15. Coffee taste

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Mi sei mancata

Tre semplici parole che possono abbattere dei muri. Parole che ti scaldano il cuore e la mente. Che ti rilassano e ti fanno abbandonare alla sensazione che le sue braccia ti trasmettono. Calore. Sicurezza. Protezione. Parole che hanno accompagnato ogni suo bacio e carezza sulla mia pelle. Mi hanno fatta addormentare in modo tranquillo, con la testa sul suo petto. Ho abbandonato me stessa alla possibilità di avere un qualcosa di normale con una persona. Mi sono lasciata andare alle sensazioni che lui mi trasmetteva. Abbiamo fatto sesso, ma non nel modo in cui ci divertivamo prima. Il prima sembra un tempo lontano. L'adesso è il momento nel quale sono stesa nel letto, supina, con il lenzuolo a coprirmi appena sopra l'osso sacro, e le sue dita che percorrono, lentamente, la mia schiena. Una carezza calma, come i suoi baci, come le sue spinte, come il ritmo che ha dettato per tutta la notte. Lento, come questo risveglio, come il mio corpo, intorpidito, che non vuole muoversi e godersi il momento. I suoi baci arrivano fino al mio orecchio.

"Vado a preparare un caffè. Non ti muovere"

"Mmh" – stiracchio il mio corpo indolenzito tra le lenzuola che hanno preso la sua temperatura. Mi sento pigra. Il candore del mio letto viene interrotto da una macchietta nera e pelosa che balza ai miei piedi. Si avvicina a me e si porta sul cuscino che per tutta la notte è stato suo. Il musino di Cagliostro comincia a strofinarsi contro la mia guancia e le fusa che emette mi rendono ancora più pigra di quello che già sono. Lo accolgo tra le mie braccia e lascio passare le dita tra il suo pelo lucido, fino alla coda. "Tu ed io dobbiamo fare due chiacchiere...come sei uscito di casa, eh?" -la sua risposta è sdraiarsi sul mio petto e contorcersi per avere coccole maggiori. "Non me lo dirai eh....va bene". Lascio che il gatto si stiracchi sul mio addome. Sono minuti che Roger è in cucina a preparare un caffè e il tempo che sta impiegando è troppo per mettere insieme acqua e chicchi macinati e l'assenza di rumore mi preoccupa ancora di più. Non conosce il mio appartamento e mi aspetterei di sentire rumore di padelle o bicchieri rotti. Invece nulla, niente. Il silenzio. Mi sporgo dal letto alla ricerca della sua camicia da mettere per vedere se è tutto in ordine ma non faccio in tempo a fare nulla. Dalla porta spunta Roger, in boxer, stringendo un vassoio con caffè, torta e un tulipano, rapito dalla brocca sul davanzale, tra i denti. Lo appoggia sulle coperte stropicciate e poi, in modo teatrale, toglie anche il fiore dai dente e me lo porge.

"La colazione" -apre le braccia per far vedere bene la composizione dei piattini e tazze. Mi sollevo portando con me anche una parte del lenzuolo abbastanza grande da poter coprire il petto. Roger mi guarda con attenzione mentre compio questo semplice gesto e poi, con calma, avvicina la mano alla mia guancia e lascia una carezza. Calda. È spontaneo, per me, sporgermi nella sua direzione e lasciare un bacio sulle labbra. Calde anche quelle.

"Buongiorno" -ci mette qualche secondo per focalizzare e processare quello che ho fatto. Lo lascio in quello stato per prendere la forchetta e avventarmi sulla fetta di torta che avevo preparato l'altro giorno. Non so come sia resistita fino ad oggi ma meglio così. Altrimenti non avrei avuto questo risveglio ma solo una tazza di caffè fumante. Trattengo, fra le labbra, la forchetta e guardo lui compiere lo stesso gesto. Emana tranquillità. La sua pelle è leggermente più scura dell'ultima volta che l'ho visto ed emana un bagliore appena accennato come i raggi del sole di prima mattine che si infrangono sugli oggetti. Il mio sguardo percorre tutto il suo addome fino a incrociare i suoi occhi e in quel momento il bagliore appena accennato si converte in una luce aranciata. Calda. Più mi guarda e più il bagliore si intensifica. La luce aumenta l'intensità e sono costretta a strizzare leggermente gli occhi per non rimanerne accecata. La torta è la soluzione. Finisco la colazione con rapidità e poi prendo tra le mani la tazza, ancora fumante, di caffè. "Quindi....tornerai ad Oxford?" -devo sapere se resta o no. Devo sapere cosa potrebbe essere di tutto questo.

"No. Resterò a Londra" -non so come reagire. Dopo l'affermazione di ieri sera mi sarei aspettata una risposta diversa. Sì, torno. Questo era quello che avrebbe dovuto dire. Questo è quello che il mio cervello aveva già catalogato e accettato- "il lavoro che mi hanno offerto richiede la mia costante presenza e, soprattutto, che sia reperibile sempre" -improvvisamente il caffè fumante è diventato molto più affascinante che guardare Roger a torso nudo- "ma...puoi venire da me il weekend. Tanto, in treno, ci vogliono solo venti minuti e ti faccio vedere la città. Oppure no e restarcene tutto il giorno a letto" -l'idea di andare a Londra ogni tanto mi attira. Forse lo farò. Forse conviene provare a vedere cosa succede dopo sta notte. Forse.

"Un fine settimana posso farlo. Vedremo" -gli sorrido ma non so cosa fare. Cosa si fa in questi casi? Avrebbero dovuto scrivere un piccolo elenco di cose da dire e fare per questi momenti.

"Non pensarci. Il tuo viso è molto più carino senza quell'ombra di preoccupazione" -accompagna questa frase con un altro gesto. Chiude le mie mani, che ancora brandiscono la tazza, tra le sue. Mi soffermo su questa immagine e mi viene spontaneo sorridere- "Esatto. Molto meglio" -ecco quello che mi mancava. Serenità, tranquillità, protezione da un uomo. Da sotto le nostre mani spunta il musino di Cagliostro che brama per avere attenzioni e, soprattutto, coccole. Venduto. "Tu sei nuovo da queste parti...da quando hai un gatto?"

"E' una storia strana in realtà. È comparso una mattina sul davanzale della finestra e da una settimana non se ne vuole andare"

Cagliostro, intanto, annusa con attenzione Roger e, dopo un primo verso di disapprovazione, si arrampica sulle sue gambe per accoccolarsi contro l'addome e godersi le sue attenzioni. Sono convinta che lui abbia scelto per me.

"Ciao piccolino....ce l'hai un nome?"

"Si chiama Cagliostro" -Roger mi guarda un po' confuso. Non posso pretendere che capisca il riferimento- "è tratto da un film. Bell, book and candle con Kim Novak. Lo avevo dovuto studiare durante il corso di cinema in triennale e mi era piaciuto così tanto che ho deciso di chiamare il gatto in quel modo"

"Particolare. Mi piace" -Cagliostro apprezza particolarmente Roger, tanto da fare le fusa. Venduto.

*

Roger ha insistito per accompagnarmi al lavoro. Così mi ritrovo a camminare per le vie di Oxford con il braccio di Roger che circonda le mie spalle e, ogni tanto, affonda il naso tra i miei capelli. Gli ho chiesto perché lo facesse e la sua risposta ha rischiato di farmi rimanere bloccata sull'autobus invece che scendere. "Così ho qualcosa per ricordarti fino alla prossima volta". Solo il fastidioso fischio delle porte che si stavano per chiudere mi ha ridestata dal io stato di trans e mi ha fatto fare un balzo per sgusciare fuori. Mi ha spiazzata. Arriviamo nel cortile principale in questo modo. Abbracciati. Proprio al centro si trova il classico e conosciutissimo baracchino del caffè e Roger mi trascina per mettermi in coda perché un caffè prima di partire glielo devo.

"Vieni qui" -mi porta a contatto con il suo maglione oversize e, chinandosi su di me, mi bacia. Lentamente e cerca di prolungarlo il più possibile. Niente di eccessivo ma abbastanza da far girare la testa e diventare instabile.

"Anche questo era per ricordo?" -alza i Rayban scuri sui capelli come fosse un modello di qualche rivista di moda e abbassa leggermente il mento nella mia direzione come assenso. Dalle labbra mi esce una sana risata. Raggiungiamo il ragazzo del baracchino e ci facciamo preparare due caffè americani da portar via e ci dirigiamo alla Bodleiana. Trovo una perdita inutile di tempo dover per forza passare dalla biblioteca centrale per timbrare e poi dover attraversare mezzo campus per dirigermi al posto di lavoro effettivo. Saliamo le scale mano nella mano, teneramente intrecciati. Roger ha insistito per portare lui la mia tracolla da lavoro perché così la mia schiena non ne avrebbe risentito e io mi godo la visuale. Ha acquisito un fascino tutto suo con la mia borsa sulla spalla che sale gli scalini a due a due. Arriviamo alla reception in anticipo, lascio Roger all'ingresso guardarsi intorno ammirato mentre io timbro il cartellino nell'obliteratrice. Quando questo sistema si sarà digitalizzato io sarò tre metri sottoterra e non avrò il piacere di vederlo. Sulla scrivania di Crane è stato abbandonato un fascicolo con il mio nome scritto a mano sopra. All'interno trovo tutto il materiale di cui mi aveva parlato Charles. I biglietti aerei, il programma e la prenotazione nel b&b che avevano dato a lui. In aggiunta c'è un foglietto con gli auguri di divertirmi. Prendo la cartelletta tra le braccia e raggiungo Roger che continua ad essere perso come un cagnolino abbandonato. Intreccio le dita tra le sue e lo porto fuori. Insiste per accompagnarmi anche alla sezione spettacolo ed io non ho la forza per obbiettare anche perché spero in un altro bacio come quello di prima. Davanti alla porta antipanico, dietro la quale posso accedere solo io perché ho il cartellino elettronico, Roger si arresta di colpo trattenendo anche me per la mano. Applica poca forza per fare in modo che mi scontri contro il suo addome e venga stretta in un abbraccio avvolgente. Istintivamente porto le braccia sulla sua schiena e cerco di ricambiare, nonostante la differenza di statura. Nascondo il viso nell'incavo del suo collo e faccio quello che ha fatto lui per tutto il tragitto da casa a qui. Imprimo nella memoria il suo profumo di muschio e uomo. Questo è il suo odore. Inconfondibile. ci stacchiamo quel tanto che basta affinché le nostre labbra si trovino e si intreccino anche loro, come le dita. È un bacio lento, tutto da assaporare e gustare. Quando ci separiamo le nostre fronti si toccano e rimaniamo in quella bolla per alcuni secondi, con gli occhi ancora chiusi. Lentamente prendo la borsa dalla sua spalla e poi mi avvicino al suo orecchio.

"Ci vediamo sabato" -gli lascio un bacio sulla guancia e poi sparisco dietro la porta antipanico verde.

*

Sono stata distratta tutto il giorno. Non ho fatto altro che pensare alla notte passata e alle sensazioni che ho provato. Sono sorpresa. È risultato tutto così naturale e semplice che un po' mi spaventa. Sento il bisogno di raccontarlo a qualcuno e l'unica persona che mi viene in mente è Zoe. Senza nemmeno rendermene conto la mia mano è già alla ricerca del cellulare per digitare il suo numero.

Ehi! Riesci a passare da me sta sera?

Devo raccontarti una cosa

Blocco lo schermo e cerco di rimettermi in pari con la scaletta mentale che mi ero fatta i primi giorni in modo da portare a termine il prima possibile questo incubo. La risposta di Zoe non tarda ad arrivare e abbandono il piumino sul tavolo per prendere in mano il telefono.

Mandami la posizione

Le mando il mio indirizzo e ripongo il telefono nella borsa. Il suo lavoro è rimandato alla pausa pranzo quando spulcerò Instagram per passare il tempo.

*

In previsione dell'arrivo di Zoe ho dato una veloce rassettata al salotto e tagliato delle verdure che avevo nel frigo, in evidente necessità di essere consumate. Ho cercato di creare armonia su un tagliere con al centro una ciotolina di hummus perso in quel costoso supermercato dietro l'angolo. Dannato. Sono agitata. È da quando se n'è andata da casa di Sally che non la vedo e non la sento. Magari il suo atteggiamento nei miei confronti è cambiato. Giro per la stanza come un'indemoniata nella vana speranza di calmare i miei nervi ma niente aiuta. Nemmeno la tisana rilassante che mi sono preparata qualche minuto fa. All'improvviso mi blocco tra il divano e il tavolo della cucina. Una sensazione famigliare invade il petto, come una corda che viene tesa con intensità. Mi giro verso l'ingresso e la corda dal petto oltrepassa la porta d'ingresso. Giro la manopola perché so che dall'altro lato la persona non ha bisogno di suonare alcun campanello. Aldilà del legno bianco, Zoe è ritta e avvolta nella sua giacca di pelle nera e le spalle coperte dalle treccine.

"Ehi" -le sorrido. Mi è mancata. Non realizzavo quanto mi fosse mancata fino ad adesso.

"Ehi bambolina!" -con una leggera pacca sulla spalla, mi sorpassa ed entra in casa mia- "Come te la passi?" -lancia, letteralmente, la borsa sul divano e gira su sé stessa per dare una rapida occhiata intorno.

"Bene...più o meno" -le ho chiesto di venire qui per raccontarle di Roger ma, ora, mi rendo conto che non so da che parte cominciare- "Ho preparato qualcosa da mangiare" -le indico il tavolino sul quale ho allestito una cena improvvisata. Zoe la guarda e percepisco il suo scetticismo anche se è di spalle. Lo sarei anch'io se mi presentassi a casa di una cugina sconosciuta e lei mi proponesse una cosa del genere ma non avevo altro nel frigo. Meno male che dalla camera esce Cagliostro che balza sul divano e cattura l'attenzione di Zoe.

"Hai un gatto!" -la sua voce si alza di qualche ottava e si china su di lui per accarezzarlo e lui, da bravo gatto, si lascia stropicciare per bene- "Ciao pasticcino, ciao" -Zoe con i gatti è una persona diversa. Una cosa da registrare mentalmente. Insieme sono molto buffi. Li raggiungo e mi raggomitolo sul divano con loro. Una volta che Cagliostro si è stufato delle coccole e ha deciso che era l'ora del cibo, Zoe ed io guardiamo il vassoio e poi ci scambiamo uno sguardo che sfocia in un'invocazione all'unisono. Cinese.

*

Dopo due porzioni di riso alla cantonese, quattro scatole di ravioli misti e maiale in agrodolce, il tavolino ha preso l'aspetto di un campo di battaglia. Sono stata abbattuta dal troppo cinese che non riesco nemmeno a muovermi per preparare un thè. Zoe non è in condizioni migliori. Ha tolto il chiodo che sta facendo compagnia alla sua borsa, sul pavimento. Le braccia sono scoperte visto che indossa una canottiera corta. La sua pelle è disseminata di tatuaggi ma uno su tutti cattura il mio sguardo. Sull'avambraccio spicca, tra tutti, un occhio. Mi avvicino e lo sfioro con delicatezza. Lei mi lascia fare senza obbiezioni.

"Ha un significato?" -sono ormai ipnotizzata da quel semplice disegno che, però, so nasconde altro.

"E' un sigillo. Mi permette di Vedere le creature magiche. Tipo occhiali da vista alternativi" -cattura una treccina tra le dita e comincia a giocarci.

"Perché io non ce l'ho?"

"Il tuo è un caso particolare. Durante il battesimo nei boschi ti hanno cosparso il viso con un unguento e il giorno dopo hai visto il vero aspetto di Sibyl. A quanto pare quelle vecchie pazze ne hanno fatto una dose soft"

"Riesci a prepararne una versione più forte e permanente?" -sono curiosa di sapere cosa succede dopo l'unguento. Voglio Vedere- "Cosa succederà dopo?"

"Oh oh oh, vedrai tutte le creature magiche per come sono nella realtà. Vampiri, fate, cani mannari. Tutto" -si porta di fronte a me e mi prende il viso tra le mani- "E' una figata! È come mettere gli occhiali"

"Voglio Vedere"



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