21.Cercarsi

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Dazai

Ho il cuore che batte così forte da sentirlo rimbombare nelle orecchie. Ho terminato l'esame e credo sia andato bene, conoscevo tutte le risposte.

Eravamo stipati nella palestra di una scuola elementare, saremo stati più di 500 per contenderci tre posti. Non credevo che si presentassero così tante persone, ancora mi trema la mano.

Rimango fermo sul marciapiede mentre altri partecipanti mi passano accanto, confrontano tra loro le risposte, si scambiano saluti e abbracci, incoraggiamenti e appuntamenti per il giorno dopo.

Prendo in mano il cellulare per scrivere a Chuuya ma non riesco a trovare le parole per esprimere le emozioni che mi stanno ribaltando le viscere.

Ho bisogno di raccontargli tutto quanto subito, forse riuscirei ad esprimermi meglio se lo vedessi di persona ma a quest'ora è al lavoro. 

Se non sbaglio il bar non è lontano da qui, dovrebbero essere tre o quattro fermate sulla linea 2.

Vedo l'autobus comparire in fondo alla via, accelero il passo.


Chuuya

Passo lo strofinaccio per pulire il disastro combinato da una bambina, a dire il vero la colpevole era la madre che mentre gesticolava parlando al cellulare ha rovesciato il bicchiere col succo, ovviamente la colpa l'ha data alla figlia.

Il campanello della porta tintinna, alzo lo sguardo e vedo il cerbiatto entrare.

«Oh Chuuya eccoti!» si avvicina e la mia salivazione si azzera. Cosa fa qui? Come fa a conoscere il locale?

Dietro alle mie spalle sento un fischio «Woow allora lui è il nostro Dazai» Gianni, cazzo ma proprio ora doveva esserci lui al bancone.

Bambi si ferma accanto a me e rivolge un sorriso luminoso al mio datore imbecille «Salve! Mi scusi se sto dando fastidio»

«Assolutamente nessun fastidio!» Gianni allarga le braccia come per accogliere Dazai e vorrei ficcargli lo spazzolone in bocca per cancellare il sorriso divertito che ha stampato sulla faccia «vieni qui al banco, accomodati che ti offro un caffè»

La rabbia ribolle nelle viscere ma viene subito cancellata dal senso di colpa «l'esame! Come è andato?» che pezzo di merda che sono! Me ne ero scordato!

«Credo bene, ho risposto a tutto ma eravamo tantissimi. La palestra, sai quelle della scuola elementare vicino al parco dello spaccio, ecco eravamo lì dentro. Saremo stati più di 500 per soli tre posti disponibili!» quasi non prende fiato mentre parla a raffica.

Mi dimentico di dove sono, lo ascolto rapito e annuisco ogni tanto mentre sul volto si allarga un sorrido da ebete. Divento consapevole di quanto posso apparire stupido quando incrocio lo sguardo di Gianni.

Non dice nulla, offre ad entrambi un caffè e si mette a pulire il lavandino che aveva già sistemato due secondi prima.

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