19. Unctio

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 "What is a queen without her king?

I don't know, bur let's ask

Cleopatra, Nefertiti, Hatshepsut, Sammuramat,

Victoria, Elizabeth, Amina, Tzu-hsi

and the countless other kingless queens

who turned mere kingdoms into

the greatest of Empires"

Queens – Nikita Gill

Il tempo inglese è veramente imprevedibile. Appena ci si abitua al sole, al suo tepore, alla serenità che ti trasmette arriva un temporale improvviso. Il classico temporale che arriva, si scarica e poi se ne và. Come nulla fosse. Mi ero abituata al sole ma adesso devo fare i conti con le conseguenze che il temporale comporta. I fulmini hanno causato dei danni che non avevo previsto. Ho divorziato da Jessica. Eccolo, il fulmine che ha squarciato il cielo sereno nel quale mi trovavo. L'eco del rombo non mi ha lasciato dormire. Il letto assomiglia ad un campo di battaglia per tutte le volte che mi sono rigirata. Alla vana ricerca di una posizione per rilassare la mente e trovare Morfeo ad aspettarmi a braccia aperte. Ma non è arrivato. Non si è fatto vedere ed io sono ancora qui, nel letto, a cercare di capire cosa fare. Persino Cagliostro è irrequieto. È sempre sull'attenti e, a volte, è intrattabile. Non devo provare ad avvicinarlo. Ci sono momenti nei quali si avvicina e si comporta come prima ma altri, imprevedibili, lo portano a soffiarmi contro. È un turbinio. Come me. Non sa come comportarsi. Come me. Le lancette della sveglia hanno appena scoccato le 4,30 del mattino. Non sopporto questo stato. Sposto le coperte da mio corpo e le lancio alla fine del letto. Basta. Apro la porta del frigorifero e prendo le uova e il burro. Dallo scaffale estraggo la farina e rovescio il tutto sul tavolo. Devo calmarmi e fare entrare la luce dentro il muro di nuvole nere che ci sono. Immergo le mani nel composto e preparo la pasta frolla. Quando si è in questo stato, la frolla aiuta sempre. È un antistress. Piuttosto che rompere dei piatti, ci si sfoga così. Almeno ne esce un dolce. Mentre farina e burro ricoprono le dita, ripenso a quello che è successo in Italia. Il fulmine che ha lanciato Will mi ha colta così di sorpresa che ho, addirittura, alzato una folata di vento. I miei respiri profondi, per cercare di riprendere il controllo di me, si sono trasformati in aria. Devo imparare a controllarmi. Ho lasciato Will in quella piazzetta e sono corsa nella mia camera. Chiusa la porta, ho aperto il rubinetto nella doccia, tolto i vestiti in fretta, e mi sono buttata sotto l'acqua bollente. Ha funzionato finché non sono entrata in casa mia. Al ritorno non ho visto Will né in aeroporto, né sul treno per Oxford. Meglio così. Cagliostro è stato strano non appena sono andata a riprenderlo dalla signora Jenkins. Non voleva stare in braccio e nemmeno sulla spalla. Mi ha seguita, in solitaria, fino a casa e poi si è accomodato sul divano. Non mi ha mai seguita, nemmeno con lo sguardo. Sembrava non voler avere a che fare con me. Sembrava sapere cosa fosse successo e che la mia mente era nel pieno di un vortice. Sembrava giudicarmi. Ho provato ad avvicinarmi a lui, sul divano, ma ho iniziato a soffiarmi contro. Mi sono allontanata subito e lui ha smesso. Anche adesso, praticamente all'alba, mentre io impasto lui è lì, sul divano, stoico nella sua postura di giudice. Non ha lasciato il suo posto nemmeno una volta. Lui giudica la mia vita. Lo so. Lo vedo. Ho la sensazione che sappia tutto di me anche quando non sono, fisicamente, con lui. Ho il sentore che se continuo ad essere indecisa lui continuerà a soffiare. Avrei dovuto chiamarlo Salem. Ha lo stesso caratteraccio del gatto di Sabrina ma, fortunatamente per me, Cagliostro non parla. Formo una palla con l'impasto che, nel frattempo, ha preso forma e lo impacchetto nella pellicola. Lo ripongo nel frigo e, già che sono in ballo, preparo del thè. Mentre l'acqua è sul fuoco, prendo i croccantini e riempio la scodella.

"Avanti Cagliostro. Guarda...la colazione" - faccio rumore con la scodella ma lui mi guarda con aria di sufficienza e si volta dall'altro lato - " Oh beh senti....fai un po' come ti pare. Non rivoluziono la mia vita perché tu sei in preda ad una crisi. La lascio qui, se vuoi mangiare dovrai alzarti." Cerco di essere il più ferrea possibile ma lui mi abbatte, di nuovo. Mi guarda e il suo musetto ha l'aria di sfida più della mia. Come se nulla fosse, scende dal suo posto di guardia, annusa i croccantini, non li tocca e, schifato, torna nel suo angolo. Insopportabile. Quando l'acqua è pronta mi verso il thè e vado in bagno. Lascio il gatto in salotto a continuare nel suo comportamento di adolescente. Gli riesce benissimo. Odioso.

*

La biblioteca, dopo giorni a spolverare, assomiglia molto di più ad una vera biblioteca e non ad uno sgabuzzino per le cianfrusaglie. Rimane ancora ad uso esclusivo dei professori. Tutti questi stupendi manuali rinchiusi qui senza poter essere consultati apertamente dagli studenti. Costretti negli scaffali a prendere, nuovamente, polvere. Senza mai vedere la luce del sole o assaporare un'aria diversa da questo stanzino. Tra le mani stringo l'ultimo libro da riporre sulla mensola. Storia della regia del novecento. Teatro. Una materia che Robbie mi aveva convinta a frequentare dopo cinema. Una materia che le studentesse frequentavano solo per il professor Brannagh. Un uomo che è in grado di farti amare il teatro senza che te ne accorga. Immagino sia una capacità di chi insegna teatro o arte, essere affabile e farti appassionare. Prendo nota sul file di Crane del libro e poi spengo il pc. Le lancette dell'orologio segnano che è il momento di prendere un caffè. Il corridoio di spettacolo è un andirivieni di studenti che devono parlare con Robbie per avere chiarimenti sul corso, o con la Professoressa House per stabilire l'argomento di tesi. I loro volti sono pieni di aspettative e ammirazione per dei professori che, effettivamente, dovrebbero avere molta più influenza all'interno dell'Università. Mi fanno sorridere. Raccolgo le mie cose e mi faccio strada tra i ragazzi per uscire dal corridoio. Non prima di affacciarmi nell'ufficio di Robbie e salutarlo velocemente. Non me la sento di disturbarlo. Basta un cenno della mano e un sorriso. Mi giro per uscire dalla porta antipanico ma le mie gambe si fermano a pochi passi. Sulla porta Will ha due bicchieri di caffè da asporto tra le mani e, appena mi vede, sorride. Non posso evitare di passare da lui, blocca l'uscita. Mi avvicino e mi fermo a due passi e lo sguardo fisso sul suo volto.

"Ti ho portato il caffè"- mi porge il bicchiere che osservo attentamente prima di tornare a lui.

"Lo vedo...perché?" - comunque accetto il caffè e Will si sposata leggermente per lasciare la via di fuga libera da ogni ostacolo. Appoggio la mano sulla grossa maniglia ma non la apro.

"Fai una passeggiata con me" -la sua mano ricopre la mia ed io le guardo unite - "Voglio solo parlare"

"Ok" -accetto con un accenno di sorriso ma non sono ancora a mio agio. Faccio forza con la mano e lascio che la porta si apra davanti a me. Will mi affianca ed io riesco solo a trattenere tra le mani il bicchiere di carta. Non so nemmeno da che parte cominciare. Non so cosa dire. Per uscire dalla succursale, dove si trova la sezione spettacolo, bisogna passare dal corridoio di archeologia che percorriamo in religioso silenzio. Questi pochi passi mi stanno mettendo in ansia. Il sole, fuori dal portone principale, riscalda il viso mentre percorriamo le stradine che ci portano alla Bodleiana. Mentalmente, gli sto dando questo tragitto per poter parlare - "Allora...di cosa volevi parlare?"

"Di te" - questo, decisamente, non era l'argomento che mi aspettavo da lui. Strabuzzo leggermente gli occhi e provo stemperare il tutto prendendo un sorso di caffè. Dolce al punto giusto.

"Questo non mi sembra un grande argomento. Non c'è niente da dire" -cerco di nascondermi nel caffè ma so già che non potrà durare a lungo. Il caffè finisce ad un certo punto.

"Va bene....allora riprendiamo da dove avevamo interrotto" -ti prego no - "Avevi ragione. Sono sparito. In Italia ti ho detto che ho divorziato da Jessica. È vero...tecnicamente"

"Non ci credo!" - un'altra bugia - "Sei in grado di essere onesto una volta nella tua vita? Perché non ho voglia di ascoltare le tue scuse ancora" - aumento il passo. La passeggiata si è trasformata in me che cerco di staccarmi da Will. Non riesce a dirmi a verità. Perché è così difficile. Mi sento prendere per un braccio e, non so come, mi ritrovo a pochi centimetri da suo viso. Il naso a solleticare l'accenno di barba rossiccia che gli è cresciuta. In Italia non ci avevo fatto caso. Ad essere onesta, ho cercato di non fare caso a Will. Per precauzione. Forse da lui o forse solo da me stessa.

"Dopo che Jessica se ne era andata, ho avviato le pratiche del divorzio ma lei non si è mai presentata per la firma. È, semplicemente....svanita" -i suoi occhi non mi perdono di vista. Mi osserva, cercando di cogliere ogni minimo cambiamento. Io, dalla mia posizione, non mi muovo. I suoi occhi sembrano dire la verità.

*

Il negozio di tatuaggi di Zoe è pieno di persone che, accomodate sul divanetto, aspettano il loro turno sfogliando i disegni. All'occhio di una profana come me, è un locale scuro con tavoli da disegno e lettini di pelle per gli avventori che richiedono di essere le tele per le opere d'arte di questi ragazzi. La chiamata di Zoe ha evitato che la situazione tra me e Will precipitassero in mezzo alla strada. Mi avevo detto di presentarmi al negozio e aspettarla. Mi ha mandato la posizione per messaggio e, con una scusa, mi sono staccata dalle braccia di Will per venire da lei. La campanellina, sopra alla porta, suona il mio arrivo e, come da indicazioni, mi metto in un angolo in attesa di Zoe. Lei sa che sono qui. La stessa sensazione del filo che si tende è tornata e so che la sente anche lei. In fondo alla stanza più ampia, quella con i lettini, una tenda scura separa gli spazi. La corda tende in quella direzione. Zoe è lì. Muovo appena un piede quando dalla tenda esce Zoe con uno strofinaccio tra le mani, probabilmente per asciugarsele. Si accorge di me e, con un cenno della testa, mi indica la stanza dietro alla tenda. La seguo.

"Allora bambolina" - mi è mancata la sua voce. A dire il vero, mi è mancata lei - "Non ho molto tempo"

Dal chiodo appeso all'attaccapanni prende una boccetta di vetro. Al suo interno un liquido viscoso. L'unguento. Se lo rigira tra le mani per pochi secondi poi me lo porge. Lo esamino anch'io. Non sembra avere nulla di speciale. Ad un occhio esterno potrebbe essere semplicemente una boccetta con dell'olio al suo interno. Invece, questa è la mia porta. Questo mi permetterà di Vedere con chiarezza. Mentre giro la boccetta, Zoe si siede su una sedia.

"Avvertenze del medico....devi prenderlo regolarmente per cinque giorni. Gli effetti sono graduali ma ti assicuro che lo sballo è potente" - i miei occhi dall'unguento si spostano su di lei con attenzione - "Per una piccoletta come te non so quanto possa far bene ma..."

"Ti ho detto che volevo vedere.... Posso gestire le conseguenze"

"Ok ok....ritira gli artigli micetta!" - sul suo volto compare un sorriso sghembo e, in segno di resa, alza le mani come nei polizieschi - "Se hai problemi sai dove trovarmi" - ora il suo sguardo si è fatto un pochino più serio. Le sorride sperando che questo possa stemperare la tensione.

"Ma perché per cinque giorni? Non è un antibiotico" - quest'avvertenza è talmente assurda che potrebbe essere anche vera.

"Non faccio io le regole" - Zoe si alza dalla sedie e mi supera per tornare al suo lavoro. Nel farlo mi lancia una sguardo dalla testa ai piedi, per scrutarmi, e comincia a sorridere.

"Cosa c'è?" - non riesco a non ridere della situazione. È più forte di me.

"No...niente...tratta bene il gatto, verrò a strafogarlo di cibo"

*

Il barattolino mi osserva dal tavolo della cucina. Giudicandomi. Chiaramente vuole che cominci subito ad assumerlo. Se avesse un cartellino con scritto usami sarebbe perfetto per Alice nel paese delle meraviglie. Ma non è così. E nonostante questo, mi osserva. Durante la giornata, Cagliostro ha cambiato posto di vedetta. Dal divano si è spostato sul tavolino difronte e continua a guardarmi con aria di supponenza. Non lo sopporto. Fortunatamente il monitor del pc si illumina e la suoneria di Skype mi risveglia dal mio stato. Le telefonate con skype sono rare tra Harry e me ma, sta mattina, mi ha scritto dicendo che aveva del tempo libero in serata e che era preoccupato per me, visto che non ci sentiamo dalla festa per la sua promozione. Probabilmente ha saputo, da mamma sicuramente, che sono stata male e che ho passato tre settimane da Sally. Apro la telefonata e, dall'altra parte, il volto disteso ma con una piccola ruga di preoccupazione tra le sopracciglia, Harry mi sorride.

"Ehi, Cherry! Come stai?" - la preoccupazione, involontariamente, fa capolino nella sua voce oltre che sul suo viso. Quella piccola ruga che er posizionata tra le sopracciglia, adesso è un solco. Cerco di tranquillizzarlo sorridendogli e mostrandogli la tazza fumante di thé bollente.

"Tranquillo Harry. Sto bene." - spero fino all'ultimo che funzioni ma non è così.

"Lizzie, mamma mi ha detto quello che è successo. Come stai?" -adoro che sia così protettivo ma, a volte, è fin troppo insistente.

"Ok ok...sono stata male ma, adesso, sto meglio...davvero" - da dietro ad un schermo non riesco a convincere pienamente Harry. Nessuno della mia famiglia ci riesce - "Ascolta, se dovessi sentire qualsiasi cosa corro in ospedale....contento?" - il mio tono, purtroppo, risulta più insofferente di quello che vorrei e le sopraccigliaa di Harry ne sono la conferma.

"Va bene...lo sai che mi fido di te....per il resto? Ho visto Ezra ieri...ha fatto intendere qualcosa"

"Non ti crede nessuno" - scoppio a ridere perché Ezra non sa proprio nulla della mia vita. Prima della questione Jessica avrebbe potuto intuire qualcosa ma ora che viviamo in due città differente è praticamente impossibile - "Ezra non sa nulla della mia vita privata e nemmeno tu....sei solo curioso"

"Speravo che non mi scoprissi così....mi sento un bambino" - da lontano sento una voce acuta chiamare mio fratello papà. Mackenna. Una cascata bionda si fionda sulla gambe di Harry e occupa tutto lo schermo del pc. È un ventata d'aria e di felicità con cui contagia tutti. Dalla faccia di Harry, che ricopre di baci, si volta nella mia direzione e i suoi occhi si illuminano - "Ziaaa....ciao!"

"Ciao funghetto! Tutto bene?" - la mia adorabile nipotina comincia a raccontarmi della scuola e dei suoi compagni maschi che le tirano le treccine e a me viene solo da dirle quello che mio padre diceva a me sono solo invidiosi. Ma so che è una cavolata con cui si tengono buoni i bambini da una potenziale rissa. Cosa che mi istigare a fare Sally. Fortunatamente, nessuno le ha dato retta.

"Zietta....quando vieni a trovarmi? Mi manchi" - i suoi occhi sono supplichevoli.

"Tesoro, tra un paio di giorni vengo a prenderti a scuola e poi andiamo a Camden a mangiare....ci stai?" - Mackenna comincia a saltare sulle gambe di Harry che mi trucida con lo sguardo. Mimo uno scusa ma so che dovrò farmi perdonare con altro. Passiamo la mezz'ora successiva a calmare Mackenna e programmare la mia visita da loro. Alla fine, si addormenta tra la braccia di suo padre e la nostra chiacchierata viene rimandata a quando andrò a trovarli a Londra. Meglio non dirgli che sarei comunque andata a Londra quel giorno. Farebbero troppe domande. 

COMMENTO DELL'AUTRICE:

Ciao a tutti! Ben tornati ad un nuovo capitolo. A parte gli scherzi spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Come al solito ci ritroviamo tra due settimane. Preparate thè caldi e biscotti perchè si avvicina il Natale e non si può non leggere con una tazza fumante tra le mani e la copertina. 

Alla prossima - Liz

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