33. INASPETTATAMENTE TU

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C'erano dei boati simili a tuoni.
Louise rimase immobile davanti alla porta d'ingresso, fino a quando non se ne andò di corsa nella mia camera.
«Louise ma che stai facendo?» la guardai mentre si allontanava. Capivo la sua reazione, è esattamente quello che mi aspettavo che facesse. Andai alla porta, e mentre Jason cercava di salutarmi io lo afferrai per il braccio, per accompagnarlo in salotto, dove si sedette sul divano, mentre io rimasi in piedi a fare avanti e indietro per la stanza.
«Sai cosa ti dico? Adesso parlo io, mentre tu mi ascolti.» dissi molto seria.
Jason annuì, sembrava nervoso.
«Non c'era certo il bisogno che tu venissi così, di punto in bianco, va bene? Da quando hai chiamato Louise, quella sera, non ha smesso una sola volta di piangere. Ha passato mesi e mesi immersa nelle sue stesse lacrime solo per colpa tua. Adesso cosa pretendi? Che lei ritorni tra le tue braccia perdonandoti? Non hai nemmeno chiesto scusa per come l'hai trattata! Non pretendere troppo, perché sai che lei…» mi interruppe.
«Joanie, tu non hai risposto alla mia chiamata, perché adesso sei arrabbiata con me?» riflettei, guardandolo in maniera stranita. «Avresti potuto richiamarmi, per capire cosa volessi, ma non l'hai fatto! Io ho anche provato a chiamare e cercare di sistemare questa situazione. Adesso dimmi, la colpa di chi è?» disse, in modo molto strafottente.
«Ascoltami bene, se avessi DAVVERO voluto parlare con Louise direttamente, perché non hai chiamato lei?» gli chiesi. Non aveva scuse questa volta. Mi dispiaceva per il modo in cui Louise lo avesse lasciato alla porta d'ingresso, ma in quel momento ero davvero nervosa.
«Ho chiamato te perché in quel momento eri l'unica che avrebbe potuto aiutarmi.» disse. Lo guardai confuso.
«Ma di che cazzo stai parlando?»
«Non avrei voluto che Louise mi attaccasse in faccia nel caso in cui l'avessi chiamata al cellulare, per cui ho chiamato te perché mi aiutassi a dirle che mi sono trasferito qui, ma tu non hai risposto e quindi…» cercò di continuare, ma lo interruppi.
«Ehi frena amico, cos'hai detto? Ti sei trasferito qui?»
«Sì, era di questo che volevo parlarvi!»
Io ero scioccata. Non sapevo come comportarmi, cosa dirgli o cosa pensare.
«Che significa?»
«Significa che starò per sempre qui, sia per frequentare l'università sia per cercare di stare con Louise.» rispose con gli occhi lucidi.
«Brandon lo sa?» gli chiesi. «Glielo hai detto?»
«Sì.» confermò.
Perché non me l'ha detto? Cosa gli costava?
Jason continuò a parlare:
«So di aver sbagliato, ok? E che forse non avrei dovuto lasciarla. Non sapevo come continuare questa relazione senza vederle UNA SOLA DANNATA VOLTA DEL CAZZO negli occhi. Io la amo da morire, e sicuramente Louise mi odierà, ma deve sapere che per me é tutto, va bene?» concluse mettendosi le mani in volto.
Mi sedetti vicino a lui per consolarlo:
«Ascolta, conosci Louise, lei è talmente sensibile! Potresti andare a parlarle.»
«E in che modo, hai visto come si è allontanata di corsa appena mi ha visto?!» disse, ormai piangendo e singhiozzando. «Non vorrà rivedermi neanche a pagarla!»
«Lei ti ama, vorrebbe stare con te più di ogni altra cosa al mondo. L'unica persona che potrà renderla felice, sei tu. Io credo che se tu andassi a parlarle, non riuscirà a dirti di no. Jason, va' da lei, io rimango qui e aspetterò che abbiate finito di parlare, va bene?»
Lui sembrò pensarci un po', fino a quando si convinse. Fece per alzarsi, ma sentimmo un rumore proveniente dal piano di sopra. Io e Jason ci guardammo, confusi e spaventati. Corremmo subito verso camera mia e capimmo che Louise non era più lì.

(POV LOUISE)
Rimasi in camera di Joanie per un po' (dove sentivo ogni parola, anche perché urlavano), fino a quando non sentii Jason dire che si era trasferito definitivamente qui.
Non sapevo cosa fare, avrei voluto non uscire più da quella dannata camera e iniziai a piangere come una fontana. Ma perché cazzo voleva complicarmi tutto?! Non gli bastava avermi fatto soffrire dopo la nostra rottura?!
Dopo un paio di minuti di pianto ininterrotto, decisi che la cosa più logica da fare era andarsene via di lì. Così mi alzai di scatto, aprii la porta per poi sbatterla e iniziare a correre.
Corsi verso le scale, poi, non sapendo cosa stessi facendo, raggiunsi la porta di ingresso.
Raggiunsi il cortile, mentre pioveva a dirotto. Avrei tanto voluto fermarmi, perché pensavo che quello che stessi facendo era stupido e ridicolo. Ma non lo feci: proseguii fino a quando non sentii una presenza dietro di me.
«Louise fermati!» Jason urlava a squarciagola, ma io continuavo a correre.
Non volevo fermarmi, non dovevo!
Non meritavo qualcuno che mi facesse piangere ogni qual volta ne sentivo parlare.
Non volevo piangere ancora.
Non volevo che mi lasciasse di nuovo.
IO NON VOLEVO RICASCARCI.
Sentii la mano di Jason afferrarmi il polso, quasi mi fece male.
«Vedi di lasciarmi, stronzo!» gli urlai, mentre la pioggia continuava a cadere.
«Ascoltami ti prego!» mi trattenne con tutta la sua forza.
La strada era deserta, a causa del maltempo, eravamo tutti e due fradici. L'unica cosa a cui pensavo era se picchiarlo o meno.
«Stai zitto, STAI ZITTO! Non voglio sentirti!» continuai, ma lui non mi lasciò.
«Mi fai il piacere di ascoltarmi?» mi disse con le lacrime agli occhi, continuai a piangere e ad agitarmi.
«Sta' zitto, basta!» gridai con tutta me stessa e piansi sempre di più, appoggiai la mia testa sulla sua spalla. Non so perché feci quel gesto, ma lui mi abbracciò. Dopo un po', mi staccai dal suo abbraccio, e mi diressi verso casa mia.

Nel mentre, la pioggia si fece sempre più intensa. Era come se le mie emozioni si riflettessero nel tempo atmosferico.
Appena entrata in casa non salutai nessuno, guardavo diritto la porta della mia camera e mi chiusi dentro.

(POV JOANIE)
Volevo raggiungere Louise. Non sapevo cosa fare. Dopo un po' vidi Jason rientrare in casa. Lo guardai capendo che non era andata bene.
«Ecco, tieni.» passai un asciugamano a Jason per asciugarsi i capelli.
«Mi sento uno schifo.» cominciò a parlare, ripeté in continuazione di sentirsi uno schifo.
«Adesso smettila, questa storia non può continuare così! Ora la chiamo.» dissi, prendendo il cellulare.
Il primo tentativo fallì, come anche il secondo e il terzo ancora. Aveva il cellulare spento e non so quando e come avrei potuto contattarla.
«Io devo andare, se hai qualche notizia avvisami.» se ne andò verso la porta d'ingresso.
«Certo. Ah scusami, ma hai già trovato una casa?» chiesi raggiungendolo.
«No, starò a casa di un mio amico, in un appartamentino vicino al parco.» si asciugò le ultime lacrime.
«Ah capisco. Ci sentiamo in questi giorni.»
«Sì, va bene, ciao e grazie, almeno tu mi hai ascoltato.» ci abbracciammo, era davvero a pezzi, chiusi la porta e me ne andai di sopra nella mia stanza.

Mi sdraiai sul letto. Portai le mani al volto, dicendo:
«Che casino!»

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