10. A little mark on your beating heart

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Il suo braccio mi stringe la vita, così fragile, così sottile, trattenendola nel baratro e impedendole di risalire il fossato in cui lei stessa è scivolata. Non riesco a respirare autonomamente e persino il battito del mio cuore è vincolato al suo.

Troppo vicino.
Troppo pericoloso date le circostanze.

Eppure no, non posso tornare indietro.
Non posso più farlo.

Abbasso le palpebre sottili, lascio sfuggire un sospiro e mi abbandono alla spaventosa realtà che ci circonda a braccia spalancate: stiamo entrambi precipitando e senza alcun tipo di protezione ad evitarne le conseguenze letali.

«Sei sveglio?» gli chiedo in un sussurro, non potendolo guardare in volto. La presa dello spacciatore si fa improvvisamente più forte, senza farmi male, senza soffocarmi.
«Adesso sì. Tu come mai sei già sveglia?» la sua voce impastata dal sonno mi accarezza i capelli e il suo viso ingenuo affonda nell'incavo scoperto del mio collo.

Un brivido ruzzola a passi svelti lungo la mia colonna vertebrale; corre, incespica e si avviluppa in pochi secondi attorno al mio respiro.
Cerco di trattenerlo, di assaporare la sensazione, ma il corpo dello sconosciuto è di nuovo nella sua posizione precedente.
Statico e lontano da me.

«Stavo pensando che... sì, insomma... se abbiamo deciso di legare le nostre vite per sempre dovremmo fare qualcosa per renderlo ufficiale.» Al suono delle mie parole lo spacciatore cambia atmosfera, rovesciando i ruoli: il suo corpo ora mi sovrasta, così come il suo petto fatto di sabbia e terra, fragile ma forte, indenne ad alcun tipo di agitazione. Siamo a contatto l'uno con l'altro e ci sfioriamo in un infido gioco della tentazione.

Ma io resisto, trattenendo il fiato.

«L'ho saputo sin dal primo momento che ci siamo incontrati che prima o poi avresti ceduto al mio fascino, sai?» spalanco gli occhi e ingoio l'aria che sa di mattoni; quest'ultima si insinua nella mia gola e con subdole intenzioni si accartoccia sulla mia gabbia toracica.

Non riesco ad accumulare aria all'interno del mio corpo. Un peso, una densa nuvola di fumo, mi schiaccia dall'interno e offusca tutta la mia lucidità mentale.

«Che cosa?! No! Non intendevo quello a cui stai pensando tu!» Mi svincolo dalla cella di carne e muscoli, mettendomi a sedere qualche centimetro più a destra. Lo osservo con gli occhi scuri ridotti a due fessure stracolme di disprezzo. «Sei proprio un pervertito.» Biascico.

«Io? Senti, sei tu quella che ha stretto il mio braccio tutta la notte e appena mattina mi propone di ufficializzare il nostro legame! Pensavo fossero ovvie le tue intenzioni!»

«Più ovvie di chiederti il tuo nome di battesimo?» perde l'impeto della battuta, anche se solo per un secondo.

«Aspetta, quindi è questo quello che vuoi sapere?» annuisco circondata dalle infide ombre dell'alba. Lo spacciatore sembra rifletterci per qualche secondo, poi apre la portiera del pulmino e sguscia verso l'esterno con uno scatto, lasciandomi sola.
«Hey! Potresti almeno rispondermi invece che andartene senza dire niente!» lo seguo, quasi cado, ma non ho intenzione di fermarmi.
Una volta fuori dal pulmino la pallida luce del sole mi colpisce in viso; anche se tenue, è forte il contrasto con l'interno, così sono costretta a coprirmi gli occhi con il palmo della mano sinistra.

Sorrido, felice di essere ancora di grado di vederlo.

«Allora? Che ne facciamo delle inevitabili conseguenze della nostra conoscenza approfondita?» le sue dita mi sfiorano le spalle, costringendomi a voltarmi.
I nostri occhi si riflettono dunque nel sole, l'uno perso nell'altro, senza corde per risalire, senza la voglia di farlo.

Un attimo condensato nel desiderio che possa in qualche modo durare per sempre.

«Lasciamo che di quello se ne preoccupi qualcun altro.» Sussurro a voce bassa mentre lui sorride e immobilizza il tempo.

«Non ti facevo come una che scarica le colpe addosso a qualcuno che nemmeno conosce.» Lo spacciatore mi sfiora il mento con due dita, avvicinandosi pericolosamente al mio viso.
Riesco a intravedere delle flebili lentiggini mascherate dall'abbronzatura tutt'a un tratto così evidente; il suo naso, invece, mostra ancora i segni di un piercing rimosso da poco.
Ingoio l'aria secca, deglutendo a fatica.

«Diciamo che ho imparato a farlo solo di recente.»

Lo spazio tra di noi aumenta e ritorno finalmente a respirare.
Il folle mi tende la mano, sussurrando "sei davvero pronta per questa pazzia che non ti permetterà più di tornare indietro?"

«Assolutamente sì.»

Le nostre mani si allacciano.
Il legame ci perseguiterà per una vita intera, ma so - spero - che ne varrà la pena.

«Mi chiamo Jason.»*

-

*Ebbene sì, piccolo tributo all'ex protagonista maschile di questa storia. Non potevo riscriverla senza questo nome che ormai è entrato a far parte del mio fragile cuoricino💘

Anyway, spero il capitolo vi piaccia🎈

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