20. A simple funny day

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" It was I wanted for the longest time-

to open my eyes and see you there.

To stretch out my hand touch the soft,

yielding warmth of your skin.

But now I have learned the secret of distance.

Now I know being close to you was

never about the proximity"

Distance – Lang Leav

Non so dire cosa ci sia di diverso in me. Non percepisco nulla di strano. Solo euforia, come nel bosco. Sono tre giorni che assumo l'unguento come fosse uno sciroppo. Ogni volta ha un colore differente sul cucchiaio, come lo sciroppo della tosse di Mary Poppins. O forse, è solo la mia mente che me lo fa credere. Lo sballo è potente. Zoe mi aveva avvertita. Forse, l'unica cosa è che pratico più incantesimi da quando assumo l'unguento. Niente di eccezionale. Apro serrature, accendo candele, insomma, le basi. Cagliostro ha notato il cambiamento. Non mi soffia contro ogni volta che mi vede e il suo periodo di pubertà sembra attenuarsi. Si avvicina più spesso ma con circospezione. Mi annusa e cerca di capire cosa ci sia di diverso in me. Non mi lascia quando tento di fare un incantesimo. Annusa le mani, gli oggetti e il libro della nonna. Il grimorio di famiglia è momentaneamente a casa mia e questo mi mette non poca ansia addosso. Sono attirata dagli incantesimi più difficili ma, vista la mia sbadataggine, meglio non affacciarsi. Per ora. Lavorare nella biblioteca di spettacolo, da sola, aiuta a controllare la mia euforia. Sfortunatamente, la solitudine non durerà ancora molto. Il riordino è ormai agli sgoccioli e nel pomeriggio devo consegnare la relazione a Crane. Zoe, è passata qualche volta da casa per vedere come la stavo gestendo. È inutile dire che ha passato il suo tempo a stropicciare il gatto di coccole, ingozzarlo di cibo e ridere di me. Tutto normale. Sul tavolino, la tazza del thè ormai fredda fa compagnia al grimorio aperto con sopra la moleskine nera dove trascrivo gli incantesimi più semplici. La luce del pc si accende per una mail arrivata e mi ricordo che devo apporre le ultime modifiche alla relazione per Crane. Chiudo la mia copia preferita di Orgoglio e Pregiudizio e sposto tutto quello che di magico c'è dal salotto ad un angolo nel mio armadio. Tornando in salotto vedo Cagliostro che si è seduto davanti alla porta d'ingresso, in attesa. La guarda come se dovesse entrare il suo migliore amico o Zoe con del cibo. Ruffiano. La sua codina nera comincia a muoversi velocemente. Potrebbe quasi pulire il pavimento con quella velocità. Ruota il muso nella mia direzione e poi torna alla porta. Non faccio molto caso al suo comportamento. Da quando sono tornata si comporta in modo strano e questo rientra perfettamente. Prendo dal tavolino la tazza di thè ormai freddo e la riscaldo con una sola parolina. Calor. Per ora questo lo faccio con regolarità. Mi avvicino al gatto e lo prendo in braccio con una mano.

"Andiamo Cagliostro. Non c'è nessuno che viene a trovarci oggi" - lascio che si arrampichi sulla spalla e, trovata la sua posizione, rimane lì appollaiato. Mi appoggio al piano della cucina in cerca di ispirazione su come finire la relazione. La tazza, calda non appena la parola è uscita dalle labbra, rimane tra le mie mani come un totem. Quando mi decido, finalmente e dopo due dosi di thè bollente, a scrivere il campanello suona. Sobbalzo sul posto e lascio la tazza sul tavolo. Il gatto è subito scesa dalla spalla ed è corso alla porta che cerca di aprire con le zampine. Non ho ancora tolto le dita dal manico quando percepisco le stesse sensazioni di quando vedo Zoe. Un filo, questa volta di colore rosso, esce dal mio stomaco e, teso come una corda di violino, trafigge la porta d'ingresso. Convinta che mia cugina mi abbia fatto una sorpresa, raggiungo Cagliostro e apro la porta.

"Zoe...NONNA!" - oltre il legno non c'è Zoe ma Sally con un sorriso stampato in faccia.

"Fiorellino, pensavo che prendendo l'unguento i tuoi sensi sarebbero stati più precisi" - mi oltrepassa e si siede sul divano come se nulla fosse. Sally non è mai, e quando dico mai intendo MAI, venuta ad Oxford. Non sa nemmeno dove vivo.

"Sally....come hai avuto il mio indirizzo di casa?" - chiudo la porta per non far scappare il gatto e spero che nessuno dei miei vicini senta quello che può dire. Ad un tratto una macchia verde e azzurra passa davanti a me per poi appoggiarsi sulla spalla di Sally. È una cocorita ma in quella posizione assomiglia più al pappagallo di qualche pirata - " Ma che diamine è quell'uccello?"

"Non offendere la mia cocorita...sono uccellini stupendi e molto utili" - i suoi occhi, da sotto le ciglia nere, mi scrutano come se dovessi capire qualche messaggio particolare nelle profondità della frase.

"Va beh...ripeto, come hai trovato casa mia?"

"Oh, semplice...qualche goccia di sangue, due paroline, una mappa della città e...voilà. Les jeux sont fairs" - si alza dal divano e comincia a guardarsi intorno - "Beh...carina la tua casetta di marzapane...quale dei tuoi spasimanti è stato qui?"

"No...non cambiare liana. Dimmi perché sei qui" - cerco di farmi più seria incrociando le braccia sotto al petto ma non ci crede nessuno. Nemmeno Cagliostro che volta il muso verso di me e sembra ridere di quello che sto facendo. Svergognato. Socchiudo gli occhi nella sua direzione ma lui, con tutta la sua eleganza felina, si porta ai piedi di Sally e comincia a strusciarsi contro le sue caviglie.

"Oh mon dieu...non sapevo avessi un gatto. Quanto fa strega medioevale" - lo dice con abbastanza ribrezzo negli occhi ma questo non la ferma dal prendere in braccio il gatto e grattargli la pancia.

"Non ci credo....se venite a trovarmi solo per il gatto potete anche dirlo prima" -dalle braccia della nonna, Cagliostro emette un suono di disapprovazione e, con la sua agilità, salta giù per accomodarsi sulle mie gambe e fare le fusa. Non credere di cavartela con così poco, vergognoso. Sally si siede vicino a me e mi circonda il viso con le sue mani. Mi guarda attentamente.

"Beh, il tuo corpo sta gestendo bene l'unguento. Le cocorite avevano ragione" -sconvolta, strabuzzo gli occhi e mi divincolo da lei.

"Le cocorite! Da quando mi spii, nonna" - Sally non si scompone anzi, si accoccola ancora di più tra i cuscini - "Anzi...cosa fai fare esattamente a quelle cocorite?"

"Nulla di speciale... sono solo i miei occhi ovunque" - distoglie lo sguardo da me e si osserva le unghie ben curate e smaltate di un rosso fuoco. Tipico degli anni sessanta.

"Ma dico sei impazzita?!" - comincio ad agitarmi sul cuscino del divano.

"Ne stai facendo una tragedia greca. Credi davvero che ti averi lasciata da sola senza un sistema di protezione. Ma per favore!" - il suo fare finta di essere offesa comprende il sistemarsi nervosamente i capelli che le cadono sulla fronte e giocare con gli anelli che porta. Quello che fa adesso, come da manuale. È inutile che mi sorprenda e che mi arrabbi tanto. Infondo, doveva pur esserci un modo con il quale veniva a sapere tutto quello che ci accadeva. Non solo a me ma anche ai miei fratelli. Ora che il vaso di Pandora è stato aperto, ha tutto più senso. Il me lo ha detto un uccellino non poteva essere più vero di così.

"Lasciamo perdere. Vuoi dirmi che sei qui, ad Oxford vorrei ricordarti, solo per assicurarti che le cocorite ti abbiano riferito le notizie giuste" -da sotto le ciglia cerco di fare il mio miglior sguardo di sfida e farla cedere ma nulla. Nemmeno una piega fuori posto. Ostica.

"Una donna non scopre mai le sue carte. Sarai anche mia nipote ma non ti dico tutto quello che faccio" - si alza e porta la sua borsa in camera mia - "E' una cosa di famiglia avere segreti. Facci l'abitudine"

*

Sto correndo per le vie di Oxford con una relazione tra le mani. La visita improvvisa di Sally mi ha fatto perdere la cognizione del tempo e, così, mi ritrovo a dover correre per consegnare il file del riordino a Crane. Sarebbe più semplice se non fossi uscita di casa nello stesso orario in cui escono gli studenti dalle loro lezioni per il pranzo. Più passa il tempo più mi convinco che i ragazzi di adesso non sappiano camminare. Continuano a dividersi ed io non so dove andare per non scontrarmi contro di loro. Con il fiatone, arrivo trafelata alla Bodleiana. Nonostante l'orario, le sale studio sono piene di studenti con pesanti libri davanti al loro naso. Maggio è proprio il mese nel quale si fa lo sprint finale per preparare gli esami. E l'orario allungato, solo il venerdì, è una mano santa per tutti gli studenti. Ad aspettarmi alla reception, non il solito burbero Crane ma un cartello con scritto torno subito. Non ho tempo per fermarmi e aspettarlo, quindi decido di lasciare il materiale sulla scrivania con un post it giallo. Non appena poso la penna sul tavolo, dalla pesante porta entra Crane con un cipiglio più severo del solito. Cerco di alleggerire il suo cattivo umore rivolgendogli il mio miglior sorriso ma la situazione non cambia.

"Non parlarmi. Non guardarmi con quegli occhi da Bambi e, per la carità del Signore, non sorridere. Oggi non c'è nulla da sorridere" - qualcuno si è svegliato dalla parte sbagliata del letto. Peggio degli altri giorni.

"Cosa è successo?" -provo a capire anche perché sono stata assente dagli equilibri di questa biblioteca per un po' di tempo. Gli occhi di Crane, da sotto le ciglia grigie, mi lanciano una sguardo di fuoco. Quest'uomo, quando è arrabbiato, bisogna tenerlo lontano metri di distanza.

"Cosa è successo....cosa. Bhe, vediamo, abbiamo degli assistenti che credono che non presentarsi al lavoro si un comportamento legittimo. Pare che il piccolo lord di Cambridge si sia preso tre giorni di permesso senza comunicarmelo."

"Will non c'è?"

"E come se non bastasse, la sua amichetta Sybil non ne combina una giusta. Lascia in giro tanti di quei libri ed è un miracolo che la gente non inciampi" - Crane si lascia andare sulla sedia della scrivania. Mi avvicino con cautela. Non voglio che mi morda.

"Non si preoccupi. Da lunedì torno e mi occupo io di tutto. Sybil compresa." - provo a sorridergli ancora e, questa volta, il suo cipiglio si attenua leggermente. La profonda ruga tra le sopracciglia si distende ed io so di aver fatto centro.

"Vedi di sparire Bambi. Ho del lavoro da fare. Questa è una biblioteca non un salottino per servire il thè" - agita la mano per allontanarmi come si manda via la polvere. Scappo dalla biblioteca. Ho un treno da prendere e una nipotina da recuperare all'uscita di scuola.

*

Cuffie nelle orecchie e computer davanti per terminare alcuni lavori per la Bodleiana. Il treno per Londra non è particolarmente pieno ed io posso lavorare in pace. Ho lasciato Cagliostro con Sally e non so chi dei due possa sopravvivere a questo fine settimana senza di me. Nonna non mi ha voluto dire il motivo della sua visita ma, dopo Bath, la ragione è soltanto una. Moses. Non mi disturba l'idea che nonna possa riavere quello che c'era tra di loro. Bevo un sorso di caffè americano e mi viene da sorridere. Ricordo quando Holly cercava di convincermi che fosse buono. Trovo ancora una brutta cosa allungare il caffè con l'acqua bollente ma almeno dura di più e non bevo continuamente thè. Osservo il bicchiere di cartone con il coperchio nero e mi viene in mente il caffè che Will mi ha portato ieri. Si è preso dei giorni di permesso senza avvisare nessuno. Tipico. Non ci si può fidare di quello che dice. Non una parola che esca dalla sua bocca corrisponde al vero. Perché è andato via? Continua a scappare. Dal divorzio, da me e adesso anche dal lavoro. Non riesce a rimanere ed essere onesto. Dal finestrino, il paesaggio comincia a mutare. Dalla campagna agli edifici in mattoni e una leggera nebbiolina che aleggia sopra i tetti delle case.

La scuola di Makenna si trova in uno dei quartieri più belli ed altolocati della città. Non poteva essere altrimenti per sua madre. Abituata alle comodità fornitele dalla sua famiglia non mi aspetto che faccia correre sua figlia in giro per casa a piedi nudi e, di certo, che le faccia frequentare una scuola pubblica. Inoltre, quella che ha scelto, è cattolica. Mi viene da ridere al pensiero del segreto di famiglia affiancato ad una scuola cattolica. Bambini rinchiusi nelle divise e con una vita professionale, il più delle volte, già impostata da genitori che riversano tutti i loro insuccessi in quei poveri bambini. Posso dissentire quanto voglio sulle decisioni di Jules ma, almeno, Harry la porta da Sally ogni volta che può e da me. Davanti al portone di legno nero, un piccolo gruppo di madri nei loro abiti firmati e con il telefono alle orecchie per risolvere chissà quale problema. E poi ci sono io, una ragazzina in confronto a loro, con uno zainetto sulle spalle e una giacca di pelle nera che aspetto con ansia la mia nipotina preferita. Da dietro il portone sentiamo la campanella che suona ma nessun schiamazzo di bambini che gridano per la fine della giornata. Che tristezza. All'improvviso una raffica bionda si scaglia su di me e comincia a ridere e saltellare sul posto. Le altre madri ci guardano con una faccia che sfiora il disgusto per la dimostrazione d'affetto in pubblico.

"Ciao piccolo funghetto!" - la strapazzo di abbracci e baci mentre le sua risata da usignolo entra nella mie orecchie - "Pronta per il nostro pomeriggio?" - la sua risposta è un enorme sorriso sulle labbra e due fossette adorabili.

Una gigantesca ciotola ricolma di cereali pieni al cacao e il naso del mio funghetto che si tuffa dentro. Appena arrivati a Camden, Makenna mi ha letteralmente trascinata nel suo posto preferito. Un locale che serve solo cereali, in ogni possibile combinazione di sapori. Anche la più disgustosamente dolce del pianeta. Ha preso una delle ciotole più grandi e gliela lascio tutta anche perché non impazzisco, come lei, per i cereali. Dal canto mio, mi diverto a fare foto con il telefono e a mandarle a suo padre. Makenna finisce la sua merenda in un tempo record, probabilmente stanotte starà male ma non importa. È un piacere vederla sorridere in questo modo. Lasciato il negozio di cereali zappettiamo tra una bancarella e l'altra, mano nella mano. C'è talmente tanta gente, sopratutto turisti, che non voglio che scappi e si faccia male. Pensiero che arriva troppo tardi rispetto all'azione perché, Makenna, si svincola dalla mia mano e corre verso la ringhiera che dà sul fiume. Prima di affacciarsi sull'acqua, inciampa nella stringhe e cade a terra. La raggiungo e le asciugo con la mano quelle piccole lacrimuccie che sono sfuggite al suo controllo.

"Hai visto cosa succede se mi lasci? Ti sei fatta male?" - stropicciandosi gli occhietti mi fa vedere il suo ginocchio leggermente sbucciato e mentre lo sfioro, sul suo viso compare una piccola smorfia di dolore - "Vieni, alzati. Ci sediamo e vediamo di far passare questa sbucciatura" - la porto nella panchina più isolata che riesco a trovare e la faccio sedere sulle mie ginocchia. Continuo a guardarmi intorno come se qualcuno potesse scoprire quello che sto per fare. Non appoggio la mano sulla ferita ma la lascio a pochissimi millimetri di distanza e nascondo le labbra tra i capelli di Makenna. Le dico, sottovoce, di far finta di ridere. Mi guarda stranita ma fa come dico. Sana Vulnus. Compio movimenti circolari sulla ferita e continuo a pronunciare queste due parole finché il ginocchio non torna del solito colorito e senza alcuna cicatrice. Makenna strabuzza gli occhi e io la rimbocco portandole un dito alle labbra.

"Zia....come hai fatto?" - comincia a saltellare sulle mie gambe e poi scende e fa lo stesso sul posto.

"Shhh...questo sarà il nostro piccolo segreto. Non devi dirlo a nessuno, nemmeno a mamma e papà, va bene?" - annuisce sorridendo e poi mi circonda il collo con le sue esili braccia. 

COMMENTO DELL'AUTRICE

Ciao a tutti! Per questa settimana abbiamo lasciato un po' da perdere gli uomini e ci siamo concentrati sul ruolo di zia. Avrei anche io preferito lasciarvi un turning point d'effetto ma non è ancora arrivato il momento. Prometto che arriverà, bisogna solo avere un po' di pazienza.
Sybil vi ha già informato della nostra pausa per gli esami ma non temete perché torneremo con tante novità e nuovi capitoli.
Approfitto di questo spazio per farvi i miei, NOSTRI, auguri di Natale e buon anno Nuovo.

Ci vediamo a fine Febbraio con tanti nuovi capitoli! 😘

~LIZ

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