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Bob

 Torno a casa dopo una giornata stressante in centrale, sperando di trovare un po' di tranquillità. Appena varco la soglia, vedo Ophelia intenta a disegnare sul pavimento della sala, con i suoi capelli neri come la notte che cadono morbidi sulle spalle. La scena mi riscalda il cuore, ma subito mi accorgo che c'è qualcosa che non va. Cloe è in cucina, ma il suo viso è segnato da una tensione palpabile, i suoi movimenti sono nervosi, come se stesse cercando di nascondere qualcosa.

«Hey, tutto bene?»

Chiedo, preoccupato mentre mi avvicino a lei.

Cloe scuote la testa, un'espressione preoccupata sul volto.

«C'è stato Jake».

Mi confida, il tono della voce appesantito dall'ansia.

«Vuole vedere Ophelia».

Un brivido mi percorre la schiena all'udire quel nome. Jake. Quell'uomo che è scomparso dalla vita di Ophelia senza lasciare traccia per anni. Perché ora, improvvisamente, si è fatto vivo?

Mi volto verso Ophelia, che è intenta a colorare con tanto impegno, ignara di tutto. Vorrei proteggerla da tutto questo, ma so che non posso nasconderle la verità per sempre.

«Non ti preoccupare».

Dico a Cloe, cercando di tranquillizzarla.

«Ci penso io».

Esco nel giardino di casa, cercando un po' di spazio per pensare. La fresca brezza serale mi accarezza il viso mentre tiro fuori il telefono dalla tasca. Non è una conversazione che aspetto con ansia, ma so che devo affrontarla.

Compongo il numero di Jake e aspetto che risponda. Dopo qualche squillo, finalmente una voce si fa sentire dall'altro capo della linea. È lui.

«Jake».

Dico, cercando di mantenere la voce calma nonostante la tensione che mi stringe la gola».

«So che vuoi vedere Ophelia».

Respiro profondamente, cercando di trovare le parole giuste.

«Puoi venire questa sera. Ma c'è una cosa che devi sapere. Non puoi dire a Ophelia che sei suo padre. Puoi dire che sei uno zio, o un amico di nostra madre, ma nient'altro. È importante per noi».

Di nuovo un momento di silenzio. Posso immaginare la sua espressione dall'altra parte del telefono, incerta, indecisa. Alla fine, risponde: «Va bene, accetto».

Annuisco, anche se so che non mi può vedere.

Rimango lì, nel giardino buio, mentre il peso di quella decisione si posa sulle mie spalle. Spero di aver fatto la cosa giusta.  

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