata, il mascara è stato travolto da un torrente di lacrime.

«Ha detto che sono troppo brutta» singhiozza prima di alzarsi di scatto e fuggire in camera.

Rimango a fissare il corridoio vuoto cercando di capire cosa le stia accadendo ma ho troppe poche informazioni per poter far deduzioni.

Ha bisogno di aiuto ma sono sicuro che lo voglia? Se informo Oda del suo stato d'animo peggiorerò la situazione? 


Chuuya

Ho ancora due persone davanti, mi muovo a disagio sulla sedia. Non pensavo che l'ufficio di collocamento fosse un luogo così affollato, sono quattro ore che aspetto.

Giocherello col bigliettino del numero per tenere a bada l'ansia. Per poter stare accanto a Bambi devo riuscire a trovare un altro lavoro e un appartamento, lui si sta impegnando al massimo per il concorso e non pensa assolutamente a cercare anche casa. Lo stupirò presentandomi con una proposta d'affitto, capirà di aver bisogno di me e non se ne andrà lontano. Non sparirà dalla mia vita. Non deve.

Chiamano il mio numero, mi alzo barcollante con il piede informicato per la troppa inattività. Entro in uno stanzino che non ha nulla a che invidiare all'ufficio di Oda e mi accomodo su una sedia che sembra rubata ad una scuola elementare. L'impiegato posa su di me due occhi rassegnati a non vedere mai vuota questa sedia.

«Buongiorno, lei è il signor Chuuya Nakahara giusto? Ha un documento con sé?»

Annuisco e gli consegno la carta d'identità e la tessera sanitaria. Inizia a digitare velocemente sulla tastiera, scrive più parole di quanto possa esser contenuto in quelle due tessere scarne.

«Si è appena diplomato, giusto? Preferenze lavorative?» non distoglie lo sguardo dallo schermo.

«Nessuna a parte l'orario, ho già un altro lavoro dalle 17 alle 22 e...»

«Contratto?» mi interrompe.

«Scusi, non ho capito» cerco di incrociare il suo sguardo ma non mi degna di attenzione.

«Che tipo di contratto ha con questo lavoro»

«Ah! Si, i voucher»

«Bene» riprende a digitare senza rivolgermi più la parola.

Deglutisco un sasso che si è appena formato nella gola e che non ha intenzione di sparire.

«Il suo numero di telefono?» 

Glielo fornisco e torna ad ignorarmi. Il silenzio è interrotto solo dal rumore delle sue dita sulla tastiera.

«Bene, le faremo sapere» distoglie lo sguardo dallo schermo e mi fissa.

«Tutto qui?» non hanno delle offerte, non devo spiegare cosa so fare?

«Si tutto qui. Arrivederci» mi indica la porta.

Esco sul marciapiede confuso e sconvolto, non mi chiameranno mai. 

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