4. Cena

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Dazai

Il mio compagno di stanza non è più tornato. Cerco di orientarmi in questa casa sconosciuta. Rumore di piatti sbattuti poco elegantemente. Una voce di donna un po' rauca riprende qualcuno che ha rotto un bicchiere.

Resto nascosto nell'ombra del corridoio. Ispiro ed espiro lentamente. Ci saranno nuovi volti, nuovi nomi da memorizzare, nuove persone da schivare se vuoi stare in pace, nuovi soprannomi e nuove occhiatacce. Tutto diverso e tutto uguale ai posti in cui sono già stato.

Devo solo fare il primo passo ed entrare in cucina. 

Una ragazza ride ma non ho sentito parlare. 

Non può avermi notato no? Non sta ridendo di me? 

«Che fai?» sussulto al suono di un voce musicale alle mie spalle.

Poso lo sguardo su una ragazza minuta.

«Sei nuovo?» continua lei.

Annuisco con la bocca improvvisamente arida.

«Dai vieni» mi prende la mano invogliandomi a seguirla. Le sue dita sono fredde e piene di anelli. La luce della cucina le illumina il volto poco prima del nostro ingresso. Ha i capelli a spazzola blu e un piercing sul labbro inferiore. Mi sorride.

Goffamente cerco di rispondere prima di essere accecato dalla luce traballante della lampadina.

«Ah ecco l'altro nuovo arrivato» esorta una signora anziana che indossa un grembiule della carica dei 101.  La voce rauca era la sua.

Il mio coinquilino è seduto a tavola e sussurra qualcosa all'orecchio della ragazza bionda delle scale che ride.

Faccio un passo indietro ma capelli blu stringe ancora la mia mano.

«Mi chiamo Akiko ma puoi chiamarmi Aki» ha gli occhi neri come il carbone.

«Osamu»

«Bene Osamu ti presento gli altri. Miss bionda è Lucy, in realtà il suo nome è Lavinia ma lo odia. accanto a lei c'è Naomi, sono compagne di stanza» la ragazza dai capelli neri alza la mano per salutare o solo segnalare che è ancora viva, ha il classico pallore delle persone malate «i due ragazzi musoni che fingono di apprezzare il minestrone sono Edgar e Francis» Akiko si siede e mi fa cenno di accomodarmi accanto a lei «siamo tutti qui. La mia compagna di camera è scomparsa ieri e non credo che tornerà» pronuncia quest'ultima frase come se leggesse le previsioni del tempo. Come se non fosse importante. Sparire nel nulla per quelli come noi è normale e nessuno ci cercherà mai. L'ho già visto capitare. Effettuano segnalazione alle autorità e poi tornano alla proprie occupazioni. 

La signora anziana mi porge una fondina stracolma di verdure. La ringrazio e inizio a mangiare lentamente osservando le dinamiche degli ospiti. Edgar, o Francis? Non ho capito chi è l'uno e chi è l'altro, non alza mai lo sguardo sugli altri. Ha un ciuffo che nasconde gli occhi e mangia in silenzio. Francis, o Edgar, gli parla sottovoce incessantemente. Un monologo che non riceve alcuna attenzione. 

Akiko racconta a Naomi e alla signora anziana la sua giornata di lavoro: è stata scelta come apprendista da un tatuatore rinomato nella zona, se è fortunata potrà avere a breve un contratto a tempo determinato. La sua voce allegra stona in questa stanza. Lucy ha smesso di ridere ad ogni battuta di Chuuya e la fissa con ostilità.

La signora anziana si siede a capotavola e mi rivolge un sorriso dolce e stanco «Mi chiamo Nicole e accetto qualsiasi aiuto in cucina»

Annuisco mentre riesco a trovare una pellicina accanto all'unghia del pollice per giocarci. Sono pessimo ai fornelli ma non voglio ammetterlo davanti a tutti. Anche se nessuno di loro sembra interessato a me, solo Chuuya mi fissa con uno sguardo che non comprendo finché la sua attenzione non viene attirata dalla bionda che gli sfiora la mano.

Sono la mosca sul tavolo apparecchiato, vedo e ascolto tutto ma resto invisibile. In un certo senso ne sono grato perché nel momento in cui si accorgeranno della mia presenza sarò schiacciato.

La pellicina si stacca, un piccolo accenno di dolore, una goccia di sangue appare come rugiada. Sento il richiamo della lametta.

Chuuya

La vecchia è entrata in cucina cogliendomi di sorpresa nel peggior momento possibile. Mi sono alzato di scatto e le ho detto che cercavo qualcosa da sgranocchiare. Lei ha sorriso e ha recuperato un pacchetto di grissini da una mensola.

«Meno male che è solo fame, ho temuto che cercassi i coltelli» 

Stringo il pacchetto ignorando quanto feriscano quelle parole.

«Il mio nome è Nicole» mi fissa con iridi così azzurre da sembrare bianche. Le rughe intorno agli occhi si increspano mentre mi regala un sorriso affettuoso.

«Chuuya» rispondo prendendo un grissino. C'è sentimento nel suo sguardo, non ricordo l'ultima volta che ho visto occhi così vivi.

«Bene bene» prende un grembiule dal cassetto e lo indossa allacciandolo con un bel fiocco in vita «ti va di aiutarmi a preparare la cena?»

Non riesco a trovare le parole per rispondere. Interpreta il mio silenzio come assenso.

«Allora prendi un coltello dal primo cassetto e inizia a tagliare queste verdure» mi volta le spalle per rovistare nel frigo. 

Non comprendo se è ingenua o se mi sta testando. Prima teme che possa rubare i coltelli e poi specifica dove stanno. Vuole vedere se sono pericoloso?

Appoggia rumorosamente diverse verdure sul ripiano «Ecco qui. Dai sfogo alla rabbia repressa su queste povere vite appassite»

Sto pensando seriamente di andarmene ma qualcosa nel suo sguardo mi invoglia a sminuzzare una carota.

«Cosa cuciniamo?» prendo una zucchina un po' molle, cerco di recuperare le parti buone.

«Minestrone, oggi ci hanno regalato un bel po' di verdura ma non è freschissima. Meglio cucinarla subito non credi?»

Recupera una pentola gigante e accende il fornello. Poi prende il cellulare dalla tasca e dopo 4 carote, 2 cipolle e 3 sedani tagliati a cubetti riesce a selezionare la playlist di suo interesse. Musica melodica risuona in cucina. Per tutto il tempo della cottura non abbiamo più parlato. Lei ha canticchiato con quella voce roca e ogni tanto tentava dei passi di danza che si interrompevano bruscamente per qualche dolore improvviso che potevo solo immaginare. Quanti anni avrà questa signora? Sicuramente più di settanta.

Ha più vita in corpo lei di me.

Il tempo di spegnere la pentola che la cucina viene invasa da due ragazzi che mi ignorano totalmente seguiti a ruota dalla ragazza delle scale e una moretta tutta ossa. 

«Oh il nostro nuovo bell'arrivato» la bionda si appropria del mio braccio. Sorride come possono fare solo le ragazze che sanno  piacere e come trarne profitto. 

Sorrido fingendo che mi interessi, se la ignorassi mi diventerebbe nemica.

«Non mi hai ancora detto il tuo nome»

«Chuuya» sposto la sedia lasciata vuota dagli altri. I due ragazzi si sono serviti da soli e stanno già mangiando. La morettina riempie una fondina giusto per darle colore e si siede. Ognuno fa per sé qui. Seguo il loro esempio e mi siedo con la mia opera d'arte. 

«Io sono Lucy» e si avvia sculettando verso la pentola con la fondina in mano. Torna traballante verso di me e nel sedersi urta col piatto il bicchiere pieno d'acqua della moretta che cade rumorosamente sul pavimento. 

«Combini solo disastri» il ragazzo col ciuffo sugli occhi la rimprovera e torna a mangiare senza aspettarsi una risposta.

«Su su non litigate. Lucy però dovresti stare più attenta, è il terzo questo mese» Nicole passa uno strofinaccio alla moretta che asciuga e raccoglie i vetri. Lucy rimane in piedi ad osservare.

 «Grazie Naomi» Nicole delicatamente prende il contenuto dalle mani della ragazza e lo getta nel bidone sotto il lavandino. 

Una voce musicale attira il mio sguardo. Una ragazza dai capelli blu sta trascinando in cucina un ragazzo riluttante. Il mio coinquilino sembra reduce da un'interrogatorio di polizia, ha gli occhi spalancati e forse collasserà da un momento all'altro. Lo osservo mentre fanno le presentazioni e si siede silenziosamente. Nicole gli passa un piatto stracolmo. 

Ogni tanto il suo sguardo si accende di desiderio, o meglio, fame bramosa. Non scorgo il vuoto di prima in quelle iridi. Non capisco.

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