14. Dust on the books

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


Cominciare la mattina con una tazza bollente di thè e una fetta di torta al cioccolato è, decisamente, un ottimo modo per cominciare una giornata di lavoro fatta di polvere e catalogazione. Appoggiata al bancone della cucina, guardo fuori dalla finestra stringendo tra le mani la tazza fumante e soffiandoci sopra. Sotto di me, Cagliostro, con un balzo, salta sul bancone e annusa la torta che ho preparato la sera prima, miracolo visto il poco tempo che ho adesso.

"Tu non puoi mangiare dolci, tesoro" -il musetto si sposta su di me e ho come l'impressione che mi capisca veramente. Cerca, con la zampina, di allontanare il piatto che si frappone a noi ma non ci riesce così lo aiuto io. Tolto l'ingombro, mi raggiunge e si sdraia in modo da avere la schiena a contatto con la mia pancia. Si abbandona sul bancone e mi guarda. "So cosa vuoi" -passo la mano sulla sua pancia e lui si lascia andare ancora di più. Si lascia accarezzare e fa convergere la mia totale attenzione su di lui fino a quando la sveglia del mio telefono non mi ricorda che se non mi muovo non arriverò mai in tempo al lavoro. Abbandono il gatto in cucina e mi faccio una bella doccia calda. Il getto d'acqua bollente distende i miei nervi. Mi lascio circondare dal vapore e dal profumo, immancabile, di lavanda che aleggia nel bagno. Cagliostro mi ha seguita come un'ombra e aspetta paziente che esca dalla doccia per affiancarmi. Da quando l'ho accolto non mi abbandona mai. Mi guarda, anzi, mi scruta come per capire le mie abitudini. Mi studia. Finisco di prepararmi e poi raccolgo le mie cose, chiavi comprese per uscire di casa. Una volta che apro la porta, Cagliostro corre fuori ad una velocità che non mi permette di fermarlo. Di fretta mi chiudo la porta alle spalle e cerco di raggiungerlo, prima che scappi in strada e finisca male. Le mie aspettative vengono, fortunatamente, dissolte quando lo vedo davanti alla porta di casa di Will a soffiare contro il legno. Il suo corpo è teso e la il muso è stato sfigurato da una maschera di rabbia.

"Cagliostro! Smettila immediatamente!" -lo raggiungo e lo prendo in braccio ma lui continua a dimenarsi e a soffiare alla porta dello Straniero. "Si può sapere cosa ti prende?" a fatica riesco a trattenerlo e a riportarlo dentro casa. Lo lascio sul tavolo della cucina e lo chiudo dentro, assicurandomi che stia fermo dove l'ho lasciato.

*

La primavera di Oxford prevede, nel suo menù, pioggia, sole, vento e un pastiche di questi tre ingredienti. Fortunatamente oggi la pioggia non ha intenzione di farsi vedere. Questo tipo di giornate metterebbero di buon umore chiunque. Parcheggio la bicicletta, insieme a tutte quelle degli altri studenti, nel cortile principale dell'Università con tanto di catena. Pare che adesso lo sport preferito di alcuni sia rubare le biciclette di studenti e professori. Nonostante mi abbiano spostata nella sezione spettacolo, sono costretta a timbrare il mio cartellino nella biblioteca Bodleiana. Percorro le grandi scale settecentesche, maledetti gradini bassi, con una certa fretta ed entro tutta trafelata nella biblioteca.

"Buongiorno, lo so, lo so...sono in ritardo" -vedo con la coda dell'occhio Crane intento a fissare lo schermo del computer. Dalla parete dietro di lui, prendo il cartoncino con il mio nome e lo inserisco nella obliteratrice, come quando si sale sull'autobus. Ripongo il cartellino al suo posto e guardo la vecchia carampana che non ha accennato alcun movimento o suono alla mia presenza. "Si sente bene?" -alle mie parole, seguite dalla mano destra che si appoggia sulla sua spalla, segue un verso che incomprensibile per chiunque non sia Crane.

"Mh? Cosa? Sì, sto bene .... ah, il professor Charles verrà a spettacolo per parlarti di una cosa."

"Va bene. E' veramente sicuro di stare bene?" -è preoccupante non sentire commenti sarcastici o battutine da lui. Crane mi guarda come se fossi scesa da Marte.

"Non lo so, vuoi restare qui ancora per molto e vai a guadagnarti uno stipendio" -ok, è tutto nella norma. Adesso è tornato l'antipatica carampana di sempre. Lascio la biblioteca e, in sella alla mia bicicletta, mi dirigo al mio nuovo lavoro.

*

Più giorni passo a spazzare e togliere la polvere e più lei si accumula. Non entra mai nessuno qui, dannazione, come è possibile che ci sia sempre più polvere. La mattina è volata tra scopa, spiumino e mocio a pulire prima di pensare di inventariare tutti i libri che sono contenuti in questa stanza. Ho tolto tutti i libri dagli scaffali, impilati in ordine di settore e per autore, raptus da pazza, e ho pulito tutto. Sono quasi tentata di tenere chiuso per un paio di giorni e dedicarmi alle sole pulizie. Non si può permettere di avere questo disordine in una biblioteca. Sconsolata, mi abbandono su una sedia e il mio sguardo cade sull'orologio da muro sopra alla porta d'ingresso. Le 13.30. La fame si palesa prepotentemente dal rumore che il mio stomaco decide di produrre. Non mi sono nemmeno resa conto del tempo che passava. Troppo impegnata a interpretare il ruolo di Cenerentola di Oxford. Chiudo tutto a chiave, prendo la borsa e vado a cercarmi del cibo perché non riuscirò mai ad arrivare a sera senza aver mangiato qualcosina. Fosse anche un pacchetto di cracker e un caffè.

Il centro di Oxford è costellato di piccoli posticini da dove esce uno squisito profumino di cibo e pane appena sfornato. I locali della via principale, adesso che il sole si è degnato di uscire allo scoperto, hanno creato piccoli dehor con sedie e tavolini che invitano a sedersi. Guardandomi intorno so benissimo che se dovessi sedermi non mi alzerei più e, così, addio al lavoro. Quindi, ordino un toast da portar via e me lo gusto nel tragitto per tornare a spettacolo. I ragazzi scorrono a fianco a me con i sorrisi di chi è spensierato e non ha altro a cui pensare che "quante pagine mi rimangono da studiare? Sarò abbastanza preparato?". È un piacere guardare gli studenti nei bar alla mattina, con i loro caffè e gli appunti che si scambiano, le impressioni e le risate. Oh, le loro risate ti mettono di buon umore. Persa nel guardare i ragazzi per le vie del centro, non mi rendo nemmeno conto di essere arrivata davanti al portone della succursale di spettacolo. Abbasso lo sguardo verso il mio pranzo e lo trovo ancora intatto. A lato della porta antipanico dell'ingresso, c'è una scalinata in granito sulla quale, ogni tanto, trovo degli studenti che pranzano. Seguo il loro esempio e mi accomodo cercando di non combinare disastri e finire in pace questo povero toast. Davanti a me non c'è molto. Un corridoio con i bagni, quelli belli, il corridoio di Archeologia e poi, alla mia sinistra, un'altra grande scalinata che porta ad un'aula dove non sono mai stata. Anche perché, quando ero studente io, era chiusa al pubblico. Finito anche l'ultimo boccone, e avendo ancora una mezz'ora abbondante prima di dover timbrare il rientro, tiro fuori il telefono dalla borsa e mi concedo qualche minuto su Instagram. Giusto per vedere cosa combina il resto del mondo che non vive ad Oxford e non fa la bibliotecaria. Normalmente, vive vite avventurose e fotografa paesaggi da sogno.

"Buongiorno Elizabeth" -alzo lo sguardo, presa alla sprovvista, e davanti a me, senza che me ne accorgessi, è arrivato Charles. Cavoli, Crane mi aveva avvisata.

"Buongiorno!" -blocco il telefono e lo ripongo nella tasca della giacca che, pur essendo al chiuso, non ho voluto togliere. "Crane mi aveva detto che saresti passato qui. Hai bisogno di qualcosa? Preferisci che entriamo?"

"Tranquilla. Possiamo restare anche qui. Non è nulla di formale." -si siede a fianco a me, slacciandosi l'unico bottone della giacca con toppe che indossa. "Tra qualche settimana ci sarà un incontro di archivistica con esponenti di tutto il panorama europeo. Mi hanno invitato ma, sinceramente, non ho proprio voglia di andare. Ho del lavoro che non posso e non voglio procrastinare qui. Quindi...pensavo di chiedere a te di prendere le mie veci"

"Vuol dire che devo prendere parte agli interventi? Perché immagino che tu fossi nel programma"

"Tranquilla. Non devi assolutamente parlare. Prenderai solo appunti. Vedilo come un corso di aggiornamento. Allora, accetti?" – il suo volto si è inclinato e spostato verso di me. E adesso cosa faccio? Valuto tutto quello che mi ha detto e se, effettivamente, non devo intervenire in alcun modo ma soltanto ascoltare e fare la studentessa, non vedo cosa ci sia di male.

"Va bene. Accetto."

"Oh, perfetto. Mi togli da un bell'impiccio. Per il viaggio e l'alloggio non ti preoccupare. Lascerò detto agli organizzatori di cambiare solo il nome del partecipante." -ah, beh meglio. "Va bene, ti invierò il programma degli interventi e tutto il materiale che hanno lasciato per me. Buon lavoro" -si alza senza fatica dal gradino e se ne va com'era arrivato. In silenzio.

*

Le buste di carta della spesa, dannato supermercato che vuole fare il diverso, pesano tra le mie braccia. Il frigorifero chiamava a gran voce una spesa come si deve e, purtroppo, non sono ancora così borghese da farmi recapitare la spesa a casa dal corriere. Sono ancora il tipo di persona che prende carta e penna e si crea, su un foglietto preso a caso dall'agenda, la lista della spesa. Inoltre, casa mia non è attrezzata per un gatto e ho dovuto scegliere anche il cibo per Cagliostro. Anche se, ho la netta sensazione che non toccherà niente di quello che gli ho preso e cercherà di rubare il cibo da umani. A pochi passi dal portone d'ingresso mi blocco. Cagliostro, non so in che modo, è in strada a farsi accarezzare da un ragazzo.

"Cagliostro!" -mi avvicino a passo svelto e appoggio le buste della spesa acconto al portone di vetro- "come hai fatto a uscire di casa?" -sono spaventate perché non avevo lasciato alcuna finestra aperta e la porta era chiusa a chiave. Dopo la reazione di questa mattina davanti alla porta Will pensavo che se ne sarebbe rimasto in casa a combinare qualche danno al divano. E invece no. "Scusi! Non so come sia uscito di casa" -non guardo nemmeno il ragazzo. Prendo il braccio il gatto e poi mi volto verso le buste della spesa. Bene Liz, a meno che non ti crescano delle braccia in più, quelle non puoi sollevarle da sola.

"Ammetto che questo non era la reazione che mi aspettavo. Sperano in qualcosa di un pochino più eccitante" -oh dio. Mi giro verso il ragazzo perché riconosco questa voce calda e avvolgente. Ricordo quel tono basso che sussurrava al mio orecchio parole che non sarebbe il caso ripetere, visto il contesto in cui siamo. Non è cambiato per nulla. Capelli sbarazzini, barba e quell'aria da furbetto che lo contraddistingue. Roger.

"Esattamente, cosa pensavi che facessi? Siamo in un luogo pubblico" -lo guardo di sottecchi mentre il gatto si posiziona sulla mia spalla e libera le mie braccia per raccogliere la spesa.

"Non lo so. Quella che fa magie sei tu" -la saliva mi va di traverso e comincio a tossire. Questa da dove gli è uscita? Cagliostro si irrigidisce sulla mia spalla, percepisco la sua preoccupazione ma anche un senso di tranquillità che calma il mio attacco.

"Sì, certo. Aiutami a portare le buste della spesa. Uomo delle magie"

"Agli ordini!" -Roger raccoglie le buste di carta da terra mentre apro il portone e lo faccio entrare, assicurandomi che Cagliostro non cada dalla sua posizione, a mio avviso, molto precaria. Percorriamo il corridoietto che porta all'ascensore in silenzio, solo i nostri sguardi si incrociano e, in rapida successione, i nostri sorrisi si aprono. Il campanellio fastidioso dell'ascensore ci avvisa che le porte si stanno chiudendo.

"Quindi ... sei tornato" -l'imbarazzo ha preso pieno possesso del mio viso anche se cerco di nasconderlo nel collo del gatto che apprezza molto.

"Già... sai com'è, mi mancava Oxford" -non lo guardo ma non credo molto a quello che dice. Le sue frasi hanno sempre nascosto un doppio senso, le sue azioni un doppio fine. Prima che partisse era tutto chiaro ma, adesso, non capisco quale sia il fine.

"Non ne dubito. È così pura e limpida"

"Già...anche se nasconde un lato selvaggio" -mi sento colpita. Ho la sensazione che questa frase sia riferita a me e mi sento in imbarazzo. Fortunatamente, l'ascensore si ferma e le porte si aprono in modo che possa schizzare fuori. Inserisco le chiavi nella tocca a fatica. Non capisco perché mi tremino le mani. Finalmente la serratura si sblocca e la porta si apre. Cagliostro scende dalla spalla e salta sul tavolo della cucina mentre accendo tutte le luci. Roger non dice nulla, entra e appoggia le buste sul tavolo. Si guarda intorno, come se cercasse di comparare i ricordi con quello che vede ora.

"Non è cambiato nulla..." -già, casa mia è sempre la stessa. Solo la padrona ha qualcosa di diverso.

"Gia..." -non so cosa dire, come e soprattutto cosa fare. Me ne sto qui ferma, attaccata alla porta come una bambina impaurita. Non mi aspettavo di trovarmelo sotto casa a fare le coccole al mio gatto. Non mi aspettavo proprio di rivederlo più. Avevo capito che si fosse trasferito a Londra. Basta! Non è niente di che. Mi stacco dal mio posto e comincio a sistemare la spesa quando sento una mano calda chiudersi sulla mia e una carezza, della stessa temperatura, posarsi sulla spalla. Dalla mano, percorre tutto il braccio e mi circonda in un abbraccio, caldo, sicuro. La rete dei limoni rimane sul tavolo, abbandonata a sé stessa, mentre vengo circondata da braccia forti e avvolgenti. Lo sento inspirare il mio profumo attraverso i capelli e lasciare un bacio lento.

"Mi sei mancata"


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro